Bosch: c’è l’accordo sul futuro della fabbrica di Bari

Bosch e i rappresentanti dei collaboratori hanno firmato un accordo quadro sul futuro dello stabilimento produttivo Bosch di Bari, in Italia. Tutte le parti coinvolte hanno siglato un nuovo accordo che durerà sino alla fine del 2027. In questo arco di tempo, Bosch garantisce di non chiudere lo stabilimento e di non ricorrere a licenziamenti forzati. Inoltre, Bosch sosterrà con forza l’ulteriore trasformazione del sito, per esempio continuando a investire in attività di diversificazione. In cambio, i rappresentanti dei collaboratori confermano il loro sostegno degli strumenti di ammortizzazione sociale per il periodo di tempo sopra indicato. L’adeguamento della forza lavoro sarà perseguito parallelamente sulla base di misure volontarie. È stato raggiunto un accordo anche sull’utilizzo di altri strumenti di flessibilità. I dettagli degli accordi volontari di fine del rapporto lavorativo e delle compensazioni finanziarie saranno definiti in ulteriori discussioni a livello locale a partire da settembre.

 

“Avevamo tutti l’obiettivo di trovare una buona soluzione per lo stabilimento di Bari. Sono lieto che, a seguito di un confronto costruttivo con i rappresentanti dei collaboratori, il MISE e la Regione Puglia, siamo giunti a una soluzione che è allo stesso tempo socialmente accettabile per i nostri collaboratori ed economicamente sostenibile per lo stabilimento”, ha affermato Renato Lastaria, General Manager di Bosch Italia e responsabile commerciale dello stabilimento di Bari. “Limpianto pugliese ha competenze complete e un’ottima reputazione come partner commerciale affidabile. Nonostante le incertezze di un contesto difficile, ci impegniamo a fare del nostro meglio per dare a questa realtà produttiva una prospettiva per il futuro.”

 

Lo stabilimento di Bari, che appartiene alla divisione Bosch Powertrain Solutions, è stato pesantemente colpito dalla profonda trasformazione strutturale in corso nell’industria automobilistica, poiché produce principalmente componenti Diesel per il segmento delle autovetture. In seguito alla tendenza globale di transizione verso l’elettromobilità, negli anni scorsi sono state attuate diverse misure di salvaguardia del lavoro nello stabilimento barese. Poiché la quota di mercato del diesel in Europa si è dimezzata negli ultimi cinque anni e continuerà a diminuire, è inevitabile un ulteriore adattamento delle capacità alla domanda a lungo termine.

Guida automatica: trasformazioni, necessità e regole

Le aziende che operano nel settore dei veicoli autonomi si trovano ad affrontare un panorama di leggi, politiche e regolamenti sempre più complessi e, in alcuni casi, poco sviluppati. Un quadro normativo e politico che varia molto da una giurisdizione all’altra. Il 14 luglio scorso, però, è entrato in vigore il nuovo articolo 34-bis della Convenzione di Vienna sulla circolazione stradale, che sancisce l’acquisizione – al linguaggio normativo paneuropeo comune paneuropeo e non solo – della nozione di “sistema di guida automatica” e presuppone un adeguamento del Codice della Strada dei singoli Paesi.

 

La nuova previsione stabilisce, infatti, che «il requisito che ogni veicolo o combinazione di veicoli in movimento deve avere un conducente è considerato soddisfatto quando il veicolo utilizza un sistema di guida automatica» conforme a regolamentazioni tecniche nazionali, a qualsiasi strumento giuridico internazionale applicabile o alla legislazione nazionale che ne disciplina il funzionamento: a oggi, tuttavia, il nostro Codice della Strada contiene una nozione di veicolo che non prescinde dalla guida da parte dell’uomo.

 

In questo panorama i cui contorni evolutivi sono ancora in corso di definizione, la Global Guide to Autonomous Vehicles 2022, realizzata da Dentons, illustra come si stanno organizzando undici Paesi – tra i quali l’Italia – a livello politico, normativo e legale. La Guida, inoltre, offre una prospettiva sulle trasformazioni e gli sviluppi di maggiore impatto sulla mobilità globale, attraverso i risultati di una survey che ha coinvolto oltre cento imprese dell’automotive e della componentistica da più di venti Paesi nel mondo.

 

Afferma Ilaria Gobbato, partner di Dentons e tra i professionisti che hanno collaborato alla stesura della guida con l’associate Carla Piccitto: “Dalla ricerca emerge come solo il 51% dei partecipanti alla survey ritenga che l’avanzamento del sistema normativo e l’intervento governativo possano veramente apportare una spinta decisiva all’evoluzione del sistema di guida autonoma. Prima c’è la necessità di implementare sia le tecnologie applicate all’auto sia le infrastrutture stradali adatte ad ospitare veicoli autonomi, le cosiddette smart road”.

 

Per il 38% del panel, l’utilizzo della guida autonoma avrà il maggior impatto trasformazionale nell’ambito del trasporto merci, del trasporto su strada e nel platooning, al secondo posto le auto personali. Alla domanda relativa, invece, alle applicazioni consumer, il 41% indica il trasporto e la consegna di beni di consumo tramite robot, seguito da trasporto merci, trasporto su strada e platooning (30%).

 

Da un punto di vista legale e normativo, per il 70% del panel la sicurezza dei passeggeri è al primo posto tra i temi da affrontare, seguono gli aspetti di cybersecurity e la responsabilità del costruttore.

 

La situazione in Italia

A differenza di altri Paesi europei, l’Italia è stata più lenta nell’introdurre una normativa specifica sui veicoli autonomi. Nel 2018, il Decreto Smart Road per la prima volta ha predisposto alcune regole per testare i veicoli a guida automatica su strade pubbliche, oltre a fornire una corretta definizione di “auto senza conducente” e istituire un Osservatorio tecnico per coordinare le sperimentazioni e sostenere ricerche e studi soprattutto per i profili di sicurezza stradale.

 

La normativa che autorizza i test ha notevoli limitazioni.  Inoltre, l’ostacolo maggiore per la guida autonoma è rappresentato dal Codice della strada che deve adeguarsi con la ratifica della Convenzione di Vienna sulla circolazione stradale.

 

“Il rischio è che l’articolo 34-bis della Convenzione di Vienna resti lettera morta. La legittimazione della guida automatica e delle strade intelligenti, infatti, oltre che da un’evoluzione normativa deve passare da un’organica e complessa rivisitazione del sistema infrastrutturale e stradale di ciascun Paese – conclude Ilaria Gobbato -; non si può avere guida autonoma se non vi è un vero e proprio sistema di smart road”.

 

A livello europeo è la Germania a rappresentare un benchmark nella guida automatica. Già nel 2013, infatti, il governo ha istituito la Automated Driving Round Table (RTAF), un organo consultivo che favorisce lo scambio tra industria, ricerca e enti amministrativi e ha messo le basi per la ACD Strategy, strategia per la Automated and Connected Driving. La strategia ACD è stata adottata dal governo federale tedesco nel 2015 ed ha portato alla modifica del quadro normativo e regolamentare all’avanguardia rispetto agli altri Paesi. Tuttavia, anche in Germania sia le istituzioni sia le stesse imprese automobilistiche sono ancora molto scettiche sul reale futuro di questa tecnologia.

 

Gli Stati Uniti sono il Paese a cui la Germania guarda con maggiore preoccupazione come concorrente sul mercato, anche se il Congresso USA non ha saputo imporre una unica normativa federale ma ogni Stato è autonomo nella regolamentazione di test e circolazione. Sono già molti gli impieghi di veicoli autonomi in diversi Stati e molte aziende sono attive nella sperimentazione: per esempio in Texas UPS, FedEx e grandi gruppi come Walmart sono coinvolti nel settore dell’autotrasporto; in California la società Waymo ha ricevuto l’autorizzazione per la messa in circolazione di robotaxi.

 

Tutte le amministrazioni, da Obama a Biden, si sono però impegnate a legiferare in particolare sull’aspetto di protezione degli utenti. Sebbene il funzionamento dei veicoli automatizzati (non impiegati per operazioni commerciali) rimanga una questione di diritto statale e locale, spetta infatti al governo federale promulgare standard per la progettazione e la produzione sicura di veicoli automatizzati.

 

 

 

Colonnine di ricarica: finora solo parole, ma il tempo stringe

di Andrea Cardinali, direttore generale di UNRAE

 

Per avere una capillarità della rete di infrastrutture di ricarica paragonabile all’Olanda, l’Italia necessiterebbe di 320mila punti di ricarica pubblica, dotando, in particolare, autostrade e superstrade delle indispensabili colonnine fast charge, ma siamo ancora lontanissimi da questi livelli. Una situazione che frena pesantemente lo sviluppo del mercato dei veicoli alla spina. È assolutamente evidente la necessità di accelerare in modo massiccio l’infrastrutturazione del Paese. A 14 mesi dal varo del PNRR, che prevede 750 milioni per le infrastrutture di ricarica pubbliche nel 2022-2026, manca ancora un puntuale cronoprogramma, come UNRAE chiede con forza da tempo, che indichi tempi, luoghi e tipologie di colonnine da installare, nonché i soggetti incaricati di effettuare gli investimenti.

 

Per le infrastrutture di ricarica private, invece a distanza di quasi un anno dal Decreto 25 agosto 2021, che stanziava 90 milioni allo scopo di incentivarne la diffusione, non sono stati ancora varati i necessari provvedimenti attuativi previsti all’articolo 12. Dobbiamo, infine, sottolineare con estremo stupore che il recente “Allegato infrastrutture” al DEF elaborato dal MIMS, pur prevedendo uno stanziamento decennale di 300 miliardi di euro per l’ammodernamento e la realizzazione di infrastrutture stradali e non, indirizzate a migliorare la mobilità e la circolazione delle persone e delle merci, non contiene neppure una riga riguardo alle colonnine di ricarica per i veicoli elettrici.

Automotive: più attenzione alle politiche industriali

di Andrea Orlando, ministro del Lavoro

 

Non dobbiamo vedere il passaggio all’elettrico solo come un ossequio alla transizione ecologica, ma anche come un tentativo di fare i conti con domande diverse che cittadini e consumatori metteranno in campo e come elementi che hanno a che fare con le modalità con cui ci si muoverà in futuro.

 

Credo che ci sia da riflettere sull’impatto complessivo della nuova auto che si profila, provare a discutere insieme su come mettere a sistema lo sforzo convergente tra l’azione di regolazione degli operatori pubblici e gli investimenti degli operatori economici sul fronte delle nuove tecnologie e delle nuove infrastrutture materiali e immateriali.

 

Dobbiamo provare a fare un ragionamento di carattere sistemico, non un ping pong tra sistema degli incentivi e scelte di carattere imprenditoriale. Il punto fondamentale è provare a spostare l’attenzione sul tema delle politiche industriali. Abbiamo avanzato una proposta con altri Paesi europei che riguarda la possibilità di trasformare “Sure”, lo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione, in una misura di carattere strutturale, che affronti l’impatto sociale, l’esigenza di reskilling dei lavoratori nel settore, le modalità attraverso le quali le imprese possono gestire questa transizione.

 

Le ricadute della transizione ecologica, i dividendi della lotta ai cambiamenti climatici, saranno uguali su tutto il Continente, ma l’impatto della transizione sarà differenziato a seconda della presenza di manifatturiero e della tradizione legata all’automotive dei diversi Paesi. Questo implica l’esigenza di una mutualizzazione dei costi di questo passaggio. Credo che, in generale, avremmo bisogno di un momento nel quale fare gli Stati generali della transizione ecologica e cominciare a capire come si ripartiscono i pesi, quali sono i segmenti della filiera che saranno più in sofferenza e come gli altri segmenti aiutano quei pezzi.

Bosch: impegno nel sociale e investimenti sul futuro della mobilità

di Pierluigi Bonora

Bosch nel segno della fiducia e della volontà di contribuire a sconfiggere la «sindrome della capanna», cioè la paura di uscire di casa che ancora affligge un milione di italiani. Tutta colpa dell’onda lunga della pandemia che tanto ha influito e sta ancora influendo sul benessere mentale di molti. Da qui la campagna di sensibilizzazione, con protagonista Marco Mengoni, nelle tre recenti tappe del tour (Udine, Milano, Roma), intitolata #UnaBuonaRagione e organizzata con Progetto Itaca

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Altroconsumo sull’auto elettrica: scelta sostenibile?

Gli scenari attuali impongono di ripensare a soluzioni maggiormente sostenibili per il nostro quotidiano. Tra gli aspetti con ampi margini di miglioramento vi è senza dubbio la mobilità. Per gli italiani l’automobile rappresenta il mezzo preferito: tra i modelli presenti sul mercato quelli elettrici risultano più sostenibili rispetto alle auto convenzionali a diesel o a benzina. Ma quanto lo sono effettivamente? Altroconsumo, in collaborazione con ICRT, la rete internazionale di organizzazioni di consumatori di cui fa parte, ha partecipato ai test Green NCAP, l’analisi dell’impronta ecologica dei veicoli lungo il ciclo di vita degli stessi. Oltre 60 veicoli elettrici, a benzina, Diesel e ibridi sono stati sottoposti all’analisi del cosiddetto LCA (Life Cycle Assessment), ovvero lo studio dell’impatto di tutti i processi di produzione e di utilizzo del mezzo fino al suo fine vita.

 

In materia di mobilità sostenibile, dalla scorsa primavera l’ecobonus auto è tornato operativo, rappresentando un importante supporto economico per imprese, rivenditori e consumatori. I concessionari auto possono registrare sulla piattaforma online del MiSE i contratti di vendita di tutti i modelli che beneficiano degli eco-incentivi, stipulati a partire dal 16 maggio scorso. Ecobonus auto, dunque, pienamente operativo: da 2 a 5 mila euro per l’acquisto di auto elettriche e ibride ricaricabili (anche senza rottamazione), ma anche su alcuni modelli di diesel, benzina, Gpl e metano. Su altroconsumo.it è possibile verificare su quali modelli si applica e quanto costano applicando il bonus.

 

I consigli forniti da Altroconsumo in questa indagine rientrano tra le iniziative del progetto RESSS, finalizzato a orientare i consumatori nella transizione verso un’economia circolare, al fine di compiere azioni più ecologiche e rispettose dell’ambiente. Il progetto RESSS (Rendiamo semplici le scelte più sostenibili), finanziato da MiSE, ha proprio l’obiettivo di informare i consumatori su requisiti e modalità per la richiesta di Bonus, promuovendo l’accesso agli incentivi attuali messi a disposizione dal Governo. Da maggio sono state ricevute oltre 1640 richieste di contatto da parte di consumatori interessati ad avere informazioni su bonus, ecobonus e incentivi.

 

Il ciclo di vita di un’automobile spazia dall’estrazione e trasporto delle materie prime che servono a produrla fino alla demolizione, allo smaltimento e al riciclo delle componenti. In particolare, viene studiato l’impatto sul riscaldamento globale (cioè le emissioni di gas serra, come l’anidride carbonica) e il suo consumo di energia. I risultati dei test completi di Green NCAP sono pubblici e consultabili sul sito www.greenncap.com. Occorre tenere a mente però che l’analisi del ciclo di vita di un’auto non dipende esclusivamente dal modello in sé. Ad esempio, l’LCA di un’auto elettrica è legata infatti sia alle caratteristiche tecniche del veicolo, sia a come viene prodotta l’energia elettrica con cui la si ricarica: in quale percentuale proviene da fonti rinnovabili e in che percentuale da fonti fossili. Il risultato può quindi variare di Paese in Paese, a seconda della percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili in ognuno.

 

L’LCA presenta qualche limite, perché diversi aspetti (come l’estrazione dei materiali o la produzione di componenti) non possono essere calcolati in modo preciso modello per modello, oppure non risultano disponibili. Questa la ragione per cui si utilizzano dati medi, provenienti da enti di ricerca specializzati, ma il risultato non è un valore tecnico univoco. In compenso, l’LCA è lo strumento migliore per confrontare l’impatto di automobili di diverso tipo, in quanto è l’unico che tiene conto dell’intero ciclo di vita.

 

A differenza dei tradizionali test di omologazione delle auto, spesso quasi teorici perché realizzati solo tra le mura del laboratorio, il test Green NCAP prevede anche prove di guida su strada molto realistiche. Nelle prove di impatto ambientale in strada si nota come lo stile di guida possa incidere fortemente sui consumi di carburante e di energia della vettura. La differenza si nota soprattutto nelle auto ibride ricaricabili, cioè quelle in cui la batteria può essere ricaricata come quella di un’auto elettrica: ricaricandole spesso e viaggiando in modalità elettrica i consumi sono contenuti, mentre se non le si ricarica e si passa al motore a combustione i consumi cambiano del tuttoPer le auto tradizionali la combustione del carburante durante la guida è la fase più impattante a livello ambientale. Per quanto riguarda le auto elettriche, invece, la fase dell’LCA che impatta di più sull’ambiente è quella della produzione, in particolare delle batterie e del loro smaltimento a fine vita.

 

Le categorie di auto nel mercato europeo vengono indicate con le lettere dell’alfabeto: i modelli presi in esame rientrano nel segmento B e C, ovvero utilitarie e auto di media grandezza. Le vetture piccole sono quasi sempre migliori delle grandi, perché hanno un peso minore, consumano di meno e richiedono batterie più piccole. Se non si hanno esigenze particolari, acquistare un’auto di media o piccola dimensione è già un buon criterio di scelta ambientaleNel test l’auto elettrica impatta molto meno sulle emissioni di gas serra lungo l’intero ciclo di vita: circa il 30% in meno degli altri mezzi.

 

Rispetto all’utilizzo totale di energia invece non risulta così competitiva, anche se resta il tipo di veicolo migliore; il punto di forza delle auto elettriche rispetto a quelle tradizionali è infatti l’alimentazione con energia proveniente da fonti rinnovabili. Anche se il consumo di energia totale nell’intera vita del veicolo è più o meno lo stesso, c’è il grande vantaggio che una buona parte di questa non proviene da fonti fossili, come avviene per le auto a benzina o Diesel. Il maggior ricorso a un’energia pulita permette di ridurre le emissioni di anidride carbonica e degli altri gas a effetto serra.

 

Questi dati evidenziano quanto sia importante che sempre più energia venga prodotta da fonti rinnovabili; a tal proposito l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) ha tracciato nel suo report “Net Zero by 2050 – A Roadmap for the Global Energy Sector (NZE 2050)”, pubblicato lo scorso anno, la tabella di marcia per giungere a emissioni nette nulle (net zero) di CO2 entro il 2050 e limitare la crescita della temperatura media globale a +1,5°C. Secondo lo scenario IEA le rinnovabili potranno coprire il fabbisogno elettrico mondiale al 90% e che nel 2050 il solare potrà essere la fonte più importante di energia. In questo modo anche l’impatto ambientale delle vetture elettriche calerà ulteriormente. Si richiede quindi un grande sforzo da parte degli organi governativi a livello nazionale e mondiale, affinché possano attuare concretamente un percorso di sviluppo per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

L’auto in Europa: 12 mesi di calo continuo

di Gianmarco Giorda, direttore di ANFIA

Con l’ulteriore ribasso delle immatricolazioni registrato dal mercato auto europeo a giugno (-15,8%), arriviamo a dodici mesi consecutivi in flessione. Tutti i maggiori mercati registrano una flessione nel mese, continuando a riscontrare difficoltà nel reperimento di alcune materie prime e componenti, una condizione che si protrae ormai da molto tempo e che, unita all’avvio della stagione estiva, notoriamente  caratterizzata da volumi bassi, non lascia sperare in un veloce recupero nei prossimi  mesi. 

Tra i cinque major market (UK incluso) è il Regno Unito a riportare la contrazione più marcata nel mese (-24,3%), seguito dalla Germania (-18,1%), dall’Italia (-15%), dalla  Francia (-14,2%) e dalla Spagna (-7,8%). Nel complesso, questi Paesi rappresentano il 70,6% del totale immatricolato nel mese. Nel primo semestre tutti e cinque i Paesi – che, insieme, si attestano al 69,7% delle immatricolazioni complessive – presentano ribassi a doppia cifra e la chiusura per il mercato europeo è a -13,7%.

Il mercato italiano mantiene la stessa flessione a doppia cifra del mese di maggio e  presenta riduzioni di volumi per tutte le alimentazioni, incluse le vetture ricaricabili (BEV e PHEV) che chiudono il primo semestre a -8,7%. 

L’auto e il futuro: più ambiente, ma anche più industria

di Gianluca Benamati, capogruppo PD in commissione Attività produttive alla Camera

 

Il tema dell’automobile è stato centrale, così come quello degli incentivi. La pandemia ha prodotto una crisi di mercato notevole e la necessità di sostenere il mercato, la produzione, la vendita per sostenere il lavoro. Noi, come gruppo parlamentare PD, ci siamo impegnati in Parlamento per incentivi che, con riferimento al 2021, a fronte di circa un miliardo di euro hanno prodotto circa 450 mila nuove immatricolazioni, producendo nel complesso 11 miliardi di volume di affari ridando fiato al settore.

 

Contemporaneamente, grazie al sistema delle rottamazioni siamo anche riusciti ad arrivare a un deciso miglioramento ambientale. Parallelamente abbiamo cercato di stimolare la messa in campo di una politica industriale fatta di risorse, scelte, strumenti. Oggi i soldi ci sono (2-3 miliardi dal PNRR) che unitamente a 8,7 miliardi della legge 34 del 2022 fanno un pacchetto di 11-12 miliardi di euro per il settore dell’auto disponibili da qui alla fine del decennio.

 

A questi soldi dobbiamo accompagnare una progettualità: ricerca e sviluppo, formazione e sostegno alla transizione del settore della componentistica. Più ambiente ma anche più industria. Le due cose devono andare di pari passo.

Torino e l’automotive: via ai sostegni per gli investimenti produttivi

di Gilberto Pichetto, viceministro dello Sviluppo economico

 

Con il via libera al piano di rilancio dell’area di crisi industriale del territorio di Torino, Governo e Mise confermano gli impegni presi con il territorio nel sostenere gli investimenti produttivi nella filiera dell’automotive e dell’aerospazio. E per me è motivo di grande soddisfazione. E’ infatti operativo lo sportello online previsto dalla riforma della legge 181/89.

 

Per poter partecipare ai bandi, le imprese dovranno prioritariamente garantire investimenti per la tutela ambientale e per l’innovazione. Sarà necessario, dunque, creare forti sinergie tra il mondo della ricerca e l’industria  a partire dai settori dell’automotive e dell’aerospazio, mantenendo alta l’attenzione verso l’occupazione e la formazione professionale dei lavoratori: l’area di Torino è uno dei motori principali della crescita economica di questo Paese, pertanto merita una strategia di politica industriale per irrobustire e rilanciarne l’innata vocazione manifatturiera.