Elettrico e 120mila posti a rischio: ora una sterzata verso il buon senso

Prima oltre 70mila, da fonti ANFIA, ora fino a 120mila, come denuncia il sindacato UILM guidato da Rocco Palombella in occasione del suo congresso generale. Si accavallano gli allarmi sulla tenuta del sistema occupazionale dell’industria automotive italiana. E ha ben ragione il segretario generale Palombella a sottolineare come “la mancanza di determinazione e consapevolezza dei governi italiani che si sono avvicendati negli ultimi anni, in quanto la transizione ecologica non si fa dall’oggi al domani, non sarà indolore e le risorse messe a disposizione non saranno sufficienti”.

 

La nuova conta che porta 120mila gli occupati aderiva da un attento studio a cura di EStà, onlus no profit che si occupa di sostenibilità ed economia, secondo cui “il settore automotive sarà quello più impattato dalla transizione ecologica con il passaggio dal motore endotermico a quello elettrico”. Del resto un veicolo tradizionale con motore endotermico è composto da 7mila componenti, mentre uno elettrico arriva ad averne un massimo di 3.500/4mila. A questo punto il 40-45% degli occupati italiani, ovvero tra i 110 e i 120mila lavoratori, saranno impattati dal passaggio all’elettrico. Circa 59mila necessiteranno di corsi di aggiornamento volti al ricollocamento, possibilmente all’interno dello stesso settore di partenza, mentre almeno 52mila addetti dovranno riqualificare le proprie competenze al fine di sviluppare un profilo tutto nuovo, all’interno o anche all’esterno del comparto di riferimento. Infine, 9mila persone sono attese da una formazione volta all’aggiornamento all’interno del proprio profilo professionale.

 

L’auspicio, ora, è che il Governo in via di formazione dia subito un segnale di svolta e cambiamento, assegnando una priorità all’equilibrio tra sostenibilità “green” e sostenibilità sociale. I tempi sono strettissimi, ma il coraggio di dare una sterzata in direzione del buon senso e contro la maledetta ideologia che ha dominato in tutti i questi anni, può risultare determinante. Un’azione del genere rappresenterebbe un esempio per gli altri Paesi dell’UE e, soprattutto, un segnale contrario forte a una Commissione europea totalmente allo sbando.

 

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