Bio-fuels: esclusione assurda, addio posti di lavoro

di Paolo Borchia, europarlamentare

Con il voto di Bruxelles il nostro Paese rischia di subire una strage di posti di lavoro. Ma la partita non è finita e confidiamo che il buonsenso torni a prevalere altrimenti ci troveremo davvero di fronte a una schizofrenia ambientalista scollata dalla realtà. È assurdo escludere i biocarburanti, tecnologicamente maturi e disponibili a prezzi accettabili, a scapito dei carburanti sintetici.
Questo conferma che la transizione ecologica è affare per ricchi e viziati.

Con l’ok definitivo agli e.fuels il nostro Paese sarà costretto a subire una vera e propria strage di posti di lavoro. Il provvedimento è passato, fatalità, con il voto favorevole della Germania che ha ottenuto una deroga per i combustibili sintetici. Non posso nascondere la mia forte preoccupazione per lo strapotere delle Case automobilistiche tedesche, favorite da una Commissione europea connivente che mette in secondo piano le fasce più deboli della popolazione.

Questo stop è uno schiaffo alla neutralità tecnologica: alcuni produttori saranno messi fuori mercato per legge. Alla faccia dei principi sbandierati della decantata normativa europea sulla concorrenza.

Auto e transizione green: e ora più coraggio

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di Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti

La fermezza dell’Italia garantisce un’altra possibilità di sopravvivenza ai motori a combustione, anche dopo il 2035. Ora è necessario più coraggio. L’approccio ideologico della Commissione si è limitato ad aprire agli e-fuels, confidiamo che gli esperti sappiano dimostrare anche la piena sostenibilità dei biocarburanti.

In questo senso va letta la posizione del nostro governo a Bruxelles: non è ancora sufficiente e siamo determinati affinché prevalga la ragionevolezza. Gli obiettivi restano sempre gli stessi: difesa dell’ambiente, tutela del lavoro, protezione delle imprese. E l’anno prossimo, con il voto, ci saranno nuovo Parlamento e nuova Commissione: la partita non è finita.

Milano e lo smog: subito una “centrale permanente” contro l’inquinamento

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di Geronimo La Russa, presidente di ACI Milano

Occorre costituire una “centrale permanente” dedicata solo ed esclusivamente al contrasto dell’inquinamento dell’aria a Milano e nella Città metropolitana. Comune di Milano e Regione Lombardia, che non sono condizionati da imminenti scadenze elettorali, che inevitabilmente farebbero prevalere posizioni ideologiche, creino un organismo ‘ad hoc’ che, andando oltre quello che viene definito “tavolo aria”, coinvolga tutti gli attori principali preposti a questa materia che lavori quotidianamente solo ed esclusivamente per trovare soluzioni riguardanti questo tema.

Dobbiamo abbandonare lo schema secondo cui, non appena, come in questi giorni si rinnova la notizia di Milano come una delle città più inquinate del mondo, la stragrande maggioranza degli osservatori puntano l’indice contro le auto dimenticando, ad esempio, come moltissimi impianti di riscaldamento obsoleti e spesso fuori regola siano i maggiori responsabili dell’imperversare dello smog.

Governo Meloni: no al monopolio asiatico sull’auto

di Augusta Montaruli, parlamentare

 

Questo governo fa gli interessi dell’Italia e dell’Europa e non accetta il monopolio da parte dell’Asia. L’esecutivo politico ha finalmente segnato un cambio di paradigma e ha permesso di avere una transizione che non sia né antieconomica né contro i lavoratori e le loro famiglie né contro gli interessi nazionali e il nostro territorio né contro la nostra economia.

L’approvazione delle regole UE avrebbe avuto, come effetto, la perdita della nostra indipendenza, oltre che della neutralità tecnologica, passando così dalla padella russa alla brace asiatica: sarebbe qualcosa di inaccettabile, qualcosa che finalmente non sarà possibile solo grazie al centrodestra al Governo. Non solo noi le diciamo grazie, non solo lo fa la sua maggioranza, ma lo fanno tanti italiani che avevano guardato con preoccupazione alla proposta di regolamento dell’UE e che finalmente si possono dire orgogliosi di essere rappresentati da questo Governo’.

Il settore dell’automotive è assolutamente strategico per la nostra Nazione: conta, tra attività dirette e indirette, 5.500 imprese, impiegando circa 274.000 addetti, persone che sarebbero state messe in ginocchio a causa di una proposta di regolamento in sede europea che metteva al bando i motori termici a partire dal 2035. Se queste persone oggi possono tirare un sospiro di sollievo, se quel comparto non sarà in ginocchio, è solo per merito di questo Governo.

I nodi della transizione: la scarsa offerta di auto compatte fa da freno all’elettrico

Il presidente di AsConAuto, Roberto Scarabel, insieme agli esponenti della filiera automotive italiana ha partecipato, al recente #FORUMAutoMotive, al confronto con il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto. Ecco le sue considerazioni finali. 

 

di Roberto Scarabel, presidente di AsConAuto

Stiamo procedendo verso la decarbonizzazione della mobilità, partendo da un parco auto in costante invecchiamento e con un segmento B, notoriamente il più richiesto in Italia, nel quale le Case automobilistiche hanno un’offerta limitata, in quanto più interessate ai segmenti D ed E. Bisogna spingere le aziende a immettere vetture usate di recente produzione nel parco circolante, attraverso leve fiscali per il rinnovo del nuovo.

È evidente che abbiamo bisogno di un aiuto al cambiamento, perché l’incertezza non aiuta e se siamo confusi noi della filiera, va sicuramente peggio a chi ha intenzione di cambiare l’auto. In AsConAuto crediamo che per creare competizione tra diverse soluzioni di mobilità dobbiamo attingere da tutte le tecnologie. La necessità principale dell’automotive in Italia resta svecchiare il parco  circolante, incentivando l’uscita dei veicoli  Euro 0, 1 e 2, cioè un terzo delle auto nel nostro Paese.

E l’auto elettrica dovrà dimostrare di essere l’unica soluzione tecnologica, anche per un problema di costo inaccessibile per la maggioranza dei cittadini. A poco sono finora serviti gli incentivi statali che non hanno funzionato perché, nonostante il contributo all’acquisto, la differenza tra il prezzo di un’auto elettrica e una di pari categoria endotermica rimane ancora troppo elevata. Quindi vediamo  bene  la competizione di mercato, sempre orientata alla riduzione delle emissioni, ma che metta in campo l’evoluzione di tecnologie alternative (e-fuels, metano, GPL, idrogeno, eccetera) adatte al mercato.

 

Ricambi automotive: ok il 2022, ora si investa nel futuro

di Massimo Pellegrino, Coordinatore della Sezione Aftermarket del Gruppo Componenti ANFIA

Grazie a un primo semestre in crescita a doppia cifra (+13,6%) e a un incremento più contenuto nel secondo (+2,4%), su cui hanno sicuramente influito sia la riduzione degli stock di ricambi, con l’approssimarsi della chiusura dell’esercizio 2022, nei magazzini dell’intera filiera IAM, che le dinamiche inflattive, responsabili dell’erosione della capacità di acquisto delle famiglie e di conseguenza della contrazione dei volumi di spesa legati alla manutenzione dell’auto, il fatturato italiano dei ricambi automotive chiude il 2022 a +7,8%, confermando il trend positivo avviato nel 2021, dopo le difficoltà della crisi pandemica.

Trattandosi di un comparto anticiclico, il post-vendita è cresciuto sia per una quota parte legata all’inflazione ma, anche e soprattutto, per effetto della riduzione delle vendite di autovetture nuove e del progressivo invecchiamento del parco auto circolante – che risulta avere un’età mediana di 11 anni e 10 mesi a fine 2021, con il 58,9% delle vetture sopra i 10 anni di anzianità – ed una conseguente maggiore attenzione alla manutenzione e alla riparazione.

In ogni caso, anche l’aftermarket è stato impattato dal protrarsi della crisi dei semiconduttori e dai rincari delle materie prime e dell’energia, che hanno rallentato le produzioni influendo sulla disponibilità di ricambi. In questo contesto, il comparto aftermarket seguita ad affrontare anche il processo di radicale trasformazione che interessa la filiera automotive nel suo insieme, impegnata in un percorso di progressiva decarbonizzazione dei trasporti, secondo un dettato europeo ancora non privo di incertezze, come ben dimostrato dal recente slittamento del voto del Consiglio europeo sullo stop alle vendite di motori endotermici dal 2035.

Oltre ai massicci investimenti nella riconversione produttiva delle imprese, si tratta fin d’ora di investire anche in innovazione tecnologica, digitalizzazione e formazione nei vari anelli della catena distributiva, a beneficio di chi dovrà occuparsi della manutenzione e riparazione dei nuovi componenti dei veicoli ricaricabili, in particolare quelli legati ai sistemi di ricarica elettrica e alle batterie, per poter continuare a garantire un’elevata qualità dei prodotti e dei servizi offerti, in linea non solo con i nuovi paradigmi di mobilità, ma anche e soprattutto con le rinnovate esigenze e abitudini degli automobilisti.

Solo auto elettriche? Non è una religione

di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy

(dall’intervista a “La Stampa” del 19 marzo 2023)
 
 
Sì a soluzioni ecologiche, ma senza diventare integralisti e puntare a tutti i costi solo ed esclusivamente sull’elettrico. L’obiettivo ecologico è corretto, ma l’elettrico è una tecnologia, non una religione. Noi sosteniamo che l’impronta ecologica non si può misurare solo al tubo di scappamento. Serve un calcolo più ampio, che parta dalla produzione e comprenda lo smaltimento. Ecco perché, quindi, noi italiani sosteniamo l’idrogeno e i biocombustibili. I tedeschi, i combustibili sintetici.
 
Dall’altro lato, nel frattempo, è la stessa Commissione europea a chiedere a tutte le nazioni, Italia compresa, “di diventare più autonome nella produzione di materie prime critiche. L’idea di aprire giacimenti di litio sul territorio nazionale, tuttavia, aprendo il campo a una lavorazione che richiede costi ambientali particolarmente elevati, non sembra al momento attuabile. Li voglio vedere gli ecologisti talebani che ora protestano.
 

A parte questo, per diventare concorrenziali sui mercati, servirebbe un atteggiamento diverso già a partire dal sostegno che dovrebbe arrivare al progetto da parte degli stessi Stati membri. Serve una politica industriale nazionale ed europea, se l’Europa non reagisse con la stessa politica industriale assertiva di Cina e Usa, saremmo costretti a soccombere. L’Italia, è indubbio, ha tanti punti di forza, ma è bene non fossilizzarsi su di essi. Noi, ovviamente, siamo molto attenti alla nostra cultura e alla nostra storia, ma non vogliamo ritrovarci ad essere un polo museale all’aria aperta per ricchi turisti asiatici o americani.

Svolta UE sul 2035: grato al Governo italiano

di Ugo Brachetti Peretti, presidente di IP

 

Sullo stop dei veicoli a combustione sono grato a questo Governo per averci creduto e combattuto per questo risultato: gli do atto di aver sollevato questo problema in Europa per arrivare a una modalità più pragmatica di contenimento delle emissioni, che consenta a tutte le tecnologie di giocare un ruolo, e di lavorare anche sulle emissioni del parco circolante.

Speriamo che la Germania tenga fede ai suoi impegni e non cambi idea in futuro per ritornare alla scadenza del 2035. Sarebbe una mossa dannosa anche per loro, vista l’importanza del settore automobilistico. Noi ci prepariamo a fornire ogni tipo di carburante e di energia che sarà richiesto dal parco auto: crediamo nell’elettrico e lo stiamo sviluppando: abbiamo già accordi quadro o su forniture energia elettrica.

Ma il futuro sarà fatto anche di biocarburanti, e-fuels e idrogeno, uno sviluppo, quest’ultimo, sul quale può arrivare un contributo importante dal Pnrr.’ Abbiamo progetti importanti, tra cui quello di una realizzare hydrogen valley a Roma e a Falconara, dove abbiamo una raffineria: in futuro vorremmo produrre l’idrogeno verde (da rinnovabili) e non solo quello grigio (da metano).

Il nostro progetto è stato portato avanti, ora bisognerà vedere se nel PNRR ci sarà spazio per realizzarlo. D’altronde, sono progetti costosi, con tempi di ritorno economico lunghissimi, senza finanziamenti un privato non se li può permettere. Sempre in ambito PNRR abbiamo partnership accademiche con il Politecnico di Torino e l’Istituto Italiano di Tecnologia per lavorare su progetti di biocarburanti innovativi e e-fuels.

Innovazione: servono tecnologia, collaborazione nella filiera e sostenibilità

di Alessandro De Martino, amministratore delegato di Continental Italia

 

Siamo una delle tre o quattro aziende al mondo che sviluppano i veicoli del futuro grazie al lavoro che portiamo avanti assieme ai costruttori. Oggi non si può più pensare di fare da soli, soprattutto se si guarda agli scenari incredibili che possono aprire le nuove tecnologie: bisogna provare in tutti i modi a valorizzarle e per farlo al meglio bisogna allearsi. Sono necessarie forme di collaborazioni ramificate ed estese, perché la complessità di ogni fase nel processo di creazione della tecnologia che si vuole realizzare richiede competenze diverse ed è impensabile che una singola realtà possa avere a disposizione tutte le risorse necessarie.

Una volta creata la tecnologia, bisogna però “creare” gli utilizzatori. Se penso all’Italia e alla nostra attività sul mercato degli pneumatici, non posso fare a meno di rimarcare il nostro impegno a incrementare la presenza di rivenditori sul territorio, perché l’assistenza ai clienti va garantita ogni giorno. Per questo stiamo ampliando le collaborazioni con un numero sempre maggiore di operatori. Mettiamo a disposizione dei clienti finali, in particolare delle flotte, soluzioni e idee nuove per applicare in maniera più efficace possibile la tecnologia alle loro esigenze di competitività economica”.

La tecnologia è sempre al servizio di uno scopo e oggi, senz’altro, uno dei più importanti è raggiungere la piena sostenibilità. Stiamo investendo davvero molto in questo campo, ma ciò significa lavorare su tutta la filiera e quindi, ancora una volta, collaborare con tutti gli operatori che prima, durante e dopo di noi, gestiscono il percorso di vita dello pneumatico. Tutti devono essere allineati per raggiungere un risultato comune.

Si parla tanto di “sostenibilità competitiva”, io preferisco l’espressione “competitività sostenibile”. Oggi nelle grandi aziende non è più accettabile il ricorso al green-washing; non si può più fare finta. Bisogna davvero migliorare la situazione, gli impegni sono seri e comportano dei costi che devono essere accettati dai clienti finali, altrimenti l’Europa, che sta attivamente lavorando su questo fronte, rischia di uscire dal contesto competitivo. Stiamo lavorando quindi affinché l’innovazione green, oltre a essere efficace, sia accettata cercando di coniugare al meglio sostenibilità ambientale ed economica.

Le aziende stanno dimostrando di aver capito bene che il futuro va aggredito e non subìto. Ma per valorizzare al meglio gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione hanno bisogno di essere aiutati e questo è proprio uno dei nostri compiti: noi non solo produciamo tecnologia, ma ci preoccupiamo di renderla fruibile. È davvero gratificante constatare che le nostre aziende clienti hanno sempre più voglia di osare. Questa predisposizione cambia completamente lo scenario competitivo, lo rende più piacevole e più motivante per tutti.

Mi capita spesso di parlare con alcuni dei nostri clienti che hanno puntato con forza sulla carica innovativa di diverse tecnologie e tutti concordano nell’affermare che questa scelta ha portato a una crescita esponenziale della loro azienda. È un percorso che può essere faticoso, ma dà soddisfazione e risultati. Vogliamo continuare ad aiutare le aziende ad andare verso il futuro.

Mercato dell’elettrico: ai cinesi andrà la fetta più grossa

di Salvatore Saladino,  Country Manager di Dataforce Italia

 

Il mercato italiano dell’auto continua a dare segnali positivi se confrontato al 2022, ma se guardiamo al 2021 a febbraio mancano 13.000 vetture e rispetto al 2019 ne mancano quasi 50.000. Si immatricola il prodotto che arriva, ed ecco spiegata la fatica del comparto dei veicoli commerciali a rialzare la testa. L’elettrico poi si è riacceso di nuovo, e vorrei vedere, visti i pessimi risultati fatti segnare finora in Italia.

 

Oggi, complice una telefonata di un direttore vendite di una casa molto “elettrica”, ho condiviso con lui il nostro attuale forecast sulla crescita di volumi e quote dell’elettrico in Italia nei prossimi anni. Il forecast Italia elaborato nel nostro HQ di Francoforte è molto “tecnico” e utilizza molto poco le “sensazioni” degli esperti del settore. Per uno come me poi, che è convinto che la prossima Commissione UE, per quanto venduta possa essere come quella attuale, dovrà moderare alcune drastiche imposizioni per lasciare ancora al mercato e alla libera scelta dei consumatori alcune decisioni, ho visto numeri che mi hanno impressionato.

 

Se quest’anno potrebbe chiudersi con 65.000 vetture elettriche vendute e una quota un po’ sotto il 5%, dal 2024 al 2027 si stima una crescita impressionante da 120.000 unità e il 7% di quota nel 2024 fino a quasi 340.000 BEV e il 20% di quota nel 2027. Il grosso di questa torta se lo prenderanno i cinesi, ormai è scontato, ma va bene così, saranno gli unici a proporre prodotti elettrici belli e validi a un prezzo abbordabile.

 

Sarei altrettanto contento, però, che in questo scenario comincino a crescere l’idrogeno e gli e-fuels, così come si cominciassero a costruire veicoli più piccoli e leggeri, esattamente l’opposto di quello che l’industria ha deciso di fare finora.