Wallbox e mobilità elettrica: vantaggi, sfide e falsi miti secondo ANIE E-Mobility

Wallbox e mobilità elettrica: vantaggi, sfide e falsi miti secondo ANIE E-Mobility

Foto: Omar Imberti, Coordinatore di ANIE E-Mobility

 

L’Italia si trova a un crocevia fondamentale per la transizione verso una mobilità sostenibile, necessaria per ridurre le emissioni inquinanti e combattere il cambiamento climatico. Tuttavia, nonostante l’impegno crescente, permangono ritardi significativi rispetto agli obiettivi europei per il 2030. È quanto evidenziato dallo Smart Mobility Report 2024 dell’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano, che sottolinea la necessità di accelerare il passo per raggiungere il target di 800.000 veicoli elettrici immatricolati all’anno.

In questo scenario, le wallbox per la ricarica domestica rappresentano una soluzione strategica per migliorare l’accessibilità alla ricarica e sostenere il passaggio ai veicoli elettrici, ma la loro diffusione è ostacolata da una serie di sfide e false credenze che ANIE E-Mobility intende affrontare.

I vantaggi della wallbox per la ricarica domestica

Il Gruppo E-Mobility di ANIE Confindustria promuove l’adozione delle wallbox, che offrono numerosi vantaggi rispetto alla ricarica tramite prese domestiche tradizionali. Ecco alcuni dei benefici principali.Comodità e flessibilità: la wallbox consente la ricarica dell’auto elettrica direttamente a casa, evitando la necessità di recarsi presso stazioni pubbliche. Risparmio economico: permette di ricaricare durante le fasce orarie con tariffe elettriche più convenienti, generalmente notturne. Sicurezza avanzata: rispetto alle prese tradizionali, le wallbox offrono una protezione migliore contro cortocircuiti e sovraccarichi, conformandosi alle normative CEI che limitano la ricarica tramite prese comuni per evitare rischi dovuti a impianti elettrici non progettati per sostenere carichi elevati.

Queste caratteristiche rendono le wallbox un’opzione strategica per la mobilità elettrica, in quanto garantiscono una ricarica efficiente e sicura per i proprietari di veicoli elettrici.

Le sfide della diffusione delle wallbox in Italia

Nonostante i vantaggi, la diffusione delle wallbox incontra ostacoli economici e burocratici. I costi di installazione e manutenzione rappresentano un fattore deterrente, soprattutto per chi vive in condomini o spazi condivisi. La burocrazia italiana, inoltre, complica i processi autorizzativi, richiedendo spesso tempi lunghi per l’approvazione degli impianti di ricarica privati.Per risolvere queste criticità, ANIE E-Mobility suggerisce alcune misure. Eccole. Incentivi finanziari mirati per ridurre i costi d’acquisto e installazione delle wallbox. Semplificazione burocratica per facilitare le procedure autorizzative in ambito residenziale e condominiale. Campagne di sensibilizzazione per far comprendere i benefici a lungo termine delle wallbox e della mobilità elettrica.

“Per accelerare lo sviluppo delle infrastrutture di ricarica è cruciale un quadro regolatorio stabile che garantisca certezza negli investimenti, sottolinea Omar Imberti, Coordinatore di ANIE E-Mobility. Secondo Imberti, la pianificazione strategica degli incentivi è essenziale per facilitare la transizione verso la mobilità elettrica in Italia.

Fake news sulla mobilità elettrica: cosa sapere

La diffusione delle wallbox è spesso ostacolata da una serie di fake news che disorientano i consumatori. “Le prese domestiche sono sufficienti per ricaricare l’auto elettrica”: questa credenza ignora il fatto che le prese tradizionali non sono progettate per ricariche prolungate e potrebbero comportare rischi di sovraccarico. Le wallbox, invece, sono conformi alle normative CEI e garantiscono una maggiore sicurezza. “Esiste una modalità di ricarica migliore in assoluto”: la realtà è che tutte le modalità di ricarica (standard, fast, ultrafast) sono complementari. La mobilità elettrica richiede flessibilità, con la possibilità di ricaricare in luoghi diversi, sia pubblici che privati. “Non ci sono incentivi disponibili”: esistono incentivi locali e regionali per l’acquisto e l’installazione delle wallbox, sebbene la loro uniformità e accessibilità varino da regione a regione. Prospettive per il futuro della mobilità elettricaSecondo i dati dell’Energy&Strategy Group, la mobilità elettrica in Italia ha registrato un aumento dei modelli di auto disponibili e delle prestazioni dei veicoli, ma la crescita del mercato non è ancora sufficiente a raggiungere i target del 2030. La diffusione delle infrastrutture di ricarica, in particolare delle wallbox, sarà determinante per sostenere questo mercato emergente e garantire che i veicoli elettrici diventino una scelta accessibile e conveniente per un numero crescente di consumatori.

In conclusione, la mobilità elettrica in Italia è a un bivio: serve un impegno congiunto da parte di aziende, istituzioni e cittadini per superare le difficoltà attuali e accelerare il passaggio verso un futuro sostenibile. Le wallbox per la ricarica domestica sono una delle soluzioni chiave per questo percorso, ma richiedono politiche di incentivo, informazioni chiare e semplificazione normativa.

L’eurodeputato Maran a #FORUMAutoMotive: “La scadenza del 2035 non è in discussione”

L'eurodeputato Maran a #FORUMAutoMotive: "La scadenza del 2035 non è in discussione"

“Se lavorassi nel settore punterei al fatto che il 2035, ossia la data limite allo stop alla produzione di autovetture con motore endotermico, sia una data fissa, non costruirei meccanismi pensando alla procrastinazione. Sia perché oggi non è in discussione, sia perché anche se fosse il 2037, conviene non aver rallentato su una transizione ormai inevitabile“.

Nel video potete ascoltare l’intervista integrale a Pierfrancesco Maran, PD-S&D, membro commissione IMCO (mercato interno e protezione dei consumatori), durante la terza Automotive Eurotribuna politica promossa da #FORUMAutoMotive, che ha messo a confronto gli europarlamentari dei due schieramenti con i rappresentanti della filiera della mobilità.

#FORUMAutoMotive: e ora si guarda all’edizione del decennale

#FORUMAutoMotive: e ora si guarda all'edizione del decennale

Si è chiusa la terza Automotive Eurotribuna politica promossa da #FORUMAutoMotive, che ha messo a confronto gli europarlamentari dei due schieramenti con i rappresentanti della filiera della mobilità. Cos’è successo? Il dibattito, stimolante come sempre, ha portato a molte riflessioni interessanti.

E già si pensa alla prossima edizione, quella che rappresenterà i primi dieci anni di vita di FORUMAutoMotive. A tu per tu con Pierluigi Bonora, fondatore e promotore del movimento d’opinione.

Fondo automotive tagliato dell’80%: è allarme tra le associazioni

L'auto in Europa e in Italia: i tanti nodi ancora da sciogliere
Foto: Andrea Cardinali, direttore generale UNRAE
L’UNRAE esprime profondo sconcerto e preoccupazione per la decisione del Governo di sottrarre ben 4,6 miliardi – dei 5,8 residui per il periodo 2025-30 – dal “Fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore automotive e per il riconoscimento di incentivi all’acquisto di veicoli non inquinanti”.
La notizia, totalmente inattesa, si è manifestata solo con la pubblicazione del testo del Bilancio Finanziario dettagliato per capitoli di spesa dei singoli Ministeri, ed è arrivata senza alcuna interlocuzione preventiva con gli stakeholder di riferimento.
 
Una decisione del genere contraddice clamorosamente non solo le dichiarazioni di intenti pronunciate dal Ministro Urso in sede di Tavolo Automotive non più tardi del 7 agosto scorso, ma anche le numerosissime pronunce di attenzione al settore – da parte del Ministro stesso e di altri autorevoli esponenti governativi – dall’insediamento dell’attuale Esecutivo fino a pochi giorni fa.
Il massiccio abbattimento delle risorse destinate all’automotive nel 2022 minaccia gravemente gli sforzi finora profusi per raggiungere gli obiettivi e i target ambientali fissati a livello europeo. Questa scelta rischia di avere come unica conseguenza quella di arrestare immediatamente il processo di transizione verde, già in forte ritardo – in Italia – rispetto ad altri mercati e ad altri Paesi produttori concorrenti, e di bloccare definitivamente il rinnovo di un parco circolante sempre più vetusto, insicuro e inquinante.
 
La scelta di penalizzare il settore in modo così duro, risulta ancor più sproporzionata se si considera che i capitoli di spesa riservati ad altre industries vengono ridotti mediamente del 5- 10%, mentre il Fondo automotive subisce un taglio dell’80%, con un disimpegno totale sia dal lato del sostegno alla domanda che di quello all’offerta.
Questa drastica misura non appare giustificata da situazioni di bilancio emergenziali, e si manifesta in un periodo particolarmente critico per il mondo dell’auto, che sta affrontando sfide senza precedenti sia in Italia che in Europa.
 
L’UNRAE esorta con vigore il Governo a riconsiderare tale decisione al più presto: l’auspicio è che il taglio venga revocato, o quantomeno significativamente ridotto, nel corso dell’iter di approvazione della Manovra di Bilancio in Parlamento.
Foto da ufficio stampa UNRAE

Osservatorio componentistica ANFIA: prevale il pessimismo

Osservatorio componentistica ANFIA

La nuova edizione dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana e sui servizi per la mobilità, indagine realizzata ogni anno dalla Camera di  commercio di Torino e da ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica), è  stata presentata presso l’Auditorium del MAUTO e ha dato lo spunto per una tavola rotonda  dedicata alle sfide più urgenti del mondo automotive in Piemonte e in Italia.

“Seppure i dati del 2023 siano ancora positivi, l’indagine descrive una filiera pessimista, preoccupata per l’instabilità del quadro economico e per l’incertezza sui volumi produttivi e fortemente condizionata dalle strategie delle Case produttrici spiega il Presidente della Camera  di commercio di Torino, Dario Gallina -. Sebbene la maggioranza delle imprese realizzi prodotti  destinati a qualunque tipo di veicolo, indipendentemente dall’alimentazione, la temuta scadenza  europea impone un cambiamento del modello di business al 34% delle imprese, tra  mantenimento della produzione per paesi extra-UE, virata verso l’elettrico o addirittura uscita  dal settore auto. In questo contesto di incertezza, stabili gli investimenti in R&S, leggero calo  delle imprese esportatrici e dei piani di sviluppo di nuovi powertrain, diffusa l’adozione di azioni in ambito ESG”.

Per Marco Stella, Presidente del Gruppo Componenti ANFIA (Associazione Nazionale Filiera  Industria Automobilistica): “La crisi della domanda di autoveicoli in Europa e in Italia, l’aumento dei costi di produzione e il rallentamento degli investimenti in nuove tecnologie della mobilità stanno creando le premesse per un possibile peggioramento di scenario riguardo all’impatto della transizione industriale sull’occupazione. Secondo un recente studio di CLEPA, l’associazione europea della componentistica automotive, dal 2020 ad oggi le perdite nette di posti di lavoro nel settore in Europa hanno superato i livelli dell’era Covid-19, essendo pari a  56.000 unità nonostante le per ora disattese proiezioni del 2021, che prevedevano 100.000  nuovi posti di lavoro nella filiera del veicolo elettrico entro il 2025. Nel primo semestre 2024, sono stati annunciati tagli per ulteriori 32.000 posti di lavoro, superando i 29.000 del secondo  semestre 2020. La componentistica è sotto pressione anche in Italia, dove l’impatto del  perdurante calo dei volumi di veicoli prodotti rende urgente attuare misure di politica industriale  per la competitività delle imprese e rende ancora più grave quanto prospettato in Finanziaria  con la distrazione di circa l’80% delle risorse del Fondo automotive 2025-2030 che auspichiamo  possa essere corretta nel corso dell’iter parlamentare”.

Il contesto internazionale 2023-2024 

Nel 2023 l’economia globale ha subito un rallentamento, ma la dinamica è stata eterogenea:  mentre gli Stati Uniti hanno mostrato dinamismo e le economie emergenti resilienza, l’Eurozona  ha registrato un marcato rallentamento. Le politiche monetarie restrittive adottate dalle banche  centrali per contrastare l’inflazione hanno contribuito alla decelerazione, mentre l’inflazione  globale si è ridotta rispetto ai picchi del 2022.

Nel 2023 rispetto al 2022 la domanda mondiale di autoveicoli si è attestata a quasi 93  milioni di unità, +11,9%, con volumi che superano quelli del 2019 (erano oltre 92 milioni).  L’andamento delle vendite mondiali è stato fortemente influenzato dalle crescite registrate in  Europa (+18,7% in EU27, EFTA e Regno Unito), in Nord America (+13,4%) e nell’area Asia Pacific (+10,2%), sebbene gli equilibri rispetto al pre-pandemia siano cambiati notevolmente.

I dati del 2023, rispetto al 2019, presentano volumi in calo per l’Europa, gli Stati Uniti e il  Giappone (rispettivamente -17,9%, -8,5% e -8%), ma sono le economie emergenti a  spingere il mercato (principalmente Cina +16,7% e India +33,1%). Trainata da queste  ultime, l’area BRICS rappresenta il 41,8% della domanda globale di autoveicoli, con 38,8 milioni  di unità. Nel 2024 la domanda mondiale potrebbe superare i 94 milioni di autoveicoli (+2%

sul 2023). La domanda di autoveicoli in Italia chiude il 2023 a 1,8 milioni, +19,1% rispetto  al 2022. Se confrontato con il 2019, il calo è invece pari al 18,1%: circa 400mila veicoli in meno  rispetto ai volumi pre-Covid. Per il 2024 la stima per il mercato Italia rimane al momento su  volumi stabili: -0,5% rispetto al 2023 (previsioni ANFIA).

Con 93,5 milioni di autoveicoli, la produzione mondiale cresce ancora nel 2023 (+10,3%),  superando i volumi pre-pandemia (92 milioni nel 2019). La fabbricazione di autoveicoli cresce in tutte le aree, ma la quota di mercato dei Paesi storicamente più legati all’industria  automotive si riduce a favore dei Paesi emergenti. Secondo le stime ANFIA, in Italia la  produzione domestica di autoveicoli, pari a 880.000 unità, ha chiuso l’anno con una crescita a doppia cifra (+10,6%), ma si stima che per il 2024 i volumi della produzione italiana di autoveicoli possano abbassarsi a poco più di 600mila unità (-31% rispetto al 2023). A  livello mondiale, la produzione dovrebbe invece mantenersi stabile, con volumi poco più alti  rispetto al 2023, circa 94,2 milioni di unità (+0,6%), ma con un ulteriore spostamento delle  dinamiche produttive verso l’Asia.

L’Osservatorio – Edizione 2024 

L’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana e sui servizi per la mobilità ha  identificato un universo di 2.135 imprese con sede legale in Italia. All’insieme dei produttori  di parti e componenti e degli integratori di sistemi e fornitori di moduli che, con gli Engineering & Design, rappresentano sistematicamente il nucleo consolidato della ricerca, sono state  evidenziate, nel tempo, anche alcune specializzazioni, come il motorsport, l’aftermarket e, negli ultimi anni, la mobilità elettrica e l’infomobilità.

Previsioni 2024 

Prima di dar conto dei numeri della filiera nel 2023, che mostrano, per alcuni indicatori, ancora  una leggera crescita e per altri una sostanziale stabilità, è utile illustrare il panorama  previsionale del 2024, che ben evidenzia, invece, le difficoltà che sta attraversando la  componentistica automotive italiana. Il contesto è di preoccupazione per l’indebolimento dell’industria europea del settore e per la riduzione della domanda, acuito dalle tensioni geopolitiche internazionali, ma anche dalla necessità di stare al passo con quanto imposto dalla  transizione tecnologica ed energetica.

Interrogate sulle previsioni per l’anno in corso le imprese si sono espresse con una visione  marcatamente pessimistica. Il 2024 viene atteso, infatti, come anno di arretramento per  tutti i vari indicatori economici, a partire dal fatturato che vede appena il 23% degli operatori  dichiarare una crescita e il 55% una diminuzione, con un saldo del -32%. La maggiore  debolezza viene avvertita soprattutto per gli ordinativi interni (previsioni di contrazione per  il 57% delle imprese e saldo tra attese di aumento e riduzione del -40%), ma anche sui mercati  esteri (riduzione degli ordinativi esteri per il 50% degli operatori e saldo del -30%).

Per un’impresa su tre è prevista una contrazione dell’occupazione, ma il quadro negativo si  evidenzia anche per gli investimenti fissi lordi, per i quali il saldo tra prospettive di crescita e  di decremento risulta pari al -19%. Attese sfavorevoli riguardano tutte le categorie di operatori, tranne il cluster degli specialisti dell’aftermarket.

Il quadro in Piemonte in termini prospettici si mostra ancora più negativo per tutti gli  indicatori: in particolare per gli ordinativi interni ed esteri e per il fatturato.

I piani di sviluppo delle imprese appaiono in larga misura influenzati dall’instabilità del quadro  economico europeo (l’87% gli attribuisce una rilevanza almeno media) e dalle strategie  delle case automobilistiche europee (l’82%, ma di alta rilevanza per il 55%). Permangono  poi le preoccupazioni derivanti dalle tensioni geopolitiche internazionali, mentre cresce l’attenzione verso l’ingresso delle Case automobilistiche cinesi in Europa, con la possibile  realizzazione di stabilimenti. Attenzione elevata anche per il cambiamento delle politiche commerciali internazionali, con il maggiore protezionismo e i dazi antidumping.

A questi fattori, si aggiungono timori connessi alla riduzione della domanda e all’incertezza dei  volumi produttivi, nonché in chiave operativa la difficoltà da parte delle imprese nel farsi riconoscere aumenti dei costi di produzione da parte degli OEMs. 

La filiera nel 2023 in Italia

Nel 2023 le 2.135 imprese che compongono l’universo della componentistica automotive italiana hanno impiegato nel settore circa 170.000 addetti e generato un fatturato stimato, a esso direttamente attribuibile, pari a 58,8 miliardi di euro.

Seppure il 2023 mostri ancora una crescita del giro d’affari del +3,1% sul 2022, essa si presenta  più contenuta rispetto all’anno precedente, nettamente inferiore a quanto registrato nel 2021  e, comunque, non riferibile a tutti i segmenti della filiera. Infatti, se da un lato cresce il fatturato per gli E&D (+14,3%), per i sistemisti e modulisti  (+9,3%) e per l’insieme degli specialisti (al cui interno spicca il risultato dei fornitori legati al  motorsport con il +11,7%), dall’altro è la subfornitura a evidenziare una certa sofferenza che riguarda sia i subfornitori tout court (-11,3%), sia quelli delle lavorazioni (-5,4%). Sul fronte occupazionale, nonostante emerga una stabilità del dato rispetto allo scorso anno, l’analisi per categorie di fornitura rileva, anche in questo caso, delle evidenti differenze: sono nuovamente gli E&D e gli specialisti del motorsport a distinguersi per i migliori risultati (rispettivamente +21,3% e +10,1%), mentre i sistemisti e modulisti si caratterizzano per essere il segmento con il numero di addetti in diminuzione (-8,5%). 

Piemonte 

Il Piemonte si conferma il territorio con il maggior numero di imprese insediate (il  33,6%), a cui seguono la Lombardia (il 27,0%) e l’Emilia-Romagna (il 10,4%). Nel Nord Est si  distingue il Veneto (il 9,0%), nel Centro Italia la Toscana (il 3,0%) e nel Mezzogiorno (isole  comprese) la Campania (il 3,4%). Alle imprese con sede in Piemonte è riconducibile il  34,7% del fatturato e il 33,1% degli addetti. Nel 2023 le 713 imprese piemontesi hanno generato un fatturato di 20,4 miliardi di euro circa e dato lavoro a 56.356 addetti.

La dinamica del fatturato, nonostante i segnali di difficoltà già emersi nella seconda parte  dell’anno, si è mantenuta complessivamente positiva con una crescita media del +5,9%. A questo andamento hanno contribuito soprattutto gli E&D, ma la situazione cambia man mano che ci si allontana dai vertici della catena di fornitura: i subfornitori delle lavorazioni hanno  subito una contrazione del fatturato pari al -8%. Il dato sugli addetti ha registrato una  riduzione del -1,6% fra 2022 e 2023, da imputare principalmente al segmento dei sistemisti e  modulisti (-11,2%), dove converge un terzo circa della forza lavoro impiegata dalle imprese  della filiera piemontese.

I risultati dell’indagine sul 2023 

All’indagine, somministrata nel periodo marzo-maggio, hanno contribuito 438 imprese, con un  tasso di risposta del 20,3% a conferma dell’attenzione rivolta dagli operatori del settore.

Dinamiche del fatturato

Dopo un biennio di notevole espansione della filiera, con il recupero dei livelli di attività del  periodo precedente alla pandemia, nel 2023 la dinamica del fatturato delle imprese della  componentistica automotive è apparsa positiva, seppure attenuata rispetto al recente  passato. Si è ridotta la quota di imprese che hanno registrato nell’anno un aumento del  fatturato, passata, in Italia, dal 72% al 52% e, in Piemonte, dal 65% al 57%.

La scadenza europea del 2035 

In una visione di medio-lungo termine, le imprese sono state interrogate sulle strategie che  verranno poste in atto in vista della scadenza europea del 2035, che prevede lo stop delle  vendite di automobili nuove con motore endotermico.

Il 66% delle imprese non prevede di effettuare cambiamenti, o in quanto i prodotti  realizzati non sono interessati dalla nuova normativa (il 51%) o perché l’impresa è già orientata  alla produzione di componenti o servizi per veicoli ad alimentazione elettrica o fuel cell (il 15%).  Il 34% delle imprese prevede invece mutamenti del modello di business che si

concretizzano prevalentemente nel mantenimento di una quota parte di componentistica per  motorizzazioni a combustione interna per clienti extra Ue (il 21% del totale dei  rispondenti), e/o nell’intenzione di modificare propri prodotti o servizi, orientandoli  all’elettrico o idrogeno (il 15%).

L’opzione di possibile uscita dal settore automotive, per aprirsi ad altri settori, coinvolge  invece il 12% dei componentisti, ed è individuata come unica scelta possibile dal 6%.

I trend tecnologici  

La filiera si mostra significativamente orientata verso la componentistica di prodotti e/o  servizi destinati a ogni tipo di veicolo (l’84,0%) indipendentemente dall’alimentazione. Il  30,1% invece è orientato verso la produzione di componenti che caratterizzano i motori a  combustione interna. Inizia, tuttavia, ad essere rilevante il numero di componentisti

specializzati in parti per veicolo elettrico e infrastrutture di ricarica (il 16,4%), così  come si possono identificare quelli attivi nella produzione di hardware/software per i veicoli  connessi e autonomi (il 6,6%) e, in generale, nei servizi per la mobilità (il 2,7%), nonché  quelli che presidiano i sistemi di alimentazione a fuel cell (il 5,5%). Sui sistemi ad alimentazione  a GPL/metano operano invece il 6,8% delle imprese.

Se nella precedente edizione dell’Osservatorio, nel complesso, si era stabilizzata la  partecipazione della filiera della componentistica a progetti di sviluppo di nuovi powertrain, nel  triennio 2021-2023 la spinta verso tali progetti rallenta: per i powertrain ibridi ha  riguardato il 26,7% delle imprese (erano il 30,0% nel triennio 2020-2022), e per quelli elettrici  il 23,6%, circa cinque punti percentuali in meno rispetto al triennio in esame nella scorsa  rilevazione. Resta invece pressocché stazionaria la quota di imprese che ha preso parte a  progetti di riduzione delle emissioni sul motore a combustione interna, attraverso nuovi  materiali e alleggerimento del peso dei veicoli (il 24,1%).

Relazioni della filiera con Stellantis e Iveco 

Nel 2023 si consolida la quota di imprese che risultano avere Stellantis e/o Iveco,  direttamente o indirettamente, nel proprio portafoglio clienti è pari al 69,4% (era il 68,4%  nel 2022), ma nettamente inferiore sia al 2021, quando era del 72,9%, sia agli anni ancora precedenti. In Piemonte le vendite a Stellantis e/o Iveco riguardano una quota più alta di imprese, il 78,5%, ma anch’essa in riduzione se paragonata al 2021 (era l’80,6%).

Diminuisce, tuttavia, nell’ultimo triennio, la quota di operatori che hanno generato da vendite  a Stellantis/Iveco oltre il 50% del volume di affari (in Italia dal 39,6% del 2021 al 32,8% del  2023, in Piemonte dal 50,6% al 40,1%). Il fatturato medio generato da vendite a  Stellantis/Iveco, dopo la forte riduzione evidenziata nel 2022, mostra una sostanziale stabilità,  ma in Piemonte continua a ridursi.

Propensione all’internazionalizzazione  

Leggero calo delle imprese che dichiarano di vendere i propri prodotti sui mercati esteri: risultano il 79,4% a fronte del 80,7% della scorsa edizione; si stabilizza la quota di fatturato  automotive riconducibile a tali vendite pari al 46,2%.

R&S

Pressoché stabile la quota di imprese che ha indirizzato investimenti (il 66%) e impiegato  addetti nelle attività di R&S (il 68%), nonché, nel tempo, il numero di imprese che ha depositato  brevetti (il 18%). Nel triennio 2021-2023, le innovazioni di prodotto hanno riguardano il 53%  delle imprese e quelle di processo il 72%, entrambe in crescita rispetto all’edizione precedente.

Si accentua l’orientamento a forme di collaborazione tra imprese per sviluppare progetti R&S  (il 45% le ha poste in essere o previste nel breve periodo, a fronte del 35% dell’anno  precedente), in un contesto in cui aumentano le relazioni con altre realtà imprenditoriali, principalmente per accedere a nuovi settori e per efficientare i costi. È con la filiera piemontese  che vengono attivate più forme di cooperazione (con il 60% delle risposte), seguita da quelle  della Lombardia (il 49%), dell’Emilia-Romagna (il 32%) e del Veneto (il 25%). 

ESG 

Cresce l’attenzione e la sensibilità delle imprese dell’automotive verso il tema della sostenibilità  e della responsabilità aziendale: le imprese che hanno già adottato un’azione in linea con i criteri ESG (Environment, Social e Governance) sono il 78% se si considera il tema  ambientale, l’83% nell’ambito sociale e il 72% nella Governance. Rispetto al 2022 si è osservato  un aumento sia degli operatori che le hanno già avviate sia di quelli che intendono farlo nei  prossimi 12 mesi.

In particolare, fra le varie azioni di tipo ambientale, il 74,5% delle imprese ha posto in atto  una politica di trattamento dei rifiuti non pericolosi e l’11,5% ha in programma di farlo nel  prossimo anno, così come per il trattamento di rifiuti di tipo pericoloso (rispettivamente il 72,2%  e il 10,3%). In tale categoria, emerge anche una particolare attenzione all’adozione di strumenti  in grado di monitorare l’energia consumata e all’acquisto/produzione di energia  elettrica da fonti rinnovabili.

Tra le azioni in ambito sociale è alta la percentuale di rispondenti che ha adottato, o intende  farlo, politiche supplementari in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, pari a quasi il  91%, e otto su dieci hanno già provveduto, ma anche di quelli che si sono mossi nella gestione  delle tematiche della diversità, dell’inclusione, e delle pari opportunità (il 58,5%) o  intendono farlo (il 22,3%).

In ultimo, nella dimensione legata alla governance, spicca il dato relativo alle imprese che  hanno già attivato politiche di anticorruzione (il 64,5%) e di quelle che chiedono ai propri  fornitori il rispetto dei diritti umani (il 63,2%). Il 14% degli intervistati prevede di operare in  futuro in tali direzioni.

La domanda di policy

Alle imprese della componentistica è stato domandato un giudizio sull’efficacia, nel recente  passato, e sull’utilità in futuro delle misure di sostegno alla filiera automotive adottate dalle  istituzioni pubbliche. Confermando i risultati della precedente rilevazione, viene espressa una  valutazione positiva soprattutto sull’efficacia delle iniziative dirette al contenimento dei costi  dell’energia (il 71% delle imprese), che restano prioritarie anche nel futuro (il 79%).

Un alto giudizio in termini sia di efficacia passata (il 56%), sia di attese (il 75%) è raccolto dai  finanziamenti e dagli sgravi fiscali per attività R&S; viceversa, per la misura di creazione  di un fondo di supporto alla transizione industriale a livello nazionale ed europeo, è elevata  l’esigenza di intervento per il futuro (il 68%) a fronte di un giudizio più modesto su quanto già  adottato (efficace per il 39%). Diminuisce la valutazione positiva sull’adeguatezza degli  incentivi per le nuove immatricolazioni e delle misure di sostegno per la digitalizzazione,  che permangono di assoluta priorità per sei imprese su dieci.

Nell’insieme, vengono considerati meno incisivi gli interventi previsti per la riconversione delle  competenze, e soprattutto gli incentivi messi in campo per le infrastrutture di ricarica,  ambito nel quale l’Italia sconta ancora un significativo ritardo rispetto ad altri Paesi europei e  sul quale quasi un’impresa su due continua a esprimere istanze per misure specifiche.

L’estensione della CIG (Cassa Integrazione Guadagni), è una priorità per il futuro imminente per oltre 4 imprese su dieci, ma le ultime informazioni statistiche mostrano, specie per il  Piemonte, un crescente ricorso agli ammortizzatori sociali per il settore automotive.

Foto da ufficio stampa ANFIA

Mobilità: “La sfida della transizione per svecchiare il circolante italiano”

Mobilità: "La sfida della transizione per svecchiare il circolante italiano"
di Toni Purcaro, Executive Vice President DEKRA Group e Presidente DEKRA Italia
(dall’intervento a “RaiNews24”)
La fase di transizione della mobilità può rappresentare un’opportunità unica per affrontare un problema strategico dal punto di vista della sicurezza stradale in Italia che è la vetustà del parco circolante. La crisi del settore automotive a cui stiamo assistendo è anche legata alla riluttanza verso l’accesso alle nuove motorizzazioni che deriva da prezzi sicuramente non competitivi.
Si tratta di un tema che avremmo potuto gestire in maniera diversa in ottemperanza al principio di neutralità tecnologica e che avremmo potuto sfruttare anche per svecchiare il parco circolante italiano. Ciò avrebbe consentito anche una crescita più sostenibile relativamente a questo settore, ma ancheun miglioramento della sicurezza dei mezzi in circolazione.
Gli incentivi sono certamente importanti per accompagnare la transizione, ma non possono diventare strutturali, porterebbero a un mercato “drogato” e non trasparente. Il comparto automotive sta risentendo molto della crescita dei prezzi, della mancanza di competitività e, soprattutto, dei costi necessari alla realizzazione di questi nuovi veicoli.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che per quanto riguarda lo sviluppo dei nuovi veicoli, in Asia c’è un fortissimo supporto alle aziende produttrici da parte dei Governi, nodi che stanno venendo al pettine in maniera particolarmente significativa in questo momento.

“Pensieri e parole… scritte”: la rassegna stampa di Mario Verna

"Pensieri e parole... scritte": la rassegna stampa di Mario Verna
Crash! Costruttori, politici, sindacati, tutti contro tutti. Mentre i clienti restano alla finestra, un po’ per scelta e un po’ per necessità. Più che una transizione sembra di essere in un horror, mentre si aspetta che qualcuno salvi tutti, i mostri continuano far paura.

Chi resterà? In che condizioni e con che coraggio si potrà affrontare il futuro? A Parigi si accende il palco, show e nuovi talenti, luci ed esibizioni futuriste. Nel resto d’Europa, invece, rallenta tutto, conti economici e mercato, produzione e occupazione.

Nel palazzo della Commissione c’è ancora chi fa finta di non vedere e, sì, dice, si va avanti con il piano stabilito, punto e basta. Paura?

Appello agli eurodeputati: il “sistema automotive” è nelle vostre mani

1Tavolo #FORUMAutoMotive: quella barra tenuta sempre dritta

Il destino del settore automotive è nelle mani dei parlamentari europei, e qui mi ferisco soprattutto a quelli eletti in Italia, come quello di migliaia e migliaia di famiglie. Le decisioni che saranno prese a Bruxelles, infatti, saranno fondamentali per scongiurare la desertificazione industriale.

Occorre pragmatismo e, soprattutto, devono essere mantenute le promesse fatte in campagna elettorale che indicavano la revisione delle norme green relative al comparto.

La presidente Ursula von der Leyen, più che guardare alla stabilità della maggioranza che si basa, paradossalmente, sulla presenza dei Verdi, nonostante il forte ridimensionamento post voto, è chiamata a occuparsi seriamente del futuro dell’industria e dell’occupazione in Europa.

I parlamentari UE non devono privilegiare gli interessi politici rispetto alle necessità oggettive del territorio. La probabile chiusura di tre impianti in Germania da parte di Volkswagen e lo stop confermato della fabbrica Audi in Belgio, guarda caso a Bruxelles, a due passi simbolici dai palazzi che rischiano di affossare il “sistema automotive” europeo, rappresentano un drammatico segnale di quello che potrebbe succedere per altri gruppi automobilistici con ricadute inevitabili per i fornitori.

Gli errori strategici si pagano, in particolare se indotti da politiche ideologiche.

ANIASA sulla fiscalità sull’auto: “Modello da rivedere, basato sulla proprietà del bene”

Noleggio e pay-per-use
La fiscalità che oggi grava sull’auto è totalmente focalizzata sulla proprietà del bene e non tiene conto dell’evoluzione da tempo in atto nella mobilità, sempre più orientata all’uso, a partire dagli oltre 1,3 milioni di veicoli a noleggio che ogni anno percorrono 31 miliardi di km. Il contributo del settore del noleggio alle casse statali, provinciali e comunali oggi supera i 2,6 miliardi di euro.
Sono questi i principali dati e le conclusioni che emergono dall’analisi realizzata da ANIASA, l’Associazione che all’interno di Confindustria rappresenta il settore dei servizi di mobilità, sul contributo fiscale del settore del noleggio veicoli alle casse dello Stato e delle diverse istituzioni locali. Le attività di noleggio veicoli hanno vissuto negli ultimi anni una consistente crescita, entrando gradualmente negli usi e costumi di un numero crescente di aziende e privati.
Queste attività producono ogni anno 1,5 miliardi di gettito di IVA e 1,1 miliardi di imposte locali, tra tassa automobilistica regionale (nota come bollo), imposta provinciale di trascrizione (IPT) e altri oneri amministrativi. Un totale di 2,6 miliardi di euro che riforniscono con regolarità le casse dello Stato, delle Regioni e delle Province. A ciò si aggiungono per l’erario ulteriori 70 milioni derivanti da imposta di bollo e adempimenti con le PA nei pagamenti.

Il settore oggi rappresenta un attore strategico per la mobilità aziendale, turistica e cittadina del nostro Paese e per l’industria automotive (quasi 1 vettura immatricolata su 3 è a noleggio), ma funge anche da promotore di correttezza e di emersione fiscale, rendendo i soggetti con cui opera “contribuenti virtuosi”.
L’applicazione della normativa fiscale prevista per il noleggio, infatti, diffonde via via nella filiera una correttezza di comportamento con piena trasparenza e tracciabilità delle operazioni effettuate, a partire dall’attività di manutenzione e in tutte le fasi di vita del veicolo.
“Una maggiore diffusione del noleggio nella nostra società, specialmente tra gli utenti privati”, osserva il presidente ANIASA Alberto Viano, “avrebbe forti vantaggi in termini di sostegno al mercato dell’auto, di velocizzazione della transizione ecologica del nostro parco circolante con riduzione delle emissioni di CO2, e, non ultimo, di spinta all’emersione fiscale”.
Sebbene oggi quasi un’auto nuova su tre sia immatricolata a noleggio e in circolazione ci siano oltre 1 milione e 300mila veicoli a nolo, il modello tributario è tuttavia ancorato a un modello di mobilità dello scorso secolo, totalmente focalizzato sulla proprietà.
La normativa del bollo auto, ma anche dell’imposta provinciale di trascrizione, non considera che la circolazione dei veicoli a noleggio, seppure immatricolati per la maggior parte in poche province, avvenga invece, per loro natura, su tutto il territorio nazionale. Senza contare che questi veicoli possono essere utilizzati da soggetti con differenti residenze o sede legali.
Anche in considerazione di questi elementi e in piena attuazione dei principi del federalismo fiscale, ANIASA da tempo propone di configurare per i veicoli immatricolati ad uso noleggio un regime speciale, con versamento degli importi relativi al bollo ad unico soggetto nazionale percettore e gestore di tutti i dati e dei pagamenti, con successiva ripartizione tra gli enti locali in relazione ai parametri individuati dalle Regioni.
Progetto semplice, senza costi ed appesantimenti burocratici, con certezza dei pagamenti. Peccato che, a causa di differenti interessi, le Regioni maggiormente interessate preferiscano continuare con un meccanismo di complicazione gestionale per le aziende del settore, in netto contrasto con il più volte declamato tema della “semplificazione amministrativa”.
Basti pensare al meccanismo di calcolo del bollo in base alla residenza del locatario, che, come noto, durante la vita utile di un’auto presso le società di noleggio cambia più volte. Oltretutto correndo dietro alle differenti tariffazioni delle Regioni e Province autonome. Un sistema come quello indicato dall’Associazione garantirebbe a tutte le PA una partecipazione alle risorse finanziarie derivanti dal noleggio, che così contribuirebbero, tra l’altro, alla manutenzione di tutte le strade percorse dalla propria flotta e non solo a quelle di determinati enti locali.
Si porrebbe così fine ad un inutile e controproducente contenzioso tributario sull’applicazione di aspetti di una normativa ormai obsoleta, che quasi sempre, con sentenze delle Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado, vede alcune Regioni soccombenti.

“La legge delega per la riforma fiscale approvata dal Parlamento lo scorso anno prevede il riordino delle tasse auto anche nell’ottica di razionalizzazione e semplificazione del prelievo. Il decreto attuativo è in cantiere ed è occasione per rivedere le obsolete e complicate norme che dal 1953 disciplinano il bollo auto. Diventa quanto mai opportuno uno studio con i vari Enti di riferimento, per valutare
miglioramenti ed innovazioni della normativa, oggi basata essenzialmente sul concetto di proprietà, via via sostituito da quello di utilizzo del bene. La centralizzazione del pagamento e la contestuale devoluzione alle singole regioni in base a fattori stabiliti dalle stesse istituzioni semplificherebbero gli adempimenti e garantirebbero a tutte le PA flussi di risorse regolari senza comportare alcuna riduzione
del gettito”, conclude il presidente Viano.

Europa e la corsa all’elettrico: fare i sognatori…

Emergenza clima: ma chi è che sta aumentando questa concentrazione?

di Mario Verna, manager automotive

Fare i sognatori con il portafoglio altrui è sempre entusiasmante. Ma se a pagare sei tu, beh due conti te li fai. Il paradosso automotive in cui si è incastrata l’Europa della folle corsa alla “modernità” è davvero stretto e con poche possibilità di uscita.

Ripercorriamolo: l’Europa è il continente che ha ridotto di più le emissioni negli decenni; le emissioni del parco auto non pesano pressoché nulla sotto il cielo mondiale; l’Europa non ha materie prime tali da consentire un qualche vantaggio competitivo nella corsa alla transizione energetica; l’Europa non ha alcun know-how nella produzione di componentisticache alimenti la transizione energetica;
l’Europa ha (aveva) un know-how da leader mondiale per la produzione di motori a combustione interna che, nel corso degli anni, hanno ridotto drasticamente le emissioni.

E ancora: l’Europa non ha indipendenza energetica, meno che mai a impatto zero; i principali Paesi europei hanno una significativa porzione di PIL e di occupazione che dipende dall’automotive e dalla sua filiera; e si potrebbero aggiungere ancora elementi di geopolitica, opportunità e competitività.

Stante tutto questo l’Europa è l’unico Continente mondiale a stabilire una data a partire dalla quale si potranno vendere SOLO auto elettriche.