Appello al premier Meloni: ora l’omicidio stradale con aggravante

Incidenti stradali nel 2023

di Giordano Biserni, presidente di ASAPS

 
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è intervenuto al Senato per replicare alle osservazioni dei senatori in occasione della fiducia, parlando anche di sicurezza stradale. Non capitava in aula durante la votazione del Governo dai tempi di Matteo Renzi, quando poi si introdusse il nuovo reato di omicidio stradale. Forse le reazioni al grave incidente di Roma, con l’investimento del 18enne Francesco Valdiserri, fermo sul marciapiede, da parte di una conducente alterata da l’alcol e con la patente sospesa, hanno toccato molte corde.

 

Il presidente Meloni ha dichiarato che “gli incidenti stradali sono una materia che terremo presente. Da questo punto di vista non credo si debba appesantire il quadro normativo ma occorra attuare le disposizioni vigenti e che i controlli debbano essere efficaci”. Ha poi sottolineato anche la necessità di “ragionare sul tema della prevenzione. Su questi temi ci sentiamo impegnati”.

 

Presidente Meloni, ASAPS crede nella prevenzione, si è spesa infatti in tante campagne di sensibilizzazione e da 30 anni è stata ed è protagonista per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e anche del mondo politico sulle stragi che purtroppo vediamo sulle strade italiane, di giorno e di notte, d’estate e d’inverno, ma ASAPS crede anche in alcuni concetti che vorremmo fossero compresi da chi ha a cuore l’incolumità dei propri concittadini. Ecco perciò che ci aspettiamo anche un inasprimento di quelle gravi violazioni che potrebbero dare una svolta per ridurre da subito i tanti morti sulle strade, soluzioni e proposte che da anni rimangono chiuse nei vari cassetti degli uffici legislativi dei ministeri, come la sospensione della patente alla prima violazione per l’utilizzo del cellulare alla guida.

 

Le disposizioni vigenti non bastano, contro il vero virus stradale, contro quella che abbiamo definito la sbornia del terzo millennio, con persone “drogate” dalla messaggistica o dall’accesso ai social mentre guidano un veicolo. Proponiamo che il suo Governo introduca una aggravante per l’omicidio stradale, proprio per questi automobilisti “drogati” di telefonino, quando provocano la morte di una o più persone. 

Auspichiamo poi una seria riforma del Codice della strada, fatta di procedimenti amministrativi più rapidi, di utilizzo delle tecnologie per sanzionare anche altre violazioni come il contromano o la mancata copertura assicurativa, ma anche di maggiori controlli in divisa sulle strade e più coordinamento fra le polizie dello Stato e le polizie locali.

 

Vorremmo una riforma della patente a punti, perché troppi ultra80enni “guidano” di notte sulle tangenziali a 150 km/h, forse perché i nipoti hanno avuto la fortuna di trovare le loro patenti riuscendo poi ad addossare la responsabilità ai più anziani. Si dovrà anche capire come si intende uscire dalla “battaglia” ormai quotidiana a tutti gli strumenti di controllo velocità, visto che a 12 anni e mezzo di distanza siamo in attesa di un decreto che regolamenti e metta ordine in un marasma di sentenze sempre più sfavorevoli alla sicurezza stradale, con annullamenti quotidiani di centinaia di verbali.

 

Per ASAPS “appesantire” il quadro normativo con pochi e semplici provvedimenti, sarebbe una chiave utile a ridurre da subito un trend che negli ultimi mesi sta facendo riemergere lo “stragismo” stradale di fine anni ’90. La prevenzione è certo l’altra parte della soluzione, ma servono risorse economiche per dare magari incentivi alle tante divise che vanno nelle scuole per fare educazione stradale ai ragazzi o ancora per realizzare importanti campagne informative e divulgative con spot e video anche forti, che i più importanti canali televisivi potrebbero trasmettere prima dei Tg della sera o di partite di calcio.

ASAPS, presidente Meloni, auspica che la sicurezza stradale torni in alto, nel posto che merita, nella agenda politica del Paese e sarà al suo fianco nell’impegno e per ogni necessario sforzo su questo versante.

Auto elettriche e bollette: ricarica più cara rispetto al pieno di carburante

Per caricare l’auto elettrica oggi si spende il 161% in più rispetto a un anno fa. Dodici mesi fa, l’auto elettrica era nettamente la più economica dal punto di vista dei costi di carburante con una spesa che, a seconda del modello, era inferiore tra il 50% e il 70% rispetto alle versioni a benzina e Diesel. A causa degli aumenti del prezzo dell’energia, invece, oggi non solo non è più così, ma addirittura, in alcuni casi, per rifornire un’auto elettrica si spende di più rispetto a una vettura tradizionale. E se anziché ricaricare dalla presa di casa ci si volesse attaccare ad una colonnina su strada, i prezzi sarebbero ancora più elevati.

 

E’ quanto emerge dall’analisi realizzata da Facile.it, che ha esaminato i consumi di alcuni modelli elettrici e li ha messi a confronto con veicoli simili alimentati a benzina o Diesel. Secondo gli esperti di Facile.it, il rincaro dei costi energetici rischia di danneggiare anche la mobilità elettrica. Per l’analisi, il comparatore ha preso in esame tre modelli di auto nelle versioni full electric, Diesel e benzina, tenendo in considerazione i consumi dichiarati dalle Case automobilistiche e i prezzi di energia e carburante.

 

Per l’energia elettrica è stato considerato il costo di una ricarica casalinga, usando come valore di riferimento i prezzi in vigore nel mercato tutelato ad ottobre 2021 ed ottobre 2022, mentre per benzina e diesel sono stati utilizzati i valori medi del prezzo alla colonnina rilevati a settembre 2021 e nell’ultima settimana di settembre 2022. La prima analisi ha riguardato un’auto utilitaria, segmento B, con cilindrata 100-136 cv. Nella versione Diesel l’auto ha un’autonomia di 24,4 km/litro, a benzina di 19,6 km/litro, mentre l’elettrica percorre 6,3 km/kWh. Considerando un tragitto di 1.000 km il motore Diesel risulta essere, dal punto di vista del pieno, quello più economico: sono sufficienti 71 euro, mentre per la benzina occorrono 83 euro. All’ultimo posto si posiziona la versione elettrica, che per percorrere i chilometri indicati, necessita di 85 euro di elettricità.

 

La seconda simulazione ha preso in esame un’auto berlina, segmento C, cilindrata 130-150 cv, nelle versioni Diesel (22,5 km/litro), benzina (18,7 km/litro) ed elettrica (6,6 km/kWh). Anche in questo caso il veicolo che costa di meno in carburante è quello Diesel; per fare 1.000 km l’automobilista spende 77 euro, mentre con l’auto elettrica occorrono 80 euro. Il meno efficiente in questo caso è il modello a benzina che richiede 88 euro.

 

La terza simulazione è l’unica dove il modello elettrico risulta essere ancora oggi il più conveniente in termini di rifornimento. Per la simulazione è stata presa in considerazione un’auto berlina, segmento D, cilindrata 249-286 cv, nelle versioni benzina Mild-Hybrid (13,2 km/litro), Diesel Mild-Hybrid (16,1 km/litro) ed elettrica (5,4 km/kWh). Considerando una percorrenza di 1.000 km in questo caso l’auto elettrica, come detto, risulta essere la più economica: occorrono solo 99
euro di energia elettrica, mentre per quella diesel servono 108 euro di carburante e per quella a benzina addirittura 124 euro.

Commissione UE: sconnessione completa dalla realtà

di Andrea Taschini, manager automotive

 

La prova che a Bruxelles sono sconnessi con la realtà e non si rendono bene conto delle conseguenze delle loro azioni, è più che evidente. Da un lato la Commissione, imponendo l’auto elettrica, di fatto mette tutto il settore automotive nelle mani della Cina, per via del suo dominio su tutte le materie prime necessarie per la loro costruzione; dall’altro si comincia a preoccupare della forte e crescente dipendenza dell’economia europea da Pechino.


Leggendo le notizie che arrivano in queste ore da chi ha in mano i destini d’Europa, ci si chiede se la mano destra sa cosa fa quella sinistra e viceversa. Sembra di vivere tra due realtà parallele, ma inconciliabili, segno tangibile del grave deficit di comprensione dei fatti e di visione sistemica che regna tra le élite europee di questi tempi.

Ferrari show a Imola/2: la 499P sul tappeto rosso

di Roberta Pasero 

È entrata come una vera diva, tra gli applausi di 1.100 campioni, proprietari e appassionati del gran finale dei Mondiale Ferrari, nella serata di gala delle Finali Mondiali del Cavallino rampante, all’autodromo di Imola.

 

E a festeggiare la 499P, nuova auto Ferrari endurance che segnerà il ritorno del marchio anche nella sfida della 24 ore di Le Mans, c’era lo stato maggiore del brand, da Piero Ferrari a Benedetto Vigna e al presidente John Elkann. Che ha parlato con una certa emozione: “Siamo qui a presentare un nuovo capitolo della nostra storia. Il manifesto della determinazione Ferrari a vincere. Con 499P,  un’auto pronta a combattere per la vittoria, torniamo con umanità e umiltà nella sfida di Le Mans”.

Associazione Gabriele Borgogni: serata benefica pro sicurezza stradale

Foto: da sinistra il Sindaco di Firenze Nardella – Valentina Borgogni, presidente della Associazione Gabriele Borgogni Onlus

Ritorna l’annuale raccolta fondi “Guida la tua vita – La sicurezza stradale è una questione di testa” dell’Associazione Gabriele Borgogni Onlus. L’appuntamento è per il 2 dicembre alle 20 al Tuscany Hall di Firenze. L’evento, che prevede anche una cena, sarà condotto da Andrea Agresti (Le Iene) ed Eva Edili (speaker di Radio 102.7 e Lady Radio) e vi parteciperanno istituzioni locali e nazionali oltre a vari ospiti del mondo dello spettacolo. Alla cena, tra gli ospiti, saranno presenti Lorenzo Baglioni, Wikipedro e Gianfranco Monti.

 

L’iniziativa è stata presentata a Palazzo Vecchio dal sindaco di Firenze, Dario Nardella, dalla presidente dell’Associazione Valentina Borgogni, dal chitarrista e compositore Finaz e da Carletto DJ.  Andrea Agresti, invece, è intervenuto con un video saluto. I fondi che saranno raccolti serviranno per finanziare quattro progetti per il 2023: il progetto psicologico per i familiari di vittime della strada e per gli operatori di Polizia quando avviene un sinistro mortale in area metropolitana di Firenze; il progetto di Pet Therapy nel reparto di Unità Spinale di Firenze; l’aiuto nell’acquisto di protesi per persone economicamente svantaggiate e il concorso campagna pubblicitaria al Liceo artistico di Firenze per la guida in stato di ebbrezza.

 

“Sono progetti molto belli e apprezzabili – ha detto il sindaco Nardella – perché affrontano il tema della sicurezza stradale a 360 gradi e lo fanno attraverso iniziative molto originali come quella legata alla Pet Therapy. Ringrazio Valentina e tutti i promotori dell’associazione Borgogni perché la loro attività si inserisce nella nostra strategia sui temi della sicurezza stradale”. “Negli ultimi 8 anni abbiamo avuto 20mila feriti e 97 morti sulle strade per incidenti stradali ed è un dato terribile – ha concluso il sindaco -. Apprezzo molto questa iniziativa e sono felice di poter garantire il sostegno del Comune”.

 

“È un appuntamento annuale ormai da 18 anni – ha detto la presidente Valentina Borgogni – che ha acquistato sempre più importanza nel corso del tempo. Anche quest’anno saranno tante le Istituzioni e le personalità che parteciperanno alla serata di beneficenza, con la quale finanzieremo progetti di sicurezza stradale. Abbiamo un servizio molto bello con il Comune di Firenze e l’Ordine degli psicologi della Toscana grazie al quale c’è un supporto psicologico h24 ai familiari che subiscono una perdita sulla strada e agli operatori di Polizia municipale”. “Inoltre, tramite un bando della Fondazione CR Firenze partirà il 16 novembre un crowdfunding per estendere questo servizio nell’area metropolitana fiorentina – ha spiegato la presidente dell’Associazione Borgogni -. Non solo, cercheremo anche di aiutare i ragazzi che hanno subito un incidente stradale, senza dimenticare l’educazione alla sicurezza stradale, che è un tassello importante sul quale lavoriamo da anni a Firenze”.

 

L’Associazione Borgogni nasce nel 2004 in seguito alla morte di Gabriele, ucciso da un automobilista che, guidando in stato di ebbrezza, ha ignorato un semaforo rosso. Fondata da Valentina Borgogni, in ricordo del fratello, l’Associazione fornisce assistenza a tutti coloro che sono stati vittime di un incidente stradale, da quella legale, a quella medica e riabilitativa. Inoltre, l’Associazione attua da quasi vent’anni attività di educazione stradale nelle scuole di ogni ordine e grado, in collaborazione con le Istituzioni locali e nazionali. Ha contribuito a redigere la prima bozza della Legge sull’omicidio stradale. Da qualche anno l’Associazione Borgogni si costituisce parte civile in molti processi, al fianco di tanti genitori che hanno perso i loro figli. Nel 2015 ha promosso, in Toscana, l’Osservatorio regionale sulla sicurezza stradale, che ogni anno intende promuovere progetti e iniziative sul tema. Progetto che sta portando avanti anche a livello nazionale, con la Commissione Trasporti alla Camera. 

Da sinistra Carletto DJ – Valentina Borgogni pres. Associazione Borgogni – Dario Nardella, Sindaco di Firenze – Ale Finaz della Bandabardò

Mercato auto da “pulire” e rilanciare: fare come per le abitazioni

di Roberto Scarabel, presidente di AsConAuto

 

Il nostro parco circolante è vecchio e va svecchiato entro il 2035, perciò andrebbe trovato un meccanismo incentivante differente. Infatti, il nostro cliente oggi non ha capacità di spesa adeguate per affrontare l’acquisto di una vettura elettrica dal costo che supera intorno al 30 per cento una pari vettura con motorizzazione endotermica.

Di fronte a una metamorfosi così lenta su un circolante di 40.000.000 di vetture sarebbe opportuno non focalizzarsi su un singolo tipo di prodotto perché è più pericoloso per la salute e per la sicurezza stradale mantenere un parco circolante che invecchia. Noi facciamo la nostra parte per mantenere la sicurezza attraverso la severità della revisione e per l’uso del ricambio originale, ma questa nostra condotta nella manutenzione deve diventare una “Best Practice” che il cliente merita.

Per aggiornare il parco circolante si potrebbe valutare l’ipotesi di creare un meccanismo incentivante l’acquisto – analogo alla formula utilizzata nel caso del miglioramento di classe energetica per le abitazioni (per esempio il passaggio da una vettura Euro 4 a una Euro 5) – per dare l’opportunità ai privati di avere accesso a un usato più recente. Infine, la possibilità di totale detrazione delle auto da parte delle partite IVA darebbe due vantaggi: una accelerazione alla transizione ecologica, offrendo vetture più giovani usate all’automobilista privato.

Componentistica automotive italiana 2022: il punto di ANFIA

Foto: Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti ANFIA

 

Presentata questa mattina presso il Centro congressi del MAUTO l’edizione 2022 dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana, indagine realizzata  dalla Camera di commercio di Torino e da ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria  Automobilistica).  “Il 2021 si era chiuso in ripresa, con un fatturato nazionale in crescita del 16,7%, ma oggi per le  imprese della filiera automotive si moltiplicano le sfide: alti costi energetici e delle materie prime,  crisi internazionale e soprattutto accelerata transizione ecologica, nonostante il posizionamento  prevalente rimanga ancora sui motori tradizionali (73,8%) – spiega il presidente della Camera di  commercio di Torino, Dario Gallina -. Per questo le nostre imprese cercano soluzioni, vendendo  di più all’estero, investendo in innovazioni di prodotto e cercando sul mercato del lavoro nuove  competenze, spesso difficili da trovare: cautela e prudenza caratterizzano in ogni caso le  prospettive per l’anno in corso”.  
 
Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti ANFIA (Associazione Nazionale Filiera  Industria Automobilistica): “Anche l’export della componentistica ha visto nel 2021 un netto  recupero (+15,4%), con un rallentamento nella seconda parte dell’anno per via del protrarsi della crisi dei semiconduttori, delle materie prime e della logistica. Nel 2022, gli effetti di  instabilità legati al conflitto in Ucraina potrebbero portare a una frenata. Per traguardare le sfide della transizione energetica, le nostre imprese, da quest’anno, possono contare anche sulle  misure del fondo automotive, in particolare gli interventi di politica industriale come i contratti di  sviluppo e gli accordi di innovazione, che agevolano i programmi di investimento delle imprese”.  
 
Nel 2021 la domanda mondiale di autoveicoli si è attestata a 83 milioni di unità, il 5% in più  rispetto al 2020, ma il 9% in meno rispetto al 2019 (91 milioni di veicoli). L’andamento delle  vendite mondiali è stato influenzato dalle crescite marginali di Europa (+0,4% in EU27, EFTA e  Regno Unito), Nord America (+4%) e Cina (+4%). L’area BRIC rappresenta il 41% della  domanda globale di autoveicoli con 34 milioni di unità, grazie soprattutto alla crescita della Cina, che, nonostante sia stato il primo paese ad essere colpito dalla pandemia, ha subìto nel 2020  una contrazione più bassa rispetto agli altri principali mercati, mentre nel 2021 ha registrato una  crescita del 4% con 26,3 milioni di vetture immatricolate ed una quota sul mercato mondiale del  32%. 
 
La domanda di autoveicoli in Italia chiude il 2021 a +6,7%, ma se confrontiamo il dato con il  2019, il calo è pari al 21,8%: 463mila veicoli in meno rispetto ai volumi pre-Covid.  Nei primi mesi del 2022 l’attività economica ha mostrato una decelerazione diffusa tra i principali  paesi. La crisi Russia/Ucraina ha amplificato criticità già esistenti: inflazione, ostacoli al  funzionamento delle catene del valore, aumento della volatilità finanziaria, ulteriori rialzi dei prezzi delle materie prime energetiche. Il Fondo Monetario Internazionale ha così rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil mondiale per il biennio 2022-2023. Nel 2022 la domanda mondiale potrebbe attestarsi attorno agli 80 milioni di autoveicoli (-2,8%  sul 2021); in Italia le vendite di autovetture sono previste in calo del 10,3% a 1,3 milioni di unità  (previsioni Fitch Solutions).  
 
Con 80,1 milioni di autoveicoli, la produzione mondiale nel 2021 torna a crescere (+3,1%),  dopo i cali consecutivi del 2018, 2019 e, soprattutto, del 2020 (-15,8%). La fabbricazione di  autoveicoli cresce in Sud America (+17,5%) e in Asia (+5,5%), ma resta stabile in NAFTA e si riduce in Europa (-3,6% e 16,3 milioni di unità). La localizzazione della produzione di  semiconduttori ha certamente favorito la Cina, che si conferma il maggior produttore mondiale  di autoveicoli (oltre 26 milioni nel 2021).  
 
Secondo le stime ANFIA, in Italia la produzione domestica di autoveicoli ha registrato una lieve crescita nel 2021, +2,4%, seppure con volumi ancora al di sotto di quelli pre-Covid (circa  120mila unità in meno rispetto al 2019). La produzione industriale del settore automotive italiano  (inclusa la produzione di carrozzerie e componenti) registra una crescita tendenziale del 18,7%  nel 2021 rispetto al 2020 (-8,5% rispetto a gennaio-dicembre 2019) e chiude il consuntivo di  gennaio-giugno 2022 a -3% su base annua. Per il 2022 si stima che i volumi della produzione italiana possano attestarsi intorno a 730mila unità (-8,2% rispetto al 2021); a livello mondiale  si prevede che la produzione di autoveicoli si chiuda a fine 2022 a -2,1% (previsioni Fitch  Solutions).  
 
Nel 2021 le 2.202 imprese che compongono l’universo della componentistica automotive italiana hanno impiegato nel settore oltre 168.000 addetti e generato nello stesso anno un  fatturato stimato pari a 54,3 miliardi di euro.  Rispetto al 2020, che si era chiuso con un significativo calo del fatturato e una riduzione più  modesta in termini occupazionali sull’anno precedente, il 2021 mostra una ripresa, con una  variazione del +16,7% del volume d’affari e una sostanziale stabilità del numero di  addetti (+0,6%). Le variazioni positive del fatturato automotive hanno interessato trasversalmente tutti i segmenti della filiera, seppure con intensità differenti: i risultati migliori sono attribuibili ai subfornitori (+25,6%), in particolare a quelli delle lavorazioni (+30%) e agli specialisti  dell’aftermarket (+19%).  
 
Il Piemonte mantiene il primato nazionale per numero di imprese (il 33,3%),  immediatamente seguito da Lombardia (il 27%), Emilia-Romagna (il 10,4%) e Veneto (il 8,8%). In Piemonte il fatturato generato dalla componentistica nel 2021 è stato pari a 17,6  miliardi di euro (il 32,5% del totale nazionale), con oltre 58.600 addetti (il 34,9%). Rispetto  all’anno precedente, il fatturato ha dato segni di recupero (+16,8%), mentre gli addetti sono risultati tendenzialmente stabili. Anche per il Piemonte la crescita è stata trasversale a tutti i segmenti della filiera. Le variazioni  di maggior crescita sono state registrate dalla subfornitura, che nel 2020 aveva sofferto con  particolare enfasi la crisi del mercato, e dalle imprese di E&D.  
 
All’edizione del 2022 dell’Osservatorio hanno partecipato 454 imprese, con un tasso di  restituzione del 20,9% e un totale di rispondenti al secondo anno di partecipazione pari al 60,3%,  a riprova dell’interesse che questa attività di ricerca riveste fra gli operatori del settore. Il saldo tra le dichiarazioni di aumento e quelle di decremento del fatturato 2021 è risultato pari  al +65%: sono l’80% le attività che dichiarano un giro d’affari in espansione, a fronte del  15% che registra una riduzione. La ripresa ha riguardato in modo pervasivo tutte le categorie,  ma è risultata più modesta per il segmento dei sistemisti e modulisti che aveva manifestato le  maggiori difficoltà nel 2020. In Piemonte le imprese che dichiarano un aumento del fatturato rispetto al 2020 sono l’81%,  a fronte del 16% che ha invece registrato una diminuzione.   
 
Nel 2021 si è assistito a una forte ripresa degli scambi internazionali, ma le vicende economico politiche del 2022, come il rincaro dei prezzi delle materie prime, i costi della logistica, il  prolungarsi della crisi dei semiconduttori e il conflitto Russia/Ucraina, non fanno sperare in un vero cambio di direzione. Il 78,3% delle imprese (il 78,8% in Piemonte), dato migliore dell’ultimo quinquennio, vende  i propri prodotti sui mercati esteri. Aumenta anche la percentuale di fatturato derivante  dall’export, che nel 2021 si attesta in media al 41,8% (era il 37,8% nel 2017).    
 
Nel 2021 il 72,9% delle imprese risulta avere Stellantis nel proprio portafoglio clienti  (l’80,6% in Piemonte). In calo, la quota di fatturato generato dalle vendite a Stellantis, pari al  40,7% in Italia (era il 41,7% nel 2020), mentre registra un aumento a livello piemontese (dal  47,4% del 2020 al 49,6%). Vale invece il 59,3% l’incidenza del fatturato proveniente da altri costruttori, soprattutto OEM tedeschi, francesi (escluso Stellantis) e americani. Di minor rilevanza il rapporto con le Case costruttrici asiatiche.  
 
Il 66% delle imprese intravede nella costituzione del nuovo colosso industriale un’opportunità  (solo il 59% in Piemonte); tra le preoccupazioni, soprattutto in Piemonte, i possibili cambiamenti  rispetto al baricentro decisionale e la diminuzione dei volumi della fornitura. Si mantiene alto,  per il secondo anno consecutivo, il numero di imprese che ha dichiarato di non saper  esprimere un giudizio sull’impatto dell’avvenuta fusione (il 58%), segno tangibile del  perdurare dell’incertezza di un’operazione con sinergie in corso di sviluppo.    
 
L’accelerazione della domanda e della produzione di veicoli elettrici e ibridi avutasi nel 2021 e le prospettive positive per una diffusione progressiva dei powertrain elettrificati obbligano tutti gli attori della filiera a confrontarsi con la transizione in atto. La percentuale dei fornitori che si definiscono con un buon posizionamento sul comparto dei  motori benzina e Diesel permane alto (il 73,8% dei rispondenti), come consistente è la quota  per le alimentazioni a metano e/o GPL (il 40,1%).  Il posizionamento sui powertrain elettrici e ibridi è significativo per il 37,6% delle imprese, mentre sulle fuel cells ha un posizionamento di rilievo il 20,6% delle rispondenti.  
 
Dopo il lieve calo riscontrato nel 2020, torna ad ampliarsi la partecipazione della filiera a progetti  di sviluppo di nuovi powertrain: considerando il triennio 2019-2021 aumenta il  coinvolgimento sia per il powertrain elettrico (il 29,4%) sia per quello ibrido (30,3%), ma  soprattutto incrementa la quota di imprese che ha preso parte a progetti di riduzione delle  emissioni su motore a combustione interna, attraverso nuovi materiali e alleggerimento del  peso dei veicoli (il 25,2%). A sottolineare il crescente interesse per le fuel cell, arriva al 15,6%  la porzione di realtà aziendali che hanno aderito a progetti che sviluppano questa tecnologia.  
 
Aumentano le imprese con personale interno laureato, passate dall’84% del 2017 all’88%  del 2021, ma questo non ha comportato un incremento della forza lavoro specificatamente impiegata in ricerca e sviluppo. Per i prossimi cinque anni le imprese segnalano un diffuso bisogno di nuove figure professionali, da destinare in particolare ai processi produttivi (il  62% delle aziende), all’automazione e sistemi meccatronici (il 53%), ai prodotti e materiali (il  48%), nonché alla sostenibilità ambientale (il 47%).   
 
Le imprese che hanno investito nell’anno 2021 in R&S sono il 67%, in progressiva  diminuzione nel triennio; il calo ha interessato tutte le categorie di fornitura, a eccezione di alcuni segmenti, quali gli E&D, che tornano ai livelli del 2019. Cala nell’ultimo anno anche la quota di addetti in R&S, benché si rilevi una maggiore proiezione verso l’innovazione di prodotto  (il 55% a fronte del 40% dell’anno precedente) e una più forte apertura a forme di  collaborazione nelle attività di ricerca, specie con altre imprese. Nell’ultimo triennio, le  motivazioni che principalmente hanno ostacolato l’innovazione sono i costi troppo alti (per il 25,3% delle imprese con grado di importanza elevato), l’instabilità della domanda (per  il 24%) e la carenza di personale qualificato (per il 22,5%).  
 

Quanto alle misure di sostegno alla filiera automotive intraprese finora dalle istituzioni pubbliche, per le imprese nel recente passato sono risultate efficaci soprattutto le iniziative di  digitalizzazione e innovazione delle imprese (Piano transizione 4.0) e l’estensione della CIG,  che ha svolto un ruolo fondamentale nel supportare il sistema produttivo italiano nel periodo più  acuto della crisi. Con il ritorno alla normalità, si richiedono soprattutto iniziative dirette al contenimento dei costi  dell’energia elettrica (l’82% degli operatori), progetti di digitalizzazione e innovazione (il  71%), nonché gli interventi specifici diretti a R&S (il 67%).  Per il 53% permane la necessità di incentivi alle immatricolazioni per supportare la domanda.  In un quadro di ritardo nazionale nello sviluppo delle infrastrutture di ricarica per le auto  elettriche rispetto ai principali Paesi europei, il 46% individua la priorità di incentivi in tale  ambito.  

L’eurodeputato Borchia: “L’Ue sta sbagliando tutto”

di Pierluigi Bonora

Dunque, la Commissione europea ha dichiarato di accogliere con favore l’accordo raggiunto dal Parlamento europeo e dal Consiglio, per il quale tutte le nuove auto e i furgoni immatricolati in Europa saranno a emissioni di CO2 zero entro il 2035. L’intesa, provvisoria, richiede ora l’adozione formale da parte del Parlamento e del Consiglio.

 

Con l’eurodeputato Paolo Borchia (Lega), delle Commissioni Energia, Industria e Trasporti, tenendo presente che difficilmente saranno apportate modifiche al piano “Fit for 55”,  passiamo in rassegna le insidie per l’Europa, l’industrie e l’occupazione di questo provvedimento.

 

E come provocazione, eccoci con indosso la maglietta che reclamizza il nuovo motore “Nettuno” V6 made in Maserati, uno dei gioielli della tecnologia italiana in fatto di propulsori a benzina. Che qualcuno, in nome della pura ideologia, ha deciso di far sparire.

ANFIA e l’accordo UE sulle emissioni: riflettere sulla transizione produttiva

ANFIA e l'accordo UE sulle emissioni

L’accordo raggiunto tra le istituzioni  europee sui nuovi target di emissioni di CO2 (-100% rispetto ai livelli  del 2021) di auto e veicoli commerciali leggeri al 2035 – la prima intesa del pacchetto  normativo Fit for 55 – richiede ora alla filiera automotive italiana e all’intero sistema Paese un rapido ed effettivo cambio di passo. ANFIA chiede al Governo di riprendere al più presto il confronto con la filiera automotive  per identificare ulteriori strumenti volti ad ampliare le possibilità delle imprese di  avviare investimenti e riconversioni produttive, negoziando nuovi strumenti a Bruxelles, se necessario, perché in particolare il quantum minimo dei contratti di sviluppo rischia di escludere dal sostegno pubblico molte PMI, cuore del tessuto industriale del nostro  Paese. 

A livello europeo, sono prioritarie l’attuazione di una politica energetica che permetta  di generare energia elettrica al 100% da fonti rinnovabili entro il 2035 e la definizione di  un piano strategico per la localizzazione in Europa le attività della filiera delle batterie  per veicoli elettrici a monte delle gigafactory (come il trattamento termico e chimico  dei precursori per trasformarli in catodi/anodi), ad oggi una prerogativa quasi  unicamente cinese, così da evitare una svantaggiosa dipendenza dalla Cina, già leader  nell’estrazione dei metalli e nella loro raffinazione. 

Lo sviluppo infrastrutturale, con target vincolanti per i singoli Stati membri, è un’altra fondamentale condizione da realizzare per garantire ai consumatori una capillare fruibilità, oltre che l’accessibilità economica, dei veicoli a zero emissioni, salvaguardandone il diritto alla mobilità. 

Tutti gli stakeholder coinvolti sono chiamati ora a fare la propria parte per mantenere  ed accrescere la competitività internazionale della manifattura europea. ANFIA  proseguirà con responsabilità e serietà il suo impegno quotidiano a sostegno delle  imprese della filiera automotive per gestire in modo proattivo questa transizione  epocale, certa che le istituzioni nazionali faranno altrettanto per mantenere alta la  competitività del sistema Paese.

Tutti in elettrico: dono UE alla Cina che pagheremo caro

di Andrea Taschini, manager automotive

 

Nonostante la lezione del gas Russo con tutte le gigantesche conseguenze che stiamo subendo, l’Unione europea sta commettendo un errore analogo e se possibile ancora più devastante.


L’imposizione dell’auto elettrica dal 2035 votata a Bruxelles per mano dei Paesi nordici, rischia di travolgere l’economia del continente di cui l’automotive rappresenta uno degli assi portanti più strategici.

 

Come detentrice di tutte le materie prime necessarie per la costruzione di motori e batterie elettriche, la Cina farà di tutto perché le auto elettriche, anche quelle dei marchi europei, si costruiscano laddove le materie prime si estraggono e soprattutto si raffinano con enormi danni ambientali che in Europa non sono nemmeno lontanamente pensabili.
 

Pechino stenderà tappeti d’oro alle Case auto che trasferiranno in Cina le produzioni con libertà di emissioni a costo zero, condizioni di lavoro e relative paghe da società pre industriale e magari anche con allettanti facilitazioni fiscali, creando così condizioni irrinunciabili.


Chi non si trasferirà nel Paese asiatico a produrre vetture verrà spazzato via dalla concorrenza “Made in China”. È così che milioni di posti di lavoro e miliardi di Pil europei spariranno creando povertà e destabilizzazione sociale.

 

Grazie Europa, grazie a tutti coloro che palesemente si sono fatti corrompere e grazie a tutti gli eco approfittatori che sperano di raccattare qualche briciola in questa losca faccenda falso ambientalista che si trasformerà in una guerra tra poveri.