Transizione “green”: sì, ma senza devastare il sistema industriale

di Giorgia Meloni, premier italiano

 

È un fatto che la semplice incentivazione all’elettrico rischia di delocalizzare la produzione automobilistica in Paesi-extra UE, dove per giunta quei prodotti teoricamente destinati a ridurre le emissioni di CO2, vengono spesso realizzati con impianti e processi altamente inquinanti. L’Italia condivide gli obiettivi della doppia transizione, la transizione verde e la transizione digitale, per ovviamente consegnare alle generazioni future un modello di sviluppo che sia intelligente, che sia sostenibile.

Però, la stessa parola transizione presuppone un percorso che va fatto con gradualità e con realismo e non si può acriticamente assecondare un processo che sull’altare della decarbonizzazione ci conduce dritti alla deindustrializzazione. Come è vero che lo stesso elettrico non è scevro da esternalità ecologiche negative: basti pensare al problema dello smaltimento delle batterie, al problema dell’estrazione dei materiali necessari a produrle.

Noi intendiamo percorrere la strada della neutralità tecnologica, e lo stiamo facendo con fermezza, ma anche con spirito propositivo a livello europeo. Noi non ci siamo limitati a spiegare le buone ragioni che ci portano a ritenere che la proposta di regolamento sulle emissioni di CO2 due per i veicoli leggeri sia inopportuno. Noi abbiamo illustrato, dati alla mano, che è possibile conseguire lo stesso risultato, lo stesso obiettivo, la transizione verde, impiegando tecnologie altre rispetto all’elettrico.

Ci sono significative alternative per coniugare sviluppo e sostenibilità, i biocarburanti, i carburanti sintetici, l’idrogeno. Ambiti in cui l’Italia vanta una tecnologia di assoluta avanguardia e, a livello nazionale, noi moduliamo gli incentivi sempre più su una varietà di tecnologie che garantisca l’uscita dai carburanti inquinanti senza però un appiattimento acritico su strategie che privilegiano interessi di altre Nazioni e puniscono gli interessi dei nostri lavoratori.

Il nostro è un approccio di buon senso che ha ha già portato i suoi frutti sul regolamento emissioni delle autovetture, si è aperto un dibattito che prima non c’era grazie alla posizione italiana. L’Italia punta alla transizione senza devastare il nostro sistema produttivo.

Elettrico per tutti? Non è l’unica soluzione anti-CO2

di Gilberto Pichetto, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica

Quello che stiamo chiedendo è di attenerci alla parte scientifica e non solo a quella ideologica. Se il nostro obiettivo è la decarbonizzazione, l’elettrico è il veicolo principale per farlo, ma non l’unico. In Europa, in questo momento, c’è un’accelerazione. La posizione dell’Italia sull’automotive è quella emersa anche durante il governo Draghi. Siamo convintissimi che la strada da seguire sia quella dell’elettrico, ma siamo altrettanto convinti che non può una normativa europea obbligare all’elettrico.

Ci sono evoluzioni del motore endotermico che permettono di utilizzarlo con carburanti sintetici come dice la Germania, senza dimenticare biocarburanti come dice l’Italia che è l’unico a produrli in questo momento. Italia e Germania sono gli unici a porre i problemi perché sono in una situazione diversa. Quanto al vicepresidente della Commissione Europea, Frans Timmermans, ha una posizione molto dura e molto netta. Siamo nell’ultimo anno di Commissione e c’è un’accelerazione per chiudere alcune partite che sono le sue bandiere.

Troveremo una soluzione, ma perché la troverà il mercato, le stesse Case automobilistiche. Ho parlato con Stellantis. Ci si rende conto che l’idrogeno nei prossimi anni sarà un carburante diretto per i motori endotermici. Il 2035? Non parlo della data anche perché la volontà di questo cambiamento porterà già nel 2027-2028 ad avere chissà quale tipo di motore.

Stop ai veicoli endotermici: industria europea a rischio

di Paolo Capone, segretario generale UGL

Come sindacato UGL auspichiamo che il recente vertice tra i ministri contrari a fermare la vendita delle auto endotermiche dal 2035, possa contribuire a rivedere una decisione sbagliata che rischia di provocare una desertificazione industriale. Senza un sostegno alle imprese per la riconversione della filiera, il settore automotive subirà ripercussioni potenzialmente devastanti con un impatto drammatico sui livelli occupazionali.

Si tratta di una scelta ideologica che, in assenza di adeguate politiche industriali di medio e lungo termine, rappresenta un danno enorme per il comparto, minacciando la sovranità tecnologica europea a vantaggio delle aziende cinesi.

Non servono rigidi target temporali, ma incentivi alle imprese, risorse per la formazione dei lavoratori e investimenti in ricerca e infrastrutture per gestire e accompagnare un fenomeno complesso come la transizione ecologica.

Federmanager: l’elettrico non è l’unica via

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Foto: Il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla

 

“Esprimiamo una visione critica rispetto alle decisioni della Comunità Europea sugli obiettivi di transizione energetica relativi al settore dell’automotive”. Questa la posizione di Federmanager per voce del presidente nazionale, Stefano Cuzzilla, che lancia un monito: “Gli effetti sull’industria italiana saranno pesanti, serve un piano di attacco basato sulla considerazione che l’elettrico, per fortuna, non è l’unica via a una mobilità sostenibile. Facciamo affidamento sul Governo italiano per avere un quadro di regole certe, ispirato dai principi di neutralità tecnologica e gradualità della transizione, a conferma della sostenibilità dei futuri investimenti nel settore”

Secondo lo studio Federmanager-Aiee presentato a Roma alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, una virata troppo spinta verso l’auto elettrica non sarebbe assorbita dalla nostra filiera dell’automotive, che è caratterizzata principalmente da aziende di piccole dimensioni e poco managerializzate: solo il 39% delle imprese del settore è dotato di management in grado di gestire la transizione. Il rapporto nota anche che il ricorso ai manager esterni alla proprietà è comune nel 78% dei casi se si tratta di gruppi esteri operanti in Italia, mentre scende al 30% nel caso di gruppo italiano, dove predomina il modello misto di gestione, e si polverizza al 6% nel caso di imprese a conduzione familiare.

“I manager hanno un ruolo guida. La loro presenza è funzionale a indirizzare l’impresa verso i target di innovazione e sostenibilità, tanto più in questo settore che è esposto alla competizione di player internazionali e che risente direttamente delle scelte politiche dei nostri vicini di casa, Germania in primis, dove va il 20% dell’export dell’indotto auto italiano”, spiega il presidente Federmanager. “Per questo occorre incentivare l’inserimento di managerialità nelle Pmi per farle crescere, favorendo aggregazioni, consorzi e acquisizioni o joint ventures”.

Il comparto della componentistica, che è il cuore dell’auto italiana, è quello più esposto anche in ragione della dimensione aziendale: su 2.200 imprese, che registrano 161 mila occupati e 45 miliardi di fatturato, 500 sono fortemente a rischio.

L’auto elettrica, infatti, comporta un minor livello di investimenti, stimato dal rapporto in un -25% in 10 anni dovuto al minor numero di componenti richieste, circa un sesto di quelle utilizzati dall’auto tradizionale (200 contro 1.200), e alla durata di vita più lunga dei macchinari di produzione dell’elettrico.

“Lo scenario porta a fare del nostro Paese il più penalizzato tra le nazioni europee produttrici di componenti in termini di riduzione di posti di lavoro, con un -37% di forza lavoro, vale a dire circa 60 mila occupati persi entro il 2040″, ricorda Cuzzilla. “A fronte dei numeri relativi agli scenari occupazionali nel settore automotiveè essenziale bloccare l’emorragia di posti di lavoro e attuare piani di riconversione del personale”.

Tra le proposte di Federmanager, l’istituzione di un fondo per la conversione del settore. Questa misura deve essere finalizzata innanzitutto all’aggiornamento professionale, sulla scia di quanto realizzato con il Fondo Nuove Competenze, anche attingendo alle risorse PNRR.

“Siamo disponibili a collaborare con il Governo per definire una roadmap per la transizione produttiva della mobilità sostenibile, come già fatto da diversi Paesi. Non rinunciamo all’obiettivo della decarbonizzazione – conclude Cuzzilla – ma solo con tempi e modi certi è possibile realizzare il cambio di modello. Semplificazione burocratica e attrazione degli investimenti stranieri devono fare parte di questa unica strategia”.

Peugeot: 130 anni e in splendida forma

di Roberta Pasero

Centotrent’anni ma non li dimostra. Perché ha la stessa allure e lo stesso spirito pionieristico di questa Peugeot Type 3, la prima auto in assoluto circolata sulle strade italiane.

Da qui parte l’intervista a Thierry Lonziano, direttore di  Peugeot Italia in Stellantis: è lui a riannodare il fil rouge tra passato e futuro del marchio che vede l’Italia secondo mercato mondiale.

Free2move eSolutions: Calcara nuovo Coo

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Free2move eSolutions ha un nuovo Chief Operating Officer. Francesco Calcara assume questa carica fondamentale per il processo di crescita dell’azienda. Riporterà direttamente al Chief Executive Officer Mathilde Lheureux e avrà il compito di coordinare e ottimizzare tutte le attività operative, incluse quelle relative a Sales & Marketing. Obiettivo: rendere tutte le attività più efficienti e funzionali per l’azienda.

“Sono molto felice – ha dichiarato il nuovo Chief Operating Officer – di entrare a fare parte del team di Free2move eSolutions. Ho intenzione di mettere immediatamente le mie competenze a disposizione di un’azienda che si propone di velocizzare la transizione verso la mobilità elettrica offrendo soluzioni sempre più convenienti e pulite che consentano di semplificare la vita dei nostri clienti. Grazie anche alla mia esperienza in Stellantis, renderò Free2move eSolutions sempre più competitiva e in grado di soddisfare le aspettative dei clienti”.

Nel dare il benvenuto al nuovo Coo, Mathilde Lheureux ha spiegato che “con il suo arrivo in Free2move eSolutions, Francesco apporta all’azienda nuove competenze e valore aggiunto, grazie alla grande esperienza acquisita, anche in ambito internazionale, lavorando per aziende leader in un settore competitivo come quello dell’automotive. Inoltre, il contributo di Francesco sarà essenziale per consentirci di raggiungere i clienti con i nostri prodotti e servizi, consentendo loro di vivere la transizione verso l’elettrificazione in modo del tutto naturale e senza difficoltà”.

Brembo: un futuro pieno di innovazione

di Matteo Tiraboschi, presidente esecutivo di Brembo

Brembo chiude con soddisfazione il 2022; in termini di ricavi, margini e utile netto, abbiamo registrato i valori più alti di sempre nella storia dell’azienda. Tutti i segmenti di riferimento in cui operiamo hanno contribuito a questo risultato. Un traguardo raggiunto pur nelle complessità di un anno caratterizzato in particolare dalle conseguenze della guerra in Ucraina e dal perdurare di dinamiche inflazionistiche sui mercati delle materie prime. La strategia delineata in questi anni si sta dimostrando efficace per mantenere la competitività di Brembo ai massimi livelli, in un contesto che rimane sfidante.

L’innovazione delle nostre soluzioni continua a essere incentrata su digitalizzazione e sostenibilità, due elementi chiave per la Brembo del futuro. In questa direzione va il lavoro di sviluppo del nostro innovativo sistema frenante intelligente Sensify, così come la ricerca di frontiera del Brembo Inspiration Lab in California. A ulteriore sostegno di questo percorso, abbiamo annunciato lo scorso ottobre l’apertura di Brembo Ventures, la nostra nuova unità di venture capital che ha l’obiettivo di investire nelle migliori start up tecnologiche. Siamo entrati nel nuovo anno consapevoli che i risultati raggiunti nel 2022 saranno la base per continuare a investire per il nostro domani.

Elettrico, eco-carburanti: Timmermans nel panico fa lo scaricabarile

Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione Ue e “papà” del piano che prevede il «tutto elettrico» dal 2035, in questi giorni è alle prese con una ipocrita serie di retromarce tattiche, cercando di scaricare sulle Case automobilistiche la decisione di puntare sull’elettrico o sui motori «green» a combustione interna, quelli destinati a utilizzare i gli eco-carburanti – gli stessi che sarebbero stato banditi secondo il progetto iniziale – a patto che si arrivi alle zero emissioni di CO2.

 

Timmermans, in Italia nei giorni scorsi, ha affrontato questi temi in alcune interviste (“TG24” e “La Repubblica”), ma senza che chi stava dall’altra parte gli chiedesse spiegazioni sul cambio di rotta, fatto passare per normale, cioè di voler affidare alle Case costruttrici, costrette da tempo a investire montagne di soldi sull’elettrico, la scelta delle tecnologie migliori. Una puntualizzazione gravemente tardivaDi fatto, è l’effetto del vento contrario che deriva dalla dura posizione presa dall’Italia, insieme ad altri Paesi, sull’obbligo di produrre e vendere solo auto elettriche, decretando così la fine delle motorizzazioni endotermiche, riconosciuto fiore all’occhiello dell’industria automotive europea. Il tentativo, ora, è di girare la frittata facendo passare opposizioni e critici per allocchi.

 

A questo punto, le affermazioni di Timmermans non fanno altro che generare ancora più incertezza e confusione. Il classico scaricabarile nella consapevolezza che gli attuali decisori Ue rischiano non poco, in occasione del prossimo voto sul piano, dopo il recente rinvio determinato dai Paesi “ribelli”, di uscirne con le ossa rotta, visto anche che nel 2024 ci saranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo con la possibilità che cambi l’orientamento politico attuale, basato sulla demagogia e sull’ideologia.

 

Insomma, a Bruxelles si comincia a riconoscere che la politica fin qui adottata porterà l’Europa in un pericolosissimo “cul de sac”, favorendo i concorrenti cinesi insieme alla sempre maggiore dipendenza asiatica per le materie prime, nonché lo spettro della desertificazione industriale. 

 

Mobilità urbana: due ruote sempre più centrali

Paolo Magri, presidente di ANCMA

di Paolo Magri, presidente di Confindustria ANCMA

Il superamento di molti dei residuali problemi di approvvigionamento permetta al mercato delle due ruote di esprimere meglio il proprio potenziale, confermando ancora il ruolo centrale dei nostri prodotti come scelta sostenibile e fruibile per gli spostamenti individuali e per gli utilizzi più legati alla passione, al turismo e allo sport.

Per questo riteniamo che l’agenda politica delle amministrazioni locali debba tenere conto, nel dibattito sulla sostenibilità dei trasporti e sul futuro delle città, del contributo determinante che i motocicli continuano a offrire alla soluzione dei problemi della mobilità.

Parco camion da svecchiare: servono misure immediate

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di Paolo Starace, presidente di UNRAE Veicoli Industriali

 

Il dato di mercato di febbraio resta positivo, ma evidenzia una lieve flessione dei volumi di immatricolazioni rispetto agli ultimi mesi. Sebbene buona parte delle difficoltà che hanno caratterizzato l’anno passato appaiono sensibilmente migliorate, rimangono incerti e quindi preoccupano gli sviluppi nel prossimo futuro, anche alla luce del contesto economico che sta contraddistinguendo il periodo attuale (inflazione, costo del denaro, produzione industriale).

 

Registriamo con preoccupazione le difficoltà che il settore incontra rispetto alle tempistiche necessarie per l’espletamento delle pratiche amministrative di competenza delle Motorizzazioni, sinora non compensate dalla recente riforma di privatizzazione, che in taluni casi compromettono la capacità delle aziende di trasporto di operare a livello internazionale e in tutti i casi determinano ritardi nei controlli a detrimento della sicurezza stradale.

 

Al di là degli orientamenti politici nazionali e delle decisioni attese a livello europeo, crediamo che, vista l’assenza di interventi dedicati al settore, il Governo non possa esimersi dal sostenere il comparto attraverso misure urgenti al fine di svecchiare il circolante e agevolare – attraverso uno specifico credito d’imposta – l’utilizzo dei biocarburanti. Da ultimo e in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti e nocive per la salute, non si può prescindere dal supportare l’adozione di veicoli a zero emissioni attraverso consistenti incentivi all’acquisto e per la realizzazione delle specifiche infrastrutture di ricarica.