Il consuntivo dei primi nove mesi dell’anno dell’area si è chiuso con 9.779.605 immatricolazioni con una crescita dell’1% sullo stesso periodo del 2023, ma con un calo di ben il 20,5% sulla situazione ante-crisi (gennaio-settembre 2019) e con prospettive non positive.
All’interno dell’area si registrano situazioni piuttosto differenziate. Il mercato più importante, quello dellaGermania, a settembre ha fatto registrare un calo del 7%. Negli altri quattro mercati, che insieme alla Germania si aggiudicano il 70% delle immatricolazioni, il risultato peggiore lo ha fatto registrare la Francia (-11,1%), seguita dall’Italia (-10,7%), mentre in positivo hanno chiuso il Regno Unito (+1%) e la Spagna (+6,3%) grazie all’apporto delle vendite di auto elettriche fortemente incentivate di cui si è detto più sopra.
Si conferma praticamente in tutti i mercati nazionali dell’area che le vendite sono sostenute soprattutto dalla domanda delle aziende che si mantiene moderatamente tonica in quanto le aziende restano in grado di acquistare auto nonostante i forti aumenti di prezzi degli ultimi anni. In sofferenza invece, un po’ ovunque, la domanda dei privati in quanto stipendi e salari non hanno ancora recuperato la forte inflazione degli ultimi anni.
È del tutto evidente che il nodo da sciogliere per il ritorno del mercato dell’auto nell’Europa Occidentale alla normalità, oltre al recupero del potere di acquisto delle persone, è quello della transizione energetica. Secondo e lAndré Schmidt, presidente dell’associazione VDIK (produttori auto tedeschi), per uno sviluppo della mobilità elettrica occorre una massiccia espansione delle infrastrutture di ricarica, una riduzione del prezzo di ricarica dell’elettricità e agevolazioni per l’acquisto di automobili, mentre controproducenti, sempre secondo Schmidt, sono i dazi sulle importazioni di auto elettriche dalla Cina perché le contromisure delle autorità cinesi penalizzerebbero fortemente le esportazioni in Cina.
Comunque, è indispensabile che ’Unione Europea ridefinisca al più presto la sua politica per la transizione energetica nell’auto partendo da presupposti razionali e non ideologici, senza penalizzare il settore dell’auto e distribuendo i costi della transizione in funzione della capacità contributiva delle persone e dei soggetti economici.