Copenaghen: lì, dove la sostenibilità non è solo una parola

di Luca Talotta

 

Ho avuto recentemente l’onere e l’onore di tenere alta la bandiera italiana a Copenaghen, unico rappresentante del nostro Paese in un evento internazionale di Ford che ha visto coinvolti creator di tutta Europa. L’evento, denominato Bring on Tomorrow Live, è servito a comunicare la visione di sostenibilità di Ford chiamata Road To Better.

 

Sono stati due giorni intensi e molto interessanti, durante i quali ho potuto approfondire le tematiche legate all’impatto ambientale dell’industria automobilistica e scoprire le iniziative messe in atto da Ford per ridurre la propria impronta ecologica. La visita di Copenaghen, una delle città più sostenibili d’Europa, è passata all’insegna di una serie di esperienze sorprendenti e interattive con partner locali affini che hanno dimostrato come l’innovazione e lo spirito imprenditoriale può offrire ai clienti esperienze premium e senza compromessi.

 

Ford intende la sostenibilità come un approccio globale per ridurre l’impatto ambientale dei suoi prodotti e delle sue attività. Ciò include l’adozione di tecnologie a basso impatto ambientale, il miglioramento dell’efficienza energetica nei processi produttivi, la riduzione delle emissioni di gas serra e la gestione responsabile delle risorse naturali.

 

Inoltre, Ford si impegna a promuovere pratiche commerciali sostenibili in tutta la sua catena di fornitura e a collaborare con i propri partner per raggiungere obiettivi comuni in materia di sostenibilità. E le esperienze di Copenaghen si sono basate su questi pilastri. Abbiamo cominciato con una guida della Ford Mustang Mach-E, a cui è seguito un pranzo con visita a Oscar Under the Bridge, un’opera d’arte dell’artista Thomas Dambo realizzata con legni riciclati; poi, dopo una visita all’esperienza Ford Bring on Tomorrow Live, dove abbiamo potuto vedere la line up di prodotti rigorosamente elettrici di Ford, siamo andati a nuotare in acqua dolce e sauna a Glaecier, per concludere la giornata con la cena al Baane Garden. Il giorno dopo, un bel tour in bicicletta della città con pulizia del canale dalla plastica al Green Kayak e pranzo al mercato alimentare di Broens. In una città che fa della sostenibilità un caposaldo.

Ciao Mariella: resterai sempre la “Signora dei Motori e del Sorriso”

di Pierluigi Bonora

Quando penso a Mariella Mengozzi mi appare subito il suo volto sorridente, raggiante, carico di simpatia e cortesia. Sì, cara Mariella, il tuo sguardo e il buonumore che ti hanno sempre caratterizzata, sin da quando ti ho conosciuta alla Ferrari, resteranno impressi nel mio cuore. Non dubitare.

 

La notizia della tua scomparsa mi ha colto impreparato, sapevo della malattia che alla fine dello scorso anno di aveva colpita e contro la quale stavi coraggiosamente lottando.

 

Ti chiamavano la “Signora dei Motori”, un riconoscimento alla passione che ha sempre alimentato il tuo lavoro; per me resterai anche e soprattutto la “Signora del Sorriso”, sempre e comunque.

Ti ho vista l’ultima volta a ottobre, al MAUTO alle premiazioni UIGA: ci siamo parlati e, per ACI Radio, ti avevo anche intervistato sui progetti 2023 del museo (nel podcast sul sito questo ricordo prezioso per chi lo volesse ascoltare).

Mariella ha ricoperto importanti incarichi, come quello di Retail Director per la Walt Disney Company, e poi, per la Ferrari, dove si è occupata di Marketing e Pianificazione Strategica. È stata direttrice della Business Unit Maranello Experience che comprende il Museo Ferrari di Maranello. Quindi, il ruolo di direttrice del MAUTO, nel 2018.

 

Sei stata citata anche dal “New York Times” per la tua bravura e dedizione: “Il nostro lavoro – – avevi risposto in quella occasione – è fare del MAUTO un luogo di cultura, attraente per un pubblico vasto, non solo degli appassionati di motori”. E ci sei riuscita!

 

Cara Mariella, grazie dell’amicizia sincera che mi hai sempre dimostrato. Vedrai, anche gli angeli saranno trascinati dal tuo impareggiabile sorriso di bontà. Un abbraccio forte ai tuoi familiari.

“Vacanze Sicure”: torna la campagna sulle gomme

Pneumatici sotto la lente per la campagna Vacanze Sicure, promossa da Assogomma e Federpneus in collaborazione con la  Polizia di Stato. L’attività di controllo su strada degli pneumatici ha lo scopo di verificarne lo stato su 10.000 automobili che circolano sulle strade del nostro Paese. I controlli si concentreranno nelle regioni Piemonte e Valle d’Aosta, Veneto, Toscana, Marche e Puglia e si svolgeranno nel mese di maggio con una coda nelle prime due settimane di giugno.

In un periodo in cui sulle nostre strade arrivano i primi turisti stranieri e gli italiani iniziano i fine settimana nelle località montane e balneari, è importante affrontare i viaggi , soprattutto se medio lunghi, con la vettura in ordine. Prima di tutto occorre avere gomme gonfie e in buono stato perché quei pochi centimetri quadrati di gomma sono l’unico punto di contatto tra il nostro veicolo e il suolo. Su di essi dobbiamo contare per frenare, ammortizzare, dare direzione allo sterzo, trasferire e  trasportare i carichi, ecc.

I controlli sono stati preceduti da una sessione di aggiornamento tecnico rivolta alle pattuglie della polizia stradale organizzata da Assogomma. In tale occasione alle pattuglie coinvolte sono stati consegnati degli appositi spessimetri di precisione nonché  moduli per la registrazione dei rilievi stradali.

I moduli, debitamente compilati, verranno analizzati su modello del Politecnico di Torino che vanta ormai un data base di oltre 160 mila controlli effettuati nell’arco di tanti anni di attività congiunte. Ne scaturirà  una fotografia aggiornata sugli andamenti e le tendenze circa lo stato delle gomme sulle nostre strade.

Dal 16 maggio e sino al 14 ottobre, è vietata la circolazione con pneumatici di tipo M+S con codici di velocità inferiori  rispetto a quelli riportati in carta di circolazione. Si tratta di una grave infrazione che configura una modifica delle caratteristiche tecniche del veicolo e che quindi può essere sanzionata, non solo con una multa, ma anche con il fermo del mezzo.

Sul tema il Direttore del Servizio Polizia Stradale osserva  “Il cedimento di un pneumatico oppure l’elevata usura del battistrada possono causare gravi incidenti stradali. Pertanto è estremamente importante che gli pneumatici siano mantenuti in perfetta efficienza. Come Polizia Stradale raccomandiamo sempre di verificare  lo stato e l’usura degli pneumatici  senza trascurare pressione di gonfiaggio ed equilibratura soprattutto prima di lunghi viaggi. Il potenziamento delle verifiche specifiche effettuate dalla Polizia Stradale nel 2022 nelle cosiddette Operazioni ad alto impatto, che hanno visto l’impiego di 2.498 pattuglie, ha permesso di controllare complessivamente 15.664 veicoli e di contestare  10.275 violazioni.

Di queste 664 riguardavano pneumatici non efficienti a causa di battistrada inferiore a quello prescritto;  271 pneumatici con  tagli o incisioni sul battistrada e  144 le violazioni per pneumatici non adeguati alle prescrizioni stagionali. Non sono mancate violazioni per pneumatici alterati nelle caratteristiche costruttive e/o funzionali (31 violazioni)  per penumatici non omologati (21 violazioni) e penumatici aventi misure diverse da quelle riportate nella carta di circolazione (18 violazioni)”.

“Con un parco auto sempre più vecchio, la manutenzione dell’auto deve assumere un ruolo fondamentale per la sicurezza stradale e la cura dei pneumatici occupa un posto di assoluto rilievo. Anche a causa di un manto stradale troppo spesso trascurato, pieno di buche ed avvallamenti, è necessario programmare controlli periodici dal gommista per far eseguire una verifica visiva dello stato dei pneumatici e del corretto gonfiaggio, anche e soprattutto in vista delle lunghe percorrenze che caratterizzeranno le vacanze estive. Gonfiaggio e verifica, nonostante i Rivenditori Specialisti le effettuino gratuitamente, non vengono eseguiti periodicamente dagli automobilisti. Infatti oltre il 52% degli automobilisti circola con gomme sotto gonfiate – dice Fabio Bertolotti, Direttore Assogomma  un problema in quanto il veicolo trasmette all’automobilista insicurezza di guida per alterato comportamento del mezzo e, con le alte temperature esterne, il pneumatico si può surriscaldare sino al suo cedimento strutturale, ovverosia al suo scoppio. Un pneumatico sgonfio produce un inutile danno all’ambiente perché fa aumentare i consumi di carburante fino al 15% e dà luogo ad un’usura disomogenea del pneumatico che quindi dovrà essere sostituito più precocemente. Gli automobilisti devono sempre pensare che gli pneumatici vivono d’aria e l’aria non costa nulla, ma è fondamentale per garantire le loro ottimali caratteristiche prestazionali”. 

Elettrificare tutto il circolante italiano? Ci vogliono 1.000 miliardi

di Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor (dal Festival dell’Economia 2023 di Trento)

Una vera motorizzazione di massa “elettrica” ci sarà solo quando queste
auto saranno più accessibili, anche perché per una completa sostituzione del parco circolante italiano serviranno mille miliardi di euro In Italia oggi una
auto elettrica costa almeno 25mila euro.

La motorizzazione di massa decolla quando sul mercato c’è un’auto che costa quanto il salario medio anno di un operaio, oggi al netto è di 15mila euro. Una soluzione può essere abbassare prezzi, una seconda aumentare le retribuzioni e terzo impegnarsi in una campagna di incentivi, riconoscibili a tutti con stanziamenti maggiori. Per sostituire tutto il parco circolante italiano servono 1.000 miliardi.

È possibile che dal 2035 non si vendano più auto con motori a combustione interna a benzina e gasolio, ma è possibile che si vendano altri motori a combustione, già c’è la deroga per gli e-fuel e l’Italia ha chiesto la deroga per i biocarburanti.

Diesel e benzina, comunque, dovranno essere venduti anche dopo il 2035 per alimentare le auto immatricolate prima che potranno ancora circolare. La conversione all’elettrico ha sempre più spazio, ma in altri Paesi nessuno pensa di vietare questi motori e la nostra industria europea se vorrà continuare a esportare dovrà continuare queste produzioni.

Locauto: UniCredit e SACE ne supportano la crescita sostenibile

Ceo-Raffaella-Tavazza

Foto: Raffaella Tavazza, chief executive officer del Gruppo Locauto 

Locauto Spa, ha ottenuto da UniCredit un finanziamento ESG di dieci milioni di euro, di durata quinquennale, assistito dalla Garanzia Green di SACE all’80%. Il prestito è finalizzato all’acquisto di una flotta di auto, ibride ed elettriche per incentivare la transizione verso la mobilità a zero emissioni di CO2 e sistemi di trasporto ad alimentazione alternativa a bassa emissione di CO2. 

Locauto Group è un’azienda 100% italiana, con oltre 40 anni di esperienza nel settore del noleggio a breve, medio e lungo termine di auto e veicoli commerciali, con oltre 75 filiali nei principali aeroporti, stazioni ferroviarie e centri cittadini. SACE ha un ruolo di primo piano nella transizione ecologica italiana. L’azienda, infatti, può rilasciare garanzie green su progetti domestici in grado di agevolare la transizione verso un’economia a minor impatto ambientale, integrare i cicli produttivi con tecnologie a basse emissioni per la produzione di beni e servizi sostenibili e promuovere iniziative volte a sviluppare una nuova mobilità a minori emissioni inquinanti.

Questa operazione, realizzata grazie alle sinergie con la Rete sul territorio di SACE, rientra nell’ambito della convenzione green con UniCredit, nella quale SACE interviene con una garanzia a copertura di finanziamenti destinati sia a grandi progetti di riconversione industriale sia alle PMI che intendono ridurre il proprio impatto ambientale e avviare una trasformazione sostenibile.

UniCredit ha assunto un impegno concreto in termini di transizione verso un’economia green e sostenibile – afferma Marco Bortoletti, Regional Manager Lombardia di UniCredit – con questa nuova operazione supportiamo Locauto Spa che si contraddistingue per l’attenzione dedicata a un business che sia sempre più a minor impatto ambientale”.

L’automobile: una nuova lotta di classe

di Andrea Taschini, manager automotive (dal magazine “Parts”)

 

Nello scorso articolo pubblicato su questa rivista avevamo analizzato i processi decisionali che dovrebbero condurre a una sana ed efficace politica energetica e della mobilità attraverso la triplice formulazione di scopo, mezzi e contesto evidenziando come spesso le decisioni vengono prese dalla politica più per questioni ideologiche che di sostanza. Ora vorremmo invece affrontare i temi di fattibilità e delle conseguenze anche sociologiche di una transizione fatta di estremismi e fughe in avanti senza per altro vi siano le condizioni materiali ed infrastrutturali per implementarle.

 

Tre questioni fondamentali

Tom McClintock un congressman americano di lungo corso, in una recente audizione al parlamento di Washington, ha posto tre questioni fondamentali e molto acute che riguardano la transizione verso la mobilità elettrica. La prima afferma che se l’auto a batteria richiede 6 volte le materie prime necessarie per la sua costruzione rispetto a un’auto con il motore endotermico, sarà necessario aprire 384 nuove miniere per l’estrazione dei materiali necessari tra i quali litio, nickel, rame, terre rare e grafite.

Rivolgendosi agli stessi ambientalisti presenti che vorrebbero imporre a gran voce l’auto elettrica, chiede come ciò sia conciliabile con il non volere l’apertura di nuove miniere. You can’t have both” non potete averli tutti e due, sbotta ironico durante lo speach evidenziando il cortocircuito intellettuale in cui essi si sono infilati.

La seconda domanda agli auditori è come sia possibile reperire la potenza elettrica necessaria per alimentare decine di milioni di autovetture, visto che oggi le infrastrutture non permettono espansioni energetiche così elevate che avrebbero oltretutto picchi orari di assorbimento verticali. Specifica, inoltre, che l’energia elettrica viene oggi prodotta in larga parte con i fossili e che quindi si tratta di una falsa soluzione a eventuali tematiche ambientali; la chimera delle rinnovabili come si può constatare, per ora rimane un investimento privo di benefici reali in termini di produzione di KWh.

La terza domanda riguarda i costi: se si sceglie un regime di scarsità di offerta come quello voluta dai movimenti ambientalisti, i costi per le materie prime sia per le vetture sia per il fabbisogno energetico saliranno alle stelle creando come poi vedremo in seguito, non solo una nuova discriminazione di classe nella popolazione, ma veri e propri stati di povertà diffusa. Credo che il pragmatismo americano abbia sollevato tre questioni non eludibili da chiunque usi un minimo di onestà intellettuale per analizzare i fatti.

 

Per un’analisi sociologica dell’auto elettrica e dei mezzi di mobilità

Siamo abituati al luogo comune dell’equazione ricchezza = auto elettrica. In realtà c’è molto da discutere a riguardo e la nostra visione diverge dal mainstream più in voga. La produzione cinese di vetture elettriche sta crescendo a una velocità pressionante sia perché l’enorme popolazione ha bisogno di un passaggio alla mobilità a quattro ruote sia perché l’industria cinese punta ad invadere il mondo con le proprie vetture elettriche.

L’80% delle vetture a batteria prodotte al mondo sono vendute in Cina e l’unico produttore occidentale che veramente può competere con i produttori asiatici è e rimane Tesla che comunque ha nel Paese asiatico impianti di produzione molto importanti. Tesla si è vista costretta recentemente ad abbassare i prezzi fino al 20% dei suoi modelli per far fronte aduna concorrenza cinese sempre più agguerrita e decisa a conquistare quote di mercato sempre più rilevanti sacrificando margini che si sono immediatamente riflettuti sul conto economico dell’azienda.

In questo non riscontriamo grandi differenze con ciò che le aziende del Paese asiatico hanno fatto in altri comparti dei vari settori di riferimento: credo basti l’esempio dell’elettronica per farsi un’idea concreta o del settore tessile. Riteniamo che il momento in cui le auto cinesi low cost sbarcheranno massivamente nel Vecchio continente, non sia troppo lontano e quando questo succederà causerà un vero e proprio cataclisma sociale e nel tessuto industriale europeo.

L’auto elettrica, contrariamente al posizionamento di mercato che ha oggi, diverrà l’auto del popolo con prezzi eramente molto competitivi. Saranno auto dotate di tecnologia di base, ma con tutti i comfort che l’elettronica di consumo può offrire, ben disegnate da esperti occidentali e con interni molto accattivanti che tuttavia saranno a bassa autonomia e con un costo sotto i 15.000 euro, è difficile non pensare che possano essere appealing per una clientela con una limitata disponibilità economica.

Le auto euranti, le vetture con il motore endotermico a lunga autonomia, diverranno invece il prodotto più ambito dalle élite che potranno disporrlettriche di lusso europee, ma prodotte in Cina, saranno una nicchia a uso urbano per pochi privilegiati. Con l’avvento degli e-fuels e dei Bio-carburanti le vetture con il motore endotermico a lunga autonomia, diverranno, invece, il prodotto più ambito dalle élite che potranno disporre di molto denaro per acquistare un’auto tradizionale che diverrà così uno status symbol e che segnerà visibilmente le differenze tra classi sociali ben distinte.

Dei vantaggi competitivi della Cina nella produzione di batterie e dei motori elettrici abbiamo già ampiamente parlato ma è bene risottolineare che nonostante i proclami della Commissione europea a volte imbarazzanti per modalità e argomentazioni, la supremazia di Pechino in fatto di possesso di materie prime sta aumentando giorno per giorno la propria superiorità sull’Occidente.

Il vero tema industriale non è quanto le nostre aziende riusciranno a riconvertire della propria produzione per adeguarsi alle imposizioni legislative europee, ma di quanto caleranno i volumi di vendita delle auto Made in Europe e di conseguenza dei livelli occupazionali a essi legati.

Con una segmentazione di mercato come accennata nel paragrafo precedente, i volumi delle vetture europee e conseguentemente dalla componentistica, subiranno un crollo verticale. È infatti sui segmenti più economici che i volumi sono maggiori: le nicchie di mercato creano alto valore aggiunto, ma l’assenza di massa critica creerà problemi macroscopici. Chi lavora nell’industria sa bene come la leva volume abbia un impatto decisivo sulla produzione dei margini e della sostenibilità del business.

 

Per un dibattito serio e pragmatico

Si leggono sempre più articoli anche di autorevoli firme giornalistiche che parlano e straparlano del problema senza tuttavia avere alcuna esperienza o idea di come funzioni un sistema industriale. Sparano cifre per sentito dire, su fantomatici posti di lavoro creati dal nulla, di mirabolanti riconversioni industriali come se stessero parlando del riammodernamento di un’osteria, di strepitosi risparmi di milioni di barili di petrolio dovuti all’elettrificazione del parco circolante europeo dimenticandosi che i posti di lavoro non necessariamente si creeranno dove servono, che per riconvertire una fabbrica serve una domanda da soddisfare e che soprattutto l’energia elettrica si produrrà ancora per decenni con gli idrocarburi (chi afferma il contrario deve ancora dimostrarlo).

Questo che sembra sempre più un suicidio industriale annunciato, è purtroppo supportato da autorevoli incompetenti. Ciò non deve meravigliare perché oggettivamente molte delle scelte disastrose di politica industriale ed energetica del passato sia in Italia che in Europa, hanno avuto parecchi fiancheggiatori che in molti casi non servivano la ragione, sicuramente non i cittadini ma certamente interessi molto, molto particolari.

Artusi (Federauto Trucks&Van): “Biocarburanti e target realistici”

Decarbonizzazione
Massimo Artusi, Roma, vicepresidente di Federauto con delega Trucks&Van, è stato ascoltato dalla XIV Commissione – Politiche dell’Unione Europea della Camera dei Deputati, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento UE 2019/1242 per rafforzare i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi. Nel suo intervento, Artusi ha articolato in tre punti la posizione di Federauto sul tema in discussione.
 

Carburanti rinnovabili. Necessità di includere tutti i carburanti derivanti da vettori rinnovabili – in particolare, i biocarburanti e tutti i carbon neutral fuels – nel computo delle tecnologie conformi al 100% al raggiungimento dei target di emissioni zero di CO2.

Target e scadenze. Necessità di rivedere i target sulle scadenze temporali di riduzione delle emissioni di CO2 per i veicoli pesanti al 2030, considerando del tutto irrealistica la proposta della Commissione di innalzare il target a -45% rispetto al Regolamento attualmente in vigore.

Condizioni abilitanti. Necessità di definire target di decarbonizzazione realistici anche in base all’andamento delle condizioni abilitanti in materia di infrastrutture di ricarica elettrica e di erogazione dei carburanti. 

Artusi ha anche ricordato che “gli ultimi orientamenti sia in campo europeo che internazionale, stanno rivedendo il proprio atteggiamento su quelli che sono i carburanti non fossili, quindi generalmente tutto ciò che è biocarburante”, superando in questo modo “il concetto, che ormai sembrava definito, di considerare solamente le emissioni dal serbatoio alla ruota, un criterio molto limitante perché non considera tutto ciò che viene prima dell’immissione del carburante nel veicolo”. 

“Si tratta di un approccio”, ha continuato Artusi, “che secondo noi ha generato incomprensioni ed errori. Perché la riduzione dell’anidride carbonica – che è quello che tutti vogliamo, perché tutti viviamo in questo pianeta – si ottiene decarbonizzando il vettore energetico, non chi lo utilizza”.

Ascani (Format Research): il rapporto tra gli italiani e l’auto elettrica

di Pierluigi Bonora

 

Al dibattito organizzato in Regione Lombardia da Federmotorizzazione avente per tema “Mobilita” è intervenuto anche Pierluigi Ascani, presidente di Format Research. Suo lo studio sulla percezione dell’utente finale a proposito di transizione verso l’elettrico. Nell’occasione sono state illustrate percentuali che confermano come in Italia il limitato interesse per l’elettrico dipenda da fattori economici e culturali.

 

“L’età media delle auto è attualmente di 9,5 anni e il 57,4 per cento degli intervistati non intende cambiare auto nei prossimi due anni (il 12 per cento sì). Solo il 13,8 per cento comprerebbe un’auto elettrica, ma il 34,4 per cento non se la può permettere. Da questa situazione emerge che il 79,7 per cento degli intervistati sceglie di tenere l’auto attuale, ma anche che chi potrebbe essere interessato a passare all’elettrico ritiene che il prezzo giusto non possa superare i 26.000 euro”, ha precisato Ascani. Ma ascoltiamo più nei dettagli, dallo stesso presidente Ascani, lo studio di Format Research.

Bollicine Elettriche: tra mobilità sostenibile ed economia circolare

Parlare di mobilità sostenibile ed economica circolare in maniera frizzante coi maggiori protagonisti del settore: innovazione, creatività, lotta agli sprechi e reattività  sono le armi vincenti per superare le sfide della transizione ecologica come fatto con successo da Fantic, Santa Margherita, BRPneumatici e Askol Eva.

Dopo l’incontro inaugurale dello scorso 27 marzo, sempre presso la sede di Elevator Innovation Hub, primo polo tecnologico della provincia di Vicenza (tra le aree piu’ innovative e produttive nazionali con una forte vocazione industriale internazionale),si è recentemente svolto il secondo appuntamento Bollicine Elettriche.

L’evento – strutturato in quattro appuntamenti – è organizzato da Elevator e Caval Service con il supporto di Andiamo Elettrico che è con i suoi circa 10.000 iscritti è la comunità di proprietari di auto elettriche multibrand piu’ numerosa d’Italia. Se nel primo incontro del 27 marzo tutti i relatori in rappresentanza dell’intera filiera automotive (Istituzioni, Costruttori con il Future Mobility Director del Gruppo Volkswagen Italia, Stefano Sordelli, Aci, Multi utility (AGSM AIM Smart Solutions)  e concessionari tra cui il presidente di Autotorino, Plinio Vanini, vicepresidente di Federauto) si era giunti alla sintesi che la mobilità elettrica è la strada tracciata.

Strada segnata sì, ma con la necessità di ritarare i tempi poiché un Paese come l’Italia con un parco circolante di 40 milioni di veicoli (di cui 12,5 milioni con oltre 20 anni di vita) e poco meno di 200.000 auto elettriche circolanti con una offerta limitata  di BEV a causa della stessa scarsità di microprocessori ed il rincaro delle materie prime, difficilmente potrà nel 2035 recidere completamente il filo con le altre motorizzazioni fossili.

Nel secondo incontro si è voluto invece focalizzarsi maggiormente sulle tematiche legate alle opportunità della mobilità sostenibile e dell’economia circolare. La “Green Economy”  è stata quindi la protagonista del secondo incontro che ha visto la partecipazione di importanti relatori  che si caratterizzano per aver creduto nella sostenibilità ambientale nel loro campo traendone grandi opportunità e storie di successo come Fantic (controllata da VeNetWork), Santa MargheritaBRPneumatici e Askol Eva.

Alberto Baban, presidente di VeNetWork (che riunisce 73 imprenditori veneti animati dalla volontà di fare di più per il proprio territorio, sostenendo e sviluppando progetti ad alto potenziale. Già presidente di Piccola Industria dal 2013 al 2017, imprenditore innovatore e Cavaliere al merito della Repubblica Italiana, è stato la persona giusta per testimoniare l’importanza di fare squadra e guardare oltre, potendo portare esempi di successo come il rilancio della Fantic che eccelle sia nelle bici elettriche sia nelle moto tradizionali.

Scopo di VeNetWork è infatti quello di aiutare le aziende a crescere attraverso la promozione della cultura d’impresa, il finanziamento e lo sviluppo di nuove attività, sia manifatturiere sia di servizio, che generino valore aggiunto di tipo economico, professionale e culturale e, nel contempo, procurino una positiva ricaduta occupazionale nel territorio con risultati vincenti, ricordando che investendo 62 milioni, nel 2021 VeNetWork ha fatturato 236,8 milioni di euro saliti a 270 nel 2022, dando occupazione ad oltre 1.100 collaboratori.

Filippo Busin, amministratore delegato di BRPneumatici, fin dagli esordi – nel 1963 – ha abbinato alla distribuzione del pneumatico nuovo anche quella degli pneumatici ricostruiti, riutilizzando anziché disperdere le carcasse creando una fiorente attività di pneumatici rigenerati per il trasporto pesante e industriale portando un altro esempio virtuoso dei vantaggi ecologici ed economici della stessa circolarità. Busin ha posto l’attenzione in particolare sull’importanza degli sprechi, da evitare assolutamente tanto in ottica ambientale quanto industriale.

Merita ricordare che BRPneumatici commercializza più di 200.000 pneumatici nuovi di tutte le dimensioni e per tutti gli utilizzi, vantando una capacità produttiva annua di 30.000 pneumatici ricostruiti, segnalando che l’attività di ricostruzione è stata avviata proprio dal fondatore Battista Busin già nel 1963 e dal 2003 l’impianto – totalmente rinnovato – è stato trasferito a Zanè e si colloca tra i primi quattro del Paese utilizzando le migliori tecnologie disponibili sul mercato.

Andrea Curioni, professore Ordinario del Dipartimento di Agronomia, Animali, Alimenti, Risorse Naturali e Ambiente (DAFNAE) dell’Università di Padova, ha evidenziato il ruolo dell’istruzione, il cui compito non è soltanto quello di creare “dottori” preparati dal punto di vista tecnico, quanto quello di formare persone che si pongano domande e sappiano ragionare a tutto tondo sull’importanza della sostenibilità.  Una volta formati scatta la necessità della Ricerca Universitaria che deve dialogare con le stesse realtà imprenditoriali.

Gianluca Fabris (co founder insieme a Massimiliano Adinolfi) ha presentato invece il rivoluzionario Triplooo, un veicolo a tre ruote molto leggero che si muove con l’energia solare e la cui batteria può essere utilizzata come accumulatore dell’impianto fotovoltaico di casa o ufficio, utilizzando la stessa energia per muoversi agilmente in città, dimostrando che la stessa mobilità elettrica sta favorendo la creatività italiana anche sul versante della sostenibilità. A ogni appuntamento infatti Bollicine Elettriche concede uno spazio ad una società che sta sviluppando nuove forme di mobilità sia privata che pubblica.

Stefano Marzotto, presidente di Zignago Holding e A.D di Santa Margherita nonché di molte altre realtà imprenditoriali e di servizio, come la vicepresidenza all’ACI Vicenza, che testimonia la sua grande passione per l’automobile. Marzotto ha illustrato l’evoluzione dell’enologia e dei prodotti di Santa Margherita partendo dal “52” il Valdobbiadene Superiore Biodinamico che sintetizza come l’attenzione verso l’ambiente abbia fatto decollare la stessa industria vinicola italiana puntando con successo sulla qualità e l’attenzione verso i processi naturali, sempre più richiesti dal mercato nazionale e specialmente internazionale.

Gian Franco Nanni ha portato la testimonianza istituzionale di Confindustria ANCMA di cui è vice responsabile per gli scooter elettrici di cui Askoll Eva (Nanni è anche il Ceo della società) è uno dei maggiori player europei, presentando proprio a Bollicine Elettriche la sua ultima innovativa novità in fatto di scooter elettrici dove l’impresa veneta è tra i protagonisti del mercato, ricordando che l’impresa quotata in Borsa ha in gamma anche monopattini e bici elettriche che stanno ottenendo un crescente successo a livello internazionale. Nanni ha sottolineato in particolare come la mobilità elettrica possa giocare un ruolo fondamentale in ambito urbano, dove scooter e bici elettriche possono fare la differenza sia a livello ambientale ma anche sul lato pratico, con grande risparmio di tempo e denaro.

Bollicine Elettriche non si chiude il 22 maggio, ma sono già programmate le date del 26 giugno in cui si parlerà di opportunità occupazionali offerte dalla transizione ecologica e dall’economia circolare con un focus sulla Cina per verificare se la “Via della Seta” sia una opportunità o un rischio per l’economia italiana e dell’11 settembre focalizzata sulle sinergie fra mobilità e turismo sostenibile.

UE e transizione green: a furia di tirare la corda si spezza

di Cristiano Donelli, policy advisor

Questi burocrati europei che, con la collaborazione di certa politica ideologica e poco empatica, vogliono esagerare nell’imporre i dettami estremisti e la normativa Euro 7 per i veicoli rappresenta in pieno la megalomania che rischia di deprimere qualsiasi tipo di percorso di transizione verso la chimera delle emissioni zero.

Già si è discusso tanto di come si rivelerà improbabile che in pochi anni si arrivi a un parco auto che non emette nulla, a meno che non ci arrendiamo a una vita in tono minore in cui non si ha la libertà o la possibilità economica di spostarsi individualmente col proprio mezzo.

Se poi nel breve tragitto che ci porta a quel punto inseriamo disposizioni tagliagambe come l’Euro 7 allora pare che le istituzioni che decidono siano determinate nell’obiettivo, nemmeno troppo nascosto, di penalizzare la mobilità privata, rendendola solamente una sfizio per pochi ricchi che col loro Suv Tesla di ultima generazione non hanno problemi particolari.

Questa normativa ulteriormente restrittiva sulle emissioni entrerebbe in vigore già nel 2025 e renderebbe assolutamente anti-economico produrre auto con motore endotermico già 10 anni prima della fatidica data spartiacque tra cavalli e macchina a vapore del 2035. Hanno fatto le cose al completo perché non solo limitano le uscite dal tubo di scappamento, ma anche quelle, ebbene sì emettono pure loro, di pneumatici e freni.

L’acquirente potenziale di una vettura si troverebbe oltre alla normale inflazione alle stelle quella causata dalle norme ambientali e guardando al proprio portafoglio deciderà che, volente o nolente, anche se potrà girare in zone più ristrette, terrà la Fiat Punto che ancora funziona benino e a Greta ci penseremo più avanti.

Questo scenario non lo vede soltanto la nicchia di appassionati automobilistici, ma se ne stanno accorgendo gli Stati membri dell’UE con i propri Governi, tardi, ma forse ancora in tempo. Anche l’Italia per fortuna sta nel blocco di buonsenso e lungimiranza che pensa più in grande rispetto alla ristrettezza dell’ideologia “green”, ma sono piccole vittorie perché la longa manus del potere europeo cercherà di blandire i più deboli e di isolare i più resistenti.

Almeno, fosse per qualcosa di positivo e invece ci troveremo senza industria automobilistica, senza macchina per viaggiare, senza soldi per girare, ma con l’erbaccia che mangia la CO2 resiliente che ancora emetteremo e che colonizzerà le strade asfaltate retaggio di un tempo da denigrare.

L’industria automobilistica europea, ben rappresentata da ACEA, resiste, mostra i veri dati dell’impatto terribile che queste norme porteranno al di là delle retoriche e più avanti arriverà ad ammettere che la soluzione a tutti i mali non sarà l’elettrificazione totale, ma un mix di tecnologie con fossili, elettrico e gas.