Lo stop UE al 2035: rischio di shock industriale europeo

di Fabio Zanardi, presidente di Assofond

 

Non ci siano preclusioni nei confronti di tecnologie alternative all’elettrico. Il voto dell’Europarlamento non è certo una sorpresa, perché se da un lato è pienamente condivisibile l’obiettivo di emissioni zero per le autovetture, dall’altro non sono ancora del tutto chiari i reali benefici ambientali che potranno essere concretamente raggiunti.

 

Fissare al 2035 il termine per mettere sul mercato soltanto motori a emissioni zero significa, sostanzialmente, orientare il mercato dell’auto verso una transizione esclusivamente verso la modalità elettrica, che a oggi è l’unica tecnologia sufficientemente matura per garantire questo risultato. E questo avrebbe pesanti ripercussioni sui componenti per motore prodotti dalle fonderie, al 100% riutilizzabili a fine vita nel ciclo di fusione, che subirebbero un importante ridimensionamento della loro posizione strategica nell’ambito dell’automotive.

 

A oggi sono destinate al settore dei mezzi di trasporto più del 50% delle fusioni realizzate in Italia dalle fonderie di metalli non ferrosi e quasi il 30% di quelle realizzate dalle fonderie di metalli ferrosi. Il passaggio all’elettrico, che contiene circa il 70% di componenti fusi in meno rispetto a un motore endotermico, causerebbe la certezza di uno shock industriale europeo a favore di tecnologie che favoriscono Paesi extraeuropei.

 

Tuttavia sono convinto che, anche alla luce di quanto accaduto sui mercati energetici nell’ultimo anno e alle difficoltà connesse a un passaggio in toto all’elettrico, la partita non sia ancora chiusa. La normativa UE, infatti, non prevede in assoluto l’elettrificazione come unica strada: nel 2026 la Commissione valuterà se riesaminare gli obiettivi tenendo conto degli sviluppi tecnologici, cosa che potrebbe aprire uno spazio importante per motori a combustione interna alimentati da biocarburanti.


Assofond, insieme a Confindustria e alle altre associazioni della filiera sta lavorando proprio per promuovere il principio della neutralità tecnologica: l’obiettivo comune è arrivare alle emissioni zero, lasciando però aperta la strada a tutte le tecnologie che possano permettere di raggiungere questo risultato, salvaguardando allo stesso tempo il tessuto industriale della filiera e i posti di lavoro che queste imprese garantiscono.

 

 

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