L’auto elettrica crolla? È il mercato a rifiutarla, basta scusanti

L'auto elettrica crolla? E' il mercato a rifiutarla, basta scusanti

Per giustificare la progressiva e forte frenata delle immatricolazioni di auto elettriche in Europa, diretti interessati e addetti ai lavori (costruttori, analisti, ambientalisti, politici e anche associazioni di categoria) tirano sempre in ballo il problema degli incentivi che non bastano mai, quello della mancanza delle colonnine di ricarica (in Italia, invece, ce ne sono abbastanza rispetto alla quota di queste vetture a sola batteria), i listini eccessivi dei vari modelli, i tempi di ricarica, l’autonomia e i problemi del riscaldamento climatico.

 
A essere sempre tralasciato (di proposito), a mio parere, è invece il fattore chiave: dati alla mano, risulta che questo tipo di vetture non trova la simpatia dei consumatori. In pratica, è il mercato a respingere l’auto elettrica. E non solo in Italia.

 
Ecco i riscontri di agosto a fronte di immatricolazioni generali scese del 18,3% se consideriamo i Paesi dell’Unione europea (-16,5% nel caso dell’Europa Occidentale con in aggiunta EFTA e Regno Unito). Il focus del mese scorso sulle auto elettriche parla chiaro: (-36% il calo complessivo in Europa Occidentale e -43,9% se guardiamo all’UE): 68,8% in Germania, -40,9% in Italia, -33,1% in Francia e -24,8% in Spagna. Il Regno Unito fa registrare una crescita (+10,8%), però “dovuta a forti sconti praticati dai concessionari per smaltire le giacenze di auto elettriche invendute”, come precisa il report del Centro studi Promotor.

A questo punto, vista la situazione, è fondamentale un esame di coscienza complessivo che riguardi certa politica e il mondo automotive. Il mercato è questo, con buona pace di chi, come Carlos Tavares (Stellantis) e qualcun altro, insiste sulla via elettrica. Il rischio reale è di prendere la scossa letale. E le prime avvisaglie tedesche sono già tangibili. Arroccarsi su posizioni che necessitano di una profonda riconsiderazione è un errore, soprattutto se tali atteggiamenti derivano dalla difficoltà di ammettere visioni rivelatesi fallimentari, almeno per come sono state imposte dall’alto e poi programmate dai capi azienda. 

 
Libertà di scelta, dunque, in un contesto di alimentazioni virtuose e rispetto del giudizio che arriva dal mercato. La realtà è questa, senza girarci troppo attorno.

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