Auto e transizione: occorre un Fondo europeo dedicato

Paolo Scudieri, Anfia

di Paolo Scudieri, presidente di ANFIA

 

A seguito di una chiusura del 2022 a poco meno di 11,3 milioni di unità (-4,1%), il mercato auto europeo apre l’anno con il segno positivo (+10,7%), realizzando il sesto rialzo consecutivo. La buona performance di gennaio, tuttavia, deriva in gran parte dal confronto con il record negativo in termini di volumi di gennaio 2022, e quindi resta ancora al di sotto dei livelli pre-pandemia: la variazione negativa rispetto a gennaio 2019 è del 25,7%.

 

Guardando ai cinque major market (incluso UK), registrano una crescita a doppia cifra la Spagna (+51,4%), che riporta il maggior incremento, l’Italia (+19%) e il Regno Unito (+14,7%), seguiti dalla Francia, con una crescita più contenuta (+8,8%). Segno negativo, invece, per la Germania, che chiude il primo mese del 2023 a -2,6%, restando comunque in testa in termini di volumi immatricolati.

 

Le immatricolazioni di autovetture elettriche (BEV) e ibride tradizionali (HEV) continuano a crescere in Europa: a gennaio 2023 le prime crescono del 13,9%, rappresentando il 10,3% del mercato e le seconde sono in aumento del 21,8% (+24,7% in Italia), con una quota del 26,8% del totale immatricolato. Calano, invece, del 9,2% le immatricolazioni delle ibride plug-in (PHEV), con una quota del 7,1%, complice il dimezzamento delle vendite in Germania – nel 2022 il maggiore mercato per questa tipologia di vetture – nel mese. Norvegia (66,5%), Svezia (28,8%), Islanda (26,8%) e Finlandia (26%) detengono la quota maggiore di auto elettriche in UE, mentre l’Italia, ultima tra i 5 major market, si ferma al 2,6%.

 

Di fronte al recente voto con cui il Parlamento europeo ha confermato il target di riduzione delle emissioni di CO2 a -100% rispetto ai livelli del 2021 per le auto e i veicoli commerciali leggeri al 2035, siamo chiamati ad accelerare nel percorso di decarbonizzazione della mobilità. Oltre a evidenziare la necessità di un rafforzamento e di una parziale rimodulazione delle misure nazionali, chiediamo lo stanziamento di un Fondo europeo specificamente dedicato a questa transizione, perché solo così si potrà dare un supporto concreto agli investimenti e alla riconversione produttiva delle imprese che si trovano a dover fronteggiare questa enorme sfida, nonché un’accelerazione e la fissazione di target certi per lo sviluppo della rete infrastrutturale, elemento imprescindibile per la riuscita della transizione energetica.

Lo stop UE al 2035: da Bruxelles piano industriale e fondo ad hoc

di Roberto Benaglia, segretario generale FIM

Noi diciamo all’Europa che non basta fissare scadenze di medio periodo senza mettere in campo strumenti per sostenere l’industria automotive, la componentistica. C è l’esigenza di un piano industriale europeo e di un fondo per la transizione e noi dobbiamo mettere in campo politiche nazionali per cominciare a gestire la transizione.

Per questo ci vorrebbero mille Termoli, una fabbrica che prima produceva motori endotermici e oggi batterie per auto elettriche.

 

Sì al “tutto elettrico”: tante le falsità su questa tecnologia

francesco naso

di Francesco Naso, segretario generale di MOTUS-E
(dall’intervista all’agenzia ANSA del 15 febbraio 2023)

L’Italia è l’unico Paese in Europa che nel 2022 ha visto calare le vendite di auto elettriche, mentre in tutti gli altri Paesi aumentavano. E questo è successo per varie ragioni: scarsa propensione alle nuove tecnologie, un clima di incertezza fra pandemia, guerra e inflazione, una narrativa negativa diffusa sull’elettrico, un sistema di incentivi sbagliato.

Nel 2022, la Germania ha segnato un progresso delle immatricolazioni full electric del 32,3% (471.464 unità, quota di mercato al 18%), il Regno Unito del 40,1% (267.203 unità, share al 16,6%), la Francia del 25,3% (203.122 unità, share al 13,3%) e la Spagna del 30,6% (31.504 unità, share al 3,8%). In Italia lo scorso anno il calo è stato del 27,1%, a 49.058 unità, con la quota di mercato al 3,7%.

Si dice che l’auto elettrica nel suo ciclo vitale produca più CO2 di quella a motore endotermico, e questa affermazione è smentita da decine di studi – spiega Naso -. Si dice che le batterie pongano problemi di smaltimento, mentre una volta usurate possono essere usate per gli accumuli delle rinnovabili, e alla fine riciclate.

Si dice che non ci siano abbastanza punti di ricarica, ma 2/3 degli italiani ha un posto auto in garage o in parcheggio condominiale: le colonnine sono oltre 36.000, nel 2022 sono aumentate del 41%, in città ogni abitante ha 600 punti di ricarica a disposizione nel raggio di 10 chilometri.

Non è vero che l’auto elettrica distrugge posti di lavoro in Italia nel settore automotive: tutto il mondo va verso l’elettrico, andare in quella direzione è l’unico modo per salvare l’occupazione.

E’ è da rivedere anche il sistema degli incentivi. Non ha senso mettere a 45.000 euro il prezzo massimo per accedere agli incentivi per un’auto a benzina o ibrida, e a 35.000 per un’elettrica. E poi perché non incentivare le flotte elettriche aziendali, che fanno aumentare le vendite e creano mercato dell’usato?

Transizione UE: sia riconosciuto l’apporto di tutte le tecnologie “green”

di Luca Sra,  delegato ANFIA per il trasporto merci

In apertura del 2023 registrano una crescita a doppia cifra sia il mercato degli autocarri, che conferma il trend positivo iniziato ad agosto, sia quello dei veicoli trainati, dopo la flessione a due cifre di dicembre 2022. Anche gli autobus, infine, chiudono il mese con un significativo rialzo a doppia cifra. I dati di mercato registrati a gennaio mostrano un andamento positivo sia per il segmento dei pesanti, in coerenza con le rilevazioni dei mesi precedenti, che per quello dei medi, caratterizzato invece da una perdurante contrazione nella seconda metà dell’anno passato. Tuttavia, sul settore continuano a pesare le forti criticità dovute all’attuale livello di inflazione e alla carenza di materie prime e semilavorati.

 

A fronte di ciò e in considerazione degli ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione proposti dalla Commissione europea per il comparto, si rinnova l’auspicio che si avvii la strutturazione di un piano pluriennale di incentivi al rinnovo del parco circolante con mezzi a basse e zero emissioni per cui siano previsti stanziamenti coerenti con quelli effettuati da altri Stati dell’Unione europea. Allo stesso modo, si ritiene fondamentale procedere a una riforma in senso maggiormente inclusivo degli incentivi già esistenti rivolti al comparto dei veicoli commerciali leggeri e medi, il cosiddetto Ecobonus, affinché sia riconosciuto il contributo di tutte le tecnologie alla riduzione delle emissioni di CO2.

 

In ultimo si esprime apprezzamento per l’approvazione da parte del Senato di una proroga sui termini di consegna dei beni strumentali ordinati nel 2022 che godono di credito d’imposta, come da tempo richiesto da tutte le associazioni di settore. Tuttavia, la limitazione di tale beneficio ai soli beni per i quali era stato precedentemente versato un anticipo riduce sensibilmente l’impatto della misura. Si auspica, quindi, che possa seguire prossimamente un intervento estensivo della proroga alla totalità dei beni ordinati, nonché un più generale rinnovo dell’efficacia dei crediti d’imposta anche per gli investimenti realizzati nel 2023”.

Lo stop UE al 2035: pressioni cinesi e autolesionismo europeo

di Marco Bonometti, ex presidente di Confindustria Lombardia, presidente di OMR

Viene il dubbio che ci sia stata una pressione delle lobby cinesi, a favore della mobilità elettrica. L’Europa e l’Italia sono da sempre leader nell’endotermico, i cinesi hanno scelto l’elettrico e ora vogliono controllare anche la tecnologia dei motori a scoppio. È una decisione tanto autolesionistica, quella dell’UE, che è impossibile non avere il sospetto che dietro ci sia qualcosa in più dell’incapacità di proteggere le nostre produzioni, miliardi di fatturato e centinaia di migliaia di posti di lavoro, oltre 600mila secondo le ultime stime.

 

L’Eurocamera ha deciso definitivamente lo stop alla vendita di veicoli nuovi a benzina e Diesel a partire dal 2035, quando i concessionari potranno proporre solo auto elettriche, totalmente “green”, il che metterà in ginocchio anche questo settore.

Stop UE al 2035: sfida sull’elettrico da affrontare

di Paolo Gentiloni, eurocommissario all’Economia

Lo stop ai motori termici dal 2035 prevede una clausola di revisione a un certo punto per verificare se si sarà in grado di confermare l’obiettivo. Per guidare la transizione, per la firma di un accordo tra la Commissione Ue e la Cdp, molti programmi europei dedicano una parte consistente al sostegno ai veicoli elettrici e alla mobilità sostenibile.

 

L’esistenza dei sostegni non cancella la difficoltà della sfida perché sappiamo che la sfida comporta grandi trasformazioni nella componentistica, importante per l’Italia. Il sistema Paese deve affrontare la sfida, si apriranno prospettive straordinarie di lavoro. A Bruxelles, rispettiamo i pareri dei governi e anche di quello italiano.

 

Sì al “tutto elettrico”: la produzione di biocarburanti non basta

NASO

di Francesco Naso, segretario generale di MOTUS-E

I biocarburanti e i carburanti sintetici (e-fuel) vengono proposti da molti in Italia come uno strumento per decarbonizzare il settore dell’automotive, senza distruggere la filiera dei motori endotermici. Ma la verità è che non c’è una produzione adeguata di biocarburanti ed e-fuel neppure per il settore che ne avrebbe davvero bisogno, cioè il trasporto aereo, figuriamoci per le automobili.

E anche aumentando la produzione, è difficile che si arrivi ad una quantità sufficiente.

Lo stop UE al 2035: no allo smantellamento dell’industria automotive

di Alberto Gusmeroli, presidente della commissione Attività produttive, Commercio e Turismo della Camera

Tutelare l’ambiente è fondamentale, ma la transizione verso sistemi di mobilità green deve essere ragionata e graduale: si parla tanto di sostenibilità ma l’Ue si è dimenticata quella sociale, visto che la decisione di vietare la vendita di auto con motore endotermico comporterà la partita di almeno 600mila posti di lavoro nel continente.

La Lega è fortemente contraria a questa scelta, che impatta in modo particolare sull’Italia, da sempre vocata all’automotive. Solo nel distretto torinese per l’indotto si contano oltre 700 aziende (un terzo del totale nazionale), con 60 mila persone occupate e un fatturato di 17 miliardi all’anno. Non possiamo permetterci di smantellare l’esistente in nome di un’ideologia “green” miope e ottusa, che fissa per noi date e limiti senza preoccuparsi dell’economia dei territori: così facciamo solo un gigantesco regalo alla Cina, il principale produttore di batterie elettriche e il principale Paese inquinatore al mondo.

Le auto a propulsione elettrica sono ancora troppo care, in Italia solo il 3,7 per cento di quelle vendute nel 2022 e a questo problema di costo si aggiunge quello infrastrutturale per adeguare la rete di colonnine di ricarica, asimmetrica e concentrata per il 58 per cento al Nord.

Quello che serve è, invece, una visione industriale strategica e di lungo periodo.

Lo stop UE al 2035: auto elettriche appannaggio dei ricchi

Ecobonus 2024

di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy
(dall’intervista a “Radio anchio” del 15 febbraio 2023) 

 

Dobbiamo confrontarci con l’Europa. I tempi e i modi che ci impone sullo stop della produzione delle autovetture endotermiche non coincidono con la realtà europea ma soprattutto con quella italiana. Con questi tempi e queste modalità c’è un rischio occupazione e un rischio lavoro. Non abbiamo il tempo per riconvertire il nostro sistema industriale, perché siamo partiti tardi e perché sono stati fatti diversi errori in passato.

 

La strategia è accelerare sugli investimenti, sulle nuove tecnologie, sugli stabilimenti, sulla filiera delle batterie elettriche, sulla realizzazione di colonnine elettriche. Ma siamo in estremo ritardo. In Italia ci sono 36mila punti di ricarica a fronte dei 90mila della piccola Olanda. Negli anni passati si è fatto poco. Quanto a futuri incentivi, le auto elettriche sono appannaggio dei ricchi e non possiamo fare strategie per i ricchi, ma per tutti.

Tutto elettrico dal 2035: un errore sottrarsi

Michele Crisci, foto Instagram

di Michele Crisci, presidente di UNRAE

Con l’approvazione definitiva da parte del Parlamento Europeo del divieto di vendita di auto nuove con motori endotermici dal 2035, i posti di lavoro coinvolti, qualche decina di migliaia, potranno non solo essere convertiti ma se ne potranno aggiungere anche altri.

Si tratta di un processo già in atto, che va governato e al quale è sbagliato sottrarsi. Dobbiamo accogliere queste tecnologie e l’innovazione, tranquillizzando i consumatori sui prezzi: le auto elettriche non saranno solo per i ricchi, perché l’aumento graduale dei volumi di produzione contribuirà ad abbattere i costi e i relativi prezzi, il ruolo degli incentivi è di abbreviare i tempi.

In questo percorso, le aziende, come acquirenti sensibili alla sostenibilità e che dovranno godere di una fiscalità agevolata come nel resto d’Europa e le infrastrutture, soprattutto nelle autostrade, avranno un ruolo fondamentale.

Per questo nei prossimi mesi e anni la transizione energetica dovrà essere accompagnata da un’agenda di Governo, economica e politica, in grado di supportare efficacemente lo sviluppo, anche da un punto di vista sociale e occupazionale.