Componentistica automotive italiana 2022: il punto di ANFIA

Foto: Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti ANFIA

 

Presentata questa mattina presso il Centro congressi del MAUTO l’edizione 2022 dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana, indagine realizzata  dalla Camera di commercio di Torino e da ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria  Automobilistica).  “Il 2021 si era chiuso in ripresa, con un fatturato nazionale in crescita del 16,7%, ma oggi per le  imprese della filiera automotive si moltiplicano le sfide: alti costi energetici e delle materie prime,  crisi internazionale e soprattutto accelerata transizione ecologica, nonostante il posizionamento  prevalente rimanga ancora sui motori tradizionali (73,8%) – spiega il presidente della Camera di  commercio di Torino, Dario Gallina -. Per questo le nostre imprese cercano soluzioni, vendendo  di più all’estero, investendo in innovazioni di prodotto e cercando sul mercato del lavoro nuove  competenze, spesso difficili da trovare: cautela e prudenza caratterizzano in ogni caso le  prospettive per l’anno in corso”.  
 
Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti ANFIA (Associazione Nazionale Filiera  Industria Automobilistica): “Anche l’export della componentistica ha visto nel 2021 un netto  recupero (+15,4%), con un rallentamento nella seconda parte dell’anno per via del protrarsi della crisi dei semiconduttori, delle materie prime e della logistica. Nel 2022, gli effetti di  instabilità legati al conflitto in Ucraina potrebbero portare a una frenata. Per traguardare le sfide della transizione energetica, le nostre imprese, da quest’anno, possono contare anche sulle  misure del fondo automotive, in particolare gli interventi di politica industriale come i contratti di  sviluppo e gli accordi di innovazione, che agevolano i programmi di investimento delle imprese”.  
 
Nel 2021 la domanda mondiale di autoveicoli si è attestata a 83 milioni di unità, il 5% in più  rispetto al 2020, ma il 9% in meno rispetto al 2019 (91 milioni di veicoli). L’andamento delle  vendite mondiali è stato influenzato dalle crescite marginali di Europa (+0,4% in EU27, EFTA e  Regno Unito), Nord America (+4%) e Cina (+4%). L’area BRIC rappresenta il 41% della  domanda globale di autoveicoli con 34 milioni di unità, grazie soprattutto alla crescita della Cina, che, nonostante sia stato il primo paese ad essere colpito dalla pandemia, ha subìto nel 2020  una contrazione più bassa rispetto agli altri principali mercati, mentre nel 2021 ha registrato una  crescita del 4% con 26,3 milioni di vetture immatricolate ed una quota sul mercato mondiale del  32%. 
 
La domanda di autoveicoli in Italia chiude il 2021 a +6,7%, ma se confrontiamo il dato con il  2019, il calo è pari al 21,8%: 463mila veicoli in meno rispetto ai volumi pre-Covid.  Nei primi mesi del 2022 l’attività economica ha mostrato una decelerazione diffusa tra i principali  paesi. La crisi Russia/Ucraina ha amplificato criticità già esistenti: inflazione, ostacoli al  funzionamento delle catene del valore, aumento della volatilità finanziaria, ulteriori rialzi dei prezzi delle materie prime energetiche. Il Fondo Monetario Internazionale ha così rivisto al ribasso le stime di crescita del Pil mondiale per il biennio 2022-2023. Nel 2022 la domanda mondiale potrebbe attestarsi attorno agli 80 milioni di autoveicoli (-2,8%  sul 2021); in Italia le vendite di autovetture sono previste in calo del 10,3% a 1,3 milioni di unità  (previsioni Fitch Solutions).  
 
Con 80,1 milioni di autoveicoli, la produzione mondiale nel 2021 torna a crescere (+3,1%),  dopo i cali consecutivi del 2018, 2019 e, soprattutto, del 2020 (-15,8%). La fabbricazione di  autoveicoli cresce in Sud America (+17,5%) e in Asia (+5,5%), ma resta stabile in NAFTA e si riduce in Europa (-3,6% e 16,3 milioni di unità). La localizzazione della produzione di  semiconduttori ha certamente favorito la Cina, che si conferma il maggior produttore mondiale  di autoveicoli (oltre 26 milioni nel 2021).  
 
Secondo le stime ANFIA, in Italia la produzione domestica di autoveicoli ha registrato una lieve crescita nel 2021, +2,4%, seppure con volumi ancora al di sotto di quelli pre-Covid (circa  120mila unità in meno rispetto al 2019). La produzione industriale del settore automotive italiano  (inclusa la produzione di carrozzerie e componenti) registra una crescita tendenziale del 18,7%  nel 2021 rispetto al 2020 (-8,5% rispetto a gennaio-dicembre 2019) e chiude il consuntivo di  gennaio-giugno 2022 a -3% su base annua. Per il 2022 si stima che i volumi della produzione italiana possano attestarsi intorno a 730mila unità (-8,2% rispetto al 2021); a livello mondiale  si prevede che la produzione di autoveicoli si chiuda a fine 2022 a -2,1% (previsioni Fitch  Solutions).  
 
Nel 2021 le 2.202 imprese che compongono l’universo della componentistica automotive italiana hanno impiegato nel settore oltre 168.000 addetti e generato nello stesso anno un  fatturato stimato pari a 54,3 miliardi di euro.  Rispetto al 2020, che si era chiuso con un significativo calo del fatturato e una riduzione più  modesta in termini occupazionali sull’anno precedente, il 2021 mostra una ripresa, con una  variazione del +16,7% del volume d’affari e una sostanziale stabilità del numero di  addetti (+0,6%). Le variazioni positive del fatturato automotive hanno interessato trasversalmente tutti i segmenti della filiera, seppure con intensità differenti: i risultati migliori sono attribuibili ai subfornitori (+25,6%), in particolare a quelli delle lavorazioni (+30%) e agli specialisti  dell’aftermarket (+19%).  
 
Il Piemonte mantiene il primato nazionale per numero di imprese (il 33,3%),  immediatamente seguito da Lombardia (il 27%), Emilia-Romagna (il 10,4%) e Veneto (il 8,8%). In Piemonte il fatturato generato dalla componentistica nel 2021 è stato pari a 17,6  miliardi di euro (il 32,5% del totale nazionale), con oltre 58.600 addetti (il 34,9%). Rispetto  all’anno precedente, il fatturato ha dato segni di recupero (+16,8%), mentre gli addetti sono risultati tendenzialmente stabili. Anche per il Piemonte la crescita è stata trasversale a tutti i segmenti della filiera. Le variazioni  di maggior crescita sono state registrate dalla subfornitura, che nel 2020 aveva sofferto con  particolare enfasi la crisi del mercato, e dalle imprese di E&D.  
 
All’edizione del 2022 dell’Osservatorio hanno partecipato 454 imprese, con un tasso di  restituzione del 20,9% e un totale di rispondenti al secondo anno di partecipazione pari al 60,3%,  a riprova dell’interesse che questa attività di ricerca riveste fra gli operatori del settore. Il saldo tra le dichiarazioni di aumento e quelle di decremento del fatturato 2021 è risultato pari  al +65%: sono l’80% le attività che dichiarano un giro d’affari in espansione, a fronte del  15% che registra una riduzione. La ripresa ha riguardato in modo pervasivo tutte le categorie,  ma è risultata più modesta per il segmento dei sistemisti e modulisti che aveva manifestato le  maggiori difficoltà nel 2020. In Piemonte le imprese che dichiarano un aumento del fatturato rispetto al 2020 sono l’81%,  a fronte del 16% che ha invece registrato una diminuzione.   
 
Nel 2021 si è assistito a una forte ripresa degli scambi internazionali, ma le vicende economico politiche del 2022, come il rincaro dei prezzi delle materie prime, i costi della logistica, il  prolungarsi della crisi dei semiconduttori e il conflitto Russia/Ucraina, non fanno sperare in un vero cambio di direzione. Il 78,3% delle imprese (il 78,8% in Piemonte), dato migliore dell’ultimo quinquennio, vende  i propri prodotti sui mercati esteri. Aumenta anche la percentuale di fatturato derivante  dall’export, che nel 2021 si attesta in media al 41,8% (era il 37,8% nel 2017).    
 
Nel 2021 il 72,9% delle imprese risulta avere Stellantis nel proprio portafoglio clienti  (l’80,6% in Piemonte). In calo, la quota di fatturato generato dalle vendite a Stellantis, pari al  40,7% in Italia (era il 41,7% nel 2020), mentre registra un aumento a livello piemontese (dal  47,4% del 2020 al 49,6%). Vale invece il 59,3% l’incidenza del fatturato proveniente da altri costruttori, soprattutto OEM tedeschi, francesi (escluso Stellantis) e americani. Di minor rilevanza il rapporto con le Case costruttrici asiatiche.  
 
Il 66% delle imprese intravede nella costituzione del nuovo colosso industriale un’opportunità  (solo il 59% in Piemonte); tra le preoccupazioni, soprattutto in Piemonte, i possibili cambiamenti  rispetto al baricentro decisionale e la diminuzione dei volumi della fornitura. Si mantiene alto,  per il secondo anno consecutivo, il numero di imprese che ha dichiarato di non saper  esprimere un giudizio sull’impatto dell’avvenuta fusione (il 58%), segno tangibile del  perdurare dell’incertezza di un’operazione con sinergie in corso di sviluppo.    
 
L’accelerazione della domanda e della produzione di veicoli elettrici e ibridi avutasi nel 2021 e le prospettive positive per una diffusione progressiva dei powertrain elettrificati obbligano tutti gli attori della filiera a confrontarsi con la transizione in atto. La percentuale dei fornitori che si definiscono con un buon posizionamento sul comparto dei  motori benzina e Diesel permane alto (il 73,8% dei rispondenti), come consistente è la quota  per le alimentazioni a metano e/o GPL (il 40,1%).  Il posizionamento sui powertrain elettrici e ibridi è significativo per il 37,6% delle imprese, mentre sulle fuel cells ha un posizionamento di rilievo il 20,6% delle rispondenti.  
 
Dopo il lieve calo riscontrato nel 2020, torna ad ampliarsi la partecipazione della filiera a progetti  di sviluppo di nuovi powertrain: considerando il triennio 2019-2021 aumenta il  coinvolgimento sia per il powertrain elettrico (il 29,4%) sia per quello ibrido (30,3%), ma  soprattutto incrementa la quota di imprese che ha preso parte a progetti di riduzione delle  emissioni su motore a combustione interna, attraverso nuovi materiali e alleggerimento del  peso dei veicoli (il 25,2%). A sottolineare il crescente interesse per le fuel cell, arriva al 15,6%  la porzione di realtà aziendali che hanno aderito a progetti che sviluppano questa tecnologia.  
 
Aumentano le imprese con personale interno laureato, passate dall’84% del 2017 all’88%  del 2021, ma questo non ha comportato un incremento della forza lavoro specificatamente impiegata in ricerca e sviluppo. Per i prossimi cinque anni le imprese segnalano un diffuso bisogno di nuove figure professionali, da destinare in particolare ai processi produttivi (il  62% delle aziende), all’automazione e sistemi meccatronici (il 53%), ai prodotti e materiali (il  48%), nonché alla sostenibilità ambientale (il 47%).   
 
Le imprese che hanno investito nell’anno 2021 in R&S sono il 67%, in progressiva  diminuzione nel triennio; il calo ha interessato tutte le categorie di fornitura, a eccezione di alcuni segmenti, quali gli E&D, che tornano ai livelli del 2019. Cala nell’ultimo anno anche la quota di addetti in R&S, benché si rilevi una maggiore proiezione verso l’innovazione di prodotto  (il 55% a fronte del 40% dell’anno precedente) e una più forte apertura a forme di  collaborazione nelle attività di ricerca, specie con altre imprese. Nell’ultimo triennio, le  motivazioni che principalmente hanno ostacolato l’innovazione sono i costi troppo alti (per il 25,3% delle imprese con grado di importanza elevato), l’instabilità della domanda (per  il 24%) e la carenza di personale qualificato (per il 22,5%).  
 

Quanto alle misure di sostegno alla filiera automotive intraprese finora dalle istituzioni pubbliche, per le imprese nel recente passato sono risultate efficaci soprattutto le iniziative di  digitalizzazione e innovazione delle imprese (Piano transizione 4.0) e l’estensione della CIG,  che ha svolto un ruolo fondamentale nel supportare il sistema produttivo italiano nel periodo più  acuto della crisi. Con il ritorno alla normalità, si richiedono soprattutto iniziative dirette al contenimento dei costi  dell’energia elettrica (l’82% degli operatori), progetti di digitalizzazione e innovazione (il  71%), nonché gli interventi specifici diretti a R&S (il 67%).  Per il 53% permane la necessità di incentivi alle immatricolazioni per supportare la domanda.  In un quadro di ritardo nazionale nello sviluppo delle infrastrutture di ricarica per le auto  elettriche rispetto ai principali Paesi europei, il 46% individua la priorità di incentivi in tale  ambito.  

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