Fiat lancia il nuovo E-Ulysse, il “people mover” completamente elettrico con cui il marchio fa ritorno nel segmento europeo dei Multi Purpose Vehicle. Omonimo del precedente modello prodotto fino al 2010, E-Ulysse segna un’ulteriore tappa nel viaggio verso la mobilità sostenibile che Fiat ha intrapreso con la Nuova 500. Fiat E-Ulysse è il veicolo ideale per i servizi di trasporto come Vip shuttle e hôtellerie.
Nuovo E-Ulysse gode di tutti i vantaggi della trazione elettrica come l’ingresso in tutte le ZTL dei centri urbani e la silenziosità del motore. Inoltre, si distingue dagli altri MPV per le dimensioni che lo pongono al vertice del segmento per compattezza, garantendo la piena libertà di movimento. E-Ulysse arriva ovunque, inclusi tutti i parcheggi sotterranei grazie all’altezza sotto 1,90 metri e una grande maneggevolezza, difatti si guida come una normale vettura.
Queste caratteristiche, insieme alla modularità degli interni e alla capacità di ospitare fino a 8 persone, lo rendono adatto per i servizi di trasporto per hotel, taxi e per i Vip transfer. Con E-Ulysse ha debuttato anche E-Scudo.
Eric Laforge, responsabile per l’Europa allargata dei Veicoli commerciali leggeri di Stellantis, fa il punto sul settore di cui è alla guida che vede in Atessa (Chieti), dove è prodotto Fiat Ducato insieme ai “cugini” di Peugeot e Citroen, il più grande stabilimento di furgoni in Europa. I nuovi E-Ulysse ed E-Scudo sono invece prodotti nell’altra fabbrica di Stellantis, in Francia. La nascita del colosso automobilistico, il 16 gennaio del 2021, è stata di fatto “anticipata” dalla joint venture che da molti anni lega Torino (prima con Fiat, quindi con Fca) e Parigi (ex Psa).
Bosch fa shopping: obiettivo guida autonoma
Lo sviluppo di auto a guida autonoma è considerato, per le Case automobilistiche, il settore su cui puntare. Bosch, uno dei più grandi fornitori al mondo per la mobilità, rappresenta una forza trainante che ha consentito i progressi compiuti in questo campo, una capacità che oggi si rafforza ulteriormente con l’acquisizione di Five, la start-up leader in Europa nel campo della guida autonoma.
Nelle sei sedi del Regno Unito, i circa 140 collaboratori sono impegnati nel realizzare veicoli a guida autonoma. Five ha scelto Bosch perché le due aziende condividono una visione comune della guida autonoma e dei sistemi di guida autonoma sicuri.
“La guida autonoma ha l’obiettivo di rendere più sicuro e meno stressante il traffico stradale. Vogliamo che Five dia ulteriore impulso al nostro lavoro di sviluppo del software per la guida autonoma sicura, con l’obiettivo di offrire ai nostri clienti tecnologia made in Europe”, ha dichiarato Markus Heyn, membro del Board of Management di Bosch e presidente del settore di business Mobility Solutions.
Transizione energetica: riflessioni a 360 gradi (di Carlos Tavares, ad di Stellantis (dall’intervista al magazine “Auto”))
Foto Carlo Tavares (archivio FORUMAutoMotive)
Attualmente abbiamo 19 veicoli elettrici in vendita e ne aggiungeremo altri 15 nei prossimi due anni. Quindi la transizione elettrica per un’azienda come la nostra è già pienamente in atto. Quindi per noi è un problema superato, è fatta. Il problema semmai è che quando metto le macchine nelle concessionarie, i clienti devono essere rassicurati, dalla densità dei punti di ricarica alla facilità di ripristinare il pieno d’energia alla propria auto e questo aspetto non è in capo ai costruttori ma agli Stati. Secondo, quando vai a ricaricare devi poter contare sul fatto che ci sia sufficiente energia nel network, quindi i Paesi devono assicurarsi di avere una strategia energetica.
Io vi assicuro che le auto a corrente hanno tutti i numeri per essere più piacevoli ed entusiasmanti delle termiche. Bisogna che le Bev siano “affordable”, accessibili, e quindi andranno incentivate ancora per un po’. E deve esserci la certezza della ricarica. Non potrà esistere che tu non possa caricare efficacemente la tua auto dalle 4 alle 9 di sera, per dire, perché c’è un picco di richiesta energetica…
Abbiamo passato gli ultimi cinque anni a spiegare che focalizzarsi soltanto sui dispositivi di mobilità, cioè i veicoli, può essere pericoloso perché è un intero ecosistema che dobbiamo abbracciare, con un approccio a 360 gradi. Ai nostri occhi è chiaro che i “tempi di consegna” di questa trasformazione non dipendono dai costruttori, ma dal lato dell’energia. E questi tempi sono una sfida per le nostre società, indipendentemente dalla guerra in Ucraina. E questa è la ragione per cui il nucleare è di nuovo sul tavolo. E potere chiedere ad alcuni dei politici ecologisti se ne sono felici.
Si torna a parlare di nucleare come conseguenza del fatto che abbiamo bisogno di energia pulita, dopodiché qualcuno potrebbe discutere se il nucleare si possa davvero definire tale, ma il fatto è che ora serve potenza elettrica – se non l’hai non puoi avere la mobilità a corrente – e il più pulita possibile: eolica, solare e anche nucleare. Io come industria sarò 100% elettrico dal 2030, l’ho dichiarato. Ma abbiamo una strategia energetica pulita pronta per quella data? Questa è una domanda da girare ai leader politici. E lo stesso si può chiedere sull’infrastruttura di ricarica. E a quel punto dobbiamo anche considerare la necessità per gli Stati di finanziare queste politiche, a fronte della diminuzione degli introiti derivanti dalla tassazione sui prodotti petroliferi.
La sfida è tutta per la politica. Non più per noi: noi stiamo disassemblando le linee di montaggio delle auto a combustione e stiamo trasformando le nostre fabbriche per la produzione di batterie, di motori elettrici e veicoli elettrici. Siamo nella fase di esecuzione del piano. Per il 2030 potremmo avere una gamma 100% elettrica in Europa e al 50% negli Stati Uniti.
C’è un bando sui motori termici in Europa per il 2035 e nel Regno Unito dal 2030. Allora, da una prospettiva puramente ambientale sappiamo che il global warming è un problema planetario e non locale. Quindi è etico dire che produrremo motori a combustione per generare CO2 da qualche altre parte, fuori dall’Europa? È un atteggiamento sincero? Ma se siamo sinceri, dobbiamo andare tutti assieme nella stessa direzione. Secondo, c’è un tema di accessibilità: se le termiche devono essere destinate a mercati meno avanzati, non sarebbe una buona idea produrle in una delle aree del geografiche con i costi del lavoro più alti del mondo. Infine, il terzo motivo: perché relegare alcuni stabilimenti al di fuori dalla portata di innovazione privandoli dell’opportunità di ricevere gli investimenti per la tecnologia del futuro, tenendoli ancorati al “vecchio mondo”? Preferisco dare loro l’opportunità di modernizzarsi e ai loro dipendenti educazione, nuovi apprendimenti, perché si preparino per il domani. Non dobbiamo congelare l’industria dell’auto nello status quo.
Penso ai miei dipendenti. Che cosa direbbe lei a un dipendente che lavora in quella parte di business? La nostra società è fatta di persone, non di loghi. Io penso che dovremmo muoverci tutti assieme nella stessa direzione, e farlo velocemente. Non è facile, certo. Mi riferivo alle fabbriche europee. Ma abbiamo nel resto del mondo un sacco di impianti, i quali possono continuare a produrre le tecnologie tradizionali per il mercato locale, comunque all’interno della stessa società. Penso che sia meglio dal punto di vista etico dire ai nostri dipendenti: guardate, siamo una grossa società, non è facile sterzare, ma dobbiamo dimostrare di essere agili, di imparare in fretta e di poterci muovere rapidamente in diverse direzioni secondo quello che chiede il mercato. Non dirò alla metà del mio gruppo: “Oh mi dispiace, ti è capitato di essere nella ‘old company'”. Non dirò a quei dipendenti: “Hai creato ricchezza per questa regione del mondo negli ultimi cento anni e adesso… arrangiati”. E lei ha detto: “Non siamo sicuri qui in Europa…”. Bene, se non siamo sicuri, perché mettere un bando? Lasciamo che siano i clienti a decidere se ci sono abbastanza punti di ricarica, se una macchina elettrica è più piacevole di una termica e via dicendo. Ma i politici europei hanno messo un bando. Quindi, evidentemente, loro sono sicuri.
Oggi l’età media dei veicoli su strada in Europa è di 11 anni. Le emissioni medie per un’auto di 11 anni o più sono di circa 170 grammi al chilometro. Prendiamo una hatchback di segmento B di oggi, mild hybrid, che si vende a un prezzo che la classe media si può permettere, stiamo sui 100 grammi: quindi, con adeguati sussidi alla rottamazione, noi potremmo togliere dalle strade i vecchi rottami sostituendoli con una mild hybrid nuova, il che significa meno 70 grammi di CO2 al km per macchina, moltiplicato per una base di automobilisti enorme.
L’impatto sull’ambiente sarebbe subito molto forte per via di questi volumi. Scegliendo tale strada puoi continuare a lavorare sulle elettriche pure, guadagnando del tempo, per migliorare tecnologia e infrastrutture, con una transizione morbida. Perché non si fa? Per dogmatismo. L’opposto del pragmatismo. Non è alternativo all’elettrico, ma complementare. Ma non è ciò che l’Unione europea vuol sentire. Sono stato presidente dell’Acea per due anni, e per due anni ho parlato nel deserto…
Se i dealer sono appesantiti dalle Case auto (di Pier Luigi del Viscovo, direttore del Centro studi Fleet&Mobility)
Le concessionarie italiane sono arrivate all’attuale crisi del mercato (con cali mensili ben oltre le due cifre) appesantite negli indicatori fondamentali, per responsabilità loro e forse soprattutto delle Case auto, che di fatto governano le scelte organizzative e forzano quelle gestionali. A fine 2020 i concessionari in attività erano 1.248 rispetto ai 1.329 del 2019, pari al -6%, mentre nei 3 anni precedenti la diminuzione annua media era stata del 3%. In pratica gli indici medi sono stati tenuti su dall’uscita di chi li avrebbe affossati.
Gli indici 2020 riportano scostamenti minimi sul 2019, nell’ordine dei centesimali. Ma se nel 2020 le Case hanno allentato la pressione sulla rete, non l’avevano fatto tra il 2017 e il 2019, dove si nota un graduale appesantimento. Mentre i ricavi crescevano del 14%, le spese di gestione aumentavano del 16,5 e quelle del personale addirittura di oltre il 20%. Così il valore aggiunto e i ricavi per addetto diminuivano del 3,4 e del 3,8% rispettivamente.
Secondo le elaborazioni del Centro Studi Fleet&Mobility, lo stock usato ruotava più lentamente coi giorni medi di giacenza saliti da 68 a 71. Pur con un magazzino medio sceso da 89 a 76 unità, il peso sui ricavi saliva dal 18.6 al 19.5% peggiorando la leva finanziaria. I costruttori tra il 2017 e il 2019 hanno ripreso a spingere per investimenti in strutture, pur consapevoli che le relazioni migravano sul digitale, e per assumere personale, sapendo bene che 2 milioni di vendite non sarebbero mai tornati. Sia come sia, questi numeri raccontano del mondo che non c’è più: guardarli può fare più male che bene. Meglio pensare al prossimo.
Unrae, è Crisci III: “Transizione senza imposizioni dogmatiche”
Fonte Ufficio stampa UNRAE – Foto di Angelo Carconi
Michele Crisci è stato riconfermato per la terza volta presidente dell’Unrae, l’associazione che rappresenta le Case automobilistiche estere operanti sul mercato italiano. La scelta di Crisci, presidente e amministratore delegato di Volvo Car Italia, è una scelta di continuità: la sua prima elezione al vertice di Unrae risale al 2017.
“La gestione della transizione tecnologica è il nostro primo obiettivo – dichiara – e proseguiremo nell’interlocuzione con il governo. Abbiamo alle spalle due anni complicatissimi, segnati da Covid, crisi dei chip e ora la guerra. Ciononostante – prosegue – dobbiamo guardare al futuro con ottimismo e fiducia. Ricordando che l’automotive non è un comparto a sé stante, ma è un volano che fa girare numerosi settori dell’economia“.
Nel suo discorso di insediamento, Crisci – che rimarrà in carica per il triennio 2022-2025 – ha indicato le varie direttrici lungo le quali si muoverà l’Associazione. “Il settore automotive sta percorrendo in questi anni un cammino molto impegnativo verso il futuro, attraverso una trasformazione radicale con ingenti investimenti – da parte dei costruttori – sulle nuove tecnologie ambientalmente sostenibili. Unrae- dovrà essere protagonista di questa nuova fase, svolgendo un ruolo guida, per continuare a garantire la salute di un settore indispensabile alla crescita economica del nostro Paese. Il nostro impegno è far sì che Unrae diventi sempre più il punto di riferimento delle Istituzioni, per fornire ai decisori il necessario supporto di idee e informazioni, da tradurre nelle scelte migliori per governare la transizione energetica del settore”.
Crisci ha anche assicurato che si adopererà “affinché Unrae tenga sempre alti il valore aggiunto per le associate e la credibilità nei confronti degli stakeholder esterni. A tal fine proseguirà il rafforzamento del Centro Studi e Statistiche Unrae, già parte del Sistan dal 2013, delle collaborazioni con altre istituzioni anche accademiche, per elaborare analisi, studi e osservatori che ne consolidino il prestigio come principale fonte di dati e informazioni sul settore automotive.
“Nei prossimi anni – ha detto ancora Crisci – tutto il comparto dovrà lavorare per fare in modo che i fondi stanziati dal PNRR, dal Decreto Energia e dalla riforma fiscale siano impiegati in modo altamente produttivo per tutti gli operatori della filiera. È fondamentale che i fondi siano indirizzati ad accompagnare la transizione energetica, senza imposizioni dogmatiche e senza sacrificare la neutralità tecnologica, accelerando il ricambio del parco veicolare circolante per ridurre l’impatto ambientale della mobilità. Con questi impegni che il mondo dell’automotive ha di fronte – ha concluso il presidente – è quanto mai opportuno che tutte le associazioni della filiera trovino momenti di collaborazione verso obiettivi comuni, lavorando in modo convergente per raggiungere un traguardo che rappresenti gli interessi di tutto il settore”.
Rischio lavoro per l’elettrico? Non sono preoccupata (di Alessandra Todde, viceministro allo Sviluppo economico (dall’intervento a “Electric Days 2022))
La crisi energetica sta aprendo scenari non previsti per la ripresa economica del nostro Paese. A oggi abbiamo 70 tavoli di crisi aperti e 100mila lavoratori a rischio. Per il prossimo inverno prevediamo sacrifici contenuti, per esempio con la riduzione del riscaldamento fino a tre gradi, ma le preoccupazioni maggiori riguardano l’inverno 2023.
È necessario gestire con la giusta attenzione la situazione energetica del nostro Paese, anche alla luce degli attuali scenari bellici. Abbiamo accettato di imporre sanzioni alla Russia e questo rende necessaria un’accelerazione sul fronte del processo di transizione energetica che ci dovrà rendere indipendenti dagli altri Paesi. La transizione rappresenta un’opportunità per accelerare sul fronte delle rinnovabili che ci consentiranno in futuro di avere una bolletta energetica più leggera di quella attuale.
Oggi abbiamo intere filiere che si poggiano sul gas e questo impone un’emancipazione più rapida possibile dalle forniture russe. Poi andranno prese decisioni che comporteranno per ora limitati sacrifici,a esempio con la riduzione dei riscaldamenti delle case degli italiani di almeno 3 gradi nel prossimo inverno. Il vero problema sarà però l’inverno 2023, se non saremo veloci a diversificare le fonti energetiche e non saremo bravi ad aumentare la capacità di rigassificazione e questo impone oggi scelte serie e condivise. Diversificare le fonti è fondamentale, ma lo è ancor di più procedere all’elettrificazione dei consumi civili. Un’energia che costa cara ci rende meno competitivi.
Questa guerra sta lasciando emergere la necessità di una voce unica europea. Ci sono Paesi del Nord Europa, esportatori di gas, che beneficiano di questa situazione e altri come noi che la patiscono di più.Il conflitto sta definendo un nuovo ordine geopolitico e anche l’Italia dovrà ridefinirne al meglio la propria posizione.
Le criticità collegate al caro materie prime vanno risolte a livello europeo. Le stime recenti di crescita si sono ridotte a causa di questo trend, l’inflazione sta crescendo e alcune aziende stanno smettendo di produrre. Abbiamo aperto ad oggi 70 tavoli di crisi con 100mila lavoratori a rischio. La crisi energetica può imprimere un accelerazione sulla transizione verso l’auto elettrica. Bisogna investire sui sistemi di accumulo. Il tema dell’elevato costo delle vetture elettriche è oggi legato al numero di auto vendute ed è importante per questo dare un segnale del cambiamento, che non vuol dire solo mettere più colonnine sulle nostre strade, ma avere un programma serio e muovere sinergicamente tutti gli elementi, come a esempio testimonia la gigafactory di Termoli e le opportunità connesse al riciclo delle batterie.
Non sono preoccupata dagli allarmi sulle possibili perdite di occupazione legate alla transizione verso l’elettrico. Investendo sulle filiere e sulle competenze delle persone si possono creare 70mila posti di lavoro connessi all’elettrico.
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LoJack: Bmw Radio Vehicle Guardian e nuove tecnologie
LoJack Italia, controllata da CalAmp,, una società di intelligenza connessa che aiuta aziende e persone a tracciare, monitorare e recuperare asset strategici dandone visibilità e fornendo approfondimenti in tempo reale, celebra i primi 2 anni di Bmw Radio Vehicle Guardian, il sistema di sicurezza per l’intera gamma di veicoli del gruppo bavarese venduti in Italia. Il servizio di recupero veicoli rubati è oggi offerto come opzione su tutti i modelli per massimizzare la sicurezza e la tranquillità dei propri clienti.
Il Gruppo Bmw offre la possibilità di proteggere tutti i modelli con il Radio Vehicle Guardian che, grazie alla collaudata tecnologia LoJack, fornisce una protezione unica in caso di furto d’auto. La soluzione è autoalimentata e utilizza la tecnologia in Radiofrequenza che traccia i veicoli dove altri sistemi sono meno efficaci come container, parcheggi sotterranei e garage ed è resistente ai tentativi di sabotaggio tramite jammer. Il sistema si attiva a seguito di un movimento dell’auto senza a bordo il transponder, una chiave elettronica abbinata al veicolo che segnala se al volante è davvero presente il proprietario.
In caso di furto del veicolo, il cliente è assistito dagli operatori delle Centrali Operative LoJack (attive in tutta Europa 24 ore su 24, 7 giorni su 7), che coordinano le ricerche sul campo effettuate dal Team Sicurezza LoJack nella localizzazione e nel ritrovamento dell’auto sottratta. L’acquisto di Radio Vehicle Guardian al momento della scelta di una nuova BMW permette anche di usufruire di agevolazioni assicurative sulla polizza furto.
In questi 2 anni, un numero crescente di clienti del Gruppo Bmw ha deciso di proteggere il proprio veicolo con l’esclusiva tecnologia LoJack e questa fiducia è stata fondamentale per lo sviluppo di un nuovo pacchetto completo, presto sul mercato, che stabilirà standard senza precedenti nell’attività di rilevamento del veicolo. Si tratta di una nuova soluzione basata su GPS con funzionalità aggiuntive come una App per smartphone, un Driver Tag molto evoluto e la funzionalità di blocco motore gestita dalle Centrali Operative LoJack al verificarsi di un furto. La soluzione è basata sulla tecnologia telematica di CalAmp ed è integrata con la piattaforma Bmw ConnectedDrive i cui dati, provenienti dal veicolo BMW, sono accessibili da parte del cliente grazie alla App dedicata.
“Il business dei furti è in continua evoluzione – ha affermato Maurizio Iperti, presidente di LoJack EMEA -. Nella continua lotta a colpi di tecnologia contro i ladri d’auto, quello che fa la differenza è un sistema non schermabile, in grado di affiancare le Forze dell’Ordine nella fase di rilevamento dell’esatta posizione dell’auto e un Team di Recupero che fornisce un contributo fondamentale per il successo del ritrovamento in tempi brevissimi. Queste sono le armi che ci permettono di muoverci in modo rapido ed efficace sin dal momento immediatamente successivo al furto, portando tranquillità e protezione ai clienti Bmw. La decisione del Gruppo Bmw di selezionare nuovamente LoJack come unico fornitore dei nuovi servizi connessi per il recupero dei veicoli è una chiara testimonianza della nostra leadership e innovazione nel settore“.
Tutto elettrico? Legati mani e piedi alla Cina
di Pierluigi Bonora (da “il Giornale” del 23 aprile 2022)
Nuovo allarme sui danni che una mobilità privata solo elettrica arrecherebbe a economia e occupazione. A preoccupare Marco Bonometti, presidente del gruppo Omr nonché membro del consiglio generale di Confindustria, è il rischio reale di una sempre maggiore dipendenza dalla Cina,simile a quella per il gas con la Russia. In gioco, avverte Bonometti, sono milioni di posti. Il presidente di Omr, intervistato dall’Agi, ha tracciato un quadro nefasto. “Puntare solo sull’auto elettrica – ha affermato – è un suicidio. Può essere una delle soluzioni per ridurre le emissioni, ma nella situazione attuale non è sostenibile avere in Europa tutte auto a batteria: non c’è sufficiente energia, come quantità e di qualità, cioè pulita. Da parte italiana, inoltre, non abbiamo energia sufficiente per far girare stabilimenti e dipendiamo al 95% dal gas”.
“La geografia dell’auto elettrica era nota da tempo – l’analisi di Andrea Taschini, manager automotive e senior advisor Bain – e ora si sta prendendo atto che, se fosse imposta, la dipendenza che essa creerebbe da Pechino sarebbe peggiore rispetto a quella dal gas russo. Si potevano evitare una moltitudine di proclami e investimenti semplicemente approfondendo con onestà intellettuale il tema”.
La requisitoria di Bonometti si sofferma, quindi, sulle materie prime, il «cuore» delle batterie. “Mancano litio e nichel – puntualizza – ma anche se dovessero esserci in futuro, se prima dipendevamo dal gas russo, con l’auto elettrica dipenderemo da componenti che arrivano dall’Asia, soprattutto Cina e Taiwan». Insomma, «se oggi siamo in mano alla Russia per il gas, domani saremo in mano alla Cina per le batterie”.
Bonometti mette in guarda la Ue sui problemi che il «tutto elettrico», previsto dal 2035, potrebbe portare a un’economia già fiaccata da pandemia, guerra e caro energia, mentre il ministro alle Infrastrutture e Mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, difende con convinzione le intenzioni di Bruxelles. “L’obiettivo – dice – è accelerare la transizione ecologica, riducendo drasticamente nei prossimi 8 anni le emissioni inquinanti e climalteranti nei trasporti; per l’Italia è una grande sfida verso un modello di sviluppo sostenibile e per le imprese una grande opportunità di innovazione e business”.
E i costruttori? Continuano a investire miliardi sull’elettrico e annunciano gamme a batteria insieme all’addio ai motori endotermici. Ma sono convinti al 100%? Nonostante i piani già tracciati, non mancano timori e perplessità. Carlos Tavares, ad di Stellantis, intervistato da “Auto”, ribadisce, a esempio, che “se si vuole avere un impatto significativo nella riduzione delle emissioni, si devono diffondere tantissime auto elettriche, ma finché costano tanto, il 50% in più come ora, non rimpiazzeremo la produzione di vetture tradizionali”. E aggiunge: “Bisogna poi esseri certi che l’energia per caricare le batterie sia prodotta in modo pulito. Ora non lo è. Altrimenti si sposta solo il problema all’origine della produzione d’energia, invece che al tubo di scarico”. Partita apertissima.