Componentistica ed eco-transizione: ecco le priorità di intervento

Componentistica ed eco-transizione

di Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti ANFIA

 

Nella prima metà del 2023, la componentistica realizza una buona performance  in termini di export, in continuità con lo scorso anno. Nel periodo gennaio-giugno 2023, il valore dell’export è risultato in aumento verso tutti  i maggiori Paesi dell’area UE+EFTA+UK, a eccezione di Svizzera (-13%) e Finlandia (-14%). L’indice della produzione della componentistica italiana è invece risultato in  lieve calo (-0,8%) rispetto ai primi sei mesi del 2022.

Si è trattato di un primo semestre che ha visto protrarsi quasi tutti i fattori di  instabilità dell’anno precedente, con il prosieguo della crisi energetica, delle difficoltà  di approvvigionamento e dei rincari delle materie prime – pur essendoci lasciati alle spalle il picco e con un lieve miglioramento nelle forniture di microchip – senza contare  l’instabilità della situazione internazionale legata al perdurante conflitto in Ucraina, l’inflazione in crescita, l’indebolimento dell’economia tedesca e l’impatto delle  strategie di insourcing messe in campo dai principali Costruttori.

Al tempo stesso, sono stati messi alcuni punti fermi nell’evoluzione della normativa  europea sul settore, con il nuovo regolamento sulla riduzione delle emissioni di CO2 degli autoveicoli leggeri approvato a marzo – che decreta, di fatto, lo stop alle vendite  dei veicoli con motore endotermico al 2035, sebbene ancora con alcuni elementi di  incertezza legati all’impiego di e-fuels e biocarburanti.

A livello nazionale, come ANFIA abbiamo quindi cercato di definire le priorità di intervento a supporto della componentistica italiana durante la transizione energetica, al fine di salvaguardarne la competitività e di limitare l’impatto economico e sociale di una tale trasformazione. L’accordo che l’associazione ha sottoscritto con il MIMIT ha l’obiettivo di incrementare fino a 1 milione il volume di autoveicoli leggeri prodotti annualmente in Italia al 2030, di sostenere gli investimenti per la riconversione produttiva delle aziende della componentistica nei nuovi domini tecnologici, di  mantenere e rafforzare i centri di ricerca e innovazione in Italia e di dedicare fondi  specifici alla riqualificazione del personale e alla creazione di nuove figure  professionali.

Decarbonizzazione: pressioni fallaci dalle lobby electric-friendly più ideologizzate

Autotrasporto: ora risposte realistiche

di Massimo Artusi, vicepresidente di Federauto con delega a Truck&Van, componente del Board dell’associazione dei dealer europei AECDR

Il voto con cui il Parlamento europeo ha adottato la sua posizione su modalità, target e tempi della decarbonizzazione dei veicoli pesanti è per molti versi deludente, anche se introduce alcuni elementi migliorativi aprendo alla facoltà di ampliare ai biocarburanti e ai carburanti sintetici il ventaglio di alimentazioni possibili dal 2040, riconoscendoli finalmente per quello che sono: carburanti rinnovabili in grado di fornire da subito un concreto contributo per i target di decarbonizzazione, ai sensi della Direttiva RED III.

Purtroppo», soprattutto a causa delle pressioni delle lobby electric-friendly più ideologizzate, è stata perduta l’occasione di approvare il meccanismo del Carbon Correction Factor (CCF), che avrebbe accelerato e regolato il loro impiego (quello dei combustibili rinnovabili) con modalità operative e oggettive. Si tratta di una chiusura del tutto irragionevole, alla luce dei notevoli benefici in termini di riduzione dei climalteranti generabile da subito con l’uso di vettori energetici carbon neutral.

Per il resto, il voto continua a imporre di fatto l’obbligo di acquisto di veicoli a zero emissioni, con modalità astratte e prive di aderenza alle dinamiche e alle necessità del mercato reale. È per questo che dovrà aumentare ancora di più l’impegno per rendere i prossimi decisivi appuntamenti comunitari – a cominciare dal “Trilogo” che si terrà in gennaio e successivamente negli step di verifica previsti dopo le elezioni, con un nuovo assetto istituzionale dell’UE – in grado correggere i contenuti meno realistici del Regolamento.

Occorre, infatti, il massimo della consapevolezza sulla necessità di promuovere una politica per la decarbonizzazione pragmatica, concreta, complessiva ed estranea alle pulsioni demagogiche che stanno adottando le lobby del full electric per imporre – spesso con argomentazioni fallaci – una logica mono-tecnologica che si dimostra sempre di più come poco razionale in termini sia ambientali che economico-funzionali.

Mercato dell’auto elettrica: Italia sempre al palo e usato invenduto

L'auto in Italia: futuro è tutto da costruire

di Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor

 

Frena la crescita del mercato dell’auto dell’Europa Occidentale (UE+EFTA+UK). Dopo l’inversione di tendenza dell’agosto 2022 e tredici crescite a due cifre da ottobre dello stesso anno, nel novembre scorso le immatricolazioni nell’area hanno riguardato 1.075.756 autovetture, con una crescita contenuta nel 6%. Il consuntivo del gennaio-novembre 2023 di quest’anno chiude così a quota 11.799.842 con una crescita del 15,6% sullo stesso periodo del 2022, ma con un calo sui livelli ante-crisi (cioè sul 2019) di ben il 18,9%.

La crescita iniziata a metà dello scorso anno è dovuta al fatto che nel periodo precedente si era accumulato un forte numero di ordini per vetture che non avevano potuto essere prodotte per la carenza di componenti (in particolare microchip, ma non solo) legata alla guerra in Ucraina e ad altri fattori. Il forte portafoglio ordini così accumulato ha alimentato la ripresa iniziata nel 2022, ma si sta esaurendo senza essere stato nel frattempo alimentato da nuovi ordini. E ciò soprattutto perché il ritorno dell’inflazione ha fortemente interessato anche l’automobile con incrementi dei prezzi molto sostenuti (in Italia +34,3% dal 2019 al 2022).

La frenata nella crescita di novembre è un primo effetto di questa situazione, ma è dovuta anche ad altri fattori. Nel mese scorso, mentre per la stragrande maggioranza dei Paesi dell’area la ripresa è continuata, il mercato più importante, quello della Germania, ha accusato un calo del 5,7% dovuto essenzialmente al crollo delle vendite di auto elettriche (-22,5%) e di ibride plug-in (-59,3%). Questi risultati fortemente negativi sono legati alla fine degli incentivi ad auto elettriche e dintorni in Germania.

Il 2024 dovrebbe essere caratterizzato dall’inversione di tendenza delle vendite nell’Europa Occidentale che potrebbe concretizzarsi a breve in un calo delle immatricolazioni. E cioè anche perché, ovunque in Europa, si segnala che il mercato è stato fin qui sostenuto, oltre che dagli incentivi alle auto elettriche, dalla domanda delle aziende, mentre negativo è stato l’andamento della domanda dei privati fortemente penalizzata, come si è detto più sopra, dalla crescita dei prezzi.

In questo quadro le immatricolazioni di auto elettriche in Europa Occidentale nel periodo gennaio-novembre sono state 1.813.941 con una crescita sull’anno precedente del 39,7% e una quota sul totale delle immatricolazioni che è passata dal 12,7% del 2022 al 15,4% del 2023. In questo quadro brilla in negativo il mercato italiano in cui la quota del 2023 non è andata oltre il 4,1% e a questo si aggiunge che i concessionari italiani segnalano che una parte non trascurabile delle immatricolazioni di nuove auto elettriche va ad alimentare il mercato delle “chilometri zero” (cioè delle autovetture immatricolate dai concessionari a se stessi per essere vendute con forti sconti come “usate” che non hanno mai circolato). Sempre secondo i concessionari queste auto elettriche sono, tra l’altro, di difficile vendita anche perché, essendo “giuridicamente” usate (anche se in effetti sono nuove) non possono neppure usufruire di incentivi.

L’Europa dell’auto: punto di svolta, per noi uno tsunami di sfide

"Green Deal": appello per un solido accordo industriale

di Luca De Meo, presidente di ACEA

Penso che l’Europa e la sua industria automobilistica si trovino ora a un punto di svolta e che il prossimo Parlamento e la prossima Commissione svolgeranno un ruolo fondamentale. Nei prossimi anni è in arrivo uno tsunami di sfide normative. Molti impegni dell’UE hanno una scadenza nel 2030 o prima: la legge sull’industria a zero emissioni nette; la legge sulle materie prime critiche; il regolamento PFAS in fase di sviluppo; le norme in materia di emissioni di CO2 per i veicoli leggeri. Entreranno in vigore anche il regolamento sulle batterie di grandi dimensioni e il regolamento generale sulla sicurezza, e questi sono solo alcuni esempi.

E’ quindi fondamentale che tutti noi ci prendiamo il tempo di esaminare questi impegni con molta attenzione. Dobbiamo vedere se sono realizzabili o meno, e a quale costo. E dobbiamo procedere in fretta, mettendo in campo azioni concrete. Per questo, abbiamo anche bisogno di una conversazione forte, basata sui fatti. E con tutti intorno al tavolo, compresi quelli che hanno la conoscenza diretta, quelli che alla fine mettono i soldi sul tavolo per investire, e quelli che devono attuare i regolamenti alla fine della giornata! Quelli che rappresentano anche l’industria più impegnata nella decarbonizzazione, se si tiene conto che stiamo investendo non meno di 250 miliardi di euro in Europa.

 

Nuovo posizionamento di ACEA

Nell’ultimo periodo, ACEA ha rimodellato il suo posizionamento per raggiungere questo obiettivo, perché riteniamo che l’industria automobilistica sia parte della soluzione. Ci siamo sforzati di mettere i fatti e la serietà nella cosa, rendendo ACEA più connessa a tutto l’ecosistema della mobilità, più assertiva, e parlando all’opinione pubblica, non solo ai decisori politici. Nella prospettiva del nuovo Parlamento e della nuova Commissione, abbiamo ritenuto necessario accelerare e fare un ulteriore passo avanti.

 

Guidare la rivoluzione della mobilità

E la notizia è che stiamo pubblicando il risultato del lavoro che abbiamo fatto collettivamente, con tutti i membri di ACEA. L’idea era quella di esporre in modo molto chiaro ed esaustivo la nostra visione e le nostre proposte, nonché una tabella di marcia, sotto forma di Manifesto. Quindi, non esaminerò tutte le nostre raccomandazioni e la tabella di marcia in dettaglio una per una, poiché puoi trovarle tutte nel documento stesso, ma farò solo alcuni commenti sulla nostra filosofia:

In primo luogo, riteniamo che l’Europa debba adottare urgentemente un approccio olistico quando si tratta di affrontare le sfide dell’industria automobilistica. Troppo spesso, l’Europa ha accumulato normative a volte in conflitto tra loro, ad esempio eliminando gradualmente i motori a combustione interna (ICE) e poi spingendo un nuovo regolamento sui motori a combustione interna con Euro 7. Quando abbiamo otto nuovi eventi regolamentari in arrivo ogni anno fino al 2030, in media, dovrebbe suonare un campanello d’allarme, dicendoci che c’è un bug da qualche parte nel sistema!

In realtà, è l’intero software che dobbiamo cambiare. Penso che stia diventando ogni giorno più chiaro che abbiamo bisogno di una politica industriale veramente coesa. Se guardi ai nostri concorrenti globali, vedi che sono molto bravi a farlo. Quindi, proponiamo di guardare le cose da una prospettiva a 360 gradi, comprendendo l’intera catena del valore, da monte a valle. In altre parole, oltre i confini tradizionali dell’industria, con una visione completa dei problemi reali. Perché i veri problemi ormai attraversano i settori classici: automotive, minerario, energetico, infrastrutturale, ecc.

Un’altra idea chiave che vogliamo promuovere è che l’Europa non deve solo garantire che siamo ben attrezzati come lo sono gli altri. Deve inoltre garantire la nostra competitività a livello globale. La concorrenza è una cosa molto salutare, pensiamo, e la vera concorrenza significa anche equità e reciprocità.

Infine, permettetemi di ribadire che la neutralità tecnologica dovrebbe essere un principio guida quando si tratta di inquadrare la mobilità del futuro: i nemici sono la CO2, l’inquinamento, il rumore, la congestione, ecc., non una singola tecnologia o un’altra!

Risolvere le sfide della mobilità: uno sport di squadra. Infatti, ad esempio, produrre veicoli a emissioni zero, compresi i piccoli veicoli elettrici (EV), in Europa è una sfida che dovremmo raccogliere tutti insieme, per allineare i pianeti. Questo è uno sport di squadra perché c’è bisogno anche del pubblico.

Basta prendere quello che i giapponesi hanno fatto con la “kei car”. Questo è l’esempio perfetto del tipo di cose che dovremmo essere in grado di fare anche in Europa. Sostegno finanziario, naturalmente, con tassi di acquisto di automobili ridotti di un terzo rispetto alle normali auto personali, con pedaggi autostradali ridotti del 20%, mantenendo i centri urbani accessibili agli abitanti delle periferie, ecc. Ma anche il supporto attraverso la progettazione di politiche intelligenti, quando hanno deciso che tutti i veicoli sarebbero stati sottoposti ai requisiti di prova dei posti di parcheggio… tranne l’auto kei!

Non vedo alcun motivo per cui gli europei dovrebbero essere condannati a essere incapaci di giocare questo tipo di gioco collettivo, intelligente… e gioco vincente! Quindi, questo è il tipo di proposte molto concrete su cui vogliamo lavorare, con l’idea di garantire allo stesso tempo la competitività globale, i posti di lavoro in Europa, la transizione verde e la libertà di mobilità per tutti.

Questo manifesto è un appello a tutte le parti interessate pubbliche, ai candidati politici, all’UE, ma anche alle autorità nazionali e locali. Chiediamo loro di impegnarsi con noi in un dialogo costruttivo per trovare risposte a ciò che i cittadini dell’UE hanno il diritto di aspettarsi.

Euro 7: ha prevalso un approccio razionale

di Roberto Vavassori, presidente di ANFIA

A novembre il mercato europeo dell’auto mantiene il segno positivo, ma rallenta  la crescita (+6%). Tra i cinque major market (incluso UK), è l’Italia a registrare il rialzo più significativo  delle immatricolazioni nel mese (+16,2%), seguita dalla Francia (+14%), dal Regno Unito  (+9,5%) e dalla Spagna (+7%), mentre la Germania, già in rallentamento nei mesi  precedenti, presenta una variazione percentuale negativa (-5,7%).

Il cumulato da inizio anno chiude a +15,6% rispetto allo stesso periodo del 2022, ma  rispetto ai volumi di gennaio-novembre 2019 la variazione negativa è del 18,8%. A novembre, per il sesto mese consecutivo, la quota di penetrazione delle vetture  elettriche pure (BEV), pari al 17%, ha superato la quota delle vetture Diesel (11,3%) immatricolate nel mese. Anche nel progressivo da inizio anno, la quota di mercato delle  BEV (15,4%) resta quindi superiore a quella delle auto Diesel (12%). In Italia, invece, l’immatricolato Diesel pesa per il 17,3% nel mese, contro il 4,3% delle BEV. 

Sul fronte normativo, in sede di trilogo, Europarlamento, Commissione europea e Consiglio UE hanno raggiunto un accordo sul dossier Euro 7. Si  tratta di un accordo politico che dovrà ora essere adottato da Parlamento e Consiglio europeo separatamente, prima di entrare effettivamente in vigore. E’ un bene che abbia  prevalso un approccio razionale e pragmatico alla transizione green, nella cornice di una  visione normativa d’insieme.

A livello nazionale, sono al via in questi giorni i primi incontri dei gruppi di lavoro  istituiti in seno al Tavolo Sviluppo Automotive del MIMIT per definire le azioni da mettere in campo su mercato e produzione, efficientamento produttivo, ricerca e  sviluppo, formazione e occupazione, transizione della componentistica.

 

Auto elettriche: perché insistere se il mercato non le vuole?

Emissioni: la verita' in prima serata a "Piazza Pulita"

di Pier Luigi del Viscovo, direttore del Centro studi Fleet & Mobility

 

Da tempo le Case auto esternano perplessità sulle auto elettriche. La domanda è inferiore alle aspettative e allora chiudono impianti, rimandano investimenti e chiedono alla politica di ripensare lo stop al 2035. Eppure la loro comunicazione al pubblico conferma la fede piena in una mobilità diffusamente elettrica, senza spazio per altre opzioni. Perché?

Una recentissima indagine di AgitaLab ha svelato alcuni interessanti opinioni degli addetti ai lavori. Per metà dei 239 rispondenti (erano possibili due risposte) il problema sta negli investimenti che i costruttori hanno già fatto e dai quali è molto oneroso tornare indietro, poiché significherebbe ammettere nei bilanci che l’atteso ritorno non ci sarà.

Un’altra metà indica, più concretamente, la necessità di piazzare comunque un certo numero di vetture alla spina, al fine di tenere il mix di vendite entro i limiti dei 95 gr/km di CO2 e scongiurare le multe della Commissione europea, che non esita a colpire l’industria – e quella dell’auto più delle altre – nonostante la congiuntura negativa in cui versa. Non trascurabile pure quel 20% secondo cui la narrazione è “forzata” dagli analisti finanziari che giudicano il titolo e il debito in base alle politiche green.

Sapere è potere: tra Logos e Pathos, la rivoluzione di Lucrezio

Think different!: ce n'è un gran bisogno

di Andrea Taschini, manager automotive
(dal magazine “Parts”)

Logos e Pathos, ragione ed emozione: Lucrezio, nel “De rerum natura”, per la prima volta duemila anni fa, sceglie di separarle per dare una svolta definitiva alla conoscenza umana che da secoli sopperiva nei meandri più inconsci di paure e pensieri irrazionali. La ragione libera l’uomo e ne fa l’artefice del proprio destino a condizione che egli sappia astrarsi tanto da avere una visione chiara e indipendente delle cose che lo circondano. Così il manager che vuole capire la sua azienda e il contesto in cui è inserita, deve sapersi elevare
dalla politica e dalle ideologie che attraversano la società, privilegiando la lettura dei numeri e dei fatti per ciò che sono. Non c’è più spazio nel mondo competitivo in cui viviamo per il Pathos: è sempre il Logos che deve guidare le scelte strategiche dell’impresa.

La natura razionale delle cose

Tra le polverose biblioteche in una sperduta abbazia svizzera del San Gallo, nel 1417, Poggio Bracciolini, umanista aretino e cacciatore di manoscritti perduti, trovò per caso un libro dal titolo “De rerum natura” del cui autore Tito Lucrezio Caro, era rimasta solo qualche traccia riportata da poche altre fonti allora conosciute. La data di quella fortuita riscoperta si può considerare come un segno di svolta, decisiva nella storia civiltà occidentale moderna, una di quelle rivoluzioni intellettuali che ebbero la capacità di risvegliare le coscienze dando uno slancio definitivo a ciò che noi chiamiamo comunemente rinascimento.

La natura delle cose porta in sé un carattere così rivoluzionario che già all’epoca della sua stesura nella prima metà del primo secolo A.C., diede una spinta decisiva all’approccio scientifico
staccandosi da quella fase in cui il mito rimaneva al centro delle conoscenze e delle coscienze umane.

Così come il volume aveva già trovato terra fertile tra il pragmatismo degli antichi romani così incontrò subito dopo il suo ritrovamento, i favori nell’effervescente contesto italiano del primo ‘400, in una società bramosa di scoperte scientifiche, tanto che trascritto a mano in più copie, ebbe una larga diffusione in tutta Europa fino a diventare uno dei primi best seller stampati in grande scala verso la fine del secolo XV.

Lucrezio rompendo una tradizione millenaria, separa il concetto di Logos da quello di Pathos imponendoci uno sforzo intellettuale che ancora oggi a distanza di duemila anni dalla sua stesura, trova delle resistenze di non poco conto anche in insospettabili compagini manageriali e scientifiche. Per Logos, Lucrezio intende quella razionalità che divenendo strumento di verità, si impone come unico mezzo di interfaccia umana con la realtà delle cose. Il Pathos in sua antitesi, è inteso invece come emozione, come interpretazione arbitraria dei fatti e come preconcetto politico di scelte che nulla hanno a che fare con la vera natura delle cose che ci circondano.

Per Lucrezio quindi, il sapere diviene potere ma alla unica condizione di trovare la capacità di astrarsi da tutti quei condizionamenti ai quali invece il Pathos ci costringe, lontani dagli inganni delle ideologie e dalle fragili divagazioni delle emozioni. Solo l’uomo saggio che saprà elevarsi dalle cose, si inerpicherà sulle vette del sapere ottenendo così la sua libertà d’azione, posseduto dalla visione dei fatti così come essi in realtà sono.
Il salto di paradigma culturale nel mondo antico con le sue superstizioni e poi nel tardo medioevo con le sue paure, diviene gigantesco: il Logos (ovvero la razionalità), secondo Lucrezio, sprigiona quella energia liberatoria che sta alla base del vero progresso, rifuggendo tutte le facili credenze basate sulle opinioni comuni e sull’agire irrazionale (il Pathos).
Il concetto moderno di libertà dell’individuo nasce proprio da questo salto di paradigma intellettuale.

Il Logos sempre al centro

Vi siete mai chiesti quante volte le vostre decisioni hanno tenuto più conto del Logos e quante del Pathos? Quante volte vi siete spinti per questioni professionali su terreni guidati dai preconcetti o da mere posizioni prive di un fondamento razionale? La managerialità che prima di tutto è studio e approfondimento dei numeri, non può mai prescindere da un approccio che sa astrarsi dagli aspetti più conformisti, condizionati dal pensiero comune quando esso segue linee guida dettate da tendenze modaiole che soprattutto in questi anni
di omologazione imperversano nei più profondi strati della società. 
Se la libertà individuale è un’equazione di conoscenza, dobbiamo imporci un più serio approfondimento dei temi sui quali vogliamo essere coinvolti senza confondere per esempio le cause con le finalità, fattore peraltro oggi sempre più frequente.

 


Efficienza ed efficacia

Anche se sono parimenti due processi razionali si confonde spesso l’efficienza con l’efficacia. Il più degli obiettivi manageriali si traducono semplicemente in un efficientemento dei processi
esistenti tralasciando la visione complessiva del progetto, perdendo così di vista l’obiettivo finale che si vuole raggiungere e cioè l’efficacia dell’azione. Ciò è dovuto principalmente a una verticalizzazione sempre più spinta dei processi in cui chi opera non percepisce il contesto e le finalità in cui agisce.

L’errore concettuale è spesso di chi sta al vertice dell’azienda che invece avrebbe il compito di creare un team di scopo, mentre il più delle volte preferisce circondarsi di automi privi di visione pensando di ottenere così un governo più facile dell’impresa. È sempre più frequente sentire esporre tecnici anche molto preparati su un singolo argomento che tuttavia durante l’intera presentazione perdono il senso delle finalità per le quali hanno sviluppato il proprio lavoro e appaiono sostanzialmente decontestualizzati.

Parlare, a esempio, dell’evidente efficienza di un motore elettrico mentre si ignorano tutte le problematiche ambientali che vengono a crearsi durante i processi di fabbricazione delle batterie che lo alimentano, è totalmente inefficace nel risolvere i temi preposti, ponendo serie domande sulla “consapevolezza di scopo” che invece dovrebbe essere una guideline chiara e ben definita.

I percorsi del Logos pretendono di essere tracciati nel mondo del possibile: non c’è spazio per le ideologie che non vanno confuse con i processi della creatività del pensiero. Creare vuole dire realizzare progetti e non al contrario spargere solo illusioni che non hanno alcuna possibilità di essere realizzati. Il costo economico e sociale di affabulazioni ambientaliste che negli ultimi anni hanno depistato aziende e manager, disperdendo quelle risorse che invece ben impiegate avrebbero fatto progredire le imprese, sono ormai evidenti.

Il contraccolpo di questo spreco compiuto sarà durissimo nei prossimi mesi e anni, non solo perché si sono gettati al vento parecchi denari. ma perché si è perso inutilmente tempo con il risultato che la fredda vendetta del Logos sul Pathos, si prenderà la sua rivincita.

Componentistica ed eco-transizione: ecco le priorità di intervento

di Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti ANFIA

Nella prima metà del 2023, la componentistica realizza una buona performance  in termini di export, in continuità con lo scorso anno. Nel periodo gennaio-giugno 2023, il valore dell’export è risultato in aumento verso tutti  i maggiori Paesi dell’area UE+EFTA+UK, a eccezione di Svizzera (-13%) e Finlandia (-14%). L’indice della produzione della componentistica italiana è invece risultato in  lieve calo (-0,8%) rispetto ai primi sei mesi del 2022.

Si è trattato di un primo semestre che ha visto protrarsi quasi tutti i fattori di  instabilità dell’anno precedente, con il prosieguo della crisi energetica, delle difficoltà  di approvvigionamento e dei rincari delle materie prime – pur essendoci lasciati alle spalle il picco e con un lieve miglioramento nelle forniture di microchip – senza contare  l’instabilità della situazione internazionale legata al perdurante conflitto in Ucraina, l’inflazione in crescita, l’indebolimento dell’economia tedesca e l’impatto delle  strategie di insourcing messe in campo dai principali Costruttori.

Al tempo stesso, sono stati messi alcuni punti fermi nell’evoluzione della normativa  europea sul settore, con il nuovo regolamento sulla riduzione delle emissioni di CO2 degli autoveicoli leggeri approvato a marzo – che decreta, di fatto, lo stop alle vendite  dei veicoli con motore endotermico al 2035, sebbene ancora con alcuni elementi di  incertezza legati all’impiego di e-fuels e biocarburanti.

A livello nazionale, come ANFIA abbiamo quindi cercato di definire le priorità di intervento a supporto della componentistica italiana durante la transizione energetica, al fine di salvaguardarne la competitività e di limitare l’impatto economico e sociale di una tale trasformazione. L’accordo che l’associazione ha sottoscritto con il MIMIT ha l’obiettivo di incrementare fino a 1 milione il volume di autoveicoli leggeri prodotti annualmente in Italia al 2030, di sostenere gli investimenti per la riconversione produttiva delle aziende della componentistica nei nuovi domini tecnologici, di  mantenere e rafforzare i centri di ricerca e innovazione in Italia e di dedicare fondi  specifici alla riqualificazione del personale e alla creazione di nuove figure  professionali.

Verso fine 2023: si favorisca la competitività delle imprese

L'auto in Italia: auto con la spina in retromarcia, schema incentivi da correggere

di Michele Crisci, presidente di UNRAE.

 

Visto il perdurare del ritardo in tema di transizione energetica, UNRAE ribadisce l’urgenza di intervenire sull’attuale schema incentivi, attraverso un provvedimento che interrompa le indiscrezioni di stampa e l’attendismo che si è creato sul mercato, che non si riflette ancora nei dati delle immatricolazioni. Tale revisione dovrebbe prevedere modifiche delle regole attuali, accogliendo le richieste di UNRAE di innalzamento del price cap e di estensione dell’incentivo a tutte le imprese con bonus a importo pieno, per rendere le stesse regole più fruibili, maggiormente indirizzate ai target europei e utili a un accelerato rinnovo del parco. Ma la sola revisione degli incentivi non basta: richiamiamo ancora una volta la necessità di una revisione del regime fiscale delle auto aziendali in uso promiscuo, che potrebbe essere velocemente attuata attraverso i decreti attuativi della Delega Fiscale, in modo da favorire la competitività delle imprese italiane, oltre a rilanciare un settore che, con il veloce ricambio dei veicoli aziendali, è in grado di accelerare il rinnovo del parco complessivo circolante.

 

 

Verso fine 2023: il Governo convochi un confronto allargato

Effetto annunci: ci risiamo

di Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto

 

A meno di un mese dalla chiusura dell’anno, che stimiamo chiudere intorno a 1.580.000 autovetture, rileviamo ancora la mancata modifica dello schema degli incentivi alla domanda – nonostante i numerosi annunci nella prima parte dell’anno – che porterà ad avere anche per il 2023, un rilevante avanzo di risorse nelle fasce 0-20 e 21-60 g/km di CO2, dimostrando l’inefficacia dei numerosi paletti fissati dall’attuale normativa.

 

Al contrario la rimodulazione del vigente piano Ecobonus, insieme a una revisione della fiscalità dell’auto aziendale, sarebbe in grado di agevolare la sostituzione di modelli endotermici con alternative a bassissime emissioni e questo rappresenta la vera sfida della transizione ecologica, riguardo alla quale l’Italia si presenta molto indietro rispetto agli altri Paesi europei. Non dimentichiamoci, inoltre, che per il 2024 sono disponibili ulteriori 630 milioni per autovetture e commerciali leggeri che sommati ai residui 2022 e 2023 costituiscono un cospicuo plafond per stimolare adeguatamente gli acquisti di veicoli non inquinanti.

 

Attendiamo, al più presto, un confronto allargato con il Governo – già nei prossimi giorni impegnato sul fronte della riconversione industriale nazionale del settore automotive – così da poter rimettere in pista risorse preziose per agevolare il ricambio del parco circolante. Procrastinare ulteriormente questa decisione, in attesa degli esiti del cosiddetto “Tavolo Sviluppo Automotive” e la ventilata ipotesi del cosiddetto Leasing Sociale, significherebbe rallentare ulteriormente il conseguimento di effetti reali sul mercato e sull’ambiente.