Dicembre 2024, gennaio 2025: è successo di tutto, succederà di tutto?

Dicembre 2024, gennaio 2025

Dicembre 2024: nel settore automotive è successo di tutto. E, più o meno, potrebbe accadere lo stesso a gennaio 2025. Ma andiamo con ordine. L’ultimo mese dell’anno si è aperto con l’addio forzato da Stellantis dell’amministratore delegato Carlos Tavares, ben oltre un anno prima della scadenza del suo contratto. Prima domenica di dicembre e primo primo botto verso l’ora di cena, dunque.

 

Un’uscita di scena all’apparenza salutare per il gruppo, ora nelle mani del presidente John Elkann che ha scelto un “vecchio” dell’era Sergio Marchionne, cioè Richard Palmer, come consulente personale. Dal punto di vista operativo due i manager impegnati: Antonio Filosa, negli Usa, e Jean-Philippe Imparato in Europa. Uscita di scena salutare, dicevo, perché in pochi giorni Stellantis è riuscita a ricucire il rapporto con il Governo, presentando il “Piano Italia 2025 – 2030” (al “tutto elettrico” messo in conto dall’ex amministratore delegato si unisce, per le novità annunciate, anche la ragionevole opzione ibrida) che prevede, però, tempi di attuazione troppi lunghi (si arriva al 2028), ma con l’impegno preciso di mantenere l’Italia al centro delle strategie produttive. Non resta che attendere i primi eventuali risultati anche se c’è la consapevolezza che il 2025 sarà un anno molto difficile.

 

Il “dopo Tavares”, poi, ha riportato in un battibaleno Stellantis all’interno di ACEA, l’Associazione dei costruttori europei di veicoli, uscendo così da un “isolazionismo” pericoloso in cui l’ex amministratore delegato aveva trascinato il gruppo (e qui il presidente Elkann avrebbe dovuto farsi sentire). Mano tesa, poi, negli Usa al sindacato UAW con il ritiro dei licenziamenti nello stabilimento di Belvidere. Insomma, un cambio di passo veramente radicale, ma deciso con eccessivo ritardo. Da tempo era chiaro che i piani di Tavares, dai punti di vista produttivo, delle scelte strategiche, delle vendite e dei rapporti istituzionali faceva acqua da tutte le parti.

 

Dicembre 2024 che ha visto partire, precisamente il giorno 14, il nuovo Codice della strada con la benedizione del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. Tante le novità e, allo stesso tempo le solite polemiche, il 90% di carattere politico e strumentale, unicamente per dire “no” a tutto quello che mette in atto questo Governo, contro una serie di normative più rigorose rispetto al passato che mirano a far crollare il numero delle vittime della strada. E’ vero che si poteva fare di più. E si può ancora fare di più in quanto resta un anno di tempo per intervenire e fare correzioni. Importante, è che si faccia di tutto in tema di educazione stradale e che le famiglie inculchino nei giovani responsabilità, buon senso e consapevolezza.

 

Ecco poi farsi spazio, nella polemica sul “Green Deal”, la “banderuola” Ursula von der Leyen, presidente della Commissione UE, per rassicurare sul fatto che a gennaio sarà lei stessa a occuparsi in prima persona del piano “Fit for 55”  e di tutte norme collegate alla visione di una mobilità solo elettrica dal 2035. La “banderuola” Ursula, che da presidente della precedente Commissione UE aveva portato al varo quel piano che ora quasi rinnega, riconosce i problemi sottovalutati, la follia delle multe (fino a 17 miliardi) in vigore da gennaio e l’esigenza, dunque, di dedicare il primo mese del 2025 a una profonda revisione del tutto, come da tempo insiste l’Italia. Meglio tardi che mai…

 

Già, e poi come la prenderanno i Verdi che hanno assicurato a Ursula il loro sostegnoalla presidenza bis e che ribadiscono in continuazione che nulla deve essere modificato sui piani green relativi al settore automotive? Sicuramente le parti arriveranno ai ferri corti e si perderà altro tempo preziosissimo. Quando la politica e l’ideologia arrivano prima delle necessità reali e della salvaguardia del destino di milioni di famiglie e dell’economia del proprio Continente.

 

Ursula avrebbe fatto meglio, alla luce dell’andamento delle recenti elezioni, a starsene a casa, e a lasciar spazio a qualcuno sicuramente più obiettivo e in linea con l’esito del voto. Se la si pensa in un certo modo, lo deve essere fino in fondo. Aspettiamo il 31 gennaio per vedere cosa accadrà. Anche gli sviluppi negli Usa relativi alle scelte sul futuro dell’automotive saranno importanti dopo che Donald Trump si sarà insediato, il 20 gennaio, alla Casa Bianca.

 

L’ultimo botto è arrivato poco prima di Natale, con l’ufficializzazione delle nozze tra le giapponesi Honda, la malmessa Nissan e Mitsubishi. Una fusione che darà vita a una realtà da 50 miliardi di dollari come valore e oltre 8 milioni di veicoli prodotto l’anno. Un soggetto, dunque, che guarderà a vari campi: le tecnologie per i veicoli software-defined (SDV) di prossima generazione, l’intelligenza artificiale e l’elettrificazione, ma anche a vantaggi di scala tramite una standardizzazione delle piattaforme, un potenziamento delle capacità nella Ricerca & Sviluppo, un’ottimizzazione dei sistemi produttivi e delle fabbriche, l’integrazione degli acquisti e un miglioramento dell’efficienza operativa. Il tutto sempre con un occhio alla crescente espansione cinese. Sarà il primo di una serie di consolidamenti, magari con protagonisti, nei nuovi casi, gli straricchi big di Pechino a caccia di opportunità guarda caso proprio in Europa?

Disastro automotive: se i giochi di potere prevalgono sull’emergenza

Dicembre 2024, gennaio 2025

Quanto preziosissimo e soprattutto vitale tempo per l’industria automotive europea è stato perso a Bruxelles nel tira e molla di potere relativo alla composizione della nuova Commissione UE. Ma quello che più mi ha sorpreso e amareggiato è che dal vertice della Commissione UE, che i giochi politici hanno riconfermato alla guida dell’Esecutivo, fregandosene della sonora bocciatura elettorale, non è arrivata una parola che è una sulla crisi del settore e i primi drammatici impatti: chiusure di fabbriche, licenziamenti, futuro tutto da capire.

Del resto, quello che sta accadendo deriva dalle scelte politiche sbagliate portate avanti con il paraocchi dalla precedente Commissione UE e condivise con colpevole leggerezza dai costruttori, gli stessi che ora sono in chiara difficoltà e faticano a riconoscere un passo falso che sa tanto di harakiri.

Il “green deal” automotive, come impostato, sta distruggendo il comparto intero e le priorità del dopo voto hanno riguardato, invece, la volontà di trovare la quadra nei rapporti di potere con il coinvolgimento forzato dei Verdi, anche se usciti ridimensionati dalle urne, come condizione di stabilità governativa da parte della presidente Ursula von der Leyen.

Se non arriveranno risposte concrete entro la metà di dicembre con inversioni ormai non più rinviabili sulla scadenza dei piani, le decisioni a senso unico prese e le sanzioni suicide in tema di emissioni, il mondo automotive nel suo complesso dovrebbe ribellarsi e mettere davanti alle proprie responsabilità chi ha causato il disastro, politici e non. Rivedere il tutto è un obbligo e chi non ci sta faccia le valigie.

Appello agli eurodeputati: il “sistema automotive” è nelle vostre mani

Dicembre 2024, gennaio 2025

Il destino del settore automotive è nelle mani dei parlamentari europei, e qui mi ferisco soprattutto a quelli eletti in Italia, come quello di migliaia e migliaia di famiglie. Le decisioni che saranno prese a Bruxelles, infatti, saranno fondamentali per scongiurare la desertificazione industriale.

Occorre pragmatismo e, soprattutto, devono essere mantenute le promesse fatte in campagna elettorale che indicavano la revisione delle norme green relative al comparto.

La presidente Ursula von der Leyen, più che guardare alla stabilità della maggioranza che si basa, paradossalmente, sulla presenza dei Verdi, nonostante il forte ridimensionamento post voto, è chiamata a occuparsi seriamente del futuro dell’industria e dell’occupazione in Europa.

I parlamentari UE non devono privilegiare gli interessi politici rispetto alle necessità oggettive del territorio. La probabile chiusura di tre impianti in Germania da parte di Volkswagen e lo stop confermato della fabbrica Audi in Belgio, guarda caso a Bruxelles, a due passi simbolici dai palazzi che rischiano di affossare il “sistema automotive” europeo, rappresentano un drammatico segnale di quello che potrebbe succedere per altri gruppi automobilistici con ricadute inevitabili per i fornitori.

Gli errori strategici si pagano, in particolare se indotti da politiche ideologiche.

Verso #FORUMAutoMotive: commessi troppi errori, ora bisogna salvare l’Europa dell’auto

Dicembre 2024, gennaio 2025

Per l’edizione autunnale di #FORUMAutoMotive, la secondo dell’anno, la vigilia è caldissima. I temi che abbiamo posto all’ordine del giorno del 28 ottobre, giornata che sarà interamente occupata dall’evento, sono incandescenti.

L’avanzata cinese in Europa vista, però, come opportunità economica e occupazionale; il faccia a faccia tra chi è pro e chi è contro il Green Deal; la necessità di apportare modifiche all’impalcatura delle regole di decarbonizzazione del settore automotive che, come varate dal precedente esecutivo UE, stanno mettendo in ginocchio il comparto e portano alla deindustrializzazione. Temi che saranno anche commentati nel messaggio che il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, rivolgerà ai partecipanti.

E proprio su questi argomenti, dopo i confronti che chiuderanno la mattinata, sì svolgerà l’attesa Automotive Eurotribuna Politica del pomeriggio che sarà aperta dall’intervento in diretta del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin.

Insieme a una rappresentanza di eurodeputati italiani dei vari schieramenti saranno presenti, come da tradizione, i vertici delle associazioni automotive del Paese. Il botta e risposta che ne scaturirà, con le richieste di chiarimenti e azioni urgenti per assicurare la competitività all’industria automotive europea, animeranno la giornata. In gioco ci sono migliaia e migliaia di posti di lavoro e dal comparto sono già pervenute allarmanti notizie di chiusure di impianti e tagli di personale.

#FORUMAutoMotive, che si è sempre battuto contro le applicazioni di norma viziate da ideologie e interessi politici, per primo, già anni fa, aveva dato l’allarme sui prevedibili danni che il Green Deal, come varato, avrebbe causato all’economia e al settore in questione.

Troppe sottovalutazioni (incluso il potenziale dei competitor cinesi) eccessivi entusiasmi, voglia di riscatto delle aziende dopo il Dieselgate e una politica ideologica sposata anche dalla maggior parte dei costruttori che hanno investito e programmato risorse per miliardi, hanno portato l’Unione Europea alla situazione drammatica in cui ci si trova. Tutte decisioni prese ignorando colpevolmente le esigenze del mercato, fattore chiave.

E ora, quando si è praticamente arrivati al limite del punto di non ritorno, ecco verificarsi passi indietro, ripensamenti e prese di coscienza dei rischi. Ma c’è anche chi, pur di non ammettere errori strategici, insiste sulla via intrapresa.

Come sempre, #FORUMAutoMotive cercherà di dare il suo contributo fattivo, dando voce a chi è direttamente interessato e coinvolto nella questione. Il tutto alla luce del sole e privilegiando, come facciamo da sempre, il buon senso e la realtà dei fatti.

Appuntamento, dunque, a lunedì 28 ottobre dalle 9 nello spazio congressi dell’Hotel Enterprise di Milano, in corso Sempione. Sulla nostra pagina Facebook l’intera giornata sarà trasmessa in diretta.

L’auto elettrica crolla? È il mercato a rifiutarla, basta scusanti

Dicembre 2024, gennaio 2025

Per giustificare la progressiva e forte frenata delle immatricolazioni di auto elettriche in Europa, diretti interessati e addetti ai lavori (costruttori, analisti, ambientalisti, politici e anche associazioni di categoria) tirano sempre in ballo il problema degli incentivi che non bastano mai, quello della mancanza delle colonnine di ricarica (in Italia, invece, ce ne sono abbastanza rispetto alla quota di queste vetture a sola batteria), i listini eccessivi dei vari modelli, i tempi di ricarica, l’autonomia e i problemi del riscaldamento climatico.

 
A essere sempre tralasciato (di proposito), a mio parere, è invece il fattore chiave: dati alla mano, risulta che questo tipo di vetture non trova la simpatia dei consumatori. In pratica, è il mercato a respingere l’auto elettrica. E non solo in Italia.

 
Ecco i riscontri di agosto a fronte di immatricolazioni generali scese del 18,3% se consideriamo i Paesi dell’Unione europea (-16,5% nel caso dell’Europa Occidentale con in aggiunta EFTA e Regno Unito). Il focus del mese scorso sulle auto elettriche parla chiaro: (-36% il calo complessivo in Europa Occidentale e -43,9% se guardiamo all’UE): 68,8% in Germania, -40,9% in Italia, -33,1% in Francia e -24,8% in Spagna. Il Regno Unito fa registrare una crescita (+10,8%), però “dovuta a forti sconti praticati dai concessionari per smaltire le giacenze di auto elettriche invendute”, come precisa il report del Centro studi Promotor.

A questo punto, vista la situazione, è fondamentale un esame di coscienza complessivo che riguardi certa politica e il mondo automotive. Il mercato è questo, con buona pace di chi, come Carlos Tavares (Stellantis) e qualcun altro, insiste sulla via elettrica. Il rischio reale è di prendere la scossa letale. E le prime avvisaglie tedesche sono già tangibili. Arroccarsi su posizioni che necessitano di una profonda riconsiderazione è un errore, soprattutto se tali atteggiamenti derivano dalla difficoltà di ammettere visioni rivelatesi fallimentari, almeno per come sono state imposte dall’alto e poi programmate dai capi azienda. 

 
Libertà di scelta, dunque, in un contesto di alimentazioni virtuose e rispetto del giudizio che arriva dal mercato. La realtà è questa, senza girarci troppo attorno.

#FORUMAutoMotive: noi, da sempre lungimiranti e per il buon senso

Dicembre 2024, gennaio 2025

Quanto mi accingo a scrivere è stato in buona parte sviluppato nel confronto-video del “Terzetto”, di cui faccio parte, in questa stessa pagina. Ma è doveroso sottolineare alcuni punti chiave sulla lungimiranza che noi di #FORUMAutoMotive abbiamo avuto, senza la minima deviazione, su quanto sta accadendo. Da sempre, fin da quando a Bruxelles eco-talebani e “gretini” in testa, ma anche politici di casa nostra, hanno iniziato una massiccia operazione di lavaggio del cervello abilmente colorata di verde. E la soluzione per salvare tutti e tutto? L’auto elettrica, senza se e senza ma.

Tesi subito sposata dai decisori UE senza che i vertici dei gruppi automobilistici (eccetto Toyota con il suo numero uno Akio Toyoda) osassero fare obiezioni. Troppo bello e chissà che entusiasmo – avranno pensato – sarà manifestato dai clienti, pronti a correre in concessionaria, a patto che i vari Paesi varassero congrui incentivi, sia ben inteso.

Invece, sta succedendo il contrario, quello che noi da anni ripetiamo convinti,  subendo critiche, scherni e – ahinoi – inficiando anche amicizie a vari livelli. E adesso che i nodi sono venuti al pettine? Recitare un mea culpa è troppo imbarazzante? Perché c’è chi continua a insistere su un cavallo ormai perdente?

Imporre scelte da parte di certa politica e poi darsi a gambe levate, vista l’aria ormai cambiata: ecco cosa sta accadendo. Più visti o sentiti, su questi temi, i vari Frans Timmermans, Greta Thunberg, ecc. Meglio stare alla larga e cercare di farsi dimenticare.

E i capi azienda rimasti “ipnotizzati”? Non bastano i numerosi dietrofront rispetto a piani che, a distanza, si sono rivelati impossibili da perseguire. E i mega investimenti annunciati a rischio di flop?

Resta da scoprire chi ha beneficiato e sta beneficiando di quanto sta accadendo. Prima o poi i manovratori occulti usciranno allo scoperto. E basta incolpare sempre di tutto i cinesi, la mancanza di colonnine, i prezzi troppo alti delle auto elettriche (ci sarà spazio anche per loro, ma non in esclusiva). Le risposte stanno arrivando proprio dal mercato, da quei consumatori messi incautamente in secondo piano.

Il ritorno di Altavilla: sarà Senior Advisor Europa della cinese BYD. Bel colpo

Dicembre 2024, gennaio 2025
È un piacere ritrovare nel mondo automotive l’amico Alfredo Altavilla sul quale il colosso cinese BYD ha deciso di puntare, grazie alla sua grande esperienza e alla visione strategica, per crescere sempre più in Europa. Da lunedì 2 settembre Altavilla ricoprirà l’incarico di Senior Advisor di BYD per l’Europa.

Ho conosciuto Alfredo tanti anni fa, all’epoca di Fiat Group. Per anni è stato l’ “ambasciatore” del gruppo, per poi svolgere incarichi sempre più di vertice anche nella galassia come numero uno di Iveco e Fiat Powertrain Technologies. Sergio Marchionne gli ha dato subito fiducia tanto da essere considerato tuttora il braccio destro dell’ad scomparso nel 2018. Insieme hanno vissuto momenti indimenticabili, come la chiusura della put option costata, a General Motors, 2 miliardi di dollari dopo una incessante trattativa tra Marchionne e l’allora ad americano Richard Wagoner nel grattacielo Gm davanti al Plaza hotel di New York.

Quei 2 miliardi di dollari furono centrali nella rinascita di Fiat. Quanti gli “steering committe”, in giro per il mondo, tra le due parti in causa con al seguito noi giornalisti sempre a caccia del virgolettato esclusivo. Tanti gli aneddoti che potrei raccontare, la fuga (loro) attraverso le cucine di un hotel dall’accerchiamento dei media di Zurigo e l’inseguimento del sottoscritto e il collega del “Sole”, Andrea Malan, su un’auto NCC.

Lo stesso Altavilla, ancora prima che arrivasse Marchionne a Torino, fu sorpreso di vedere me e il collega dell’ “Ansa”, Carlo Fenu, appollaiati in un albergo anonimo di Magonza, alle porte di Francoforte, che una gola profonda ci aveva indicato come sede del vertice Fiat-Gm, sempre sul caso “put option”. Era l’epoca di Giuseppe Morchio e Giancarlo Boschetti.

All’uscita dall’hotel ricordo Alfredo seguire il corteo dei grandi capi con indosso l’immancabile completo blu e la cravatta in tinta, e stringere al petto una borsa al cui interno avrebbe potuto esserci lo “scoop” che andavo cercando.

E poi l’impresa, con Marchionne, di conquistare la Chrysler e il brindisi commosso, negli States, quando il presidente americano Barack Obama diede alla tv l’ok finale alla nascita di FCA.

Sono proprio contento che BYD abbia scelto Altavilla, mettendo sul tavolo delle nuove sfide che attendono il settore automotive, un manager che rappresenta un vero poker d’assi e conosce i mercati nei minimi dettagli.

Nella foto, eccoci insieme nel 2022, a Fiumicino, per le celebrazioni con ACI dei 100 anni dell’Autodromo di Monza. Altavilla era presidente di ITA Airways. Complimenti ancora e buon lavoro caro Alfredo.
Do Pierluigi Bonora, Direttore ACI Radio e Promotore di #FORUMAutoMotive

Sicurezza stradale e prevenzione: no e poi no ai “marcia-bici-piede”

Dicembre 2024, gennaio 2025

Sulla piattaforma Linkedin, questo mio post-riflessione ha superato in un fine settimana le 40mila visualizzazioni che continuano a crescere. Ottimo segno, significa che ho centrato il problema. Prima di proporlo meritatamente anche su questo “Diario”, dico subito che ho scritto il tutto di getto, nella piena spontaneità. Le colpe degli incidenti stradali vengono riversate per lo più sugli automobilisti. In questo caso, però, se dovesse succedere qualcosa le responsabilità sono da suddividere tra chi ha originato il sinistro e chi è lo ha favorito.

 

In proposito, e tra poco leggerete come e perché, ho rischiato di fare da cavia. Ho immortalato il problema (allego la foto scattata) e la valanga di commenti al mio post hanno fatto sì che tante persone abbiano potuto sfogare la loro rabbia e anche lo stupore per come vengono disegnate le piste ciclabili.

 

Pavia, viale Cesare Battisti, angolo piazza Dante. Esco dalla macchina mi accingo a entrare in un negozio e una bicicletta mi sfreccia davanti. Guardo a terra e vedo che il marciapiede è stato trasformato in marcia-bici-piede. Ma come è possibile creare una ciclabile su un marciapiede? Esco dal negozio e vedo a pochi metri arrivare una di quelle bici elettriche con le ruote grosse. In questo periodo c’è ancora poca gente in giro, ma mi domando quali rischi simili genialate comporteranno da settembre in poi. Il marciapiede serve al pedone. Bici e monopattini viaggino sulle piste riservate.  No a questi sciagurati e pericolosi mix“.

A questo punto chiedo un intervento correttivo, non solo per quella circostanza ma, come segnalato nei tantissimi commenti al mio post su Linkedin, anche nelle altre zone di Pavia e, aggiungo, dove siano riscontrate situazioni analoghe. Prevenzione, in tema di sicurezza stradale, vuol dire anche e soprattutto tornare sui propri passi (messaggio rivolto alle amministrazioni comunali indipendentemente dal colore politico) quando si commettono errori con l’aggravante che possono causare incidenti. Non è sempre colpa dei soliti automobilisti.

Nuovi dazi Ue sulle auto elettriche cinesi: ma da Pechino ci inondano con quelle termiche

Dicembre 2024, gennaio 2025

I “grandi” strateghi di Bruxelles hanno deciso di limare, seppur di poco, i dazi applicati lo scorso 4 luglio sulle auto elettriche prodotte in Cina e importate in Europa. Di mezzo ci vanno anche l’americana Tesla, visto che ha un impianto dalle parti di Shanghai, e i modelli delle joint-venture tra un costruttore occidentale e un gruppo cinese.

Peccato, però, che a Pechino e dintorni non siano stupidi e, seppur protestando vivamente per il provvedimento sul quale dovrà essere presa una decisione non oltre il 30 ottobre, continuano imperterriti l’offensiva nel Vecchio continente con modelli dotati di moderne motorizzazioni endotermiche. I prezzi sono competitivi, ma anche la qualità è buona e il design che rispecchia i gusti dell’automobilista europeo.

Ma ecco nel dettaglio la nuova formulazione dei dazi. Bruxelles e il Governo cinese avranno tempo fino al 30 agosto per trovare un punto d’incontro. Alle aliquote indicate, si deve aggiungere la tassa del 10% già in essere: BYD: 17% (-0,4% rispetto a quanto deliberato il 4 luglio scorso), Geely: 19% (-0,9%), SAIC: 36,3% (-1,3%). Altri che hanno collaborato con la UE fornendo informazioni: 21,3% (+0,5%), altri che non hanno collaborato: 36,3% (-1,3%). Per Tesla, dazio compensativo del 9% (19%) sulle vetture importate in Europa da sotto la Grande Muraglia.

Dimenticavo: i dazi, se confermati il prossimo 30 ottobre, daranno anche un forte impulso ai big cinesi per quanto riguarda loro insediamenti produttivi in Europa, in questo caso con benefici per l’economia, lo sviluppo dei territori e l’occupazione.

Non è da sottovalutare, comunque, la minaccia che arriva direttamente da Pechino dopo il via ai nuovi dazi, anche se ridotti. La Cina avverte che si potrebbe arrivare a uno scontro commerciale con l’Ue che, a sua volta, contesta gli elevati sussidi che il Governo di Pechino eroga a favore dei costruttori di veicoli. Atto, questo, visto da Bruxelles come una vera e propria concorrenza sleale.

Green Deal annessi e connessi: incubo Trump per Ursula & C

Dicembre 2024, gennaio 2025

“Metterò fine alla guerra di Kamala all’energia e al Green New Scam (ovvero truffa) e non Deal”. Il proposito di Donald Trump, in lizza per farsi rieleggere presidente degli Stati Uniti, se realizzato – ovviamente dopo l’eventuale nomina – avrà sicure ripercussioni anche sugli eco-piani dell’Unione Europea.

Ma Trump e’ andato oltre e ha sottolineando che porra’  “fine anche agli obblighi per favorire i veicoli elettrici, nonostante l’endorsement di Elon Musk”, riferendosi al numero uno di Tesla che lo ha intervistato sulla sua piattaforma “X”, e ai sussidi per promuovere il settore.

Insomma, parole pesanti che preannunciano una vera rivoluzione, sempre se battera’ la democratica Kamala Harris, subentrata quasi in “Zona Cesarini” nella corsa alla Casa Bianca al provato Joe Biden.

Un’eventuale vittoria dell’ex Presidente e la messa in atto delle sue intenzioni a proposito di “Green Scam”, come lo definisce, non potranno essere sottovalutate a Bruxelles da una Commissione UE che, da parte sua, si e’ costituita senza tenere conto dell’esito del voto di giugno,risucchiando la componente Verde uscita molto ridimensionata dalle consultazioni, con il solo fine di avere i numeri per riproporre un Governo sonoramente bocciato dagli elettori.

Da qui, il tifo di Ursula von der Leyen & C per Kamala Harris, e la letteraccia scritta a Musk, prima dell’incontro con Trump, dal commissario francese e macroniano Thierry Breton. E siamo solo all’inizio.

Insomma, la visione di Trump sulla mobilità elettrica e le questioni energetiche, se confermata dal voto degli americani di novembre, si scontrerebbe con la visione dogmatica di questa Commissione proprio in tema di Green Deal.

La presidente Ursula von der |Leyen ha promesso una revisione razionale dei precedenti piani “green” UE entro la fine dell’anno, dandosi 100 giorni dalla sua “rinomina” per fare chiarezza. Ma la presenza in maggioranza dei Verdi che garantiscono la stabilità del Governo UE, condizionerà pesantemente il tutto. Pena, la crisi. Ursula si trova tra due fuochi, ma il potere e le poltrone – di solito – finiscono sempre per prevalere. Da Bruxelles, quindi, tifo incondizionato per Kamala. Ma se dovesse tornare Donald…