Da una parte Carlos Tavares, ad di Stellantis, avverte “che la produzione di auto elettriche a prezzi accessibili non sarà fattibile in Europa”, dall’altra – costretto dai propositi UE di transizione verso la mobilità elettrica – inaugura in pompa magna la prima delle tre gigafactory in Europa. Si parte dalla Francia, dove c’è la plancia di comando, quindi, nel ’25, toccherà alla Germania (Kaiserslautern) e nel ’26 all’Italia (Termoli: 1.800-2mila addetti). L’investimento totale è di 7,3 miliardi, di cui 1,3 è denaro pubblico.
Dalle celebrazioni si passa alle preoccupazioni per il futuro dell’industria europea automotive, impegnata a far fronte all’attacco dei costruttori cinesi con i loro modelli di qualità e più competitivi. Sempre Tavares, giorni fa, era stato chiaro: “Si rischia di perdere terreno, il che farebbe passare l’Europa da potenza tecnologica a meta turistica per cinesi e americani”.
Ecco allora Stellantis, ma anche gli altri big, guardare a mercati alternativi, dai costi inferiori, dove produrre e vendere auto elettriche a un prezzo accessibile, proteggendo la redditività. Insieme all’India, l’attenzione del gruppo guidato da Tavares, è puntata ora soprattutto sull’Algeria. In questo Paese, infatti, grazie ai bassi costi energetici e non solo, il marchio Fiat produrrà a Tafroui alcuni modelli, tra cui la 500, per una capacità di 90mila veicoli in tre anni. L’Algeria, grazie al recente asse energetico con l’Italia, rappresenta infatti l’hub ideale per esportare i veicoli nel resto dell’Africa e nei Paesi arabi.
E qui si aprono opportunità di investimento anche per la componentistica. “Le aziende italiane che vantano eccellenze produttive legate al comparto dei motori endotermici – così Paolo Scudieri, presidente di ANFIA (filiera italiana automotive) – in Algeria potranno continuare a spendere queste loro competenze, garantendo così, allo stesso tempo, linfa per proseguire negli investimenti dedicati alle nuove tecnologie e sistemi di alimentazione”.
Dunque, per investire nell’elettrico in casa propria e nello sviluppo di nuovi software il “sistema automotive” è costretto a traslocare dove le condizioni generali sono più favorevoli. Non è un bel segnale per l’Europa, per l’Italia soprattutto, e lo è, invece, per i concorrenti cinesi. Quello di Stellantis, ma anche di ANFIA, sembra essere un primo avvertimento concreto.