“Fit for 55”: ecco perché è demagogico

di Pier Luigi del Viscovo, direttore del Centro studi Fleet & Mobility

Il benessere si crea cavalcando il cambiamento e tenere fuori dalla porta le innovazioni non ha mai salvato posti di lavoro. Il Consiglio d’Europa ora dovrà rimediare alla scelta del Parlamento di vietare la vendita di auto termiche dal 2035, non per conservazione dell’esistente, ma per solide ragioni economiche. Girare con un’auto elettrica impone uno stile di vita molto complicato, fatto di pianificazione rigida dei percorsi, in base alle colonnine di ricarica, e di soste di ore.

 

L’esatto opposto della fluidità e dell’istantaneità a cui oggi improntiamo la nuova mobilità. Per questo, è prevedibile che tale tecnologia non riesca a penetrare oltre un certo numero di automobilisti, che possono ricaricare a casa vetture per girare in città. La prova? Sta proprio nell’imposizione della Commissione. Pertanto, il divieto allungherebbe la vita alle vecchie auto termiche, creando un “effetto Cuba” con impatti sull’inquinamento e sulla sicurezza.


In secondo luogo, l’innovazione è inutile nel senso che non persegue gli obiettivi ambientali. Un motore elettrico non brucia fossili, vero. Ma se l’energia è ancora prodotta bruciando gas e carbone? Per tacere dei disastri ambientali collegati all’estrazione delle terre rare e dei materiali necessari. Ma anche ammettendo un’energia 100% rinnovabile, quando tutte le auto europee dovessero essere elettriche, il beneficio sarebbe inferiore allo 0,5% delle emissioni di CO2. Una scelta inutile che non sarà mai adottata dai cittadini e che però aprirebbe le porte all’industria automobilistica cinese e alla dipendenza dalla Cina per le batterie.

Martin Pos: l’uomo dei seggiolini auto si racconta

di Luca Talotta

Lo vedi arrivare, vestito con la sua t-shirt nera abbinata a pantaloni e scarpe del medesimo colore«E uso sempre la stessa», ammette sorridendo. Verrebbe da pensare che, forse, c’è anche da crederci, visto che spesso genio e sregolatezza vanno di pari passo. Ma no, Martin Pos è tutto fuorché una persona che non cura i dettagli. Anzi, verrebbe da dire e pensare che sia diametralmente l’opposto, perché se fondi un’azienda come Cybex e in dieci anni la rendi la numero uno nel suo settore, quello dei seggiolini per auto, vuol dire che non improvvisi ma studi. E ti applichi.

 

Martin, ci racconta quando è nata l’idea di Cybex?

«Nel 2005, da un’esigenza personale. Lavoravo in un’altra azienda ma non ero felice e grazie anche a mia moglie ho iniziato la mia avventura personale. I risultati le hanno dato ragione».

 

Cybex ora sbarca anche a Milano con un suo hub creativo: ci spiega di cosa si tratta?

«Abbiamo deciso di aprire il nuovo Creative Hub in Via Stendhal 36, nel cuore del vivace Design District. Un loft di design posizionato nell’ex fabbrica Riva Calzoni originariamente costruita nel 1884. E questo perché le migliori persone del fashion e del lifestyle sono a Milano; era più facile che venissimo noi qui piuttosto che convincere loro a trasferirsi in Germania».

 

Ma a cosa servirà questo Creative Hub? 

«Non sarà uno show room tradizionale, ma uno spazio dove fare comunicazione, Pr e dare spazio alla creatività. Non sarà uno spazio di ricerca talenti, ma sarà più orientato verso la nostra immagine, dare spazio alle nostre attività. Poi se arriveranno anche dei creativi, saranno logicamente ben accetti».

 

Da Bayreuth, vostro quartier generale in Germania, a Milano: un bel salto direi.

«Decisamente. Ma Cybex è sempre stata ispirata da Milano. Già 20 anni fa, al Salone del Mobile, ebbi la consapevolezza che questa città poteva darci tanto. E poi Corso Como, Franca e Carlo Sozzani e così via. Culturalmente Milano è la casa di Cybex».

 

Un Hub che fungerà da spazio per tutti i tipi di creativi, insomma…

«Esatto. I migliori talenti nel fashion e nel design sono qui, la speranza è di coinvolgerli in un’industria come la nostra, dove non verrebbero. E portare il nostro brand ad un livello successivo, con partnership di prestigio. È un ecosistema unico; e poi Cybex è nel suo segmento di vendite la Dolce Vita, proprio come Milano».

Voto Ue: Motor Valley salvaguardata

di Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna

Bene il voto dell’Europarlamento a favore della Motor Valley dell’Emilia-Romagna, distretto con marchi unici al mondo, oltre 16mila aziende, 90mila addetti e un export di 7 miliardi di euro l’anno. Un’eccellenza del Made in Italy. Un comparto che ha già avviato il percorso di transizione verso la piena sostenibilità, in collaborazione stretta col sistema regionale dell’innovazione.

 

La Motor Valley emiliana è un patrimonio per l’Emilia Romagna e per il Paese: grazie, quindi, agli europarlamentari italiani, in particolare a quelli del nostro territorio per un voto che avevamo chiesto a salvaguardia di un patrimonio senza eguali di professionalità, conoscenze e innovazione. Ho apprezzato l’impegno trasversale degli europarlamentari, a partire da De Castro e Gualmini, che con un emendamento importante hanno riconosciuto che ci sono imprese come Ferrari, Maserati, Lamborghini, Maserati o Dallara che hanno bisogno di qualche tempo in più.

 

Il tema, in particolare, è la componentistica che ci preoccupa perché la Motor Valley è fatta sì ha quei marchi conosciuti nel mondo che ci danno orgoglio, ma è fatta anche da migliaia e migliaia, circa 16.000, imprese artigiane, piccolissime, piccole e medie, che hanno il problema di essere nate per i vecchi motori a scoppio e devono fare una transizione che ha bisogno di risorse per la loro trasformazione. Siamo solo nel 2022, c’è tutto il tempo per discutere e per correggere, ma è anche vero – conclude l’esponente dem – che il mondo tutto deve fare di più per l’ambiente e la transizione ecologica. Noi rischiamo di giocarci il bene più prezioso che abbiamo e cioè il pianeta.

Jeep Gladiator: il pick-up anche per… gladiatrici

di Silvia Terraneo (She Motori)

Mi metto al volante e penso che molte tra le parole più belle cominciano per A. A come Avventura, A come Adrenalina, A come Amore e A come…Andiamo!  Queste sono le prime parole che associo alla mia prova con Jeep Gladiator: una Wrangler in tutto e per tutto, semplicemente allungata, sicuramente molto più conosciuta negli States. Seduti in abitacolo ci si sente dei guerrieri invincibili. Si, perché la Gladiator si fa largo ovunque, suscitando quell’irrefrenabile voglia di viaggio, esplorazione e quella sensazione di essere inarrestabili in ogni condizione del percorso. Se guidarla sull’asfalto è un gioco da ragazza, immagina di sentirti libera di affrontare percorsi off-road e persino guadi, alla ricerca di sempre nuovi orizzonti.

Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare? Detto fatto: le sfide alle quali vengono sottoposti, ogni giorno, i pick-up definiscono le grandi doti di resistenza e affidabilità della Gladiator. Fare fuoristrada tra terreni sterrati e sabbiosi al volante qui è un imperativo per cercare di afferrare per un attimo la sua anima libera.

 

La provo nella motorizzazione Diesel V6 3000 da 264 cv con cambio automatico 8 rapporti. Anzi, mi correggo, a 24 rapporti. Avete letto bene, 24. Alla guida, infatti, puoi scegliere, poiché hai a disposizione un cambio automatico a 8 marce con la trazione sulle sole 2 ruote posteriori, l’opzione a trazione integrale da vera 4×4, e infine trazione integrale con marce ridotte. Che, tradotto nella vita di tutti i giorni, diventa utile, per esempio, in caso di difficoltà nell’affrontare le rampe ripide dei parcheggi sotterranei: trazione integrale, marce ridotte e la pendenza è solo un lontano ricordo. Nuova nell’outfit ma saldamente connessa alla storia di Jeep: Gladiator cresce in dimensioni eppure continua ad esaltare le qualità  indomite da fuoristrada.

 

Il test drive è esaltante poiché, nonostante a primo impatto possa far supporre il contrario, la Gladiator è dinamica e, ovviamente, molto molto versatile. Abbandonata la Jungla urbana è stato impossibile frenare la voglia di metterla alla prova nel suo habitat. Per l’occasione, ho scelto di godermi un off-road leggero percorrendo un tratto montano in Valdisotto, affascinante luogo in cui la natura domina incontrastata creando uno stretto corridoio percorso dal fiume Adda, che collega la contea di Bormio al resto della Valtellina. Con Gladiator ci si gode la varietà del paesaggio incontaminato, passandoci attraverso in scioltezza.

 

Le sospensioni hanno un comfort di marcia in off-road come se ci si trovasse su una strada asfaltata. Un pick-up si, ma scordatevi un noioso mezzo da lavoro: Jeep Gladiator ha solo la forma del pick-up senza nascondere comodità da station wagon, l’impostazione di guida alta di un Suv e l’ebbrezza dell’open air nella sua versione cabrio!

 

L’unica difficoltà? Tornare sull’asfalto accettando di essere nuovamente assorbiti dal grigio traffico cittadino. Tolta la piccola parentesi “wild”, il mio test si è basato principalmente su un utilizzo quotidiano tra le vie cittadine e qualche gita fuori porta con tratti di superstrada e vie di montagna. Questo enorme pick-up americano ha una praticità di guida a cui ci si abitua facilmente al punto da dimenticarsi in un attimo di avere a che fare con volumi importanti, tanto nella lunghezza (parliamo di un pick up di oltre 5,5 mt) che nella cubatura totale.

Sui tratti autostradali ritroviamo comfort e prestazioni: il potente motore sotto il cofano non vede l’ora di ruggire e per un attimo quella che vedo di fronte a me è una highway americana che profuma di libertà. Per questo è sempre bene fare attenzione e dosare il piede sul gas: Gladiator spinge davvero molto, con tanta coppia a qualsiasi velocità e permette sorpassi in tutta sicurezza. Se ami, come me, la velocità attenzione ai limiti.

 

La posizione di guida alta per noi donne è una vera rivelazione: permette di notare particolari a cui non sei abituata e contemporaneamente genera sicurezza e voglia di andare oltre. Sulla strada come nella vita. Lasciata l’autostrada mi appresto a godermi i tornanti dei paesaggi collinari e montani, certa che la Gladiator sarà una compagna di avventura eccellente. Km dopo km rivela piacevolezza di guida, leggerezza dello sterzo, e un acceleratore forse troppo leggero che costringe all’attenzione per evitare di andare troppo veloci. In questo contesto rimuovere le due porzioni di tetto rigido è un must: avventura arrivo!

 

Punti a suo favore anche nei consumi: a dispetto della sua stazza e del motore ruggente consuma molto meno di quanto ci si aspetti. Nel mio test drive, a fronte di centinaia di km macinati su percorsi misti, ho avuto delle medie vicine a 12 km/litro con una guida da tutti i giorni. Ma oltre ai suoi punti di forza vediamo qualche punto a suo svantaggio.

 

Date le dimensioni diventa davvero sfidante trovare parcheggio nelle condizioni di sovraffollamento cittadino. Anche la qualità audio non mi ha fatto impazzire: in modalità DAB il segnale non è pulito e ci sono continui “ronzii”. Il cambio automatico nelle prime 3 marce tende a salire di giri prima di passare alla marcia successiva, soprattutto nei tratti di strada in discesa. Ciò, probabilmente, è dovuto alla gestione software che tende ad utilizzare maggiormente il freno motore per adattarsi meglio alle situazioni di eventuale off road. In generale però la cambiata rimane impercettibile.

 

Capitolo valigie: dove si mettono? Se si viaggia a pieno carico (5 persone) il loro posto è nel cassone (con portata di 618 kg), dove rimango all’asciutto anche sotto l’acquazzone grazie alla copertura soft (opzionale) in tela. Se viaggi spesso ti consiglio di optare per l’opzione di copertura rigida con chiusura a chiave.

 

A test concluso la sensazione che rimane è quella di una bella avventura tra asfalto e off road. Scegliere Gladiator significa non passare inosservati. Se abiti in città abituati alle sue dimensioni e alla pazienza di trovar parcheggio. Se invece hai un animo country, vivi a contatto con la natura e sogni il Texas è la soluzione perfetta per te.

Transizione “green”: prevale una pericolosa deriva ideologica

di Gilberto Pichetto, viceministro allo Sviluppo economico

Con il ministro Giancarlo Giorgetti, entro il prossimo 28 giugno, sarà convocato il Tavolo Automotive. Guardo con preoccupazione la deriva ideologica uscita dal voto di Strasburgo: una scelta a senso unico che non tiene conto dei percorsi alternativi e di quanto si sta facendo, per esempio, sul fronte dell’idrogeno e dei carburanti sintetici, considerando che il trasporto pesante non potrà basarsi solo sull’elettrico.

Auspico che si arrivi a un meccanismo che scongiuri un disastro ai danni del settore manifatturiero italiano. L’Italia è il ventre molle dell’Ue essendo dipendente da altri dal punto di vista energetico. Il “Tavolo Automotive” deve proseguire sulla strada impostata con le associazioni e i sindacati che ha portato allo stanziamento, a ora, di 8,7 miliardi per accompagnare la filiera nel processo di transizione. Una linea strategica, quella di affiancare le aziende, che l’Ue avrebbe dovuto applicare.

Per quanto mi riguarda credo fortemente nell’adozione del nucleare. E ritengo non basti fissare il cosiddetto tetto sul gas a livello Ue. Se siamo tutti della stessa famiglia occorre convergere su un conto unitario: perché in certi Paesi l’energia costa tot e in altri, come il nostro, molto ma molto di più? Sono tutti problemi da risolvere proprio alla luce di quanto è stato votato a Strasburgo e alla scelta, ribadisco ideologica, di una mobilità solo elettrica.

Mercedes: il nuovo corso visto dall’Italia

di Roberta Pasero

La “world prèmiere” a Roma di Nuova GLC, l’auto Mercedes-Benz più amata dagli italiani, è l’occasione per riflettere con Radek Jelinek, presidente di Mercedes-Benz Italia, sulle strategie del marchio tedesco. Che punta soprattutto sui Suv, sull’elettrificazione, sulla digitalizzazione e su un nuovo concetto del lusso.

Continue reading

Citroën Ami: sostenibile, ma anche i giovani hanno caldo

di Luca Talotta

Metti una mattinata in pieno centro a Milano alla scoperta della Maison Citroën e soprattutto della piccola Citroën Ami. Sì, esatto, quel piccolo barattolo che si vede per le strade della città è davvero una vettura, un mezzo con un motore. Elettrico, s’intende, ma comunque un veicolo che va in strada, attraversa i semafori, ponti, strade e parcheggia (quest’ultima cosa in modo decisamente comodo).

 

Nonostante tutto c’è spazio

Al di là di quello che si possa pensare, dentro c’è davvero spazio. Tanto che quei mattacchioni di  Citroën si sono inventati anche la versione Cargo, per trasportare oggetti, piccoli pacchi e cose del genere. Certo, se si è in due sulla Ami lo spazio è bello che andato, ma di certo l’idea primordiale alla sua nascita non era di certo quella del trasporto di passeggeri e bagagli: per quello ci sono altri mezzi. Qui, invece, ci troviamo di fronte a un quadriciclo innovativo: primo perché si può guidare con la patente AM, quella dei cinquantini per intenderci, a partire dai 14 anni. E poi perché, incentivi statali alla mano, costa 5mila euro. Idea geniale.

 

La sicurezza e il caldo, temprare l’anima 

Di certo non si può dire che chi sale a bordo di Ami (o, in generale, di un mezzo a quattro ruote che costa così poco) pensi al comfort. No, niente di tutto ciò: anzi, a volte fa quasi paura andare in giro, come se già uno immaginasse un eventuale incidente e dicesse ‘Bello, ma come ne esco?’. Esagerazione: forse. Di certo quello che manca è il benessere climatico. Specchietti che si aprono verso l’esterno (vi ricordate la Due Cavalli?) E lasciano uno spiraglio talmente minimo che nemmeno il sudore riuscirebbe a passare da lì. Ecco, su questo si può lavorare: perché non fare come alcuni ciclomotori concorrenti che aprono il tetto? Questione di costi, direbbero. Può essere, però renderebbe il tutto sicuramente più fruibile.

 

Il futuro della città

Di certo quello che mi immagino è che mezzi come Ami potrebbero davvero rappresentare il futuro delle città. Di quelle grandi, delle megalopoli congestionate da inquinamento, traffico e rumore. Lei, invece, permette di non emettere CO2, nel traffico sguscia che è un piacere e non fa rumore: ne abbiamo parlato con Elena Fumagalli, responsabile delle comunicazioni di Citroën Italia (Stellantis). Godetevi l’intervista e soprattutto le mie scorribande per la città a bordo della Citroën Ami.

 

VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=VjDAJ3HCNo4

SURE 5.0: le Pmi europee nel futuro

Foto: Gianmarco Giorda, direttore di Anfia

Entra finalmente nella fase operativa il progetto “SURE 5.0: Sostenere la transizione  verso la sostenibilità e la resilienza delle Pmi verso Industria 5.0 negli  ecosistemi di mobilità, trasporti e automotive, aerospaziale e difesa ed  elettronica”, presentato nell’ambito di Horizon Europe e coordinato dal primo polo di competitività europeo del settore aerospaziale, Aerospace Valley, che  ANFIA e INIZIATIVA si sono aggiudicate lo scorso febbraio.

 

Il 15 e 16 giugno si terrà a Bordeaux (Francia) il kick-off meeting di progetto, con l’obiettivo di rivedere i diversi pacchetti di lavoro e i compiti e coordinare le azioni da  compiere durante i primi sei mesi di attività. Il progetto vede coinvolti 5 distretti produttivi europei che complessivamente  rappresentano più di 1.000 Pmi e 3 centri di ricerca e tecnologia di eccellenza. Complessivamente, 11 partner provenienti da 8 diversi Paesi (Francia, Spagna, Austria,  Germania, Irlanda, Italia, Estonia e Grecia) ed espressione di 3 ecosistemi industriali  uniranno le forze per supportare le PMI nella loro transizione verso Industria 5.0.

 

Uscito vincitore nel confronto con altri 25 progetti candidati, SURE 5.0 è incentrato sulla  collaborazione de tre ecosistemi industriali della mobilità, aerospaziale e dell’elettronica, di fondamentale importanza in Europa, di cui rappresentano, nel complesso, oltre il 10%  del valore aggiunto, con oltre 2 milioni di aziende e 20 milioni di dipendenti. Il progetto  mobiliterà €2,6 milioni in fondi UE, a cascata destinati alle PMI per finanziare i loro  progetti 5.0.

 

L’obiettivo principale è supportare le Pmi degli ecosistemi dei trasporti civili (MTA e  aerospaziale e della difesa) e dell’elettronica a integrare nei loro processi produttivi i principi di Industria 5.0, per diventare più antropocentrici, sostenibili e resilienti. I risultati e l’impatto previsti: delle 1.000 PMI coinvolte nelle attività del progetto, 700 saranno valutate, 90 saranno supportate con servizi dai partner e 53 riceveranno un  sostegno finanziario.

 

Attraverso le diverse attività di SURE 5.0, le Pmi selezionate potranno beneficiare di rapporti di valutazione, webinar, accesso alla comunità di progetto, eventi di networking  e peer-learning, servizi su misura e sostegno finanziario per i loro progetti 5.0, fornito  attraverso il lancio di inviti a presentare delle proposte per avere finanziamenti a cascata.

 

Il progetto promuoverà anche l’adozione e la diffusione di tecnologie avanzate, nonché l’adozione di pratiche di innovazione sociale, che faciliteranno la doppia transizione  (digitale e verde). Dietro il progetto c’è un consorzio accuratamente costruito composto da cluster, centri  di ricerca e sviluppo tecnologico, università, centri di innovazione aziendale e società di  consulenza in grado di offrire competenze transfrontaliere di alto livello in vari ambiti di  competenza e servizi di comprovato valore per le Pmi.

 

“Attraverso il progetto SURE 5.0 – commenta Gianmarco Giorda, direttore di ANFIA – diamo alle imprese del nostro settore l’opportunità di affrontare la transizione industriale con una marcia in più, grazie ad un utile interscambio di conoscenze ed  esperienze con altre realtà, anche più avanzate dal punto di vista dell’adozione di  tecnologie di intelligenza artificiale e di politiche e programmi di responsabilità sociale”.