Ci ha lasciati Silvio Berlusconi, persona che ho sempre ammirato fin dai tempi che era soprattutto un imprenditore, quindi come politico nonché presidente del Milan. Un uomo generoso che ha dato il via all’era della tv privata con Telemilano, creando allo stesso tempo tantissimi posti di lavoro. Purtroppo, però, Berlusconi ha dovuto confrontarsi con l’invidia e la cattiveria da parte di chi ha fatto di tutto per distruggerlo umanamente e politicamente. Ma a essere stati sconfitti, alla fine, sono stati proprio loro, gli stessi che con ipocrisia ora si dicono addolorati.
Silvio Berlusconi, quando era capo del Governo, ha dato prova – tra le altre cose – delle sue capacità uniche in politica estera, mettendo allo stesso tavolo personalità da sempre divise. Mi stringo al dolore della famiglia e abbraccio il fratello Paolo, editore del “Giornale”, tra le cose che il presidente Berlusconi ha sempre avuto nel cuore.
Scorrendo i ricordi personali, rivedo Silvio Berkusconi con me, una domenica, casualmente in ascensore allo stadio di San Siro: il saluto di rito, mi presento come tifoso del Milan e giornalista del suo “Giornale”. Quindi, gli interminabili (in verità una sessantina di secondi) minuti, cercando di guardare di qua e di là, per scendere dalla tribuna al piano terra. Una volta arrivati, il suo saluto: “Bravo, forza, avanti così”.
Anni prima, a Milanello, a un raduno del Milan, lo vediamo arrivare con l’elicottero. Sono con mia figlia Elisa, allora bambina e già simpatizzante rossonera. Preparo la macchina fotografica (gli smartphone erano ancora lontani, molto lontani). Conclusa la sua visita e salutata la squadra, chiedo timidamente al presidente di posare con mia figlia per una foto ricordo. Sarà per l’emozione o non so cosa, ma la macchina fotografica si inceppa, una, due, tre volte. E lui, sorridente, resta lì a dialogare simpaticamente con Elisa, fino a quando non riesco a scattare la foto.
Ecco, poi, il giorno che, accompagnato da Antonio Tajani, allora collega e capo della redazione romana, Berlusconi si presenta – dopo aver chiesto al comitato di redazione se poteva farlo – all’assemblea dei giornalisti del “Giornale”, la stessa dove si sarebbe consumato lo strappo con Indro Montanelli. Quel giorno, però, il caso vuole che io sia a casa di riposo. Mi chiedo ancora: ma perché ho scelto proprio quel giorno per la “corta”? Mi faccio raccontare tutto dai colleghi, per filo e per segno. “Basta con il fioretto, ora si userà la spada”, più o meno la conclusione del suo discorso.
Da parte mia, con pochi altri, scelgo di restare al “Giornale” che sarebbe stato diretto, di lì a qualche giorno, da Vittorio Feltri,, invece di seguire – con buona parte della redazione – Montanelli alla “Voce”. Una scelta che mi ha dato ragione, nonostante consideri sempre il “vecchio” Indro, come lo si chiamava tra di noi, un autentico mito e la cui scuola è stata e rimane per me fondamentale.
Ho anche impresse nella memoria alcune situazioni e alcuni aneddoti di Berlusconi legati al mondo automotive, in particolare durante la sua presidenza del Consiglio. La presenza allo stabilimento Fiat di Melfi, quello che ha dato il via al fenomeno Punto, il giorno dell’inaugurazione. Con lui anche Gianni Agnelli e l’allora ad di Fiat, Cesare Romiti. A proposito, si dice che Berlusconi fosse orgoglioso di tenere sul comodino la foto dell’Avvocato.
E ancora: l’istantanea che ritrae Berlusconi con la mano affettuosamente sulla spalla, anzi, sul pullover nero, di un sorridente e lanciatissimo Sergio Marchionne. E la provocazione, durante un incontro ad Arcore con i vertici di Fiat, che ha fatto il giro del mondo: “Porre il marchio Ferrari sulle future Fiat” per renderle più accattivanti e ambite. Insomma, ci sarebbe tanto altro ancora, ma la commozione mi dice di fermarmi. Addio presidente.