ASSORAM: per il caro bollette distribuzione dei farmaci a rischio

di Pierluigi Bonora

 

La drammatica situazione internazionale e i prezzi dell’energia alle stelle, in particolare quelli del gas, mettono a dura prova la tenuta di parecchie filiere. Tra queste, gli operatori commerciali e logistici, oltre 140 aziende, riuniti in ASSORAM, l’Associazione che sovraintende la distribuzione primaria farma e salute.

In pratica, ASSORAM assicura il trasporto dei farmaci agli ospedali e alle farmacie. Un ruolo centrale emerso soprattutto nei mesi più duri della pandemia che ha visto le imprese associate garantire la distribuzione dei vaccini in tutto il Paese. Ora il caro gas rischia di complicare seriamente questo lavoro sicuramente essenziale.

 

Ne parliamo con il presidente di ASSORAM, Pierluigi Petrone, il quale lancia un forte appello al governo ancora in carica e a quello futuro

Consegne di ultimo miglio: ecco Yape, droide a guida autonoma

Sono ufficialmente partiti i lavori per la sperimentazione di YAPE in ambiente urbano, nell’ambito di “Sperimentazione Italia”, la sandbox normativa che consente a startup, imprese, università e centri di ricerca di sperimentare progetti innovativi attraverso una deroga temporanea alle norme vigenti. L’autorizzazione alla sperimentazione di YAPE è il risultato della collaborazione tra il Dipartimento per la trasformazione digitale, il ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili e il Comune di Milano.

 

YAPE, startup nata all’interno di e-Novia – una Modern Factory di Industrial Deep Tech attiva dal 2015 a Milano – si muoverà all’interno di UpTown, il nuovo distretto residenziale high-tech realizzato da EuroMilano SpA nel nuovo quartiere di Cascina Merlata, è un drone di terra a guida autonoma, nato all’interno del Gruppo e-Novia, operante nel settore della logistica e delle consegne di ultimo miglio.

 

Il robot può trasportare, in guida autonoma e in maniera adattiva nello spazio, alimenti e altri prodotti fino a un peso di dieci chilogrammi. Grazie alla rete 5G può aumentare la percezione dell’ambiente circostante. Attraverso un sistema di sensoristica integrato, può inoltre inviare e ricevere informazioni in tempo reale ed essere quindi rintracciabile in ogni momento. Una volta arrivato a destinazione, consente l’apertura del vano contenitore attraverso la scansione di un codice QR.

 

Queste caratteristiche fanno di YAPE il primo partner logistico altamente innovativo per l’erogazione di servizi relativi alla mobilità di merci all’interno delle Smart City e degli edifici intelligenti. Durante la sperimentazione, che si articolerà in due fasi da luglio a dicembre 2022, YAPE si aggirerà “liberamente” in un’area predefinita, seguendo i percorsi autorizzati per rispondere ai requisiti di sicurezza imposti e interagendo con una moltitudine di soggetti in condizioni eterogenee e diffuse, per svolgere i compiti di volta in volta assegnati.

 

Mentre l’ascesa dell’e-commerce continua a causare congestione stradale nei centri urbani a causa dei veicoli di consegna, YAPE è specificamente progettato per rispettare la particolare conformazione delle città italiane ed europee, consentendo un sistema di consegna in piena sicurezza, silenzioso, sostenibile, efficiente e a basso impatto ambientale.

 

“Stiamo lavorando alla costruzione di quell’ecosistema collaborativo e iper-connesso che oggi caratterizza le moderne Smart City”, ha dichiarato Vincenzo Russi, Ceo di e-Novia e Presidente di YAPE, «a cominciare dalla possibilità di offrire veicoli innovativi per la mobilitazione di merci. Progetto che in Italia, ma anche in Europa, deve tenere conto della particolare configurazione delle città, molto diverse, per esempio, da quelle americane. Il nostro drone autonomo è pensato proprio per potersi muovere dai vicoli medievali fino alle complesse topologie delle città italiane ed europee, abilitando una delivery veramente sostenibile. Il via libera alla sua sperimentazione, al quale lavoriamo da molto tempo, rappresenta un grande traguardo nonché un passo avanti verso quel “diritto a innovare” che riguarda tutte le tecnologie sviluppate all’interno di e-Novia”.

 

Con l’applicazione di “Sperimentazione Italia”, il “laboratorio Italia” compie un passo decisivo verso lo sviluppo di un percorso semplificato e rapido, che apre la porta alle sperimentazioni di tecnologie emergenti e di iniziative ad alto valore tecnologico, con l’obiettivo di dare all’Italia un ruolo di leadership nell’innovazione in Europa, con impatti positivi per cittadini, Pubblica Amministrazione e imprese. Un intervento concreto che può contribuire a creare posti di lavoro qualificati nel nostro Paese e a renderlo un centro di attrazione per i giovani talenti.

 

“Cosa rende Smart una città? Secondo noi è la somma di tutti quei servizi e azioni che garantiscono qualità della vita, sicurezza ambientale, velocità ed efficacia della mobilità- ha dichiarato Attilio Di Cunto, Ceo di EuroMilano -. Per fare questo la tecnologia è necessaria ma da sola non basta. Serve una visione di sviluppo che tenga insieme i diversi livelli dell’abitare urbano: la casa, il condominio, il quartiere e quindi la città nel suo insieme. Alla base di tutto è fondamentale essere aperti all’innovazione in tutte le sue forme e disporre di un’infrastruttura digitale all’avanguardia, veloce, affidabile e diffusa capillarmente. Ecco perché fin dal suo progetto UpTown continua a sperimentare nuovi servizi e nuove partnership, quali quelle con Yape del gruppo e-Novia”.

 

 

Carrozzieri: è allarme costi energetici. E non solo

Il risultato emerge da una survey condotta da CarSafe sul suo network di circa 400 carrozzerie in Italia. I carrozzieri italiani hanno le idee chiare su quale sia il problema con cui hanno avuto maggiormente a che fare nell’ultimo anno. L’aumento dei costi legato al consumo di risorse (elettricità, gas, acqua) si è rivelata la criticità maggiore nell’attività lavorativa di tutti i giorni negli ultimi 12 mesi, secondo quanto dichiara il 33% dei carrozzieri del network CarSafe che hanno partecipato a una survey interna realizzata dall’azienda milanese sul tema.

 

Con circa 400 carrozzerie, CarSafe è il network leader in Italia per numero di affiliati e giro d’affari (oltre 50 milioni). CarSafe fornisce servizi e soluzioni a tutti i grandi operatori del mercato (compagnie di assicurazioni e flotte di noleggio) che necessitano dei servizi di carrozzeria, progettati in ottica modulare. Grazie a tecnologie gestionali ed operative all’avanguardia offre ai carrozzieri tutti i vantaggi di appartenere a un gruppo solido e innovativo: volumi di business, prezzi competitivi e gestione innovativa degli ordini e delle commesse, partnership di alto livello.

La survey è stata condotta da CarSafe su un campione rappresentativo del mondo dei professionisti del settore identificato negli affiliati al network che, grazie alla loro distribuzione su tutto il territorio nazionale, sono uno “specchio” dei fenomeni che riguardano il comparto. L’obiettivo è far luce sulle criticità che riguardano una filiera messa in difficoltà dai vari lockdown e ora condizionata alle incertezze del post pandemia e della crisi internazionale. L’individuazione dell’aumento dei costi energetici come primo e più significativo problema riscontrato nell’ultimo anno sottolinea la gravità della condizione di rischio con cui sono costretti a fare i conti migliaia di imprenditori e artigiani del settore della manutenzione automobilistica.


“L’aumento dei costi energetici è una minaccia per il futuro del settore – ha dichiarato Simone Mucciante, presidente di CarSafe -. Dopo due anni di difficoltà dovute ai blocchi della circolazione e più in generale ai provvedimenti di gestione dell’emergenza sanitaria previsti vari DPCM, oggi il tessuto imprenditoriale italiano, carrozzieri compresi, si trova stretto nella morsa di un aumento a dismisura dei costi energetici senza che vi sia la certezza che tali aumenti siano destinati a rallentare. Non è escluso che alcuni singoli siano costretti a chiudere perché impossibilitati a proseguire l’attività in maniera economicamente sostenibile”.

Tornando ai risultati della survey, c’è un altro motivo che ha preoccupato particolarmente la categoria seppur in misura minore. L’aumento dei costi delle materie prime è stata la seconda maggior criticità negli ultimi 12 mesi, indicata dal 29% degli intervistati. La mancanza di richiesta di materiali durante i mesi dei lockdown ha causato una forte contrazione degli scambi commerciali oltre che un crollo del prezzo del petrolio, favorendo un forte rialzo dei costi e quindi dei prezzi al consumo, come necessaria conseguenza, nel momento della ripresa. Basti pensare agli stucchi prodotti con la resina poliestere derivata dal petrolio.

 

Altre materie sono fuoriuscite dal mercato oppure, come ad esempio l’isocianato, ha tuttora prezzi completamente fuori mercato. Senza dimenticare l’impatto che potrebbe avere la guerra in Ucraina sull’approvvigionamento di alcune risorse fondamentali per la filiera della riparazione. La Russia, oltre a essere tra i principali esportatori di acciaio e carbone, è il principale produttore al mondo di palladio e il terzo produttore globale di nichel e alluminio. Inoltre, sia la Russia che l’Ucraina ospitano il 10% delle riserve di ferro mondiali. L’Ucraina è il sesto produttore al mondo di ferro: possiede infatti 27 miliardi di tonnellate di riserve ferrose, anche nelle zone “calde” di Mariupol e Kryvyi Rih.


Dall’analisi dei risultati della survey di CarSafe sulla sua rete di carrozzieri emerge poi come le altre criticità riscontrate nell’ultimo anno riguardino le difficoltà nel trovare personale lavorativo (24%), nel reperire ricambi (11%) e l’aumento dei costi fissi, come affitto, macchinari, ecc. (3%).


“Il settore si trova a gestire le conseguenze di questi anni difficili: il costante trend negativo delle immatricolazioni di auto, la difficoltà nella produzione di veicoli nuovi e il lento aumento della spesa degli italiani in manutenzione veicoli, che seppur mostri segni di ripresa, è ancora lontano dai livelli pre-Covid – ha concluso Mucciante -. Tutto questo si riflette sull’andamento del settore e sulle piccole economie di migliaia di carrozzieri in Italia. In questo contesto di crisi, CarSafe offre alla categoria una struttura solida capace di garantire business e i vantaggi di appartenere a un gruppo solido e innovativo. Le tariffe per le lavorazioni superiori al mercato, il recall di canalizzazione e la centrale unica ricambi con sconti non ottenibili dalla singola carrozzeria sono i plus di un brand che sta cambiando il comparto”.

 

 

FCA Bank e DR: partnership estesa ai due nuovi brand

Da sinistra, Giacomo Carelli (FCA Bank) e Massimo Di Risio (DR Automobiles)

 

Si estende la partnership strategica tra FCA Bank, forte di un’esperienza centenaria nei settori del finanziamento auto e della mobilità, e DR Automobiles, una delle realtà italiane del panorama automotive in più forte espansione. A pochi mesi dalla firma dell’accordo, la Banca e il Gruppo DR ne ampliano ulteriormente il perimetro, includendo anche i modelli di Sportequipe e ICKX, i due nuovi brand lanciati in occasione del Milano Monza Motor Show.

 

FCA Bank continua così ad affiancare il Gruppo di Macchia d’Isernia nel suo percorso di espansione: in virtù della collaborazione, la banca fornirà un’ampia gamma di servizi finanziari, dal classico finanziamento rateale al più innovativo PCP, per rendere più accessibili i nuovi modelli targati DR Automobiles.

 

Il marchio Sportequipe, improntato alla sportività e all’ecosostenibilità, comprende quattro Suv (Sportequipe 5, 6, 7 e 8, quest’ultimo ancora da svelare), un pick-up (Sportequipe K) e una city-car elettrica (Sportequipe 1): veicoli dal design accattivante, tecnologici e performanti, per un’offerta di segmento alto e con una ricca dotazione di serie. La linea ICKX ha invece debuttato con il K2, fuoristrada dal look aggressivo che unisce le doti da off-road estremo ai più moderni comfort.

 

Prosegue la strategia di FCA Bank, volta a confermarsi come banca di riferimento per la mobilità, supportando con le proprie formule innovative e flessibili partner di rilievo come il Gruppo DR, che si sta attestando tra i grandi brand del panorama automotive: nei primi sei mesi del 2022 ha registrato circa 10.000 veicoli venduti, segnando un aumento del 168,62% rispetto allo scorso semestre.

Ferie: in 6 milioni con il proprio animale

Gli Italiani hanno voglia di tornare a viaggiare e lo fanno insieme al loro animale domestico; è questa una delle evidenze emerse dall’indagine commissionata da Facile.it all’istituto di ricerca EMG Different secondo la quale sono più di 6 milioni i nostri connazionali che quest’anno si concederanno almeno una vacanza in compagnia del proprio amico a quattro zampe; vale a dire che, tra i proprietari che partiranno per una pausa estiva, più di 1 su 3 (34,5%) lo farà insieme a Fido o Micio. La percentuale sale al 42,4% fra chi possiede un cane e raggiunge addirittura il 58,7% tra i 45-54enni.

Sebbene quasi 1 proprietario su 2 (45,9%) sia disposto a spendere di più pur di avere maggiori servizi per l’amico a quattro zampe, sono ancora tanti i padroni che non pensano a tutelare i loro animali con un’assicurazione che li metta al riparo da eventuali imprevisti durante le ferie e, addirittura 8,4 milioni (34,5%), tra chi possiede un animale, non sanno neanche che esistano polizze specifiche per Fido e Micio.

 

Vacanza a misura di “pet”

Dall’indagine è emerso come quasi il 50% dei proprietari abbia ammesso di tenere in considerazione le esigenze del proprio animale nella pianificazione delle vacanze: in particolare 6 padroni su 10 prima di scegliere la meta del soggiorno si informano se siano ammessi animali domestici, il 24,4% ha dichiarato di scegliere mete raggiungibili in auto, mentre 5,4 milioni, semplicemente, scelgono posti vicini al loro luogo di residenza. 

Non solo; 11,2 milioni di proprietari sono disposti a pagare di più affinché l’animale goda di maggiori servizi e, nonostante l’inflazione e il rincaro generale dei beni che sta mettendo a dura prova gli italiani, la percentuale di chi è disposto a pagare di più per far star bene il proprio animale in vacanza risulta più alta del 13,6% rispetto al 2020. Per queste vacanze, l’alloggio preferito risulta essere in strutture ricettive come alberghi, agriturismi, hotel e B&B, scelti da 2,3 milioni di possessori di animali (38,5%).

 

Le assicurazioni a tutela

Sebbene molti viaggeranno con i propri animali al seguito, sono ancora pochi coloro che hanno l’abitudine di assicurarli da eventuali imprevisti durante le vacanze e addirittura 8,4 milioni di proprietari hanno ammesso di non conoscere l’esistenza di questa tipologia di polizze. Sono, invece, circa 5 milioni i possessori di animali che hanno dichiarato di aver sottoscritto in passato un’assicurazione specifica dedicata ai pet, in aumento di circa 5 punti percentuali rispetto a quanto rilevato nel 2020, mentre quasi 2 su 10 (18%) hanno detto di essere intenzionati a stipularne una in futuro.

“Quando si viaggia e ci si allontana da casa anche i nostri amici a quattro zampe sono esposti a potenziali pericoli; per questo, scegliere una polizza specifica potrebbe essere di fondamentale importanza per tutelare non solo l’animale, ma anche il padrone”, spiega Irene Giani, BU Manager Non-Motor Insurance di Facile.it. “Sul mercato esistono diversi prodotti che variano a seconda delle garanzie incluse, ma per una copertura Responsabilità civile e salute i premi partono da poco più di 11 euro al mese”.

Oltre alla tradizionale copertura RC contro eventuali danni arrecati a terzi e al rimborso delle spese in caso di malattia o infortunio, alcuni prodotti mettono a disposizione una centrale operativa specializzata nell’organizzazione di vacanze pet friendly, con un supporto che va dalla ricerca della struttura ricettiva più adatta, fino alla spiaggia o ai ristoranti a misura di “cane e gatto”.

Dato che, si legge nell’indagine, 5,7 milioni di proprietari utilizzeranno l’auto per raggiungere il luogo di villeggiatura, è bene ricordare che nel caso in cui l’animale si faccia male durante un incidente con colpa non è tutelato dall’RC auto del proprietario. Per superare il problema, alcune compagnie assicurative offrono una garanzia opzionale che tutela il passeggero a quattro zampe; ma attenzione, queste coperture sono valide solo se l’animale è trasportato secondo le norme del Codice della Strada.

E se, invece, l’animale sta male mentre siamo via e, soprattutto, accade quando siamo in un luogo che non conosciamo? In questo caso le assicurazioni offrono assistenza e consulenza veterinaria telefonica o, anche, sono in grado di segnalarci i centri e le cliniche specializzate più vicine al luogo di villeggiatura.

Oltre al rimborso delle eventuali spese sostenute per esami, cure ed interventi chirurgici, alcune compagnie arrivano persino a consegnare a domicilio i medicinali necessari e a rimborsare i costi extra di alloggio nel caso in cui si dovesse prolungare il soggiorno a causa dello stato di salute dell’animale.

Un’altra casistica coperta dai prodotti assicurativi è quella dello smarrimento dell’amico a quattro zampe; in questo caso determinate compagnie sostengono i costi necessari a cercare l’animale disperso, altre mettono a disposizione una linea telefonica dedicata per la raccolta delle segnalazioni di avvistamento.

“Attenzione”, conclude Irene Giani, “non bisogna dimenticare che per godere delle coperture, l’amico a quattro zampe deve essere dotato di microchip o tatuaggio, altrimenti l’assicurazione non rimborsa”.

 

Studio Areté: gli acquisti online di auto non decollano

Il 95% degli italiani oggi preferisce avviare e concludere la trattativa per l’acquisto della vettura in concessionaria. Gli acquisti online non decollano (soprattutto tra i non “nativi digitali”) a causa della scarsa fiducia per il digitale, visto ancora come complicato e poco sicuro, ma anche per l’impossibilità di testare la vettura prima del sì definitivo. 

Sono queste le principali evidenze che emergono dalla nuova instant survey “Acquistare l’auto online, siamo pronti?”, condotta da Areté (azienda leader nella consulenza strategica) nel mese di luglio per indagare sul campo la diffusione delle nuove modalità digitali di acquisto dell’auto.

Per definire lo scenario di riferimento, l’indagine ha verificato, prima di tutto, quali siano gli strumenti oggi più utilizzati per acquistare prodotti e servizi online: per questo shopping condotto in modalità “non tradizionale”, il 55% dei rispondenti utilizza il cellulare, il 40% si serve del PC, solo il 5%, invece, non effettua compere in questo modo.

 

Gli italiani ancora non si fidano

Entrando nel vivo dello studio, con specifico riferimento all’acquisto delle auto, 6 italiani su 10 preferiscono ancora procedere all’acquisto in concessionaria, 3 su 10 sono interessati a ricevere una consulenza tramite canali digitali per poi concludere la compravendita nell’autosalone e solo il 5% è pronto ad un acquisto interamente digitale. Una percentuale, quest’ultima, che sale al 16% se si prendono in considerazione solo i potenziali acquirenti sotto i 30 anni, più propensi all’utilizzo delle nuove tecnologie.

L’acquisto in concessionaria viene ancora ritenuto il metodo più sicuro, affidabile e in grado di offrire un miglior servizio di consulenza; al contempo, della consulenza digitale gli italiani apprezzano la comodità connessa alla possibilità di gestire tutto da remoto; per i pochi che già oggi compiono l’intero processo di acquisto online, il valore aggiunto risiede nel costo di acquisto giudicato più contenuto rispetto a quello sostenuto nel processo tradizionale.

A frenare ancora la transizione verso le nuove forme di acquisto digitale sono principalmente due fattori, ben testimoniati da questi numeri: il 60% non sceglie questa modalità in quanto la trova complicata, poco sicura e impersonale, il 32% del campione per l’impossibilità di provare la vettura.
Il test drive rappresenta infatti un momento sempre più necessario per la sc lta definitiva dell’auto da comprare: il 73% lo ritiene fondamentale.

 

Anche per la trattativa la presenza vince sul web

L’utilizzo ormai quotidiano di strumenti di video conference e video call sembra quindi non scalfire l’apprezzamento per il passaggio, in presenza, in concessionaria, ritenuto ancora luogo fulcro della trattativa: complessivamente solo il 13% degli intervistati preferisce condurre la trattativa in forma virtuale (9%) o telefonica (4%). Per verificare la fattibilità dell’acquisto e portarlo a termine, l’87% ritiene invece fondamentale condurre la trattativa tra le mura del salone.

Proprio nell’ambito della trattativa, inizia a essere riconosciuto il ruolo del “consulente digitale”: 3 automobilisti su 10 conoscono questa figura e il 18% del campione si dice addirittura pronto a condividere con lui informazioni utili per l’acquisto finale. Da questa figura ci si aspetta principalmente di ricevere info sulle caratteristiche della vettura e video di test drive.

“Lo studio”, osserva Massimo Ghenzer, presidente di Areté, “testimonia come il processo di acquisto totalmente digitale non decolla tra i potenziali acquirenti di auto che lo trovano complicato e, inoltre, non consente il test drive della vettura, ritenuto un momento fondamentale. Tuttavia, è importante notare che dal processo online gli italiani si aspettano un prezzo più accessibile e trasparente”.

 

 

Corsa all’elettrico: dai tagli Ford al futuro dei sindacati

Ci siamo: la corsa sfrenata dei costruttori all’auto elettrica e, gara nella gara, a inseguire i risultati della concorrente Tesla, comincia a costare posti di lavoro. Per ora accade soprattutto negli Usa, ma presto il problema avrà dimensioni ben più ampie. E per i sindacati si preannuncia un carico di lavoro non indifferente, a partire dall’organizzazione americana Uaw alle prese con i 3mila licenziamenti decisi da Ford Motor Company e comunicati tramite lettera ai dipendenti. A firmarla il presidente esecutivo Bill Ford e l’ad Jim Farley.

Le motivazioni del provvedimento: la necessità di cambiare e rimodellare tutti gli aspetti produttivi, ridistribuire le risorse e affrontare la struttura dei costi che non è competitiva rispetto ai concorrenti tradizionali e a quelli nuovi, riorganizzare e semplificare le varie funzioni, generare più entrate attraverso i servizi digital e per la connettività legati all’elettrico. I prezzi alle stelle di batterie, materie prime e spedizioni rendono il periodo ancora più pesante.

In questa situazione problematica si inserisce anche il timore dei sindacati in vista di un futuro piuttosto nebuloso proprio a causa delle trasformazioni in atto nel mondo automotive. Il 2023, tra l’altro, sarà l’anno delle trattative per il rinnovo del contratto per le attività nordamericane di Ford, Gm e Stellantis i cui dirigenti si dovranno confrontare con il sindacato United Auto Workers. I negoziati si preannunciano già ora non facili. Lo stesso sindacato Uaw, inoltre, con la crescita degli impianti per batterie e software, teme di perdere la presa sul settore, cioè di veder crescere gli stabilimenti non sindacalizzati nel Paese. E lo stesso può accadere in Europa.

Prova su strada: Dacia Jogger

Oltre 4 metri e mezzo di lunghezza e fino a 7 posti disponibili con la terza fila di sedili. Dacia Jogger gioca la carta della polivalenza e della praticità con un prezzo sempre contenuto.

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In viaggio: l’Autogrill, ma all’incontrario

di Roberta Pasero 

Autogrill all’incontrario. Sono tantissimi, in Albania, ma mancano ancora sulle strade più nuove, molti più moderni e puliti dei nostri. Con caffè, terrazze, a volte ristoranti, autolavaggi e hotel.

Sono anche punti di ritrovo per i paesi che attraversano. Questo ha il logo di Autogrill e il nome all’incontrario.

Report McKinsey: sfide, opportunità e ostacoli per l’automotive

È intitolato “Can the automotive industry scale fast enough?” il nuovo report a cura di McKinsey & Company, che analizza come la diffusione dei veicoli elettrici potrebbe trasformare l’ecosistema automobilistico e promuovere ulteriori innovazioni all’interno del settore.

 

Il settore automobilistico sta vivendo cambiamenti epocali, trainati da novità normative, tecnologie innovative e trasformazioni delle preferenze dei consumatori. Sia gli OEM tradizionali sia le nuove start-up stanno incrementando i loro investimenti per affrontare queste tendenze: dal 2010, gli investitori hanno investito 280 miliardi di dollari in soluzioni hardware e software innovative per il settore automobilistico. Quasi la metà di questi investimenti, circa 115-120 miliardi di dollari, sono stati destinati ai veicoli elettrici (EV).

 

I mercati dei capitali hanno premiato questo afflusso. Con una media ponderata dei rendimenti totali degli azionisti (TSR) del 79% da marzo 2020 a gennaio 2022, i tradizionali OEM e fornitori di componenti hanno superato le aziende di molti altri settori fiorenti, tra cui la tecnologia e la chimica. I risultati sono stati ancora più impressionanti per i nuovi arrivati, come NIO, Tesla e altre start-up di veicoli elettrici, il cui TSR medio ponderato del 278% è in cima alla lista.


La crescita del settore si basa tipicamente sulle vendite di veicoli tradizionali con motore a combustione interna (ICE). Ma si prevede che le vendite complessive di veicoli aumenteranno a un modesto CAGR del 2% fino al 2025 e potrebbero addirittura diminuire per la fine del decennio. Ma il TSR del settore rimane elevato grazie all’ottimismo sull’aumento dei ricavi provenienti da altre fonti, tra cui quelle legate alle nuove tecnologie e ai servizi. I veicoli elettrici, che attualmente rappresentano una piccola parte dei veicoli venduti, sono a un punto di svolta e sono responsabili di gran parte dell’entusiasmo nei mercati dei capitali.

 

Nella seconda metà del 2020, le vendite e la penetrazione dei veicoli elettrici per passeggeri hanno subito un’accelerazione nei principali mercati, nonostante la crisi economica causata dalla pandemia Covid-19. McKinsey prevede che la domanda mondiale di veicoli elettrici crescerà di sei volte dal 2021 al 2030, con vendite annuali di unità che passeranno da 6,5 milioni a circa 40 milioni nello stesso periodo.


Sebbene la domanda dei consumatori appaia chiara, l’ecosistema automobilistico deve affrontare rapidamente tre ostacoli principali prima che la produzione e le vendite di veicoli elettrici possano assumere dimensioni di scala: difficoltà di approvvigionamento di materie prime, tra cui litio, nichel e cobalto, utilizzati nelle batterie; un numero insufficiente di gigafabbriche per la produzione di batterie e una bassa produttività degli impianti esistenti; mancanza di un’infrastruttura di ricarica pubblica che deve essere costruita per tenere il passo con il numero di veicoli elettrici in circolazione

Nonostante alcune grandi aziende possano tentare di aumentare il loro accesso alle materie prime, la maggior parte delle aziende automobilistiche non ha attualmente questa possibilità. Ciò che l’industria può affrontare, tuttavia, sono le questioni relative alle gigafabbriche e all’infrastruttura di ricarica.

I motori dei veicoli elettrici ricavano la loro energia da batterie che contengono materiali molto diversi da quelli utilizzati per i veicoli ICE tradizionali, tra cui litio, cobalto e nichel. Gli impianti estremamente grandi in cui viene prodotta la maggior parte delle batterie per veicoli elettrici sono chiamati gigafactory, poiché la capacità annua che producono supera un gigawatt. La maggior parte delle gigafabbriche sono state fondate in Asia e rappresentano circa l’80% della capacità produttiva di batterie nel 2020.

 

Sebbene la maggior parte delle gigafabbriche sia gestita da produttori di celle, anche molti OEM stanno diventando più attivi in questo campo. Oggi gli operatori delle gigafactory devono affrontare due problemi principali. In primo luogo, quando si realizzano queste enormi strutture, sorgono inevitabilmente problemi di costruzione, che aumentano sia i costi che le tempistiche. In secondo luogo, dopo l’apertura delle gigafabbriche, molte aziende hanno problemi di efficienza operativa. Se l’attuale tendenza a ritardare l’avvio della produzione dovesse continuare, secondo un’analisi di McKinsey il 30% della capacità annuale recentemente raggiunta sarà a rischio nel solo Nord America entro il 2025, lasciando potenzialmente più di 300.000 veicoli a corto di batterie ogni anno in quella regione.

 

Gestire i problemi di produzione

Se la domanda mondiale di veicoli elettrici crescerà come previsto, entro il 2030 il settore avrà bisogno di 200 nuove gigafabbriche, oltre alle 130 gigafabbriche già esistenti, che rappresentano oltre 400 miliardi di dollari di capitale investito. Molti dei nuovi impianti verrebbero probabilmente costruiti in luoghi vicini ai produttori OEM per ridurre i tempi di consegna e i requisiti di inventario. Inoltre, le batterie possono costare più di 7.000 dollari per veicolo, quindi il valore delle scorte per le batterie spedite a livello internazionale sarebbe molto alto. Ma le complicazioni durante le fasi di progettazione e costruzione possono ritardare l’avvio della produzione di 12 mesi o più. I gestori delle Gigafactory possono evitare alcuni problemi ricorrenti grazie a una maggiore selezione di talenti nel settore delle costruzioni, idealmente durante la fase di pianificazione del sito o prima. Le posizioni più difficili da ricoprire, come quelle relative alla manodopera artigianale elettrica o meccanica, necessitano di maggiore attenzione.

 

Gli operatori delle Gigafactory potrebbero anche trarre vantaggio dal prestare tempestivamente attenzione agli standard di progettazione locali e ai problemi normativi, come le acque reflue, e dall’utilizzare fornitori della base industriale locale in grado di fornire assistenza in loco e di rispondere più rapidamente ai problemi di qualità e produzione.

Aumentare l’efficienza operativa

Dopo l’avvio di una gigafactory, le sfide non scompaiono. Molti nuovi impianti hanno registrato una produzione inferiore al previsto a causa di continue carenze di manodopera, fermi macchina imprevisti e problemi operativi. Le conseguenze della perdita di produzione possono essere enormi sia per i produttori di celle per batterie che per gli OEM che forniscono. Se un impianto da 50 gigawattora raggiunge solo il 66% della produzione annuale prevista, potrebbe perdere circa 500 milioni di dollari di valore all’anno, trasformando un profitto modellato del 6% in una perdita potenziale dell’8%.  Dal 2017 diversi importanti OEM hanno dovuto sospendere la produzione a causa di interruzioni nella fornitura di batterie, anche se la produzione era di gran lunga inferiore a quella che si registrerà in futuro.
Per ridurre al minimo i problemi di manodopera, i produttori di celle devono considerare tutte le fasi compresa la selezione del sito, la costruzione e la formazione dei processi.

 

Con una domanda di batterie destinata ad accelerare, i produttori di celle dovrebbero anche pensare alle loro future esigenze di personale mentre conducono attività di R&S volte a far progredire la produzione di celle di prossima generazione. Il settore cambia così velocemente e la tecnologia delle batterie avanza così rapidamente che le aziende devono essere agili nell’adattare i loro sforzi di reclutamento e formazione. Anche l’efficienza operativa può risentirne se i componenti e i macchinari delle celle scarseggiano, soprattutto quando la domanda è in aumento in tutto il mondo. I produttori di celle per batterie possono aumentare l’efficienza e ridurre la complessità operativa affidandosi in alcuni casi a fonti locali. Ad esempio, possono continuare ad avvalersi di fornitori globali esperti per le attrezzature necessarie nelle fasi critiche del processo, ma possono altrimenti ricorrere a fornitori regionali reattivi.


Sebbene i fornitori di batterie stiano assumendo un ruolo di primo piano nella gestione delle questioni relative all’efficienza operativa, nel prossimo futuro le stesse questioni diventeranno più rilevanti per gli OEM, in quanto un numero sempre maggiore di questi ultimi aumenterà il proprio coinvolgimento nella produzione di batterie attraverso varie strategie, come l’integrazione verticale, le joint venture o altre partnership strategiche.

Affinché i veicoli elettrici si diffondano, avranno bisogno di una rete capillare di soluzioni di ricarica per fornire ai conducenti un’adeguata alimentazione elettrica. Ad esempio, gli Stati Uniti dispongono attualmente di circa 100.000 stazioni di ricarica pubbliche, ma questo numero potrebbe aumentare a circa 1,2 milioni entro il 2030 per soddisfare la domanda. In Cina, il numero di stazioni di ricarica pubbliche dovrebbe passare dagli attuali 1,15 milioni a circa cinque milioni entro il 2030, quando saranno in circolazione oltre 100 milioni di veicoli elettrici. Analogamente, in Europa le stazioni di ricarica pubbliche dovrebbero aumentare da 2,9 milioni a 6,8 milioni – da circa 340.000 nel 2021, a seconda del percorso intrapreso – nello stesso periodo. La maggior parte dei Paesi non ha ancora stanziato fondi sufficienti per sostenere la necessaria espansione dell’infrastruttura di ricarica. McKinsey stima che per raggiungere gli 1,2 milioni di stazioni di ricarica pubbliche richiesti negli Stati Uniti sarebbero necessari più di 35 miliardi di dollari, esclusi i costi di aggiornamento della rete e dell’impianto elettrico.

 

Esistono diverse leve che possono contribuire ad affrontare le sfide attuali, molte delle quali si basano su un adeguato supporto normativo. Ad esempio, le autorità di regolamentazione potrebbero prendere in considerazione la possibilità di accelerare il processo di approvazione per l’installazione dei punti di ricarica, che attualmente richiede dai nove ai 16 mesi. Se i governi prendessero in considerazione la possibilità di abbreviare i tempi di valutazione dei siti, investendo in maggiore capacità o snellendo il processo, il tempo necessario per l’avvio del sito potrebbe essere ridotto in modo significativo.

Il prossimo passo dell’industria automobilistica

Sebbene l’adozione su larga scala dei veicoli autonomi dipenda dal software, dall’approvazione delle normative e dall’accettazione da parte dei consumatori, molti analisti ritengono che i veicoli altamente o completamente autonomi potrebbero superare i progetti pilota e arrivare sulle strade dopo il 2025. I camion che effettuano viaggi hub-to-hub sulle autostrad e potrebbero essere i primi a ricevere l’approvazione a fini commerciali. Se i produttori di autoveicoli realizzeranno campagne pubbliche per educare i cittadini alla sicurezza e ai vantaggi dei veicoli a guida autonoma, potranno contribuire ad accelerarne la diffusione.


L’ecosistema futuro potrebbe assomigliare maggiormente all’attuale settore dell’alta tecnologia, con aziende che diventano leader tecnologici in diverse segmenti  che talvolta definiscono gli standard del settore. Ad esempio, i clienti commerciali, tra cui flotte, operatori di servizi navetta in comune e operatori di robo-taxi, potrebbero diventare più esigenti, proprio come gli acquirenti di tecnologia abituati a stabilire le proprie specifiche.

Al di là delle vendite di veicoli, la maggiore connettività dei veicoli aumenterà ulteriormente l’attenzione del settore verso i ricavi dei servizi e del ciclo di vita. I servizi tipici dell’aftermarket, che oggi consistono principalmente nella vendita di pezzi di ricambio, si espanderanno probabilmente verso interazioni dirette e digitali con i clienti per fornire servizi, tra cui gli aggiornamenti dei veicoli connessi. I nuovi veicoli potrebbero inoltre presentare nuove opportunità di guadagno durante l’intero ciclo di vita, comprese quelle legate alla ricarica, alla mobilità come servizio e ad altre opportunità di monetizzazione dei dati, come la vendita di dati anonimizzati sui veicoli a mercati specializzati.