Crisi dell’auto: spazio alla politica con P maiuscola

di Rocco Palombella, segretario generale UILM

 

La crisi di Governo si abbatte anche sulle crisi del settore metalmeccanico, in particolare sull’automotive, pilastro dell’economia e dell’industria italiane, investita dal cambiamento epocale della transizione ecologica. Dopo aver chiesto per mesi, nel silenzio assordante del Governo, anche congiuntamente con le parti datoriali come Federmeccanica, un intervento urgente e strutturale ai ministri competenti per evitare conseguenze occupazionali, sociali e produttive disastrose, con oltre 70mila esuberi e un’intera filiera messa a rischio, nelle ultime settimane abbiamo notato un cambiamento di approccio governativo, più indirizzato verso una discussione concreta e fattiva per recuperare il ritardo già accumulato.

Non possiamo omettere le scelte contraddittorie del nostro Esecutivo, prima a favore della decisione dell’UE sullo stop ai motori endotermici entro il 2035, poi critica sulle conseguenze di una transizione ecologica senza un indirizzo politico chiaro e concreto a livello nazionale ed europeo, con conseguenti misure straordinarie.

A ogni modo la sfida della transizione ecologica, per tradursi in reale opportunità di sviluppo e modernizzazione del nostro Paese, ha bisogno di un Governo solido, nel pieno dei suoi poteri, per accelerare il percorso intrapreso, giungendo nel più breve tempo possibile a misure strutturali, che ridisegnino l’intera filiera della componentistica salvaguardando l’occupazione e il patrimonio industriale, mettendo l’Italia nelle condizioni di vincere e non subire le sfide future.

Parliamo di importanti realtà industriale dalla Bosch di Bari, dove sono occupati 1.700 lavoratori e le attività sono incentrate all’80% sul Diesel, a rilevanti progetti come quello della Gigafactory a Termoli o quello legato ai fondi del PNRR di Iveco nella produzione di autobus elettrici e a idrogeno, che ha bisogno di una regia governativa in grado di portarlo a termine, consentendo la difesa occupazionale e la continuità produttiva di un’importante pezzo del settore automotive.

Senza dimenticare che solo l’effetto annuncio della transizione ecologica, e scelte scellerate da parte di fondi internazionali, ha portato alla chiusura, un anno fa, di Gianetti Ruote e di Gkn, con il licenziamento tramite mail di circa 600 lavoratori complessivi.

Sono necessarie misure strutturali e immediate che si inseriscano nell’intero ciclo della nuova motorizzazione elettrica, non solo nella produzione delle batterie e delle autovetture o negli incentivi, ma la predisposizione di una rete infrastrutturale capillare in tutto il territorio nazionale e un’agenzia degli approvvigionamenti, per evitare gli ormai sempre più frequenti fermi produttivi a causa della carenza di microchip e semiconduttori e diminuire la dipendenza dall’Asia.

È il momento di recuperare il tempo perso, è il momento delle scelte responsabili, urgenti e strutturali per il bene dei cittadini e del futuro industriale del Paese. È il momento della politica, quella con la P maiuscola.

Auto cinesi si affacciano: la bresciana EMC “hub” di distribuzione

di Luca Talotta

Auto cinesi, ancora. Un altro brand che sbarca in Europa, cercando di ritagliarsi una fetta di quel mercato ormai sempre più frazionato e inflazionato. L’ultima, non in ordine cronologico, è Eurasia Motor Company che a fine 2023 proporrà anche la versione elettrica del Suv Wave 3, presentato presso le Cantine Berlucchi in Franciacorta.

Eurasia Motor Company, con sede a Palazzolo sull’Oglio (Brescia), è la società importatrice per conto di Great Wall Company, azienda cinese che da tempo ha deciso di entrare nel mercato europeo con i suoi prodotti elettrici e non solo, tra i quali anche quelli a marchio Haval e, prossimamente, Coffee 01 e Ora Cat.

Eurasia Motor Company si presenta ora sul mercato europeo come marchio e un suo primo modello, Wave 3, Suv definito “All purpose”, versatile e multifunzionale: «Siamo qui a presentare un marchio esclusivo, EMC, che si lancia sul mercato italiano – le parole di Federico Daffi, amministratore delegato di Eurasia Motor Company -; siamo operativi dal 2005, come importatori dalla Cina; abbiamo già portato in Italia il marchio Great Wall e Haval”.

E aggiunge: “Abbiamo deciso di intraprendere la strada di diventare produttori, con il sogno di poterci espandere in Europa dopo il mercato italiano. L’azienda che produce Wave 3 si chiama Yibin KAIYI, i cui principali azionisti sono lo Stato e Chery Automobile con le sue tecnologie. Essendo nata recentemente, dal punto di vista tecnologico è molto avanzata. In Cina esiste già Wave 3 in versione completamente elettrica, ma per le lungaggini legate all’omologazione abbiamo deciso di introdurre sul mercato italiano quella con motore endotermico. L’obiettivo di vendite, per il momento, è di 1.500 vetture l’anno».

La nuova EMC Wave 3 è un Suv per la famiglia, con cambio manuale e automatico, un computer di bordo, fari Led e l’antifurto, tutto di serie. Il prodotto finito è disponibile a 22mila euro. “Per ora il modello è unico, ma disponibile in due versioni – conclude Daffi – entrambe con un motore 1.5 di cilindrata e impianto GPL realizzato dalla piemontese BRC. La prima ha il cambio manuale, la seconda quello automatico, un motore turbo da 247 cavalli e viene venduta a 24.400 euro. È un’auto familiare, spaziosa nelle dimensioni, che risponde bene alle esigenze di tutti. Sul mercato, oggi, i nostri concorrenti sono Dacia Sandero e DR 5.0». E la versione elettrica? “Sarà sempre sulla piattaforma della Wave 3 e arriverà alla fine dell’anno prossimo; il prezzo? A oggi finita, in Cina, costa circa 22.000 dollari. E’ pensabile che in Europa possa arrivare con un listino tra i 30 e i 35mila euro”.

Hlpy (assistenza stradale 2.0): ora lo sviluppo internazionale

 

Hlpy, startup che sta ridisegnando il mondo dell’assistenza stradale annuncia l’ingresso di Stefano Sarti per avviare lo sviluppo internazionale affiancando i founder Valerio Chiaronzi, Graziano Cavallo ed Enrico Noseda. L’ingresso di Sarti sarà funzionale alla strategia di internazionalizzazione e alla progressiva entrata di hlpy nei principali mercati europei e non solo. Sarti che assumerà l’incarico a partire da agosto, lascia ARC Europ Group il più grande gruppo di assistenza stradale in Europa, di cui ha ricoperto il ruolo di Managing Director, e approda in hlpy. Master in Business ed Economia nelle Università di Torino e Aix-en-Provence e oltre 20 anni di esperienza nel settore dell’Automotive e dell’assistenza automobilistica internazionale, ha cominciato la sua carriera in Fiat per poi assumere diversi incarichi internazionali, prima in Targa Service e, in seguito, in Europ Assistance, dove ha dato vita all’International Automotive Division e, successivamente avviato la sede turca della compagnia assicurativa.

 

“Siamo molto lieti di dare il benvenuto a Stefano, persona con la quale abbiamo già condiviso esperienze professionali in passato e di cui ho sempre apprezzato la grande conoscenza del settore, lo spirito imprenditoriale e la grande energia. Caratteristiche queste determinanti per avviare una rapida crescita del nostro modello a livello internazionale già a partire da fine 2022. L’ingresso di Stefano in hlpy conferma la grande attrattività del nostro modello e la concreta possibilità di rivoluzionare davvero l’industria della mobility. Stiamo innovando il mercato non solo rivedendo radicalmente paradigmi e processi, grazie all’ausilio delle più moderne tecnologie digitali, ma anche lanciando servizi innovativi e di frontiera che siamo convinti di poter diffondere a livello internazionale”, ha spiegato Valerio Chiaronzi, founder e Ceo di hlpy.

 

“Per troppo tempo il settore dell’assistenza automobilistica è stato impermeabile ai processi di trasformazione digitale – ha affermato Stefano Sarti, neo Managing Director international & Equity Partner -, hlpy in pochissimo tempo ha dimostrato concretamente di poter essere il vero challenger dell’intera industry, grazie ad un approccio nativamente digitale e proponendo soluzioni innovative per superare i limiti che il mercato ha storicamente manifestato. La piattaforma di hlpy offre benefici a tutta la filiera dell’assistenza stradale e della mobility in generale, dal business partner al cliente finale, passando per il network di soccorso, con impatti sull’efficienza e la soddisfazione dell’utente, con la riduzione dei costi operativi e di gestione del servizio e aprendo nuovi potenziali opportunità di mercato. Sono estremamente contento di ritornare a vestire i panni dell’imprenditore ed estremamente entusiasta di intraprendere questa nuova avventura con un gruppo di persone che stimo molto, apportando il mio personale bagaglio di competenze e conoscenze del settore”,

 

Il mercato dell’assistenza stradale a livello globale ha un valore di circa 25 miliardi di euro frutto di servizi di assistenza a circa 1,4 miliardi di veicoli. L’industry dell’assistenza si trova a raccogliere ed interpretare le nuove sfide legate all’elettrificazione dei veicoli, all’evoluzione della diagnostica ed alle nuove forme di mobilità.

Fondata a maggio 2020 e operativa dal 1° febbraio 2021, hlpy può contare su una piattaforma proprietaria che sfrutta intelligenza artificiale e machine learning per superare limiti e inefficienze del settore. Sono oltre 3.000 i mezzi di soccorso, 2.400 i driver/meccanici e oltre 660 i centri di assistenza sparsi in tutta Italia che hanno deciso di utilizzare la tecnologia hlpy che è l’unico player ad aver integrato front-end, clienti, piattaforma operativa e rete di soccorso in modalità “nativamente” digitale.

 

La startup hlpy nasce a Milano a maggio 2020 con l’obiettivo di reinventare l’assistenza stradale. Grazie alla sua piattaforma digitale innovativa hlpy punta a creare valore per compagnie assicurative, case automobilistiche, società di noleggio, operatori del soccorso e, soprattutto, a rendere più affidabile e sicuro il servizio per gli utenti finali.

Metalmeccanici: 70.000 occupati a rischio, 32.000 nell’automotive

Se il settore metalmeccanico mostra complessivamente una robusta resilienza alla crisi economica in corso, alcuni settori, quelli più energivori, essenzialmente auto ma anche elettrodomestico e siderurgia, segnano invece, nei primi 6 mesi del 2022, una evidente situazione di sofferenza: sono infatti passati a 70.867 i lavoratori a rischio, coinvolti in situazioni di crisi, tra Cig e avvio di procedure di licenziamento: erano 54.712 al 31 dicembre scorso, ora sono 16.155 in più, 32 mila solo nel settore automotive.

 

A presentare la fotografia di un’industria meccanica che sembra avere assorbito meglio del previsto gli shock sulle materie prime e l’aumento dei costi energetici causati dal conflitto in Ucraina, ma che denuncia “crepe e difficoltà crescenti in particolari ma importanti filiere produttive”, è un Rapporto del sindacato Fim Cisl guidato da Roberto Benaglia. Una radiografia quasi millimetrica dello stato di salute dell’industria meccanica che registra circa 170 vertenze regionali e stima 7.461 posti di lavoro a rischio causa crisi finanziarie; 2.194 posti ‘travolti’ da processi di delocalizzazione; 3.450 legati all’impatto della guerra Russia-Ucraina; oltre 34mila per effetto delle crisi di settore in corso; 3.597 posti che ballano causa crisi dell’indotto e circa 9.313 quelli legati agli effetti sulle aziende della crisi di materie prime.

 

Le attuali difficoltà dell’economia globale per effetto della guerra in Ucraina, precedute solo di poco da quelle legate alla pandemia, hanno dunque moltiplicato il costo dell’energia incidendo maggiormente su quei settori a più alto utilizzo: “Tutti fattori che insieme stanno compromettendo la ripresa di settori strategici, come quelli dell’elettrodomestico, della siderurgia e dell’automotive, mettendo in crisi molte piccole e medie imprese legate all’indotto“, annota la Fim che relativamente all’automotive ricorda come pesi “l’estrema debolezza nelle vendite di auto, disorientata anche dalla scelta dell’Ue nel mese di giugno di fermare la produzione dei motori endotermici nel 2035 in tutt’Europa, nonché l’andamento a singhiozzo nella fornitura di semiconduttori”.

 

Da qui, prosegue il sindacato, una serie di crisi conclamate nonché di fermi produttivi nei principali stabilimenti del Gruppo Stellantis (Melfi, Cassino, Pomigliano, Sevel) e conseguentemente dell’indotto, con un aumento della richiesta ammortizzatori sociali.

 

Io, soldato della scienza: tornerò al mio lavoro

di Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica
(da “La ripartenza” con Nicola Porro)

 

Il Consiglio dei ministri è il punto massimo della democrazia del Paese. Io sono un soldato della scienza, c’è un tempo per tutti e per un tecnico è particolarmente breve. Non sono assolutamente innamorato della politica. Il Paese mi ha dato molto, ho restituito qualcosa nei limiti che potevo e poi torno a fare il mio lavoro.

 

Finito questo ruolo istituzionale, torno fare quello che facevo. Il mio modo di vedere i problemi è troppo cartesiano per la politica. I tecnici servono per la progettazione. Il PNRR sta andando molto bene, ci sono tutti i presupposti perché che le cose possano continuare e funzionare.

Pneumatici: troppa trascuratezza, sì a incentivi per il cambio

di Silvia Terraneo (She Motori)

Quanti di voi controllano le gomme regolarmente? Soprattutto prima di un lungo viaggio? Lo sapete quanto sia importantissimo farlo? Come ogni anno Polizia stradale, Assogomma e Federpneus si impegnano nel progetto “Vacanze Sicure” per fare il punto della situazione. Ecco i pessimi risultati: su 13.500 auto, 3 su 10 hanno problemi alle gomme. In un periodo in cui sulle nostre strade c’è più traffico per gli esodi estivi è importante affrontare il viaggio con la vettura in ordine. Prima di tutto occorre avere gomme gonfie e in buono stato perché quei pochi centimetri quadrati sono l’unico punto di contatto tra il nostro veicolo e il suolo. Su di essi dobbiamo contare per frenare, ammortizzare, dare direzionalità, trasportare carichi, ecc.

L’indagine condotta dagli agenti della Polstrada aveva lo scopo di verificare lo stato delle gomme delle automobili e le loro possibili avarie e irregolarità, ovverosia la corretta omologazione, la corrispondenza dei parametri dimensionali e prestazionali riportati nella carta di circolazione, l’eventuale presenza di tagli e/o danneggiamenti visibili ad occhio nudo, ecc. Occhi puntati ovviamente sulla profondità del battistrada che per legge deve essere come minimo di 1,6 mm.

“È evidente che gli incentivi all’acquisto di nuove vetture non sono sufficienti a stimolare il rinnovo del parco macchine, che purtroppo continua a essere sempre più vetusto, perché gli italiani non hanno sufficienti disponibilità economiche – spiega Fabio Bertolotti, direttore di Assogomma -. E’ quindi necessario prevedere anche incentivi per la manutenzione dei veicoli con una particolare attenzione a quei dispositivi che hanno una rilevanza fondamentale per la sicurezza stradale, come a esempio pneumatici e freni. Nei mesi scorsi si era ventilata l’introduzione di un bonus per l’acquisto di pneumatici per auto di classi  “A” o “B” con vantaggi fino al 7% in meno sul consumo di carburante e fino al 30% in meno nello spazio di frenata su bagnato. Tutto ciò con effetti positivi sull’ambiente e sulla sicurezza stradale. L’agevolazione è stata ritirata per mancanza di fondi, ma contestualmente il Governo si è espressamente impegnato a concedere questi incentivi. Speriamo che la promessa venga onorata al più presto nell’interesse di tutti”.

 

 

I mesi neri dell’auto: e il futuro? Ne vedremo delle “belle”

 

A proposito di piani “green” di Bruxelles, con l’intenzione di farci muovere solo su veicoli elettrici dal 2035: dal varo del PNRR, ormai 14 mesi fa, che prevede 750 milioni per le infrastrutture, manca ancora un cronoprogramma che indichi tempi e luoghi dove installare le famose colonnine (ne servirebbero 320mila di ricarica pubblica), nonché i soggetti incaricati di effettuare gli interventi. A ricordarlo, in una nota, è Andrea Cardinali, direttore generale di Unrae, ma è evidente come nelle stanze dei bottoni e nelle corti ambientaliste sia più facile parlare e prevedere rispetto a realizzare nei fatti i piani di azione. Ne vedremo – per modo di dire – delle belle.

 

Intanto, l’uragano che da mesi non dà tregua al settore automotive prende ancora più forza, guarda caso, sul territorio italiano. La crisi di governo, con le dimissioni del premier Mario Draghi, si aggiunge alle altre catastrofi (pandemia, guerra in Ucraina, crisi dei microchip, materie prime ed energia alle stelle, produzione rallentata e mancanza di prodotto nuovo nelle concessionarie, gas russo verso il taglio definitivo, caro carburanti, impennata dell’inflazione).

 

Ecco allora l’Italia (con Draghi ancora al suo posto), in un mercato europeo che a giugno ha segnato un -16,8%, perdere il 15% delle vendite sul 2021, secondo risultato negativo del mese dopo quello della Germania (-18,1%). E se si guarda al primo semestre, la situazione resta grave: -13,7% (ma -33,6% nel confronto con il 2019) il mercato europeo, con l’Italia indossare la maglia nera (-22,7%) .

 

Nei prossimi mesi, visto lo scenario, c’è poco da sperare in miglioramenti. Anzi. E a rischiare di più, se il governo non dovesse ricomporsi, sarebbe proprio l’Italia: ulteriore abbattimento della fiducia da parte dei consumatori e, soprattutto, crollo dei deboli pilastri che reggono ancora le aziende con centinaia di esuberi già dichiarati, sfinite da una lunghissima crisi e condannate dagli esiti di un processo di transizione energetica “suicida” per l’industria automotive europea.

Energia “green” sì: ma senza creare nuova povertà

 

di Paolo Uggé, presidente di Conftrasporto-Confcommercio

 

Il Consiglio dei ministri dell’Unione europea ha scelto di non concedere agli Stati il tempo necessario ad adeguare il proprio sistema energetico. Siamo pienamente d’accordo a individuare percorsi che producano miglioramenti significativi delle emissioni, a salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini. Occorrono tuttavia tempi e modi adeguati. Dopo la crisi pandemica, peraltro ancora presente, e con un conflitto alle porte dell’Europa, è autolesionistico definire tempi e modalità che non potranno altro che generare, come sostiene anche il professor Tabarelli di Nomisma, maggiore povertà. È questa l’evoluzione che alcuni Paesi dell’Europa ci stanno prospettando?

 

Il ricorso all’energia elettrica può generare effetti benefici, certo, ma non nei trasporti, in particolar modo in quelli pesanti, che sono fondamentali per rendere competitiva l’economia. Nei Paesi come la Germania, in cui si sta sperimentando l’impiego di Tir collegati alla rete elettrica lungo le autostrade, risulta evidente che la fonte energetica dev’essere in qualche modo prodotta.

 

Quindi. nel medio periodo sarà la fonte nucleare, a gas, a carbone, a determinarla e l’Italia dovrà comprare energia, batterie, dipendendo da altri Paesi. È questo il brillante risultato al quale tendere?. Conftrasporto lancia infine un appello al Governo italiano e alle forze politiche che lo sostengono: Siamo per l’energia pulita, ma senza creare nuova povertà. Occorre assumere le iniziative opportune perché il Governo prenda posizioni nell’interesse dei propri cittadini.

AutoScout24: 7 su 10 contro lo stop alle auto termiche nel ’35

I ministri dell’Ambiente dell’Ue hanno fatto fare un altro passo avanti alla proposta della Commissione di fermare nel 2035 la vendita delle auto termiche, ma hanno rimarcato la spaccatura già emersa nel Parlamento e, soprattutto, si sono riservati una revisione del percorso nel 2026. Formalmente, per verificare che l’installazione delle colonnine di ricarica proceda. Nella sostanza, per avere l’occasione di tornare sulla materia.

 

Infrastrutture a parte, saranno comunque i consumatori a dire l’ultima parola. Proprio per aggirare quel mercato che dovrebbe tutelare, la Commissione – su input di Transport&Environment, lobby anti-auto – decise un anno fa di imporre lo stop alle auto termiche, avendo capito che i cittadini non passavano da soli all’auto a pile. Secondo AutoScout24, 7 automobilisti su 10 sono contrari allo stop. Se dovessero continuare a scegliere massicciamente auto termiche (95% delle immatricolazioni) diventerebbe complicato insistere.


I governi nazionali sono molto sensibili agli elettori e sentono che il vento è cambiato. Nel 2024 si vota e le urne potrebbero esprimere un Parlamento e una Commissione che mettano da parte l’ambientalismo «alla Greta» per affrontare le questioni reali che stanno mordendo i cittadini, dal caro-energia al rischio di una guerra non per procura con chi è più incline a usare le armi che le sanzioni. Infatti gli ambientalisti, che sono i più svegli, hanno subodorato che fino al 2035 troppe cose potrebbero cambiare e allora hanno suggerito di anticipare lo stop al 2028. Per il pianeta? No, per una moda.

Sia chiaro una volta e per tutte che l’ambiente non trarrebbe alcun beneficio. Si legge sul sito del Parlamento UE: «Il settore dei trasporti è responsabile del 30% delle emissioni totali di CO2 in Europa, di cui il 72% viene dal solo trasporto stradale» e le auto «sono tra i mezzi più inquinanti, considerato che generano il 60,7%». Il Parlamento sorvola, ma l’European Environment Agency, organo della UE, riporta che nel 2019 il trasporto in Europa ha emesso 0,825 gt (miliardi di tonnellate) di CO2, il cui 60,7% delle auto sarebbe 0,501 gt. Poco? Tanto? L’AIE riporta che nello stesso anno le emissioni prodotte da attività umane sono state circa 50 gt. Quindi le auto circolanti in Europa producono l’1% delle emissioni globali.

 

Emissioni che oggi aumentano di oltre 1 punto ogni tre anni, a causa soprattutto a Cina e India. Così nei prossimi tre anni sarà vanificato il beneficio che noi europei impiegheremmo oltre 30 anni a conseguire, distruggendo la nostra industria automobilistica, eccellenza mondiale che dà lavoro a 3,2 milioni di addetti diretti più l’indotto.