Lo stop UE al 2035: da vivere anche come opportunità

Veicoli commerciali: accelerare sugli incentivi e più colonnine sulle superstrade

di Michele Crisci, presidente di UNRAE

 

L’effetto Cuba e la minaccia che tutto questo possa portare, come la disoccupazione e la chiusura di aziende, sono tutti effetti che possono diventare probabili se in questi 12 anni che ci separano dal 2035 non ci sarà un’agenda economica, politica e istituzionale che possa affrontare una riconversione dell’industria dell’automotive e della componentistica italiana.

 

Il 60% del fatturato della componentistica italiana è fatto verso le aziende europee, che hanno deciso di andare verso una transizione ambientale ben prima del 2030: allora bisogna chiedersi cosa farà questo 60% di fatturato, quando questi contratti saranno persi. Queste aziende vanno riconvertite. Perché questo avvenga con successo, bisogna che il mercato italiano si adegui a quelli che sono gli andamenti del mercato europeo, altrimenti tutta l’Europa si sposta verso le nuove tecnologie e l’Italia resta non solo fanalino di coda, ma addirittura retrocede.

 

Se non verrà messa in piedi un’agenda per gestire la transizione, penso che i posti di lavoro a rischio nel settore automotive sarebbero nell’ordine di qualche decina di migliaia. Dovranno essere convertiti in posti di lavoro diversi, creando posti di lavoro aggiuntivi. Si può fare: va gestito, va governato e deve essere vissuto come un’opportunità senza la quale sicuramente perderemo posti di lavoro, perché la decisione è già presa ed è già in atto. Rischiamo di diventare un Paese di serie B dal punto di vista dello sviluppo delle nuove tecnologie. Ci sono troppe limitazioni anche dal punto di vista del mercato, bisogna aprire alle nuove tecnologie.

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