La transizione non porti al suicidio industriale: e sulla sicurezza stradale…

di Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti
(estratto dall’intervista pubblicata su “Quattroruote” di febbraio)

La transizione, lo dice la parola stessa, va accompagnata, va gestita, va spiegata, ma non dev’essere una ghigliottina: mettere fuori norma le auto a combustione interna nel 2035 è un suicidio industriale, culturale, economico. È una data sulla quale dobbiamo trattare.

E sulla sicurezza stradale ho chiesto aiuto ai tecnici per stabilire – nel Codice degli appalti come in quello della strada – norme più omogenee. Anche sui monopattini, i sindaci mi chiedono cose diametralmente opposte. Ci dev’essere uniformità. Su Aree 30, ZTL e aree B, bike lane e mobilità alternativa cerchiamo di mettere un po’ di regole, tutelando chi vuole e deve usare l’auto senza estremismi. Per i monopattini – pur prendendo le distanze dal referendum abrogativo proposto in Francia – l’aumento degli incidenti, quadruplicato tra il 2020 e il 2021, fotografa di fatto un trend in crescita e quindi una situazione di emergenza da considerare.

Il nuovo Codice della strada conterrà una modifica per la patente a punti: va rivista perché sembra aver perso efficacia visto che – nonostante le numerose infrazioni – gli automobilisti con zero punti sono meno di 20mila, lo 0,05%. Un’idea innovativa è quella di sanzionare anche con la decurtazione dei punti l’abbandono di rifiuti.

Ci sarebbe da parlare del bizzarro dibattito sui 30 all’ora. A mio avviso, è un provvedimento che parte da prese di posizione ideologiche. Io adoro andare in bicicletta, quando posso, ma la ciclabile in corso Buenos Aires, a Milano, è demenziale. Allo stesso modo, i 30 all’ora in alcuni tratti urbani vanno bene, ma quando il consiglio comunale di una città all’avanguardia come il capoluogo lombardo mi dice che li vuole imporre entro il 2024 in tutta la città, allora vuoi punire chi va in auto. Del resto, mi sembra che l’obiettivo delle Aree B, delle ZTL e dei 30 all’ora sia impedire l’uso dell’automobile. E lo dico da politico che, quando era in consiglio comunale a Milano, nel ’93, volle una grande isola pedonale in centro.

È il partito anti-auto, che prende di mira chi di soldi ne ha pochi, come quello che arriva da fuori Milano con il furgone non esattamente ultimo modello. Quando ero consigliere a Milano avevo come collega Milly Moratti: simpaticissima! Ma quando parcheggiavo la mia Ypsilon, mi diceva: “Ma perché non fai come me e prendi la bicicletta?”. Ecco, peccato che io abitassi in periferia e lei nel centro storico. Chi vuole andare in bici dev’essere libero di farlo dove vuole, ma la macchina è uno strumento fondamentale di lavoro, che, come tale, va trattato.

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