Tavolo #FORUMAutoMotive: quella barra tenuta sempre dritta

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#FORUMAutoMotive ha dunque celebrato con successo il suo decimo anniversaria con questa constatazione, condivisa con chi ha partecipato al primo appuntamento del 2015: molti dei problemi rilevati allora, si stanno riproponendo, come quello dell’esigenza di svecchiare il parco circolante e quello della razionalizzazione della fiscalità.
 
A tutto questo, complice la lunga pausa causata dalla pandemia, si sono aggiunti seri problemi di carattere ideologico che hanno condizionato importanti scelte politiche in Europa, purtroppo con il colpevole silenzio di buona parte dei costruttori.
 
Noi di #FORUMAutoMotive abbiamo messo subito in guardia sui rischi e sulle pesanti conseguenze che ne sarebbero derivati e che puntualmente si sono manifestati in tutta la loro drammaticità soprattutto occupazionale. Ed eccoci ora a discutere su come rimediare e rilanciare il sistema automobilistico UE anche alla luce delle attuali discutibili volontà di riconvertire la filiera nella produzione di materiale bellico allo scopo di rafforzare militarmente l’Europa.
 
Questi i temi dibattuti nel Tavolo #FORUMAutoMotive del 17 marzo con presenti, oltre a numerosi giornalisti, politici, eurodeputati, sindacati e tutti i rappresentanti delle associazioni del settore.
 
Da sin: Marco Rizzo – Isabella Tovaglieri – David Giudici – Pierluigi Bonora – Umberto Zapelloni – Rocco Palombella – Stefano Boschini – Samuele Lodi

10 anni di #FORUMAutoMotive: riconosciute dai fatti le nostre battaglie

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Ci siamo. Quasi. Il 17 e 18 marzo prossimi si rinnova il primo dei due appuntamenti annuali con #FORUMAutoMotive. Valore aggiunto di questa edizione è che segna il decennale dell’iniziativa, un traguardo importante quello raggiunto e che ha portato sempre ad affrontare i numerosi dibattiti guardando al pragmatismo e ai comportamenti etici. L’evento del decennale, però, non vuole essere inteso come un’autocelebrazione, bensì punta a sottolineare come #FORUMAutoMotive, in tutti questi anni, abbia rappresentato un format nuovo e soprattutto di “rottura”, cambiando il paradigma, spesso lineare e appiattito, dei dibattiti relativi a questo mondo.
 
#FORUMAutoMotive si è sempre battuto a favore di una mobilità libera, esaltando i valori del settore e la sua capacità di anticipare le tendenze. Un occhio di riguardo, inoltre, lo si è costantemente dato alla filiera, alle associazioni del settore che abbiamo sempre cercato di mantenere unite, ma anche e soprattutto alle eccellenze italiane e a chi lavora nelle fabbriche.
 
#FORUMAutoMotive non si è fermato nemmeno durante il periodo più drammatico della pandemia, organizzando diversi webinar allo scopo di tenere alta l’attenzione sul settore – incluso quello dell’autotrasporto grazie al quale sono stati assicurati tutti i rifornimenti necessari – alle prese con uno stop inaspettato. Da qui l’idea di varare il claim #grazieautomotive visto il contributo fattivo di tutto il comparto anche nella realizzazione di mascherine e respiratori.
 
Ma la nostra maggiore soddisfazione deriva dal fatto di essere stati i primi a considerare altamente rischiosa la decisione ideologica dell’UE di dar vita a un green deal penalizzante per l’industria europea. Una linea coraggiosa che, alla fine, sta prevalendo nelle discussioni generali.
 
Un ringraziamento doveroso va, quindi, a tutti coloro che hanno sostenuto il nostro progetto e continuano a farlo. E un ringraziamento speciale e personale va a Donatella Tirinnanzi, project manager di #FORUMAutoMotive, da 10 anni impegnata dietro le quinte in questa non facile, ma appassionante missione. Vi aspettiamo.
Da sinistra: Marco Catino, Responsabile ufficio stampa – Pierluigi Bonora, Promotore #FORUMAutoMotive – Luca Talotta, Social media manager – Donatella Tirinnanzi, Project manager – Graziana Lanza, Assistente all’organizzazione

Green Deal: tsunami in arrivo? Intanto regna il caos

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È tornato Donald Trump alla Casa Bianca e sta succedendo di tutto. Saranno pure coincidenze, ma è doveroso anche andare oltre. Dunque, una volta che il “Trump bis” ha dichiarato di uscire dagli Accordi climatici di Parigi, di demolire il “Green Deal” e di chiudere la corsa all’auto elettrica, in pratica smontando il castello costruito dal suo predecessore Joe Biden, ecco che anche qui in Europa si avvertono sugli stessi temi segnali contrastanti. Tra questi, quello più clamoroso arriva dall’Olanda e che, se confermato, porterebbe a un vero tsunami. E’ infatti affiorato, scatenando reazioni a non finire, un nuovo possibile scandalo che vedrebbe coinvolto l’ex vicepresidente UE, Frans Timmermans, colui che ha dato vita a quel percorso green che sta mettendo in ginocchio l’industria europea automotive e ha criminalizzato il mondo agricolo, per non parlare dell’obbligo di rendere sostenibili le abitazioni per il quale i cittadini dovranno spendere decine di migliaia di euro. 
 
Ecco, allora, il quotidiano olandese “De Telegraaf”, a cui si deve lo scoop, parlare di “lobby ecologiste finanziate dalla UE per fare pressioni a favore del Green Deal e promuovere i piani verdi dell’ex vicepresidente Timmermans”. Il quotidiano, in proposito, sostiene di aver visionato una serie di documenti e fa riferimento anche a un fondo multimiliardario. Da tempo, comunque, giravano voci che qualcosa di strano – tra politica, interessi e lobby varie – prima o poi sarebbe potuto venire a galla.
 
E la presidente von der Leyen che risposta darà? Il 30 gennaio prossimo è atteso il suo intervento in occasione dell’avvio del Dibattito strategico sul Green Deal automotive e problemi relativi, tra l’urgenza di annullare le sanzioni miliardarie ai danni del settore e rivedere l’intera normativa che sarebbe dovuta essere esaminata nel 2026. Ovviamente, la presidente della Commissione UE, tornata al lavoro dopo una brutta polmonite e riapparsa pubblicamente al World Economic Forum di Davos, dovrà innanzitutto fare chiarezza su quanto ha riportato il quotidiano olandese. Da parte sua, Timmermans, secondo quanto si legge, avrebbe dichiarato di non essere mai stato coinvolto nella stipula di contratti di sussidio” e di “aver sempre agito nella totale trasparenza”. Di fatto, dimessosi nel settembre 2023 dalla Commissione UE per candidarsi alla carica di premier in Olanda, operazione finita male per lui, Timmermans è sparito dalle scene, mantenendo un profilo bassissimo dopo aver dato vita alla rivoluzione green. Più o meno come ha fatto la “paladina” Greta Thunberg.
 
Confusione ai massimi livelli, dicevo, perché se da una parte la “banderuola” Ursula afferma di voler trattare personalmente il problema automotive, affidando l’incarico di occuparsene al commissario greco Apostolos Tzitzikostas, ecco che la vicepresidente UE “green” Teresa Ribera, sempre da Davos, comunica di “valutare l’introduzione di sussidi paneuropei sui veicoli elettrici per contrastare la Cina”. E questo mentre il mercato europeo dell’auto elettrica è fermo, i lavoratori vanno a casa e la situazione delle fabbriche e degli indotti collegati è sempre più allarmante. con i costruttori che rallentano i piani relativi alle alimentazioni elettriche. Tra questi, inoltre, c’è chi si è “accorto” che il tanto vituperato Diesel continua a essere gradito dai consumatori, riconoscendo di fatto le proprietà virtuose in fatto di sostenibilità offerte dalle motorizzazioni più recenti.
 
E poi le multe UE con la politica, quella del buon senso e  pragmatica, che sta facendo di tutto per scongiurarle, mentre i costruttori sono divisi tra chi spera in news positive e chi, invece, preso dal terrore di dover sborsare una caterva di soldi, si unisce ad altri in pooling per acquistare crediti di carbonio da Tesla e dai concorrenti cinesi, finendo così per arricchirli ulteriormente. Saranno settimane ricche di colpi di scena, ne siamo certi. In attesa di una vera resa dei conti.
 
 
 
 
 

Quella follia “green” che affossa l’Europa: era tutto previsto, arrivano i dietrofront

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(il mio commento ospitato sul “Libro Bianco: i dieci anni che hanno cambiato l’auto” di Pier Luigi del Viscovo, direttore del Centro studi Fleet&Mobility, che ringrazio, e presentato il 15 gennaio 2025 durante un evento alla sede centrale ACI di Roma)
Chi la dura, la vince. Il riferimento, non per un semplice vanto, è personale e riguarda pochissimi altri, tra cui l’autore di questo “Libro bianco”, l’amico Pier Luigi del Viscovo. Di questi tempi, infatti, assistiamo a una pletora di persone, tra cui non pochi giornalisti, accodarsi al mainstream che rinnega quel “tutto elettrico” fino a poco tempo fa idolatrato. È proprio così. Il classico salto della quaglia.
Comunque, tornando all’inizio, è da quando il tema della transizione ecologica della mobilità su gomma, inclusa nel “Green Deal” confezionato dalla Commissione UE, ha cominciato a imporsi – sfociando nell’assurdità di voler abolire le auto con motorizzazioni endotermiche, in barba ai progressi compiuti e alla progressiva riduzione delle emissioni, a favore della sola alimentazione elettrica – che il sottoscritto si è sempre dichiarato contrario.
E come risposta, è stato sbeffeggiato, criticato, insultato e accusato di essere fuori dal tempo e nemico dell’ambiente. Resistere, resistere, resistere – però – è stata la parola d’ordine.
Ed eccoci qui, adesso, a vedere transitare i primi “cadaveri”, chi tra aziende, politici e altri che hanno creduto in una rivoluzione interessata in nome della salvezza del Pianeta – come se le sole auto fossero le uniche responsabili dei cosiddetti cambiamenti climatici – prevista (ancora) nel 2035 e per la quale i costruttori si sono immediatamente piegati.
A farne le spese, però, non sono questi “pecoroni” dal portafoglio sempre più gonfio, ma chi dal lavoro lungo le catena di montaggio e nelle imprese dell’indotto, trae i mezzi per poter vivere, mantenere la famiglia e, in senso lato, sostenere l’industria europea dell’auto allo scopo di scongiurarne il fallimento.
Riconoscere gli errori fatti non è però semplice: non si è badato al fatto che per le materie prime, il “cuore” delle batterie dei veicoli elettrici, la Cina è il Paese che primeggia; quindi, sono stati ignorati i costi elevati e la necessità costante che i Governi tappino la falla con sostanziosi incentivi; e poi il mercato, quei consumatori che non sono solo quelli dei Paesi scandinavi, presi spesso come esempio virtuoso, maldestramente ignorati. E che ora, dati alla mano, stanno dimostrando di non gradire l’imposizione dell’auto elettrica e di guardare alla concretezza: no allo stress da ricarica, no ai timori per l’autonomia, no ai rischi di incendio, per non parlare del tabù (a proposito di ambiente) relativo allo smaltimento futuro (quando e dove?) delle batterie. Ma soprattutto, la voglia continua di poter essere liberi nella scelta di una macchina che risponda alle proprie necessità e che, ovviamente, sia dotata di sistemi per il contenimento o l’annullamento delle emissioni, dalla produzione del mezzo fino alla sua messa sulla strada.
E i cinesi, presi di mira dai costruttori europei con l’intenzione di mostrare loro quanto si è più bravi? C’è stato il classico effetto boomerang: temendo l’assalto delle auto elettriche prodotte a Pechino, i furbi costruttori europei hanno abbassato la guardia sul loro fiore occhiello – la produzione di motori endotermici – consentendo ai concorrenti di sbarcare nel Vecchio continente – viste le tendenze – anche e soprattutto con interessanti vetture a benzina, Diesel, ibride senza e con la spina, e anche a Gpl. Con il valore aggiunto dei prezzi concorrenziali e in barba ai dazi, pensati a scoppio ritardato da Bruxelles, contro le sole vetture elettriche importate dalla Cina.
Insomma, quanti errori su errori sono stati commessi e che ora, se non saranno presi provvedimenti rapidi ed efficaci, debellando le resistenze che ancora si incontrano nelle stanze dei bottoni, finiranno per impattare seriamente su tutti noi.
L’avevo detto, l’avevamo – noi pochi “ribelli” – detto. E fa sorridere leggere quasi ogni giorno dei dietrofront e delle perplessità che vari top manager del settore evidenziano, senza chiedere minimamente scusa per le pesanti conseguente che sono già tangibili, e domandarsi: ma dove eravamo solo pochi anni fa quando tutto è cominciato?
 
Perché ci siamo “appecoronati” così facilmente al voler degli eco-talebani, arrivando a stanziare montagne di miliardi per un progetto che fa acqua da tutte le parti e mette a rischio economia e occupazione del Vecchio continente?  Per quale ragione non ci sono state prese posizioni esemplari e marce di protesta, per esempio, su Bruxelles? Prima o poi le verità verranno a galla. E il sottoscritto, insieme a pochi altri? Soddisfatti della lungimiranza. Ma non molliamo, statene certi.

Dicembre 2024, gennaio 2025: è successo di tutto, succederà di tutto?

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Dicembre 2024: nel settore automotive è successo di tutto. E, più o meno, potrebbe accadere lo stesso a gennaio 2025. Ma andiamo con ordine. L’ultimo mese dell’anno si è aperto con l’addio forzato da Stellantis dell’amministratore delegato Carlos Tavares, ben oltre un anno prima della scadenza del suo contratto. Prima domenica di dicembre e primo primo botto verso l’ora di cena, dunque.

 

Un’uscita di scena all’apparenza salutare per il gruppo, ora nelle mani del presidente John Elkann che ha scelto un “vecchio” dell’era Sergio Marchionne, cioè Richard Palmer, come consulente personale. Dal punto di vista operativo due i manager impegnati: Antonio Filosa, negli Usa, e Jean-Philippe Imparato in Europa. Uscita di scena salutare, dicevo, perché in pochi giorni Stellantis è riuscita a ricucire il rapporto con il Governo, presentando il “Piano Italia 2025 – 2030” (al “tutto elettrico” messo in conto dall’ex amministratore delegato si unisce, per le novità annunciate, anche la ragionevole opzione ibrida) che prevede, però, tempi di attuazione troppi lunghi (si arriva al 2028), ma con l’impegno preciso di mantenere l’Italia al centro delle strategie produttive. Non resta che attendere i primi eventuali risultati anche se c’è la consapevolezza che il 2025 sarà un anno molto difficile.

 

Il “dopo Tavares”, poi, ha riportato in un battibaleno Stellantis all’interno di ACEA, l’Associazione dei costruttori europei di veicoli, uscendo così da un “isolazionismo” pericoloso in cui l’ex amministratore delegato aveva trascinato il gruppo (e qui il presidente Elkann avrebbe dovuto farsi sentire). Mano tesa, poi, negli Usa al sindacato UAW con il ritiro dei licenziamenti nello stabilimento di Belvidere. Insomma, un cambio di passo veramente radicale, ma deciso con eccessivo ritardo. Da tempo era chiaro che i piani di Tavares, dai punti di vista produttivo, delle scelte strategiche, delle vendite e dei rapporti istituzionali faceva acqua da tutte le parti.

 

Dicembre 2024 che ha visto partire, precisamente il giorno 14, il nuovo Codice della strada con la benedizione del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. Tante le novità e, allo stesso tempo le solite polemiche, il 90% di carattere politico e strumentale, unicamente per dire “no” a tutto quello che mette in atto questo Governo, contro una serie di normative più rigorose rispetto al passato che mirano a far crollare il numero delle vittime della strada. E’ vero che si poteva fare di più. E si può ancora fare di più in quanto resta un anno di tempo per intervenire e fare correzioni. Importante, è che si faccia di tutto in tema di educazione stradale e che le famiglie inculchino nei giovani responsabilità, buon senso e consapevolezza.

 

Ecco poi farsi spazio, nella polemica sul “Green Deal”, la “banderuola” Ursula von der Leyen, presidente della Commissione UE, per rassicurare sul fatto che a gennaio sarà lei stessa a occuparsi in prima persona del piano “Fit for 55”  e di tutte norme collegate alla visione di una mobilità solo elettrica dal 2035. La “banderuola” Ursula, che da presidente della precedente Commissione UE aveva portato al varo quel piano che ora quasi rinnega, riconosce i problemi sottovalutati, la follia delle multe (fino a 17 miliardi) in vigore da gennaio e l’esigenza, dunque, di dedicare il primo mese del 2025 a una profonda revisione del tutto, come da tempo insiste l’Italia. Meglio tardi che mai…

 

Già, e poi come la prenderanno i Verdi che hanno assicurato a Ursula il loro sostegnoalla presidenza bis e che ribadiscono in continuazione che nulla deve essere modificato sui piani green relativi al settore automotive? Sicuramente le parti arriveranno ai ferri corti e si perderà altro tempo preziosissimo. Quando la politica e l’ideologia arrivano prima delle necessità reali e della salvaguardia del destino di milioni di famiglie e dell’economia del proprio Continente.

 

Ursula avrebbe fatto meglio, alla luce dell’andamento delle recenti elezioni, a starsene a casa, e a lasciar spazio a qualcuno sicuramente più obiettivo e in linea con l’esito del voto. Se la si pensa in un certo modo, lo deve essere fino in fondo. Aspettiamo il 31 gennaio per vedere cosa accadrà. Anche gli sviluppi negli Usa relativi alle scelte sul futuro dell’automotive saranno importanti dopo che Donald Trump si sarà insediato, il 20 gennaio, alla Casa Bianca.

 

L’ultimo botto è arrivato poco prima di Natale, con l’ufficializzazione delle nozze tra le giapponesi Honda, la malmessa Nissan e Mitsubishi. Una fusione che darà vita a una realtà da 50 miliardi di dollari come valore e oltre 8 milioni di veicoli prodotto l’anno. Un soggetto, dunque, che guarderà a vari campi: le tecnologie per i veicoli software-defined (SDV) di prossima generazione, l’intelligenza artificiale e l’elettrificazione, ma anche a vantaggi di scala tramite una standardizzazione delle piattaforme, un potenziamento delle capacità nella Ricerca & Sviluppo, un’ottimizzazione dei sistemi produttivi e delle fabbriche, l’integrazione degli acquisti e un miglioramento dell’efficienza operativa. Il tutto sempre con un occhio alla crescente espansione cinese. Sarà il primo di una serie di consolidamenti, magari con protagonisti, nei nuovi casi, gli straricchi big di Pechino a caccia di opportunità guarda caso proprio in Europa?

Disastro automotive: se i giochi di potere prevalgono sull’emergenza

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Quanto preziosissimo e soprattutto vitale tempo per l’industria automotive europea è stato perso a Bruxelles nel tira e molla di potere relativo alla composizione della nuova Commissione UE. Ma quello che più mi ha sorpreso e amareggiato è che dal vertice della Commissione UE, che i giochi politici hanno riconfermato alla guida dell’Esecutivo, fregandosene della sonora bocciatura elettorale, non è arrivata una parola che è una sulla crisi del settore e i primi drammatici impatti: chiusure di fabbriche, licenziamenti, futuro tutto da capire.

Del resto, quello che sta accadendo deriva dalle scelte politiche sbagliate portate avanti con il paraocchi dalla precedente Commissione UE e condivise con colpevole leggerezza dai costruttori, gli stessi che ora sono in chiara difficoltà e faticano a riconoscere un passo falso che sa tanto di harakiri.

Il “green deal” automotive, come impostato, sta distruggendo il comparto intero e le priorità del dopo voto hanno riguardato, invece, la volontà di trovare la quadra nei rapporti di potere con il coinvolgimento forzato dei Verdi, anche se usciti ridimensionati dalle urne, come condizione di stabilità governativa da parte della presidente Ursula von der Leyen.

Se non arriveranno risposte concrete entro la metà di dicembre con inversioni ormai non più rinviabili sulla scadenza dei piani, le decisioni a senso unico prese e le sanzioni suicide in tema di emissioni, il mondo automotive nel suo complesso dovrebbe ribellarsi e mettere davanti alle proprie responsabilità chi ha causato il disastro, politici e non. Rivedere il tutto è un obbligo e chi non ci sta faccia le valigie.

Appello agli eurodeputati: il “sistema automotive” è nelle vostre mani

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Il destino del settore automotive è nelle mani dei parlamentari europei, e qui mi ferisco soprattutto a quelli eletti in Italia, come quello di migliaia e migliaia di famiglie. Le decisioni che saranno prese a Bruxelles, infatti, saranno fondamentali per scongiurare la desertificazione industriale.

Occorre pragmatismo e, soprattutto, devono essere mantenute le promesse fatte in campagna elettorale che indicavano la revisione delle norme green relative al comparto.

La presidente Ursula von der Leyen, più che guardare alla stabilità della maggioranza che si basa, paradossalmente, sulla presenza dei Verdi, nonostante il forte ridimensionamento post voto, è chiamata a occuparsi seriamente del futuro dell’industria e dell’occupazione in Europa.

I parlamentari UE non devono privilegiare gli interessi politici rispetto alle necessità oggettive del territorio. La probabile chiusura di tre impianti in Germania da parte di Volkswagen e lo stop confermato della fabbrica Audi in Belgio, guarda caso a Bruxelles, a due passi simbolici dai palazzi che rischiano di affossare il “sistema automotive” europeo, rappresentano un drammatico segnale di quello che potrebbe succedere per altri gruppi automobilistici con ricadute inevitabili per i fornitori.

Gli errori strategici si pagano, in particolare se indotti da politiche ideologiche.

Verso #FORUMAutoMotive: commessi troppi errori, ora bisogna salvare l’Europa dell’auto

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Per l’edizione autunnale di #FORUMAutoMotive, la secondo dell’anno, la vigilia è caldissima. I temi che abbiamo posto all’ordine del giorno del 28 ottobre, giornata che sarà interamente occupata dall’evento, sono incandescenti.

L’avanzata cinese in Europa vista, però, come opportunità economica e occupazionale; il faccia a faccia tra chi è pro e chi è contro il Green Deal; la necessità di apportare modifiche all’impalcatura delle regole di decarbonizzazione del settore automotive che, come varate dal precedente esecutivo UE, stanno mettendo in ginocchio il comparto e portano alla deindustrializzazione. Temi che saranno anche commentati nel messaggio che il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, rivolgerà ai partecipanti.

E proprio su questi argomenti, dopo i confronti che chiuderanno la mattinata, sì svolgerà l’attesa Automotive Eurotribuna Politica del pomeriggio che sarà aperta dall’intervento in diretta del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin.

Insieme a una rappresentanza di eurodeputati italiani dei vari schieramenti saranno presenti, come da tradizione, i vertici delle associazioni automotive del Paese. Il botta e risposta che ne scaturirà, con le richieste di chiarimenti e azioni urgenti per assicurare la competitività all’industria automotive europea, animeranno la giornata. In gioco ci sono migliaia e migliaia di posti di lavoro e dal comparto sono già pervenute allarmanti notizie di chiusure di impianti e tagli di personale.

#FORUMAutoMotive, che si è sempre battuto contro le applicazioni di norma viziate da ideologie e interessi politici, per primo, già anni fa, aveva dato l’allarme sui prevedibili danni che il Green Deal, come varato, avrebbe causato all’economia e al settore in questione.

Troppe sottovalutazioni (incluso il potenziale dei competitor cinesi) eccessivi entusiasmi, voglia di riscatto delle aziende dopo il Dieselgate e una politica ideologica sposata anche dalla maggior parte dei costruttori che hanno investito e programmato risorse per miliardi, hanno portato l’Unione Europea alla situazione drammatica in cui ci si trova. Tutte decisioni prese ignorando colpevolmente le esigenze del mercato, fattore chiave.

E ora, quando si è praticamente arrivati al limite del punto di non ritorno, ecco verificarsi passi indietro, ripensamenti e prese di coscienza dei rischi. Ma c’è anche chi, pur di non ammettere errori strategici, insiste sulla via intrapresa.

Come sempre, #FORUMAutoMotive cercherà di dare il suo contributo fattivo, dando voce a chi è direttamente interessato e coinvolto nella questione. Il tutto alla luce del sole e privilegiando, come facciamo da sempre, il buon senso e la realtà dei fatti.

Appuntamento, dunque, a lunedì 28 ottobre dalle 9 nello spazio congressi dell’Hotel Enterprise di Milano, in corso Sempione. Sulla nostra pagina Facebook l’intera giornata sarà trasmessa in diretta.

L’auto elettrica crolla? È il mercato a rifiutarla, basta scusanti

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Per giustificare la progressiva e forte frenata delle immatricolazioni di auto elettriche in Europa, diretti interessati e addetti ai lavori (costruttori, analisti, ambientalisti, politici e anche associazioni di categoria) tirano sempre in ballo il problema degli incentivi che non bastano mai, quello della mancanza delle colonnine di ricarica (in Italia, invece, ce ne sono abbastanza rispetto alla quota di queste vetture a sola batteria), i listini eccessivi dei vari modelli, i tempi di ricarica, l’autonomia e i problemi del riscaldamento climatico.

 
A essere sempre tralasciato (di proposito), a mio parere, è invece il fattore chiave: dati alla mano, risulta che questo tipo di vetture non trova la simpatia dei consumatori. In pratica, è il mercato a respingere l’auto elettrica. E non solo in Italia.

 
Ecco i riscontri di agosto a fronte di immatricolazioni generali scese del 18,3% se consideriamo i Paesi dell’Unione europea (-16,5% nel caso dell’Europa Occidentale con in aggiunta EFTA e Regno Unito). Il focus del mese scorso sulle auto elettriche parla chiaro: (-36% il calo complessivo in Europa Occidentale e -43,9% se guardiamo all’UE): 68,8% in Germania, -40,9% in Italia, -33,1% in Francia e -24,8% in Spagna. Il Regno Unito fa registrare una crescita (+10,8%), però “dovuta a forti sconti praticati dai concessionari per smaltire le giacenze di auto elettriche invendute”, come precisa il report del Centro studi Promotor.

A questo punto, vista la situazione, è fondamentale un esame di coscienza complessivo che riguardi certa politica e il mondo automotive. Il mercato è questo, con buona pace di chi, come Carlos Tavares (Stellantis) e qualcun altro, insiste sulla via elettrica. Il rischio reale è di prendere la scossa letale. E le prime avvisaglie tedesche sono già tangibili. Arroccarsi su posizioni che necessitano di una profonda riconsiderazione è un errore, soprattutto se tali atteggiamenti derivano dalla difficoltà di ammettere visioni rivelatesi fallimentari, almeno per come sono state imposte dall’alto e poi programmate dai capi azienda. 

 
Libertà di scelta, dunque, in un contesto di alimentazioni virtuose e rispetto del giudizio che arriva dal mercato. La realtà è questa, senza girarci troppo attorno.

#FORUMAutoMotive: noi, da sempre lungimiranti e per il buon senso

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Quanto mi accingo a scrivere è stato in buona parte sviluppato nel confronto-video del “Terzetto”, di cui faccio parte, in questa stessa pagina. Ma è doveroso sottolineare alcuni punti chiave sulla lungimiranza che noi di #FORUMAutoMotive abbiamo avuto, senza la minima deviazione, su quanto sta accadendo. Da sempre, fin da quando a Bruxelles eco-talebani e “gretini” in testa, ma anche politici di casa nostra, hanno iniziato una massiccia operazione di lavaggio del cervello abilmente colorata di verde. E la soluzione per salvare tutti e tutto? L’auto elettrica, senza se e senza ma.

Tesi subito sposata dai decisori UE senza che i vertici dei gruppi automobilistici (eccetto Toyota con il suo numero uno Akio Toyoda) osassero fare obiezioni. Troppo bello e chissà che entusiasmo – avranno pensato – sarà manifestato dai clienti, pronti a correre in concessionaria, a patto che i vari Paesi varassero congrui incentivi, sia ben inteso.

Invece, sta succedendo il contrario, quello che noi da anni ripetiamo convinti,  subendo critiche, scherni e – ahinoi – inficiando anche amicizie a vari livelli. E adesso che i nodi sono venuti al pettine? Recitare un mea culpa è troppo imbarazzante? Perché c’è chi continua a insistere su un cavallo ormai perdente?

Imporre scelte da parte di certa politica e poi darsi a gambe levate, vista l’aria ormai cambiata: ecco cosa sta accadendo. Più visti o sentiti, su questi temi, i vari Frans Timmermans, Greta Thunberg, ecc. Meglio stare alla larga e cercare di farsi dimenticare.

E i capi azienda rimasti “ipnotizzati”? Non bastano i numerosi dietrofront rispetto a piani che, a distanza, si sono rivelati impossibili da perseguire. E i mega investimenti annunciati a rischio di flop?

Resta da scoprire chi ha beneficiato e sta beneficiando di quanto sta accadendo. Prima o poi i manovratori occulti usciranno allo scoperto. E basta incolpare sempre di tutto i cinesi, la mancanza di colonnine, i prezzi troppo alti delle auto elettriche (ci sarà spazio anche per loro, ma non in esclusiva). Le risposte stanno arrivando proprio dal mercato, da quei consumatori messi incautamente in secondo piano.