di Roberto Vavassori, presidente di ANFIA (dall’intervista a “Bloomberg”)
Il problema della scarsa competitività dell’UE nei confronti della Cina è di portata enorme, di cui però ci si è accorti con troppo ritardo. L’indagine UE giunge con almeno un anno e mezzo di ritardo, e soprattutto avrebbe dovuto svolgersi in sordina. Mi sarebbe piaciuto vedere questa dichiarazione accompagnata da alcuni risultati preliminari. Ora che navi piene di veicoli elettrici cinesi hanno lasciato le loro coste e si dirigono verso Amburgo e altri porti europei, è un po’ tardi per segnalare che stiamo avviando un’indagine, soprattutto in un momento di relazioni politiche e commerciali molto delicate tra Europa e Cina.
Già anni fa avremmo dovuto stabilire tariffe uguali sia per le auto europee che vanno in Cina sia per le cinesi che arrivano in Europa. Un veicolo elettrico cinese che entra in Europa paga una tariffa del 10%, mentre uno europeo che entra in Cina paga, a seconda delle sue caratteristiche, tra il 15% e il 25%. Questo è incomprensibile.
Se oggi scontiamo un enorme problema di competitività, è anche perché abbiamo approvato la regolamentazione sui veicoli elettrici per ragioni ideologiche, senza avere un chiaro background industriale su quali sarebbero state le conseguenze per le nostre economie. E ora ci ritroviamo a raccogliere i pezzi.
È sbagliato sottoporre a tassazione alle frontiere le materie prime di cui l’Europa ha bisogno. Non abbiamo miniere, non abbiamo alluminio, non abbiamo molti materiali. Ed è fondamentale che anche le batterie, qualunque sia la loro impronta di carbonio, siano esentate dalla tassa di frontiera. Se vogliamo costruire veicoli elettrici in Europa, ancora per qualche anno, piaccia o no, dovremo importare batterie cinesi. Sarebbe una follia essere costretti a comprare batterie dalla Cina, sottoporle a una carbon tax del 15-20%, assemblarle in Europa e poi pensare di essere competitivi sui mercati internazionali.
L’UE è chiamata a muoversi come un’unica grande industria. Non si tratta di Francia contro Germania. Dovremmo smettere di pensare in questo modo. È vero che le Case tedesche, in Cina, hanno effettuato investimenti maggiori in Cina rispetto a quelle francesi, ma non sono stati solo i francesi a spingere per questa indagine. Non cadiamo nella trappola della polarizzazione, di noi contro loro. Non ci porterà lontano.