
di Massimo Artusi, presidente di Federauto
Il repentino esaurimento dei 201 milioni stanziati per la fascia emissiva Ecobonus 0-20 g/km di CO2 ha destato molta sorpresa tra i concessionari, in quanto solo un ristretto numero (l’8% secondo un’indagine interna alla Federazione) ha potuto soddisfare integralmente gli ordini di auto elettriche in portafoglio, mentre mediamente circa il 33% degli acquirenti interessati all’acquisto di un auto BEV è rimasto senza incentivi.
Nel corso di un recente incontro tenutosi al MIMIT, abbiamo chiesto, oltre a un rifinanziamento della fascia con più basse emissioni limitata ai cittadini, un approfondimento su quanto accaduto il 3 giugno scorso, il giorno di apertura della piattaforma per l’inserimento delle prenotazioni, per comprendere un fenomeno quanto mai insolito per il mercato italiano, soprattutto alla luce delle dinamiche finora osservate.
Vedremo l’impatto di questa nuova edizione degli incentivi statali nelle immatricolazioni che verranno registrate nei prossimi mesi e fino a marzo 2025, ma è chiaro che senza una condivisione della strategia di come supportare le tecnologie più pulite, anche considerando gli effetti negativi sui prezzi determinati dall’incremento aggiuntivo dei dazi sulle auto elettriche importate dalla Cina, gli interrogativi che gravano pesantemente sulla transizione ecologica, rimangono insoluti.
Per offrire un quadro di azione virtuoso, stimolare in modo strutturale la domanda interna e accelerare sullo svecchiamento e sulla sicurezza del parco circolante, evitare una disparità delle condizioni di mercato per effetto di incentivazioni che funzionano a singhiozzo e una perdita di competitività lungo la filiera, serve un segnale chiaro da parte del Governo. Come opportunamente evidenziato nelle raccomandazioni della Commissione europea (pubblicate lo scorso 19 giugno) sulle politiche di bilancio specifiche per l’Italia, occorre intervenire sul sistema fiscale italiano allineando la tassazione per le auto aziendali.