L’ok UE al “tutto elettrico”: gioire è un azzardo

Il “Fit for 55” è, dunque, passato: dal 2035 – salvo modifiche nei prossimi passaggi previsti in sede Ue e a livello di governi – addio alle produzioni dei motori a benzina e Diesel. Si entrerà ufficialmente nell’era dell’auto elettrica, anche se – a questo punto – in caso di conferma definitiva, le Case accelereranno ulteriormente il passaggio dai veicoli a combustione interna a quelli a batteria. Buona fortuna. Sarà, infatti, il mercato a sentenziare a favore o contro questa forzatura “gretina” e rischiosa che è arrivata a spaccare fortemente anche l’Europarlamento.

Sono infatti passate per lo più inascoltate e sottovalutate le preoccupazioni espresse, ormai da diversi mesi, sull’impatto che la scelta unilaterale dell’UE sul «tutto elettrico» arrecherà alla filiera automotive e, soprattutto, agli operatori più vulnerabili. A giocare contro è anche questo fatto: chi avrebbe potuto scombinare i piani «gretini» di Bruxelles si è mosso in grave ritardo, mentre gli stessi costruttori di autoveicoli hanno accettato passivamente scelte prese sulle loro teste, per poi rendersi conto dei problemi annessi.

Preoccupati, intanto, sono i concessionari: il consumatore, infatti, rischia di entrare in una spirale di nuove incertezze. Il ragionamento è presto fatto: cambio auto, acquisto con gli incentivi un mezzo tradizionale e lo pago X euro. Ebbene, se fra tre-quattro anni lo voglio rivendere, a che svalutazione del veicolo andrò incontro, vista la “forzatura” a far acquistare auto solo 100% elettriche? E le vetture elettriche, sicuramente ancora e sempre costose che saranno immesse sul mercato, alla fine attireranno i clienti, nonostante i problemi ancora tangibili sulla diffusione delle colonnine e i tempi lunghi di ricarica?

E cosa accadrà e quale giustificazioni verranno trovate, soprattutto a livello politico (ma la sinistra non aveva come principio quello di difendere i lavoratori? A giudicare dalle ultime uscite piddine sembra che sia acqua passata)  quando gli addetti dell’indotto saranno licenziati e le aziende, impossibilitate a riconvertirsi alla nuova mobilità, dovranno per forza di cose chiudere?

Ai 70mila lavoratori delle imprese che non serviranno alla causa elettrica, e già praticamente condannati stando così le cose, si aggiungono i 350mila autoriparatori indipendenti del Paese che pure saranno in grave difficoltà. Eppure, come nel caso di Veronica Aneris, direttrice di Trasporti & Ambiente Italia, al settimo cielo per il voto Ue, si sostiene che quanto approvato, “fornisce certezze all’industria automobilistica, che ha bisogno di incrementare la produzione di veicoli elettrici, per far scendere i loro prezzi e rendere le auto pulite accessibili a un numero sempre maggiore di persone”.

Peccato che i sindacati – uniti nella stessa posizione critica – la pensino diversamente, preoccupati dalle ripercussioni negative che già prima del voto dell’8 giugno alcune aziende, come la Bosch di Modugno, nel Barese,  avevano evidenziato. In questo caso, 700 esuberi. Ed è, purtroppo, solo l’inizio. Avanti di questo passo il costo umano e sociale da pagare sarà salatissimo. Chi firmerà l’assegno?

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