Rebus CO2: è proprio scienza o solo geopolitica con comitati d’affari e ideologie assortite?

di Mario Verna, Gm – Coo Automotive

L’ufficio statistico norvegese conclude: impossibile sapere in che misura l’aumento della temperatura sia dovuto alle emissioni di CO2 antropiche. Senza fare polemiche inutili, senza iniziare quella noiosa e stucchevole tiritera dei negazionismi e dei salvatori del mondo che vanno a imbrattare muri in giro per le città, senza avere certezze granitiche né ansie da inquinamento, è possibile porre la questione scientifica in modo serio?


Valutare se le migliaia di miliardi che sono stati destinati a una soluzione, a quanto pare, per nulla certa (e che invece viene fatta passare come scientificamente provata), forse, potevano essere spesi per migliorare il nostro stare al mondo in un modo più concreto e tangibile? Davvero è scienza o c’è tanta geopolitica, comitati d’affari e ideologie assortite?


Di fronte a cifre e impegni di questa rilevanza, porre domande che davvero richiedano risposte che incidano sul futuro, impastate dal buonsenso contadino che all’azione accompagna umiltà e speranza, è necessario.

Auto elettriche: senza incentivi la transizione si ferma

i concessionari mostrano cautela

di Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor

In ottobre sono state immatricolate in Italia 139.052 autovetture con una crescita sullo stesso mese del 2022 del 20,03%. Nel periodo gennaio-ottobre la crescita si attesta al 20,52% rispetto al gennaio-ottobre 2022. Proiettando quest’ultimo risultato sull’intero anno si ottiene un volume di immatricolazioni di 1.586.626 vetture. Questo dato non è molto dissimile da quello ottenuto con la stessa proiezione negli ultimi mesi e questo significa che, al di là degli effetti stagionali, il mercato italiano dell’auto ha iniziato un recupero abbastanza sostenuto nell’agosto 2022 che ha interessato anche la prima parte del 2023 per entrare poi in una situazione di stallo che verosimilmente ci dovrebbe portare a chiudere quest’anno con poco meno di 1.600.000 immatricolazioni.

Un livello, questo, inferiore del 17,2% rispetto a quello del 2019, cioè dell’anno che ha preceduto la pandemia e tutte le disgrazie che l’hanno seguita, e che non era certo elevato in quanto ancora al di sotto di ben il 23% rispetto al volume di immatricolazioni registrato prima della grande crisi innescata dal fallimento di Lehmann Brothers nel 2008.

A ciò si aggiunge che, come gli esperti ben sanno, ma come tutti possono capire, il livello di immatricolazioni che si otterrà nell’intero 2023 sarà ancora una volta insufficiente per garantire il regolare rinnovo di un parco circolante come quello italiano che conta più di 40 milioni di autovetture. E questo comporta un’ulteriore crescita dell’età media delle auto con ripercussioni importanti sulla sicurezza della circolazione e sulle emissioni nocive.

Come è noto, dalle situazioni di stallo si può uscire verso il basso o verso l’alto e questo, per l’attuale situazione dell’auto, significa che non è affatto scontato che i quindici mesi di crescita che ci lasciamo alle spalle saranno seguiti da un’altra serie di crescite che ci riporteranno ai volumi di vendite necessari per impedire ulteriori invecchiamenti del parco con il pericolo quindi di avere più inquinamento e meno sicurezza in una situazione in cui la transizione energetica acquisirà sempre più il carattere di un sogno irrealizzabile.

Il settore dell’auto ha fatto tutto quello che gli è stato imposto dalla politica e anche di più per creare le condizioni perché la transizione energetica diventi realtà. Ora la parola torna però alla politica.

I dati sul mercato dell’Unione Europea diffusi, e da noi commentati, il 20 ottobre dicono chiaramente che la transizione energetica si arresta se vengono meno incentivi veramente significativi per l’acquisto di auto elettriche. E’ successo in Germania in settembre dove la quota dell’elettrico sulle immatricolazioni è del 18,1% grazie ad incentivi statali generosi.

Che cosa succederà in Italia dove la quota dell’elettrico nel mese scorso è stata del 4,1% (anche per un numero significativo di immatricolazioni di auto elettriche in capo ai concessionari) e dove i governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno previsto incentivi all’acquisto di auto elettriche così ben congegnati che i relativi stanziamenti, per quanto modesti, sono rimasti in larga misura inutilizzati?

La possibilità di far uscire il mercato dell’auto dallo stallo a bassa quota delle vendite è ora nelle mani del Governo in carica. Il Paese si attende che non resti con il cerino in mano e che prenda invece i provvedimenti necessari.

Auto elettriche: numeri sempre inadeguati per una vera svolta “green”

Effetto annunci: ci risiamo

di Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto

 

Apprezziamo le intenzioni e i passi in avanti compiuti dal ministro Adolfo Urso per rilanciare lo sviluppo e la  riconversione industriale della filiera automotive, ma le politiche dirette al rinnovo del parco circolante e all’accrescimento della mobilità elettrica richiedono un confronto più ampio al Tavolo automotive attraverso il  coinvolgimento di tutti gli stakeholders capaci di dare contributi concreti al processo evolutivo in corso,

Le nostre imprese sono in prima linea nel favorire la diffusione dell’auto elettrica e delle auto a bassissime emissioni di CO2, ma il gap che riscontriamo tra obiettivi di decarbonizzazione e comportamenti di acquisto della  clientela resta esageratamente alto e i nuovi ordini stanno registrando un calo apprezzabile già da parecchi mesi.

Occorre un’azione di governo complessiva in grado di diminuire lo scetticismo  sull’elettrico e accrescere l’energia derivante da fonte rinnovabile, secondo un piano di sviluppo e di realizzazione  coerente a una transizione ambientale ed energetica realmente sostenibile, senza quei ritardi attuativi – come  accaduto, ad esempio, per i contributi alle colonnine di ricarica elettrica di imprese e cittadini – che  compromettono gli stessi obiettivi, annullando, di fatto, l’efficacia delle disposizioni originali».

Purtroppo, le auto elettriche, seppur in crescita percentuale, restano “una goccia  nell’acqua” e non riescono ad esprimere numeri adeguati a una vera e propria svolta ambientale: la domanda è fiacca (prezzi decisamente elevati), le auto-immatricolazioni fanno da cuscinetto, mentre i fondi dell’Ecobonus restano ampiamente inutilizzati (sulla fascia 0-20 ci sono ancora oltre 118 milioni e 208 milioni per la fascia 21-60,  oltre ai residui dello scorso anno): servono misure più incisive per rinnovare il parco circolante che, allo stato  attuale, conta poco più di 200.000 auto elettriche mentre nel Ddl Bilancio 2024 non c’è alcuna disposizione di  revisione in questa direzione.

Transizione “green” UE: si consolida una nuova maggioranza

Ecobonus 2024

di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy

 

Finalmente, con il via libera nella seduta plenaria del Parlamento Europeo sulla nuova versione del regolamento Euro 7, prevale la ragione sulla ideologia, un successo per l’Italia. Una svolta netta e significativa. La proposta sarà discussa ora in sede di trilogo. La posizione negoziale del Parlamento europeo si fonda su un testo profondamente migliorato rispetto alla proposta iniziale della Commissione, che risponde a una visione concreta, realistica e pragmatica, sulla linea del governo italiano e su cui si era già aggregata una maggioranza di Stati nel Consiglio competitività.

 

La votazione del 9 novembre conferma inoltre il consolidamento di una nuova maggioranza politica in Europa che cambia gli assetti sulla transizione ecologica, grazie proprio al contributo del Fronte della responsabilità guidato dall’Italia e dai Paesi “like minded”.

Due ruote: bene il mercato scooter e moto, ma l’elettrico è in caduta

di Paolo Magri, presidente di Confindustria ANCMA

Per la prima volta dal 2011 il mercato italiano supera già a ottobre i 300mila veicoli immatricolati e questa è una notizia molto incoraggiante alla vigilia di EICMA, l’evento espositivo più importante al mondo per il nostro settore, dal 9 al 12 novembre in Fiera a Milano-Rho, che organizziamo da più di 100 anni a Milano.

Particolarmente significativo il risultato delle moto, che aumentano di un terzo i volumi dello scorso anno (+33,04%) e immatricolano 10.545 unità. Seguono gli scooter con un incremento del 6,26% e 13.103 veicoli targati, mentre tornano in attivo, dopo quattro mesi di segno meno, anche i ciclomotori che crescono del 2,67% pari a 1.579 veicoli.

Difficile la situazione del settore elettrico dopo che a ottobre si sono esauriti gli incentivi pubblici a sostegno del mercato. Il consuntivo del mese si ferma a 753 unità, corrispondenti a un calo del 44,30% rispetto a un 2022 dove il mercato era però corroborato dagli aiuti statali. Negativi, quindi, tutti i segmenti: in particolare quello degli scooter che chiudono il mese con 382 mezzi immatricolati e una flessione del 55,48%. Resta negativo anche l’anno, con un calo del 21,43% e soli 11.083 veicoli messi in strada.

Appare sempre più urgente scongelare le risorse avanzate dalla campagna 2022, pari a 5,6 milioni di euro, che consentirebbero al mercato di traguardare la fine dell’anno. Si rinnova pertanto l’appello al Governo di sostenere un mercato già naturalmente orientato verso gli obiettivi comunitari di sostenibilità ambientale.

Rebus auto elettriche: urge fare chiarezza

di Salvatore Saladino, Country Manager di Dataforce Italia

Se da una parte si potrebbe essere indotti a pensare che le “Km 0”, più che a fare quota o obiettivi, siano richieste per ridurre lo sforamento dei limiti di emissioni di CO2 imposti, dall’altra non si può che constatare che le elettriche nel mix delle “Km 0” non sono le principali, anche se restano troppe per una domanda di mercato che si è spenta.

Per capirci: il 45% di tutte le “Km 0” fatte quest’anno sono già passate di mano (quasi 1 su 2), ma solo 1 elettrica su 4 è stata ceduta, le altre 3 sono ancora parcheggiate in concessionaria. Di quel 25% uscito dallo stock, il 30% viene radiato per esportazione, mentre la media delle radiazioni sullo stock di qualsiasi tipo di alimentazione è inferiore al 5%, perché un cliente in Italia lo trovano.

Mi piacerebbe sapere se le BEV esportate in EU e anche extra-EU avranno le stesse difficoltà di trovare il loro nuovo proprietario come sta succedendo qui in Italia, perché farle girare in questo modo serve solo a contare nuove targhe in tutti i Paesi in cui vengono spedite, ma sugli stessi telai.

Qualcuno sa se questi doppi conteggi valgono anche per il calcolo delle emissioni da mandare alla Commissione EU? Si contano le targhe o i telai?   

Fornitori e innovazione verde: non sarà facile sostenere gli investimenti

Fornitori e innovazione

di Benjamin Krieger, segretario generale del CLEPA

 

La ricerca condotta da CLEPA sui rapporti di sostenibilità rivela che i fornitori stanno adottando strategie verdi e circolari in tutta la loro catena del valore. Sebbene la produzione di veicoli sia aumentata negli ultimi due anni, sebbene ancora al di sotto dei livelli pre-pandemia, sono stati apportati notevoli miglioramenti nella riduzione delle emissioni di CO2 e nell’incremento degli sforzi di riciclaggio.  

In un campione di 27 aziende, le emissioni di carbonio legate alle proprie attività sono diminuite del 4,5% tra il 2021 e il 2022, in gran parte attribuite a un aumento significativo dell’utilizzo di energie rinnovabili, raggiungendo ora il 41% del consumo energetico totale. Mentre la produzione di rifiuti è aumentata di circa il 9% durante questo periodo, i fornitori hanno segnalato un leggero aumento nel riciclaggio e nel recupero degli scarti di produzione, raggiungendo il 93% nel 2022. Inoltre, le iniziative di sostenibilità si estendono alla rigenerazione dei componenti e alla creazione di nuovi componenti da materiali riciclati, rafforzando l’industria della sostenibilità.  

Si tratta di risultati incoraggianti, ma questa tendenza deve essere sostenuta e ampliata con le entrate aziendali per raggiungere gli obiettivi del Green Deal. Tuttavia, secondo gli ultimi dati del CLEPA Pulse Check, un sondaggio semestrale condotto in collaborazione con McKinsey, è preoccupante che più della metà dei fornitori (56%) riporti una redditività inferiore al 5%, con il 17% che segnala perdite. Non meno preoccupante è il fatto che l’UE attrae relativamente meno investimenti diretti esteri, il che contrasta nettamente con la crescita degli Stati Uniti, soprattutto nella produzione di batterie, sottolineando le sfide della politica industriale dell’UE.

Per migliorare la competitività manifatturiera dell’UE nel campo della mobilità elettrica, le politiche devono ottimizzare le catene di approvvigionamento delle materie prime e delle batterie, accelerare la diffusione delle infrastrutture di ricarica, ridurre gli oneri amministrativi e affrontare il fabbisogno di competenze ed energia.

È altrettanto importante mantenere il principio della regolamentazione aperta alla tecnologia. La discussione sugli standard di CO2 per i veicoli pesanti (HDV) dovrebbe concentrarsi sul giusto quadro per una sana concorrenza tra elettrificazione, idrogeno (combustione), rimorchi elettrici, carburanti rinnovabili sostenibili e altre innovazioni future, per raggiungere rapidamente e a costi contenuti, le emissioni. Pertanto, sfruttando diversi punti di forza tecnologici per vari casi d’uso. La campagna #TruckDiversity di CLEPA sottolinea l’importanza di adottare una varietà di tecnologie pulite per i veicoli pesanti per raggiungere ambiziosi obiettivi di riduzione della CO2 .  

Anche la Commissione Europea ha fissato obiettivi ambiziosi per la transizione digitale. Tuttavia, senza una tempestiva adozione di una proposta settoriale per l’accesso ai dati di bordo, il mercato dei dati rimarrà chiuso. Andare avanti con questa proposta consentirà lo sviluppo di nuovi modelli di business e favorirà la crescita nel settore della mobilità.

Tuttavia, la responsabilità non spetta esclusivamente ai politici. Le imprese europee sono abituate alla concorrenza globale, ma solo il 17% dei fornitori ritiene che la propria struttura dei costi e i prezzi possano competere con le imprese cinesi. E solo il 25% ritiene di essere sufficientemente agile e reattivo nel prendere decisioni o che i cicli di sviluppo del prodotto siano sufficientemente rapidi.

Il resto si sente neutrale o “non sufficientemente” preparato. Sebbene il settore abbia le carte in regola per portare sul mercato una tecnologia innovativa, richiederà maggiori sforzi per rafforzare (e per certi aspetti riconquistare) il proprio vantaggio competitivo.  

Foto di Enis Yavuz su Unsplash

Transizione energetica: che gli incentivi siano resi velocemente più fruibili

crisci

di Michele Crisci, presidente di UNRAE

Visto il perdurare di un fortissimo e gravissimo ritardo nella transizione energetica, l’UNRAE ribadisce la necessità di intervenire sull’attuale sistema di incentivi in modo da renderli più fruibili, indirizzati senza compromessi ai target europei e destinati anche alle imprese, vero motore della transizione, rivedendo le regole e recuperando i residui del 2022 e quelli ormai quasi consolidati del 2023. C’è la necessità di una revisione del regime fiscale delle auto aziendali in uso promiscuo, che potrebbe essere velocemente operata attraverso i decreti attuativi della Delega Fiscale, in modo da favorire le vetture a basso o nullo impatto ambientale. Queste, considerato il veloce turnover dei veicoli aziendali, potrebbero, subito dopo il periodo di detenzione, essere messe a disposizione dei privati senza ricorso ad incentivi, agevolando così il ricambio del vetusto parco circolante italiano. Le misure proposte dall’UNRAE riguardano: la rimodulazione delle aliquote di detraibilità dell’IVA e di deducibilità dei costi in funzione delle emissioni di CO2, l’innalzamento del tetto di deducibilità, la riduzione del periodo di ammortamento. Per fornire il nostro contributo in tema di decarbonizzazione della mobilità stradale, auspichiamo che venga convocato con urgenza il Tavolo Automotive – tanto caro al ministro Adolfo Urso – per supportare la diffusione della mobilità elettrica, l’accoglimento delle nuove tecnologie e il rinnovo del parco circolante, tutto in favore dei cittadini e delle imprese del nostro Paese.

Tutti in auto elettrica: non c’è energia sufficiente né infrastrutture

Auto elettrica

di Pietro Putti, presidente e amministratore delegato di GME – Gestore dei Mercati Energetici (dall’evento ROM-E)

«Il tema dei mercati energetici è intimamente legato alle innovazioni tecnologiche ma anche alle normative. Abbiamo dei macro obiettivi che l’Europa si è data. Ricordo che la politica energetica italiana passa necessariamente da quella europea. Queste scelte sono oggi notevolmente cambiate.

 

Con la guerra è parso evidente a tutti che c’è un tema di sicurezza energetica. Per esempio con il gas, che noi produciamo in una quota davvero poco significativa. Il nucleare lo abbiamo abbandonato e personalmente ritengo sia stato un errore. Ora nella tassonomia europea questo tema è tornato: a tutti è chiaro che le rinnovabili sono necessarie ma intermittenti. E questo è necessario soprattutto per le industrie.

 

Oggi, se tutti volessimo la macchina elettrica non la potremmo utilizzare, perché non c’è energia sufficiente né l’infrastruttura. Servono grandi investimenti. L’Italia è un Paese un po’ bizzarro: i nostri migliori scienziati spesso lavorano all’estero. Ad esempio le centrali nucleari russe sfruttano un brevetto italiano, e oggi sono le più sicure al mondo.

Sostenibilità e consumatori: va evitato il rischio di “greenwashing”

di Ilaria Mattana, Senior Manager PwC Italia ESG (dall’evento ROM-E)

 

Da anni portiamo avanti ricerche che monitorano investimenti pubblici e privati sulla sostenibilità. Cos’è cambiato dal 2014 in poi? È migliorata l’attenzione del legislatore europeo forzando le aziende a rendicontare le performance. Il panorama normativo si sta evolvendo, parallelamente stanno arrivando nuovi elementi di sfida, come il bando alle vetture endotermiche, che coinvolgerà sia l’automotive che l’indotto. Per le aziende dimostrare di essere green è un elemento di sfida, ma anche di costo.

 

L’UE è all’avanguardia da questo punto di vista. La direttiva chiede di verificare gli investimenti green e il trend è in forte crescita. L’italia è un po’ indietro, ma sono più motivi fiscali che interesse. Il PNRR è stato costruito su pilastri come sostenibilità, inclusione, salute ecc. L’Italia è uno dei Paesi più avanti nell’erogazione di questi fondi. Cosa pensano i consumatori?

 

Sono disposti a pagare di più per la sostenibilità laddove ci sia trasparenza e maggiore responsabilizzazione verso alcune tematiche. Altrimenti in periodi come questi di grande inflazione continuano a scegliere in base a criteri come il pricing. Nel periodo di 3-5 anni i prodotti di largo consumo green hanno avuto un elevato tasso di crescita: i consumatori premiano la sostenibilità, ma va evitato il rischio di “greenwashing”.