Lo stop UE al 2035: in Italia si vada oltre i bonus

di Michele De Palma, segretario generale FIOM

 

Manca un’idea di programmazione. Bisogna uscire da una logica emergenziale. Con il Governo e con le imprese dobbiamo programmare e quindi decidere step by step quali sono le produzioni che vanno fatte nel nostro Paese. Continuo a pensare che per potere avere auto accessibili bisogna ridurre il prezzo, e per ridurlo non bastano i bonus. Le multinazionali devono ridurre le marginalità in maniera di allargare la base di accesso all’acquisto dell’auto.

 

L’operaio di Mirafiori che produce la 500 elettrica deve potersela comprare perché gli aumenti il salario, perché riduci il prezzo e perché hai il bonus. Sono tre fattori, mentre Carlos Tavares dice che bisogna intervenire solo sul bonus. Le multinazionali devono ridurre i margini di profitto in maniera da allargare la base di accesso all’acquisto. È da tempo che si discute della transizione dell’auto. Il punto è che siamo in ritardo perché nel corso degli anni non si sono fatti gli investimenti per la transizione delle produzioni nel nostro Paese.

 

Abbiamo bisogno di accelerare per potere utilizzare gli impianti e produrre 2 milioni di veicoli anziché 500.000 come oggi. Serve un piano straordinario per salvaguardare l’occupazione e l’ambiente. Mentre Francia e Germania hanno individuato con le imprese e con i lavoratori una soluzione, in Italia non si è mai neppure discusso. Ci sono 8,6 miliardi a disposizione del Governo, non possono servire solo a fare i bonus, ma devono essere utilizzati a garantire la formazione ai lavoratori e la continuità occupazionale.

 

Serve un intervento complessivo soprattutto in prospettiva, considerato l’andamento dei tassi dopo le decisioni della BCE che impatteranno anche sul prezzo dell’auto.

 

 

Renault Austral: al volante della E-Tech Full Hybrid

(a cura di Safe-Drive)

 

Questa settimana Safe-Drive si mette al volante della Suv di segmento C che nell’intenzione del marchio francese andrà a sostituire Kadjar. Le forme di Renault Austral sono muscolose, ma le misure sono in realtà compatte, a partire dalla lunghezza di 4 metri e 51 cm.

 

Il tasto Multisense, collocato nella parte bassa del volante, consente di selezionare le modalità di guida Eco, Comfort, Sport, oppure di accedere al menu personalizzabile dal guidatore. Sotto il cofano Renault Austral E-Tech Full Hybrid ospita un motore 1.2 turbo benzina da 131 cv supportato da un motore elettrico da 25 kW. La potenza complessiva è di 200 cv.

 

 

Stop a Diesel e benzina: idea demenziale europea

di Paolo Uggé, presidente di Conftrasporto-Confcommercio

Pronti a firmare la petizione contro la messa al bando dei motori Diesel e benzina entro il 2035. E dichiara l’appoggio a qualsiasi iniziativa venga intrapresa contro lo stop ai motori termici deciso dall’Ue, iniziando da quella annunciata e programmata per il fine settimana del 25-26 febbraio in diverse piazze del Lazio e della Lombardia.“Il divieto europeo di produzione di auto benzina e Diesel dal 2035 è una scelta masochistica per tutta l’Europa. Inviteremo tutti i nostri associati a sottoscrivere perché il tema della transizione ecologica sia affrontato tenendo conto sia del principio della neutralità tecnologica che dell’attività economica di molte imprese, dalla produzione ai trasporti.

Non accetteremo passivamente questo atto ideologico, di nessun concreto risultato a favore dell’ambiente- Se si vuole definitivamente affossare l’economia nazionale e mettere in difficoltà la povera gente, questa è la strada maestra. Andare ai gazebo e sottoscrivere la petizione significa impedire che questa idea demenziale europea venga portata avanti senza una riflessione seria e realistica.

Diktat UE sul “tutto elettrico”: più gradualità e spazio ai biocarburanti

di Gilberto Pichetto, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica

In relazione alla proposta europea di regolamento sulla riduzione delle emissioni di CO2 per le auto, il Governo ha manifestato a più riprese le proprie perplessità sui tempi e i modi che l’Europa ha stabilito per il superamento dei motori a benzina e Diesel. L’azione governativa procederà lungo due direttrici: da un lato, promuovere una maggiore gradualità nello stop alla commercializzazione dei veicoli; dall’altro, spingere al massimo nella produzione dei biocarburanti, che rappresentano una filiera pulita che consentirebbe di mantenere l’attuale impostazione del sistema produttivo dell’automotive.

Ciò non vuol dire  mettere in discussione gli obiettivi ambientali; benzina e Diesel sono inquinanti e devono essere gradualmente sostituiti; ma deve essere garantito, al contempo, un processo di ristrutturazione del comparto automotive che garantisca salde prospettive di sviluppo e massima tutela dei livelli occupazionali.

Deloitte: preferita in Italia è l’auto ibrida senza spina

Circa un italiano su tre (32%) sceglierebbe un modello ibrido non-ricaricabile HEV come prossima macchina. Perché l’elettrico piace, ma di fronte a difficoltà infrastrutturali, dubbi su modi e tempi di ricarica, timori sull’autonomia di guida, alla fine la scelta di acquisto più probabile per i consumatori italiani ricade sui cosiddetti Hybrid Electric Vehicles (HEV). E solo poco più di uno su dieci (l’11%) punterà per il suo prossimo acquisto su un modello a batteria (BEV). È quanto emerge dal report “Global Automotive Consumer Study 2023’ (GACS)”, uno studio che Deloitte conduce annualmente su un campione di oltre 26.000 consumatori distribuiti fra 24 Paesi a livello globale.

L’analisi di Deloitte conferma una crescente apertura dei consumatori nei confronti dei veicoli elettrici (EV). Il grado di interesse verso gli EV, però, rivela differenze marcate al proprio interno, suggerendo un percorso di sviluppo che almeno nel breve-medio periodo si manterrà ancora molto disomogeneo tra i diversi Paesi. Pensando al prossimo veicolo su cui investire, le intenzioni dei potenziali acquirenti oscillano tra la radicata preferenza degli americani verso i tradizionali modelli ICE a benzina e Diesel (62%) e il dato dell’Italia che rivela una delle preferenze più alte al mondo per la mobilità sostenibile (78%), crescendo ulteriormente rispetto al 69% dello scorso anno.

Tuttavia, uno dei fremi più grandi per l’acquisto di auto elettriche è il prezzo: fra gli italiani interessati all’acquisto di un’auto elettrica (l’11% del totale degli intervistati) quasi uno su quattro (22%) sarebbe disposto a spendere non più di 15.000 euro, mentre un ulteriore 44% non si spingerebbe oltre una soglia di 30.000 euro. Un altro freno è la carenza delle colonnine di ricarica, secondo la ricerca di Deloitte. Per gli italiani, le stazioni pubbliche dovranno essere facilmente accessibili e ben distribuite sul territorio, ma altrettanto importante sarà il tema della rapidità con cui sarà possibile ricaricare il veicolo.

La maggioranza degli italiani (51%), infatti, sarebbe disposta ad aspettare non più di 20 minuti, mentre soltanto una quota molto limitata (5%) accetterebbe una tempistica superiore all’ora.

Lo stop UE al 2035: rischio di shock industriale europeo

di Fabio Zanardi, presidente di Assofond

 

Non ci siano preclusioni nei confronti di tecnologie alternative all’elettrico. Il voto dell’Europarlamento non è certo una sorpresa, perché se da un lato è pienamente condivisibile l’obiettivo di emissioni zero per le autovetture, dall’altro non sono ancora del tutto chiari i reali benefici ambientali che potranno essere concretamente raggiunti.

 

Fissare al 2035 il termine per mettere sul mercato soltanto motori a emissioni zero significa, sostanzialmente, orientare il mercato dell’auto verso una transizione esclusivamente verso la modalità elettrica, che a oggi è l’unica tecnologia sufficientemente matura per garantire questo risultato. E questo avrebbe pesanti ripercussioni sui componenti per motore prodotti dalle fonderie, al 100% riutilizzabili a fine vita nel ciclo di fusione, che subirebbero un importante ridimensionamento della loro posizione strategica nell’ambito dell’automotive.

 

A oggi sono destinate al settore dei mezzi di trasporto più del 50% delle fusioni realizzate in Italia dalle fonderie di metalli non ferrosi e quasi il 30% di quelle realizzate dalle fonderie di metalli ferrosi. Il passaggio all’elettrico, che contiene circa il 70% di componenti fusi in meno rispetto a un motore endotermico, causerebbe la certezza di uno shock industriale europeo a favore di tecnologie che favoriscono Paesi extraeuropei.

 

Tuttavia sono convinto che, anche alla luce di quanto accaduto sui mercati energetici nell’ultimo anno e alle difficoltà connesse a un passaggio in toto all’elettrico, la partita non sia ancora chiusa. La normativa UE, infatti, non prevede in assoluto l’elettrificazione come unica strada: nel 2026 la Commissione valuterà se riesaminare gli obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici, cosa che potrebbe aprire uno spazio importante per motori a combustione interna alimentati da biocarburanti.


Assofond, insieme a Confindustria e alle altre associazioni della filiera sta lavorando proprio per promuovere il principio della neutralità tecnologica: l’obiettivo comune è arrivare alle emissioni zero, lasciando però aperta la strada a tutte le tecnologie che possano permettere di raggiungere questo risultato, salvaguardando allo stesso tempo il tessuto industriale della filiera e i posti di lavoro che queste imprese garantiscono.