Noleggio veicoli: immatricolazioni in “crescita frenata”

Noleggio veicoli: immatricolazioni in “crescita frenata”

Foto: Alberto Viano, presidente di ANIASA

Il settore del noleggio veicoli ha aperto il 2024 in leggera crescita sull’anno scorso: +5,46% nel primo trimestre. Un incremento trainato dall’importante recupero del noleggio a breve termine (+71,13%) e dal buon andamento del settore dei veicoli commerciali nel lungo termine (+33,83%). Fiacco, invece, il long term delle auto, in contrazione del 13,55%. Sono questi i principali dati e spunti che emergono dall’analisi trimestrale sul settore del noleggio veicoli promossa da ANIASA e da Dataforce.

Si tratta del primo di una serie di appuntamenti trimestrali, in occasioni dei quali l’Associazione che in Confindustria rappresenta il settore della mobilità pay-per-use e la società di analisi di mercato metteranno a disposizione di media, istituzioni, stakeholder e opinione pubblica un monitoraggio puntuale sull’andamento delle immatricolazioni del noleggio veicoli. L’obiettivo è evidenziare i principali trend in atto per i settori del lungo e del breve termine, analizzando (dati alla mano) le tematiche di più stretta attualità, come la diffusione delle alimentazioni a basse o zero emissioni, la suddivisione per utilizzatore e molto altro ancora. In chiusura il consueto focus, curato da Dataforce, sugli operatori del comparto.

Il noleggio veicoli quest’anno vale il 31% dell’intero mercato italiano. Una quota che, nonostante la flessione di auto registrata dal noleggio a lungo termine (NLT), ben 4,6 punti in meno dell’anno scorso che aveva però beneficiato di un ampio portafoglio ordini legato anche alle ritardate consegne del 2021 e 2022, è rimasta sostanzialmente inalterata rispetto al primo trimestre 2023.

Un risultato determinato dalla forte crescita delle immatricolazioni NLT dei veicoli commerciali (oggi la soluzione d’acquisizione più diffusa per i veicoli da lavoro, persino più degli acquisti aziendali in proprietà diretta), nonché dall’impennata dell’inserimento di veicoli in flotta del rent-a-car, salito quest’anno oltre l’8,5% di quota di mercato (+3,2 punti), che riequilibra così la flessione del lungo termine.

Era da prima del COVID che non si registrava un aumento così forte nel breve termine, trainato principalmente dalle autovetture di piccola e media fascia/cilindrata, in vista della prossima stagione turistica. Sembra alle spalle il triennio 2021-2023 in cui si registravano non poche difficoltà nell’approvvigionamento di veicoli da parte di questo canale.

“I dati relativi all’andamento delle immatricolazioni a noleggio del primo trimestre evidenziano una crescita rallentata del settore. A frenare le immatricolazioni sta contribuendo decisamente l’effetto annuncio incentivi del Governo che sta provocando nelle aziende clienti un rinvio del rinnovo delle flotte, in attesa che i nuovi incentivi (finalmente al 100% anche per il noleggio) entrino in vigore. Un ulteriore periodo di attesa rischia di azzerare le nuove immatricolazioni di veicoli a basse e zero emissioni anche nel  mese di aprile. Occorre accelerare per evitare di interrompere la ripresa del mercato, come già il mese di marzo dimostra, e innescare un paradossale effetto di innalzamento dell’età media delle vetture in flotta”, osserva Alberto Viano, presidente di ANIASA.

Auto elettriche e ripensamenti: intanto i cinesi…

Auto elettriche e ripensamenti: intanto i cinesi...

di Giuseppe Sabella, direttore di Oikonova (think tank specializzato in lavoro e sviluppo sostenibile)

Sono stati i grandi gruppi europei dell’auto – Stellantis e Volkswagen in particolare – a spingere le scelte politiche in direzione dell’elettrico Questo perché il mercato da troppi anni è fermo e si è pensato che, stimolando un rinnovo del parco circolante e inducendo quindi i consumatori a comprare l’auto elettrica, si potesse determinare un impatto positivo sulla produzione.

 

Ora naturalmente è chiaro a tutti che l’attuale quadro favorisce l’industria cinese, più avanti della nostra nella produzione di auto elettriche. Questo accade in primis perché la Cina investe sul motore elettrico dagli anni ’90, secondo perché il Dragone controlla il mercato delle materie prime decisivo per la Transizione energetica.

 

Da qui i ripensamenti dell’industria europea dell’auto, resi ancora più evidenti dalla lettera di Luca de Meo, ad di Renault e presidente dell’associazione dei costruttori europei, quegli stessi costruttori ché oggi chiedono a Bruxelles di rivedere il quadro normativo, rivalutando anche altre tecnologie a basse emissioni su cui l’Europa non è così indietro rispetto alla Cina. In questo, Tavares ha ragione: bisognerà attendere la nuova Commissione, quella di Von der Leyen non può sconfessare le sue scelte di questo mandato.

Noi: come una goccia in un immenso mare

Noi: come una goccia in un immenso mare

di Andrea Taschini, Manager Automotive (dal magazine “Parts”)

 

Prologo

“Il pensiero tragico è il contraltare critico del trionfo di un’idea di ragione ottusamente anti-umanistica e oggi pervasiva”. Così l’immenso Giulio Sapelli definisce nel suo recente libro, “Verso la fine del mondo”, l’attuale fase storica che sembra trascinare in un precipizio l’intero assetto globale delle relazioni internazionali. Con un tre colpi ben assestati, pandemia, guerra in Ucraina e caos in Medioriente, siamo precipitati senza accorgerci in un caos geopolitico grave, forse il più grave dalla fine della Seconda guerra mondiale.

La mancanza di leadership e preparazione delle classi dirigenti da me più volte qui sottolineate, hanno portato la situazione a uno stato degenerativo con l’aggravante di dare la nettissima sensazione di non avere la più pallida idea di come uscirne indenni. Quell’atteggiamento delle giovani generazioni politiche e manageriali di potere avere accesso a ogni cosa senza fare mai i conti con la realtà vera, è stata la causa principale del dissesto delle relazioni internazionali e dei problemi anche di carattere industriale che oggi stiamo affrontando.

Il motto “Yes we can”, usato da Barak Obama nella sua campagna presidenziale del 2010, è il simbolo più tangibile della mentalità sorta nell’establishment americano di quegli anni che poi come sempre, si è riversata per osmosi nell’Europa progressista senza che il Vecchio continente si rendesse conto dei rischi sistemici a cui sarebbe andata incontro. Se gli Stati Uniti come ben scriveva Churchill, hanno sempre la possibilità di sbagliare perché non hanno alcuna minaccia ai propri confini, l’Europa con la sua stratificazione storica plurimillenaria si trova al centro di faglie geopolitiche delicatissime dove ad est affronta la potenza nucleare russa, a sud l’Islam, avendo al suo interno divisioni storiche che per centinaia d’anni hanno provocato guerre e massacri d’ogni genere e sorta.

Handle with care verrebbe voglia di dire e invece le forze centrifughe continentali hanno portato l’Unione Europea in una confusione di ruoli che ricorda le drammatiche fasi storiche del finire degli anni ‘30 del secolo scorso dove pacifismo, cieco mercantilismo e inconsapevolezza della gravità della situazione, fecero precipitare l’Europa verso il disastro della Seconda guerra mondiale.

 

I sogni infranti di una visione miope europea

Il sogno europeo di poter mutuare prodotti dai Paesi low-cost (principalmente dalla Cina) si sta infrangendo sugli scogli più insidiosi della de-globalizzazione e della ragion di Stato che all’improvviso è riapparsa prepotentemente alla ribalta dopo che il mondo è andato improvvisamente in frantumi. Abbiamo così scoperto che le nostre dipendenze da produzioni strategiche come l’energia, la mobilità e le telecomunicazioni, teoricamente e legislativamente sotto transizione, sono attaccate alla flebile speranza che la Cina se ne stia quieta e non sia tentata di invadere Taiwan o di soccorrere attivamente la Russia o peggio l’Iran.

Se accadesse, (come si può facilmente intuire dal grafico 1) rimarremmo per esempio senza microchip, senza i quali non sarebbero nemmeno immaginabili le conseguenze industriali e sociali a cui si andrebbe incontro. Ma lo stesso potrebbe dirsi riguardo ad una possibile chiusura del Canale di Suez o di un conflitto che dal Mar Nero si estendesse nel mediterraneo vista l’assidua e crescente presenza di navi e sommergibili russi nel Mare Nostrum.

Ciò nonostante ci sono ancora forze di sistema che imperterrite insistono a correre contro l’evidenza dei pericoli (e contro il muro della ragionevolezza) perseverando nel promuovere prodotti che non solo non avrebbero alcun vantaggio pratico ma che acuirebbero ancor più la nostra dipendenza dai Paesi orientali. Non è quindi un caso che l’autorevolissimo “Der Spiegel” in copertina si chieda se l’auto elettrica rappresenti ancora un obiettivo utile ma soprattutto perseguibile nel Vecchio continente.

La Germania pur essendo stata il primo Paese a volere fortemente imporci la vettura a batteria, sta rendendosi conto del gigantesco boomerang che imprudentemente ha lanciato in aria e che rischia di azzerare l’asset più importante e strategico che essa possiede, cioè l’automotive, che occupa in territorio tedesco qualche milione di addetti.

I temi ambientali, causa e scusa primaria di una transizione in-sostenibile, avrebbero potuto essere affrontati più seriamente e senza una base ideologica il cui unico risultato è stato quello di distrarre l’opinione pubblica dalle più vere e fattive soluzioni che già erano quasi gratuitamente a portata di mano. Osservando l’età media del parco circolante europeo, si evince chiaramente che le auto dell’Unione sono generalmente vetuste soprattutto nei paesi più Popolosi e che una loro sostituzione con motori endotermici di ultima generazione potrebbe migliorare enormemente non solo il prospetto delle emissioni, ma anche la sicurezza stradale, dando contemporaneamente lavoro e creando PIL oggi indispensabile per pagare gli enormi debiti contratti indistintamente da tutti i governi durante la pandemia senza tuttavia creare dipendenze strategiche da Pechino. Voglio qui ricordare inoltre che il tanto disprezzato settore auto è di gran lunga il maggior contribuente alla ricerca e sviluppo europeo con quasi un terzo di tutti gli investimenti e che quindi senza alcun dubbio rappresenta l’asset più strategico ed economicamente più importante del Continente.

 

Le materie prime

Le materie prime subiranno direttamente le sorti dell’evoluzione geopolitica e delle scelte industriali implementate dai Governi. Non ci rendiamo conto che col fare una guerra ideologica indiscriminata ai fossili, apriamo scenari sconosciuti dove altre materie prime, alcune delle quali più rare e meno diffuse di gas e petrolio, saranno strategiche ed in pugno a nostri antagonisti sistemici come la Cina. La frammentazione geopolitica e l’interruzione di vie marittime essenziali, ci porrà in una situazione di carenza strutturale di materiali il cui fabbisogno subirà un incremento esponenziale.

Abbiamo già più volte accennato in passato alle varie materie prime necessarie all’elettrificazione dell’economia, ma forse basterebbe focalizzarci su un metallo che da millenni accompagna le fortune umane: il rame. Una transizione energetica accelerata richiederebbe un fabbisogno di rame pari a tutto il metallo scavato dall’umanità dalla sua scoperta.

Il fatto che la politica ma anche l’industria non se ne rendano conto, è di una gravità inaudita e fa parte di quel discorso iniziale secondo il quale l’attuale establishment prende delle decisioni demagogiche e ideologiche senza curarsi delle loro conseguenze. Diverremo quindi una società destinata a scavare, senza tuttavia renderci conto che l’Europa non ha materie prime nel suo sottosuolo e che comunque sia non ci sarà alcuna comunità disposta ad aprire miniere sul proprio territorio.

 

La politica dell’altrove e dell’ipocrisia

Viviamo quindi di sogni e di ideologie fantasiose secondo le quali è bellissimo andare in bicicletta ma ci devono andare gli altri, è bellissima l’auto a batteria, pur che si scavino i metalli altrove e sono chicchissimi i pannelli solari pur che si fabbrichino in Paesi low-cost e autoritari dove a produrli sono i nuovi schiavi del XXI secolo mentre non rinunciamo alle nostre vacanze in paesi esotici con l’aereo.

Il consenso è il fondamento dei processi democratici moderni, ma presuppone una preparazione culturale tale da comprendere la complessità dei temi insiti nella contemporaneità.

Senza comprensione adeguata dei fenomeni e degli accadimenti avremo sempre più una politica “dello sbandamento” dove prevarranno decisioni irrazionali che finiranno per danneggiare gli stessi cittadini che l’hanno votata. Noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di informare e rendere i lettori consapevoli pur rendendoci conto di essere solo una goccia in un immenso mare.

 

Da Alfa Milano ad Alfa Junior: da Stellantis un segnale collaborativo

Da Alfa Milano ad Alfa Junior: da Stellantis un segnale collaborativo

di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy

 

Il fatto che l’Alfa Romeo Milano abbia cambiato nome diventando “Junior” credo che sia un segnale di piena collaborazione tra l’azienda e l’Italia. La tutela del lavoro e della produzione non è un obiettivo del Governo, ma dell’Italia, del nostro Paese.

 

Noi siamo assolutamente convinti che si possano produrre auto belle e appetibili sul mercato globale come da tradizione italiana, così come 20 anni fa eravamo assolutamente convinti che l’Italia potesse produrre cibo, abbigliamento e arredamento e diventare luogo dell’eccellenza, quando gli altri ritenevano che queste cose andassero fatte tutte in altri Continenti dove si potevano fare meglio gli affari.

 

Siamo con convinzione impegnati a tutelare il lavoro, la produzione, il prodotto e l’impresa in Italia.

Auto in rosso: futuro incerto, via l’Iva dalle elettriche

L'auto in Europa: a marzo elettriche ancora in frenata

di Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor

 

In marzo sono state immatricolate in Italia 162.083 autovetture con un calo del 3,7% su marzo 2023. Questa contrazione interrompe una serie di incrementi mensili che durava dall’agosto 2022 ed è un bruttissimo segnale perché il mercato dell’auto italiano per ritornare ai livelli ante-crisi, cioè a quelli del 2019, deve colmare ancora un vuoto molto consistente. Nel primo trimestre dell’anno le immatricolazioni sono state infatti 451.261 con una crescita del 5,7% sul primo trimestre del 2023, ma con un calo del 16,1% sullo stesso periodo del 2019.

Le attese del settore dell’auto non erano certo per una interruzione della ripresina in atto da agosto 2022, ma per una vigorosa intensificazione delle vendite. Il dato di marzo è invece una doccia fredda e a ciò si aggiunge che dall’indagine congiunturale mensile di marzo condotta dal Centro Studi Promotor emerge che il 62% dei concessionari intervistati segnala un basso livello di acquisizione di ordini, che per il 60% è stata bassa anche l’affluenza di visitatori nelle show room e, dulcis in fundo, che il 64% prevede per i prossimi mesi stabilità sui bassi livelli di marzo.

Per superare la temuta frenata di marzo si sperava in una tempestiva introduzione degli incentivi da troppo tempo annunciati dal Governo e a quanto risulta non ancora in rampa di lancio. Tra l’altro proprio l’attesa di incentivi ha contribuito al raffreddamento della domanda. Molti operatori hanno ora anche seri dubbi sulla possibilità che gli incentivi possano portare risultati significativi. Finora gli stanziamenti dedicati ad auto elettrica e dintorni sono stati sistematicamente snobbati dagli automobilisti, mentre quelli dedicati alle auto con alimentazioni tradizionali, ma con emissioni non superiori a 135 gr di CO2 al chilometro, sono sempre stati bruciati in pochi giorni.

 

E questo perché gli stanziamenti per questo tipo di auto erano in genere decisamente modesti, il che non era certo positivo considerando che il loro impatto sull’ambiente sarebbe stato importante contribuendo a far rottamare molte auto vecchie, inquinanti e poco sicure che restano invece in circolazione e vanno ad alimentare un mercato dell’usato ipertrofico e in crescita anche nel primo trimestre di questo 2024 del 9,4%.

Tra l’altro in alcuni Paesi all’avanguardia per la diffusione dell’auto elettrica si comincia a sostenere che per accelerare la transizione il ricorso agli incentivi sia uno strumento superato e che occorrerebbero ora misure strutturali come l’eliminazione dell’Iva sull’auto elettrica, e per l’Italia, anche l’allineamento della normativa fiscale sull’auto aziendale allo standard europeo che prevede Iva e costi di esercizio integralmente deducibili per le auto aziendali.

 

L’Italia è oggi il fanalino di coda per la diffusione dell’auto elettrica nell’Unione Europea. L’adozione di misure strutturali in materia di tassazione sulle auto, ed in particolare l’eliminazione dell’Iva sulle auto elettriche, potrebbe consentirci di recuperare il terreno perduto e di essere, una volta tanto, all’avanguardia nella transizione energetica.

Dataforce controcorrente: incentivi? Anche no!

Dataforce controcorrente: incentivi? Anche no!

di Salvatore Saladino, Country Manager di Dataforce Italia

Si parla solo di incentivi ultimamente, quando si sarebbe fatto meglio a non parlarne affatto. Il solo nominarli ha avuto come sempre l’effetto di mandare in stallo il mercato, e adesso ci attendiamo questo rilancio, una ripresa del comparto che, a parte il rimbalzo di chi ha atteso a comprare o a targare, siamo onesti, non cambierà nulla di una situazione fortemente compromessa.

Fossi stato io a decidere, avrei rottamato la proposta ancora prima che arrivasse sulla linea di partenza. Fossi stato obbligato non si sa dagli interessi di chi a gettare soldi pubblici nel grande cestino degli incentivi, li avrei dati solo sul mercato dell’usato, almeno sarebbero stati spesi in casa su un volume di sostituzioni probabilmente quadruplo rispetto a quanto verrà consuntivato con questa tornata. Poi non riesco a non pensare a uno dei denominatori per il quale questi incentivi sono stati approvati: accelerare la transizione ecologica.

Che, se non ce ne fossimo accorti, fino adesso ha avuto l’effetto di un impoverimento globale, ha causato la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro e ha messo all’angolo la supremazia tecnologica dell’industria automobilistica europea che ha prodotto tanta ricchezza per tutti. Incentivi? Anche no!

ACI Milano e Alfa Romeo: un legame saldo che dura nel tempo

ACI Milano e Alfa Romeo: un legame saldo che dura nel tempo

di Geronimo La Russa, presidente di ACI MIlano

Il nostro Automobile Club, con i suoi 120 anni di vita, e il marchio del Biscione, che nel 2024 di anni ne fa 114, sono cresciuti insieme e non si sono mai persi di vista. Grazie al nuovo modello il legame tra Milano e l’Alfa è ancora più saldo, diventa parte della nostra storia, dell’orgoglio e dello sviluppo della nostra città.

Una storia fatta di persone e di auto. Con Alfa Romeo abbiamo spesso percorso un cammino comune, anche grazie all’Autodromo Nazionale Monza che il nostro club ha ideato, progettato e costruito nel 1922.  Ed è proprio a Monza che l’Alfa Romeo, nel 1925, quindi 99 anni fa, vinse il suo primo titolo mondiale.

Foto – da sin: Geronimo La Russa, Jean-Philippe Imparato, Giuseppe Sala e Carlos Tavares

Mercato dell’auto: insistere sull’elettrico significa frenare lo svecchiamento del circolante

#FORUMAutoMotive 2024: Buongiardino (Federmotorizzazione)

di Simonpaolo Buongiardino, presidente di Federmotorizzazione

 

Il mercato continua a non premiare l’elettrico ricaricabile: nel primo trimestre sono state 35.568 le immatricolazioni delle auto elettriche e ibride alla spina, con una quota complessiva dell’8,2%, trascinate al ribasso dal calo più pesante delle elettriche pure che scendono sotto la quota del 4% (attestandosi al 3,8%). Sui numeri dell’elettrico, pesa anche l’andamento degli ecoincentivi: resta limitata la richiesta di contributi riservati alle vetture elettriche, mentre sono andati esauriti in poche settimane quelli per le auto endotermiche meno inquinanti.

I motivi di questa scelta da parte dei consumatori non cambiano: dal prezzo, più alto rispetto alle vetture tradizionali endotermiche, alle incertezze legate a una tecnologia (le batterie) che si ritiene ancora non ottimale, alle scarse infrastrutture di ricarica nel nostro Paese. L’automobile è sempre stata considerata uno strumento al servizio dell’utente, ma l’auto elettrica ha cambiato il paradigma, sentendosi di fatto l’utente al servizio dell’auto. Occorre infatti, sulle lunghe percorrenze, programmare il viaggio organizzando le necessarie soste per la ricarica che, oltre a costituire un vincolo, allunga i tempi del viaggio stesso.

Occorre trovare una via italiana alla transizione verso la decarbonizzazione. Mettendo da parte ideologie che da noi non hanno presa e sfruttando altre tecnologie a partire dalle prossime vetture Euro 7, i cui protocolli sono stati recentemente semplificati, e i nuovi carburanti che eliminano l’impronta carbonica, Si auspica che il Governo stanzi maggiori fondi per le auto ibride ed endotermiche di ultimissima generazione così da poter rinnovare un parco auto vetusto e al tempo stesso migliorare la qualità dell’aria: puntare sull’elettrico sta ritardando il processo di rinnovamento del circolante.

Peraltro, il vento sta cambiando: anche la Germania, che pure è stata determinante in Europa nella scelta dell’elettrico e che ha stanziato generosi contributi agli utenti per incentivare l’acquisto di vetture elettriche, ha già deciso la fine di queste incentivazioni e altri Paesi stanno operando scelte analoghe.

Senna-Prost: il duello più combattuto nella storia della F1

Senna-Prost: il duello più combattuto nella storia della F1

di Geronimo la Russa, presidente di AC Milano

 

Ringrazio Umberto Zapelloni per averci fatto rivivere, con il libro “Senna e Prost, il duello più combattuto nella storia della Formula 1, quello tra Ayrton Senna e Alain Prost. Due piloti che si sono odiati e ostacolati, che hanno suscitato polemiche e provato rancori. Alla fine, quando Prost si è ritirato, Senna continuava a cercarlo perché senza quella rivalità si sentiva vuoto, tanto che l’ultima frase pronunciata via radio prima di morire, 30 anni fa a Imola, è stata: Alain mi manchi.

Intanto, a giugno si concludono le celebrazioni per festeggiare i 120 anni di Automobile Club Milano. Siamo orgogliosi della nostra storia, di aver costruito e gestito l’Autodromo di Monza, di essere stati sempre protagonisti in questo secolo di Motorsport con i nostri licenziati e con i nostri commissari. Una conferma concreta della grande vocazione motoristica del nostro territorio che ha regalato alla Formula 1 ben quindici piloti, uno dei quali, Alberto Ascari, è l’ultimo italiano ad avere vinto il titolo iridato di Formula 1.

Incentivi: tassello fondamentale per auto elettriche e a bassissime emissioni

Verso le elezioni UE: occorre un approccio fondato sulla neutralità tecnologica

di Roberto Vavassori, presidente di ANFIA

A marzo 2024, con due giorni lavorativi in meno rispetto a marzo 2023 (21 giorni contro 23), il mercato auto italiano registra il primo segno negativo (-3,7%) da luglio  2022. Il cumulato del primo  trimestre mantiene comunque una variazione tendenziale positiva (+5,7%).

Nel complesso delle misure che si stanno mettendo in campo per un rinnovo del parco circolante in linea con gli obiettivi europei di decarbonizzazione della mobilità gli incentivi all’acquisto di vetture a bassissime o zero emissioni costituiscono un tassello fondamentale. Il rallentamento delle immatricolazioni di auto ricaricabili (BEV e PHEV)  e, in particolare, delle elettriche (BEV) – le cui vendite calano del 34,4% a marzo e del  18,5% nel trimestre – rende ancora più evidente quanto sia necessaria una rapida applicazione del nuovo schema di incentivazione, onde evitare che l’effetto attesa  continui a pesare sulla domanda.

Parallelamente, anche sul fronte delle infrastrutture di ricarica, la cui diffusione e  capillarità costituiscono un’altra condizione abilitante per la mobilità elettrica, emerge qualche segnale di avanzamento, pur essendoci ancora molto da fare, soprattutto per raggiungere un numero adeguato di punti di ricarica di tipo veloce e ultraveloce in  corrente continua.

Da qualche giorno è infatti disponibile online la Piattaforma Unica Nazionale (PUN) promossa dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e realizzata in collaborazione con il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e la Ricerca sul  Sistema Energetico (RSE), un portale istituzionale dedicato a mappare tutte le infrastrutture di ricarica sul territorio nazionale accessibili al pubblico, fornendo le  informazioni sulla localizzazione, la tipologia di alimentazione, la potenza massima  erogabile, il gestore dell’infrastruttura e lo stato del punto di ricarica. Lo strumento,  oltre ad offrire un servizio ai cittadini, è utile per le amministrazioni locali nella pianificazione territoriale e speriamo consenta di snellire il processo autorizzativo delle nuove installazioni.