L’auto in Europa: continua la “ripresina”

i concessionari mostrano cautela

di Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor

 

Ancora una crescita a due cifre per il mercato dell’auto dell’Europa Occidentale (UE+EFTA+UK). In giugno le immatricolazioni nell’area sono aumentate del 18,7% rispetto allo stesso mese del 2022. È questa l’undicesima crescita consecutiva innescata da un miglioramento delle quantità prodotte dalle case automobilistiche consentita dal rallentamento della crisi innescata dalle difficoltà di reperimento di componenti essenziali come microchip, cavi ed altri.

Con il risultato di giugno il primo semestre del 2023 chiude con un incremento del 17,6% sul primo semestre 2022, ma, in una prospettiva di medio periodo, non è questo il risultato più importante nei dati diffusi dall’ACEA. Il dato veramente importante è infatti la permanenza del mercato dell’auto su livelli di vendita molto lontani da quelli che hanno preceduto la crisi innescata dalla pandemia e cioè dai risultati delle immatricolazioni del 2019. In particolare, per il primo semestre dell’anno, confrontando il dato diffuso con quello dello stesso periodo del 2019, emerge un calo del 21,8%.

Questo risultato appare nettamente in contrasto con l’andamento generale dell’economia che in tutta l’area a fine 2022 ha ormai recuperato la forte caduta generata dalla pandemia e dagli eventi che l’hanno seguita. In particolare, se consideriamo i cinque maggiori mercati dell’Europa Occidentale, emerge che nell’intero  2022  in Germania il Pil ha superato dello 0,63% il livello del 2019, mentre le immatricolazioni di autovetture hanno accusato un calo del 26,5% sui livelli del 2019; nel Regno Unito lo stesso confronto ci dice che a fronte di un modestissimo calo del Pil (-0,35%) le immatricolazioni sono calate del 30,2%; in Francia il Pil è cresciuto dell’1,03% e le immatricolazioni sono sotto del 27,3%; in Italia il Pil è cresciuto dello 0,96% e le immatricolazioni sono calate del 31,3%; in Spagna, infine, il Pil è calato dell’1,33%, ma per le immatricolazioni vi è un calo del 35,4%.

Come tutti sanno esiste una forte correlazione positiva tra l’andamento dell’economia e quello delle vendite di autovetture. Questa correlazione nell’Europa Occidentale sembra non esistere più. Le ragioni di questa situazione sono solo in piccola parte attribuibili alla crisi negli approvvigionamenti di semiconduttori e altri componenti, crisi alla cui parziale risoluzione si deve la ripresa degli ultimi undici mesi. Vi è infatti ancora un grande problema che riguarda la domanda e che è legato alle modalità della transizione energetica. I concessionari segnalano che la ripresa iniziata nell’agosto 2022 è sostenuta essenzialmente dagli ordini accumulatisi per le difficoltà di fornitura delle Case, ma l’afflusso di nuovi ordini langue.

Tra le ragioni della difficoltà di acquisizione di ordini vi è certamente il fatto che gli automobilisti che hanno necessità di cambiare la loro auto (e sono ormai milioni nell’area) e non sono intenzionati o non hanno la possibilità economica di acquistare un’auto elettrica, se pensano di acquistare oggi un’auto ibrida, a benzina o Diesel, si chiedono quanto varrà sul mercato dell’usato l’auto che acquisteranno quando dovranno sostituirla e ciò perché il procedere della transizione all’elettrico comporta necessariamente una accelerata perdita di valore delle auto in circolazione.

Emerge, dunque, ancora una volta che l’Unione Europea se vuole procedere nella transizione ecologica non può limitarsi ad emanare diktat, ma deve farsi carico di affrontare i problemi economici che la transizione comporterà per la stragrande maggioranza degli automobilisti.

 

 

AlixPartners: da 20 anni per spiegare l’automotive e non solo

È ormai tradizione che nel periodo estivo, AlixPartners, società di consulenza leader a livello globale specializzata nella creazione di valore e nel miglioramento della performance in ogni fase del ciclo di attività aziendale, riunisca clienti e giornalisti per l’evento, ora denominato Garden Party”, anche quest’anno svoltosi nel magnifico scenario di Villa Necchi Campiglio, nel pieno centro di Milano, a due passi da corso Venezia.

Quest’anno, inoltre, come valore aggiunto, c’è stata la celebrazione del 20° anniversario.

Da anni AlixPartners presenta i suoi studi e partecipa alle edizioni dei nostri #FORUMAutoMotive. Un ringraziamento va a tutta la squadra guidata in Italia da Dario Duse, responsabile del team Automotive & Industrial EMEA, e a Stefano Aversa, Global Vice Chairman e Chairman EMEA, nonché presidente della Fondazione Andrea Bocelli.

 

“Greening Freight Transport”: le riflessioni di ACEA

Foto: Luca De Meo, presidente di ACEA

La Commissione europea ha lanciato il pacchetto “Greening Freight Transport”, un’iniziativa Green Deal volta a ridurre significativamente le emissioni del trasporto su strada. ACEA spiega in modo più dettagliato il pacchetto della Commissione europea e approfondisce il significato della sua ultima proposta per l’industria automobilistica europea.

Cauto ottimismo sulla proposta su pesi e dimensioni

I veicoli a emissioni zero richiedono più peso, carico per asse e spazio. La revisione della direttiva su pesi e dimensioni (W&D) potrebbe contribuire a creare condizioni di parità con i veicoli alimentati in modo convenzionale, un adeguamento richiesto dai produttori europei di autocarri e autobus.

Mentre molti dettagli più fini devono essere risolti, i produttori europei di autocarri e autobus sono incoraggiati da alcune delle revisioni proposte dalla Commissione europea. La franchigia aggiuntiva per peso e lunghezza per i veicoli pesanti a emissioni zero (HDV) è un passo importante nella giusta direzione; tuttavia, ciò sosterrà la transizione a emissioni zero del settore solo se accompagnato da aumenti dei carichi massimi per asse.

I produttori accolgono con favore l’aumento di quattro tonnellate proposto per il peso massimo dei veicoli a emissioni zero, oltre all’attuale limite di 40 tonnellate autorizzato per i veicoli pesanti. Ciò non solo compenserà le tecnologie più pesanti a emissioni zero come le batterie (e quindi i veicoli più pesanti), ma consentirà un carico utile aggiuntivo, ovvero un camion può trasportare più carico, poiché queste tecnologie diventano più leggere nel tempo.

La Commissione ha inoltre riconosciuto diverse carenze nell’attuale direttiva W&D, come le norme divergenti per i veicoli più lunghi e più pesanti a livello di Stati membri, che hanno un impatto negativo sull’efficienza dei trasporti. Norme armonizzate in tutti gli Stati membri potrebbero alleviare gli attuali ostacoli nel trasporto transfrontaliero per i produttori di autocarri e autobus.

I colegislatori devono ora garantire che la direttiva W&D sia riconosciuta come fattore chiave per la transizione verso la neutralità climatica. Le Case automobilistiche ora chiedono al Parlamento e al Consiglio di non ritardare la proposta W&D e di compiere rapidi progressi nella rimozione degli ostacoli che potrebbero ostacolare l’adozione da parte del mercato di autocarri e autobus a emissioni zero.

CountEmissionsEU – non solo un semplice esercizio di contabilità?

La Commissione ha inoltre pubblicato la sua proposta sulla contabilizzazione delle emissioni di gas a effetto serra per i servizi di trasporto, il cosiddetto regolamento “CountEmissionsEU”.

L’industria automobilistica europea e i suoi clienti stanno già passando dai veicoli alimentati in modo convenzionale ai modelli a emissioni zero e le regole CountEmissions hanno il potenziale per portare questa transizione ancora oltre se implementate in modo efficace.

Tuttavia, la proposta potrebbe comportare potenziali insidie per i produttori di veicoli. ACEA ha lanciato continuamente l’allarme sulle nuove norme comunitarie in contraddizione o duplicazione di quelle esistenti, e la proposta “CountEmissions” non deve virare nella stessa direzione.

Che si tratti delle norme sulla CO2 per i veicoli pesanti (HDV), della direttiva sulle energie rinnovabili (RED), della direttiva sulla qualità del carburante (FQD), dei regolamenti UE sulle batterie, dell’LCA e delle norme sulla due diligence, i requisiti per misurare le emissioni devono allinearsi con altri regolamenti obblighi.

Come anche ACEA ha sottolineato in precedenza, i legislatori devono tenere maggiormente conto delle differenze tra trasporto merci e trasporto passeggeri. I colegislatori dovrebbero garantire che il quadro contabile faccia sufficientemente questa distinzione in modo che le diverse caratteristiche, che si tratti di trasporto di merci o di passeggeri, non siano messe da parte.

I legislatori devono anche riconoscere che il conteggio delle emissioni dei trasporti e della logistica non è un compito semplice. Sebbene un’esenzione per le PMI abbia senso, i colegislatori non devono sottovalutare l’impatto dei costi aggiuntivi e degli oneri amministrativi nel compromettere la transizione a zero emissioni del settore.

La direttiva sui pesi e le dimensioni e le norme sul conteggio delle emissioni arrivano anche in un momento in cui i produttori europei devono affrontare crescenti pressioni competitive dall’estero e crescenti sfide normative a livello nazionale. Entrambe le iniziative faro del pacchetto “Greening Freight Transport” hanno il potenziale per accelerare o ostacolare la transizione net-zero del settore. Molto dipenderà dai negoziati che seguiranno, ma la salvaguardia della competitività industriale deve guidare queste discussioni.

Altro allarme: automotive a rischio in Europa, in bilico 4 milioni di posti

Oggi le Case europee contribuiscono per 460 miliardi al prodotto interno lordo del Vecchio continente e impiegano 4 milioni di persone, ma secondo l’analisi effettuata da Boston Consulting Group l’avvento dell’elettrico e la deglobalizzazione la quota di mercato globale potrebbe scendere dal 26% al 12% nel 2040, cedendo il passo alla concorrenza asiatica e americana, e le conseguenze della decelerazione potrebbero a 145 miliardi di Pil in meno e 1,5 milioni di posti di lavoro persi.

 

L’Europa ha varato lo stop dei motori a combustione entro il 2035, ma già nel giugno 2023 le auto elettriche hanno superato quelle a gasolio tra i veicoli più venduti e questo trend rischia di mettere in difficoltà le Case automobilistiche del Vecchio continente. Secondo l’analisi, infatti, il settore è in ritardo rispetto ai concorrenti americani e asiatici e rischia di perdere il suo primato.

 

Le Case, quindi, hanno urgenza di investire per creare nuovi vantaggi competitivi nell’efficienza, nei sistemi di guida autonoma, nell’elettrificazione e nei software per riprendere la testa dell’innovazione e invertire il trend, facendo salire la quota di mercato e, di conseguenza, il contributo al Pil e l’occupazione.

 

“Oggi il settore auto europeo possiede un primato costruito dai marchi nel corso degli anni e basato sulla superiorità tecnologica e qualitativa nella costruzione dei motori termici, così come sull’efficienza indiscussa delle proprie catene di produzione. Tuttavia, questo primato si trova ora esposto a diversi rischi che minacciano l’andamento futuro del comparto. Per permettere all’auto europea di continuare a spingere sull’acceleratore, bisogna creare collaborazione tra costruttori, fornitori e autorità”, ha dichiarato Giuseppe Collino, managing director e partner di BCG.

 

Colonnine in autostrada: solo 1 su 5 con ricarica veloce, divario Nord-Sud

La rete di ricarica per le vetture elettriche in viaggio sulle autostrade italiane è raddoppiata in un anno, ma solo in 19 stazioni su 100 è possibile accedere alla ricarica ad alta potenza. Si conferma il forte divario Nord-Sud: in Lombardia ed Emilia-Romagna ci sono più colonnine che in tutto il Meridione.

Sono questi i principali dati e trend del report annuale “La mappa delle colonnine in autostrada 2023” condotto da “InsideEVs.it”, testata specializzata nella mobilità elettrica, che per il secondo anno consecutivo ha fotografato la presenza dell’infrastruttura necessaria per chi deve viaggiare in elettrico nel Belpaese. Il numero delle colonnine è cresciuto in modo significativo, ma rimane ancora tanto da fare. Anche perché non tutti i punti di ricarica (in una colonnina possono essercene più d’uno) sono ad alta potenza e non tutte le Regioni sono infrastrutturate allo stesso modo.

Lo studio prende in considerazione esclusivamente le colonnine dislocate all’interno delle stazioni di servizio autostradali e in corrente continua ad alta potenza (HPC, High power charger), cioè da 100 kW in su. Questa è l’unica tipologia di ricarica che rende pratico un viaggio in auto elettrica, contenendo il tempo necessario per il rifornimento di energia al di sotto dei 30 minuti e riducendo la probabilità di trovare le colonnine occupate da altri veicoli.

 

I dati: la rete raddoppia, ma…

Le aree di servizio elettrificate sono 121 sulle complessive 476, ma solo 92 (pari al 19%) dispongono della ricarica ad alta potenza erogata attraverso 406 punti di ricarica. Ciò significa che la rete è più che raddoppiata rispetto alle 38 aree di servizio veloci (per 172 punti di ricarica) registrate nel 2022: +142% per le aree di servizio veloci, +136% per i punti di ricarica HPC. Gran parte (circa il 77%) della crescita dipende però dalle nuove installazioni operate da Autostrade per l’Italia (Aspi), che gestisce 3.000 dei 7.000 km totali di autostrade. 

 

I punti di ricarica per Regione: prime Emilia-Romagna e Lombardia, poi il Lazio

Regine della ricarica autostradale risultano Emilia-Romagna e Lombardia, con 15 aree di servizio attrezzate, di cui rispettivamente 14 e 13 che dispongono di colonnine ad alta potenza erogata da 58 e 56 punti di ricarica. A piazzarsi sull’ultimo gradino del podio è il Lazio, con 11 aree di servizio ad alta potenza per 46 punti di ricarica.

Ancora male Basilicata, Molise e Sicilia, senza alcuna colonnina lungo le rispettive arterie autostradali, mentre Calabria e Friuli-Venezia Giulia sono dotate solo di colonnine non ad alta potenza. Rimane fuori concorso la Sardegna, dove non ci sono proprio autostrade.

Analizzando i dati sul Mezzogiorno, emerge con evidenza l’annoso divario Nord-Sud anche per l’auto elettrica, con il Settentrione che può contare infatti quasi il quadruplo delle aree di servizio con ricarica rispetto all’altra parte dello Stivale. Le sole Emilia-Romagna e Lombardia possono affidarsi a più punti di ricarica (rispettivamente 82 e 80) e HPC (rispettivamente 58 e 56) di tutto il Sud (76 punti di ricarica, di cui 48 HPC).

Se si considera la “densità” delle colonnine, cioè il numero delle aree di servizio con punti di ricarica ogni 100 km, lo scettro passa in mano all’Umbria, con 5,08 aree di servizio con colonnine super veloci ogni 100 km. Il primato del “cuore verde d’Italia” è però gonfiato dalle 3 aree di servizio infrastrutturate sui soli 59 km di autostrada che lambiscono la Regione, così come il terzo posto della Regione Marche è influenzato dai soli 168 km di autostrade che insistono sul territorio. Più significativi i risultati di Emilia-Romagna (2,47 aree di servizio con ultra fast charge), Lazio (2,21) e Liguria (1,89), che seguono in questa particolare graduatoria.

“Se si vuole superare la diffidenza degli italiani nei confronti dell’auto elettrica, bisogna completare con urgenza l’infrastrutturazione delle autostrade, in quanto simbolo della nostra libertà di viaggiare”, ha commentato Alessandro Lago, direttore di InsideEVs.it. “L’assenza di una rete di ricarica adeguata rischia di penalizzare anche l’industria turistica, se si considera il numero crescente di stranieri in visita nel nostro Paese con un’auto elettrica. Le norme che recepiscono le direttive europee esistono, ma non sono efficaci perché non contemplano sanzioni per le concessionarie autostradali che non rispettano le scadenze. Il Governo dovrebbe tenerlo a mente, partendo dal presupposto che c’è in gioco l’interesse pubblico alla transizione energetica e che le autostrade sono un bene pubblico al servizio dello sviluppo del Paese”, ha concluso Lago.

Boom di furti di veicoli in Italia: oltre quota 123mila

Il 2022 è stato un anno di nuova accelerazione per i furti di veicoli nel nostro Paese, a una velocità che non si vedeva da oltre 10 anni (+18% vs 2021): ogni giorno ne sono stati sottratti oltre 330, tra auto, moto e mezzi pesanti. Campania, Lazio, Puglia, Sicilia e Lombardia sono le Regioni più a rischio. Sempre più spesso i ladri utilizzano dispositivi hi-tech per sottrarre l’auto: il 33% dei furti dei Suv e delle vetture di ultima generazione viene portato a termine in questo modo, beffando i sistemi di protezione in soli 30 secondi. Furti parziali altro trend in crescita.

Sono questi i principali trend che emergono dal “Dossier sui Furti di veicoli”, elaborato da LoJack Italia, società del Gruppo CalAmp leader nelle soluzioni telematiche per l’Automotive e nel recupero dei veicoli rubati, che ha raccolto e analizzato i dati forniti dal ministero dell’Interno sul 2022 e li ha integrati con quelli provenienti da elaborazioni e report nazionali e internazionali sul fenomeno.

Lo scorso anno la crescita dei furti ha registrato un aumento che, con simile intensità, non si vedeva da molti anni, segnando un +18% rispetto al 2021, per un totale di oltre 123mila veicoli rubati. La crescita del fenomeno ha riguardato tutte le categorie vetture/SUV, moto/scooter, furgoni e mezzi pesanti. Un vero e proprio boom che testimonia come, archiviata ormai la fase di contrazione legata ai limiti alla circolazione imposti durante la pandemia, il business criminale dei furti sia ormai ripartito di slancio

A rendere ancora più preoccupante lo scenario è anche il tasso di recupero che, pur se in lieve risalita, resta al 40%, a conferma di come queste attività siano oggi prerogativa di vere e proprie centrali di smercio e/o di smontaggio dei veicoli sottratti e di come la lotta tra forze dell’ordine e ladri sia sempre più una guerra basata sul tempo, che trascorre tra l’episodio e la denuncia, e sulla tecnologia dei dispositivi eventualmente a bordo del veicolo, ma anche su quella utilizzata in alcuni casi dai ladri. Se la denuncia e la relativa ricerca vengono avviate tardivamente e il mezzo non dispone di adeguata tecnologia per la localizzazione, le percentuali di ritrovamento si riducono drasticamente, anche ben al di sotto della già bassa media nazionale.

Nel 2022 73.465 veicoli sono spariti nel nulla anche per questi motivi. Il lieve incremento dei recuperi registrato lo scorso anno è in parte dovuto alla maggiore presenza di dispositivi di localizzazione a bordo delle vetture e in parte a una crescente attenzione verso la telematica di bordo da parte delle case automobilistiche e degli automobilisti stessi.

Ladri hi-tech

A guidare la significativa crescita dei furti sta di fatto contribuendo anche l’utilizzo sempre più frequente da parte dei ladri di dispositivi hi-tech in grado di agevolare e rendere più rapida e meno vistosa la violazione dell’auto e la sua sottrazione. Secondo le stime LoJack elaborate anche sulla base delle attività di recupero realizzate a supporto della Polizia, oggi in Italia il 33% dei furti di vetture e SUV dotati di chiave contactless (che consente l’apertura/chiusura del veicolo a breve distanza), viene compiuto anche grazie all’utilizzo di un dispositivo tecnologico, in grado di beffare il proprietario della vettura in soli 30 secondi, anche quando ritiene di essere al sicuro.

“Il business dei furti è tornato a farsi sentire in modo deciso nel nostro Paese”, ha osservato Massimo Ghenzer, presidente di LoJack Italia, “Non si assisteva a un tasso di crescita così significativo, anno su anno, da molto tempo. Lo scorso anno 73.465 veicoli sono spariti nel nulla. Due curiosità: secondo nostre stime, i ladri d’auto si muovono principalmente di notte (nel 65% dei casi), quasi sempre nei giorni lavorativi della settimana (nel 90% dei casi); non è vero che a essere rubate sono soprattutto le auto appena comprate. Le vetture mantengono un appeal per i ladri praticamente inalterato nei primi 3-4 anni, per poi iniziare a scendere sensibilmente dal 5 anno in poi. Per evitare di restare vittima della seconda violazione più temuta dagli italiani (dopo il furto in casa), soprattutto in alcune aree del Paese è necessario tutelarsi dotandosi di dispositivi hi-tech in grado di garantire maggiori chance di rilevamento e recupero dell’auto dopo il furto. Solo un intervento rapido ed efficace può ridurre le possibilità che del veicolo si perdano le tracce per sempre. Grazie alla nostra tecnologia e a un team di esperti che supporta sul campo le Forze dell’Ordine nella ricerca oggi possiamo contare su percentuali di recupero doppie rispetto a quelle del mercato. I veicoli equipaggiati con LoJack vengono ritrovati in 8 casi su 10, il doppio della media nazionale di recupero”.

Altro trend in forte crescita negli ultimi mesi riguarda i furti parziali, cioè le sottrazioni di singoli pezzi alle vetture in sosta su strada. Complice la grave crisi di produzione e di disponibilità dei pezzi di ricambio, marmitte, ruote, paraurti e fari sono oggi i pezzi più rubati per essere poi instradati su mercati paralleli a quello ufficiale. A rendere ancora più appealing questo particolare business criminale ha contribuito anche la crisi delle materie prime, acuita dalla guerra in Ucraina, e così ecco che sempre più spesso anche i catalizzatori sono entrati nel mirino dei ladri, spesso “segati” e portati via per estrarre particelle di oro e platino contenute oppure le preziose batterie al litio estratte da veicoli elettrici. Tutto ciò provocando danni per diverse migliaia di euro per i malcapitati proprietari del mezzo.

Campania e Lazio nel mirino

L’incremento dei furti di autoveicoli (vetture + furgoni + Suv), la fetta più significativa del mercato, si è spalmato più o meno omogeneamente su tutta la Penisola, portando oltre il livello di guardia il primato di Campania e Lazio, rispettivamente con 24mila e 15mila episodi. In crescita anche la performance della Puglia (+17%), che con 14.951 furti tallona il secondo posto del Lazio. Seguono Sicilia (12.638 casi e +37% sull’anno precedente) e Lombardia (8.508).

In queste 5 regioni si verificano 75mila dei complessivi 89mila furti. Un elemento che conferma una volta di più come le organizzazioni criminali privilegino operare all’interno delle grandi metropoli o nei contesti del Sud Italia in cui le mafie hanno tradizionalmente radicato le proprie attività. Un caso a parte costituisce la Puglia che, nelle sue campagne, ospita un significativo e imprecisato numero di centrali di smontaggio di vetture rubate in grado, nel giro di una notte, di cannibalizzare una vettura e renderla quindi introvabile alle Forze dell’Ordine.

Il Lazio resta la regione in cui gli autoveicoli, una volta sottratti, fanno più difficilmente ritorno a casa: meno di 1 su 3 (il 32%) viene ritrovato. A conseguire la migliore performance in termini di recupero, tra le Regioni che possono contare su un’incidenza significativa del fenomeno, è l’Emilia-Romagna con quasi 2mila furti e un tasso del 60% di ritrovamenti.

Diverse, invece, sono le regioni in cui i proprietari di un’auto possono dormire sonno tranquilli: in ben otto, Basilicata, Valle D’Aosta, Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Molise, Trentino-Alto Adige e Umbria le sottrazioni non raggiungono i 600 casi l’anno.

La classifica dei modelli di vetture più rubate non registra stravolgimenti rispetto agli scorsi anni e asseconda il mercato delle vendite. Anche nel 2022 le prime cinque posizioni sono appannaggio dei brand del Gruppo Stellantis con in testa la Fiat Panda con 11.942 sottrazioni (oltre 1 vettura rubata su 10 è Panda), seguita dalla FIAT 500 (8.698), dalla FIAT Punto (5.444), dalla Lancia Ypsilon (3.918) e dalla Alfa Romeo Giulietta (1.658). La Volkswagen Golf riconquista il sesto posto (1.427), a scapito della Smart Fortwo Coupè (1.408). A completare la top ten ci sono la Renault Clio (1.388), la Ford Fiesta (1.157) e la Opel Corsa (910).

Nella categoria Suv, sempre più ambita dai ladri che spesso dopo la sottrazione li instradano lungo le redditizie rotte dell‘Est Europa o del Nord Africa dove vengono rivenduti, i più attenzionati restano, come da tradizione, il Nissan Qashqai, il Land Rover Evoque, lo Hyundai Tucson e il Toyota Rav4.

Furgoni

Anche i furti di autofurgoni hanno registrato un aumento dei numeri complessivi in linea con il trend generale: dai 5.628 sottratti nel 2021 si è passati ai 6.620 del 2022. Le aree significativamente più colpite sono, nell’ordine la Lombardia (1.229 furti), la Puglia (1.001), il Lazio (977) e la Campania (946). Una nota positiva emerge dal tasso di recupero di questa categoria, che raggiunge quota 47%, quasi un autofurgone su due viene ritrovato dopo il furto.

Nella top 5 dei più rubati il Fiat Ducato (1.083) scala due posizioni e supera il Fiat Doblò (581), il Ford Transit (265) e l’Iveco Daily (182), nel 2021 in vetta a questa speciale graduatoria. Chiude il Mercedes Sprinter (164).

Moto e scooter

Non conosce soste anche il business dei furti di moto e scooter. Ogni giorno in Italia ne vengono rubati oltre 85 (erano 73 nel 2021), per un totale che lo scorso anno ha toccato quota 31.138, +17% rispetto al 2021. Di questi, solo il 39% viene restituito al legittimo proprietario. Come in parte avviene per le quattro ruote, queste, una volta rubate, possono essere rivendute soprattutto in Paesi dell’Est o sfruttate per alimentare il mercato nero dei pezzi di ricambio usati.

La Campania guida la graduatoria delle regioni più a rischio con ben 7mila furti e un tasso di recupero fermo al 25% (3 su 4 non vengono trovati), seguita a distanza da Sicilia (5.559 casi), Lazio (5.210) e Lombardia (4.141).

Tra le aree che hanno registrato un vero e proprio boom del fenomeno va segnalata la Toscana, dove nel 2022 le sottrazioni delle due ruote hanno registrato un +30%, che l’ha portata a superare la soglia delle 2mila unità sottratte.

La top 5 dei modelli più rubati conferma il primato incontrastato dell’Honda SH (6.378 unità rubate nel 2022) e segna un paio di sorpassi: il primo ad opera dello Scarabeo Aprilia (1.378) che scalza dal secondo posto il Liberty Piaggio (1.363) e il secondo operato dal Beverly Piaggio (1.114) che supera la Vespa Piaggio (1.040).

Veicoli industriali

L’andamento generale dei furti di automezzi pesanti, categoria che include truck, rimorchi, autobus, veicoli speciali e roulotte, registra una crescita inferiore a quella degli altri veicoli (+10%), ma al contempo conferma come, tra le diverse categorie, gli automezzi risultano quelli che, una volta rubati, hanno meno probabilità di essere ritrovati. Solo 1 su 3 viene recuperato. Un dato allarmante, questo, che dice molto su come questi mezzi siano oggetto delle attenzioni di organizzazioni criminali ben strutturate che non lasciano nulla al caso. A rendere interessanti questi veicoli è il loro valore e in alcuni casi anche quello delle merci trasportate.

Nel 2022 ne sono stati rubati 2.416, oltre 6 al giorno. Dopo un anno (il 2021) di calo, anche questo segmento ha ripreso vitalità, arrecando grave danno alle attività dei proprietari, spesso aziende che vedono sparire il carico trasportato e con esso il bene strumentale. Si confermano tre le dinamiche che sottendono questi furti: quelli su commissione, le truffe e le appropriazioni indebite di veicoli in leasing.  La geografia di questi furti vede in testa la Puglia (532 casi), seguita da Lombardia (298) e Lazio (296), quasi appaiate, e Campania (233).

All’interno di questa categoria, negli ultimi mesi si sono moltiplicate le sparizioni delle macchine di movimento terra, impiegate all’interno dei cantieri e spesso sottratte grazie a furgoni di grandi dimensioni, scaricarti in cascine abbandonate, ispezionati, in attesa di essere piazzati sul mercato o per poi essere instradati verso imprese di costruzione nei Paesi dell’Est Europa.

I consigli utili di LoJack

Il recente boom dei furti di auto e l’avvicinarsi della stagione estiva, momento clou per questo business, non lascia certo tranquilli i proprietari di auto. LoJack propone quattro suggerimenti utili per non restarne vittima:

1.      Attento al parcheggio. Non lasciare l’auto in parcheggi isolati o incustoditi, non parcheggiare sempre nello stesso posto. Verifica ogni due giorni che l’auto sia parcheggiata nel punto in cui l’hai lasciata. Denunciare con tempestività l’eventuale furto aumenta la possibilità di ritrovarla.

2.      Attento quando lasci l’auto in autogrill o al centro commerciale. Quando chiudi la vettura a distanza tramite una smart key, controlla sempre manualmente l’avvenuta chiusura delle portiere. Un ladro potrebbe disturbare il segnale con un jammer per poi entrare indisturbato nel veicolo e approfittare della sosta. Sempre più furti avvengono con questa modalità.

3.      Non distrarti. Non lasciare l’auto accesa e con le chiavi inserite, nemmeno per pochi secondi (ad esempio mentre sei in doppia fila), potrebbero risultare decisivi per il furto.  Prima di lasciare l’auto, assicurati che i finestrini siano ben chiusi. Non lasciare mai PC o tablet in auto, i furti questi di dispositivi lasciati incautamente in automobile sono sempre più frequenti. Il ladro, grazie a specifiche APP per telefonini che ricevono i segnali Bluetooth emessi da molti dispositivi anche quando sono apparentemente inattivi, può verificare la loro presenza, forzare il portabagagli e appropriarsene.

4.      Proteggi la tua auto con un sistema di antifurto o un sistema di recupero. Un antifurto meccanico rappresenta un rallentamento nelle attività del ladro e può indurlo a preferire la sottrazione di un’auto senza protezione, ma un sistema di recupero hi-tech e non schermabile rende molto probabile il rapido recupero del veicolo.

Divieti di circolazione per i camion: sospendere una norma anti-sicurezza per gli autotrasportatori

di Cinzia Franchini, presidente di Ruote Libere

Ogni anno siamo alle solite, col calendario divieti, in particolare a luglio e agosto, per gli autotrasportatori lavorare si trasforma in un’odissea. Una legge che dovrebbe tutelare la sicurezza di chi va in vacanza si trasforma inevitabilmente in una norma che penalizza la sicurezza degli autotrasportatori. Per questo chiediamo, ancora una volta, che vengano sospesi i divieti di circolazione straordinari per gli autocarri per tutto il mese di luglio e agosto.

Se in questo Paese chi ha la responsabilità di garantire che tutti gli utenti della strada possano viaggiare in sicurezza non è in grado di adempiere ai propri compiti, allora non può chiedere ad un solo comparto di farsene carico, a discapito della propria stessa incolumità e con ricadute economiche importanti . Come noto ogni anno uno specifico Decreto Dirigenziale regolamenta, per i mezzi superiore alle 7,5 tonnellate il divieto di circolazione fuori dai centri abitati in alcuni giorni e orari. Divieto generalmente applicato tutte le domeniche dalle 9 alle 22. A partire però dal primo luglio tale divieto è stato esteso al sabato dalle 8 alle 16, prevedendo per gli ultimi due fine settimana del mese anche il venerdì dalle 16 alle 22, il sabato dalle 8 alle 16 e la domenica dalle 7 alle 22. E ad agosto le restrizioni diventano ancora più pesanti.

Due le criticità che rendono inaccettabile una norma alla quale siamo tristemente abituati. La prima parte dalla constatazione di come il calendario divieti ignori il Regolamento 561/2006 che disciplina i tempi di guida e di riposo degli autisti. Ad esempio un camionista che finisce le proprie ore di riposo alle 16.30, un riposo peraltro paradossale perché spesso vissuto in cabina con una temperatura esterna di 40 gradi in assenza di aree attrezzate, si ritrova con un fermo dalle 16 alle 22 che lo costringe a perdere ulteriori sei ore di lavoro. Non solo, con la consapevolezza di avere una settimana corta, a causa dei divieti, spesso gli autotrasportatori lavorano con lo stress di dover rientrare in tempo, con inevitabili conseguenze sulla loro qualità di vita e sulla loro sicurezza.

La seconda criticità riguarda lo stato delle autostrade italiane. Come noto il sito di Autostrade per l’Italia pubblica in tempo reale la mappa delle chiusure e dei lavori sulla rete italiana: è sufficiente scorrere questo interminabile elenco per rendersi conto di come viaggiare si trasformi spesso in un calvario – chiude Cinzia Franchini -. Siamo giunti a luglio e come sempre le autostrade italiane sono costellate di cantieri. Questo è il vero pericolo per chi viaggia. E allora torniamo alla richiesta iniziale di sospensione dei divieti: del resto con che autorevolezza un ministro può chiedere un ulteriore sacrificio alla categoria degli autotrasportatori, vietandone la circolazione, quando offre una rete infrastrutturale del tutto inadeguata, sia in termini di manutenzione sia in termini di assenza di aree di sosta non dico adeguate, ma banalmente decenti?

Guida sicura D6: giornalisti al test del “Metodo Ciuffi”

di Pierluigi Bonora

L’auto è un oggetto che regala libertà, a tutti. Un pilota può andare veloce, ma prima è essenziale che sappia andare piano”, firmato Paolo Ciuffi, fondatore di D6, ovvero la società che organizza Corsi di guida responsabile e sicura, ma anche di Eco-guida e Pilotaggio agonistico.

Fiorentino, pilota professionista dal 1989 e istruttore di guida dal 1991, Ciuffi, insieme al suo team, insegna a guidare in sicurezza su strada, prima che sui circuiti. Ed è questa una delle novità.

È così toccato a un gruppo di giornalisti (tra i quali il sottoscritto) dover aggiornare, sulle scenografiche e tortuose strade del Chianti, le proprie conoscenze di guida nel segno del “Metodo Ciuffi“.

 

 

Volvo e Westport: accordo per ridurre la CO2 nel trasporto a lungo raggio

Volvo Group e Westport Fuel Systems Inc, leader di sistemi e componenti avanzati per la fornitura di carburanti alternativi per il settore dei trasporti globali, hanno firmato una lettera d’intenti non vincolante per costituire una joint venture al fine di accelerare la commercializzazione e l’adozione globale della tecnologia HPDI di Westport applicata ai sistemi di alimentazione per applicazioni a lungo raggio e fuoristrada. Volvo e Westport condividono la visione di creare soluzioni di trasporto sostenibili per accelerare gli sforzi di decarbonizzazione dei produttori globali di camion, motori e attrezzature per la loro clientela e per la società.

Il sistema di alimentazione HPDI di Westport è una soluzione ad alte prestazioni che supporta significative riduzioni di carbonio in ambiti quali la mobilità pesante e fuoristrada. HPDI consente ai produttori mondiali di veicoli per il trasporto merci e fuoristrada di affrontare le sfide poste nel soddisfare i requisiti della norma Euro 7 e dell’EPA statunitense, offrendo agli utenti finali opzioni accessibili, alimentate da combustibili carbon neutral come i biogas, carburanti a emissioni zero come l’idrogeno verde e altri combustibili rinnovabili.

Volvo acquisirà una quota del 45% nella joint venture, per un importo di circa 28 milioni di dollari e fino ad altri 45 milioni di dollari a seconda delle prestazioni della joint venture. L’ambizione di Volvo è quella di offrire prodotti, soluzioni e servizi con emissioni di gas a effetto serra pari a zero, entro il 2040. Volvo ritiene che il futuro richiederà soluzioni di propulsione diversificate per molteplici applicazioni, al fine di soddisfare le esigenze della clientela e i requisiti ambientali. E sostiene un approccio a tre elementi: motori elettrici a batteria, motori elettrici a celle a combustibile e motori a combustione interna.

La decarbonizzazione dei motori a combustione interna, alimentati con combustibili rinnovabili, in particolare grazie alla tecnologia HPDI, svolge un ruolo importante nelle soluzioni sostenibili. HPDI è sulle strade da oltre cinque anni nei veicoli Volvo, ed è una tecnologia collaudata che attualmente consente ai clienti di ridurre in modo significativo le emissioni di CO2 in applicazioni LBG (biogas liquefatto) e che costituisce una potenziale via per l’idrogeno”, ha dichiarato Lars Stenqvist, Chief Technology Officer di Volvo.

“Westport sta sviluppando soluzioni per sistemi d’alimentazione che permettano ai nostri clienti di affrontare la sfida più pressante, la riduzione delle emissioni di carbonio, continuando a utilizzare l’infrastruttura di produzione esistente”, ha osservato David Johnson, Chief Executive Officer di Westport. “La joint venture con Volvo è un’estensione naturale dell’impegno di entrambe le aziende ad accelerare la riduzione globale delle emissioni di carbonio e siamo orgogliosi di collaborare con un sostenitore così audace del futuro dei motori a combustione interna. L’unione delle nostre competenze rafforza la posizione di HPDI sul mercato e sottolinea l’impegno di Westport nello sviluppo di una tecnologia a basso costo, un sistema di alimentazione che supporti significative riduzioni di CO2 in settori difficili come il trasporto pesante e le applicazioni fuoristrada, compreso un percorso per alimentare i veicoli con carburanti a zero emissioni, come l’idrogeno.” La joint venture dovrebbe essere siglata nella prima metà del 2024.

HPDI è il modo più economico per ridurre le emissioni di CO2 nel trasporto a lungo raggio e in altre applicazioni ad alto carico e fuoristrada. Il sistema di alimentazione HPDI di Westport è un sistema completo che offre agli OEM la flessibilità di differenziare facilmente il biogas, il gas naturale, l’idrogeno e altre linee di prodotti a combustibile, mantenendo al contempo la massima intercambiabilità con i loro prodotti diesel convenzionali. I combustibili che emettono gas serra come il diesel possono essere sostituiti con combustibili carbon neutral o a emissioni zero come il biogas o l’idrogeno, mantenendo al contempo le caratteristiche di durata, convenienza, efficienza e prestazioni solitamente associate ai motori diesel. Il sistema a combustibile HPDI è costituito da una soluzione completamente integrata “tank to tip” (serbatoio-punta), basata sulla tecnologia diesel. Il cuore del motore è un rivoluzionario iniettore brevettato con un design a doppio ago concentrico. Una piccola quantità di carburante pilota (che può essere carburante diesel o combustibile rinnovabile biodiesel) viene iniettata nel cilindro prima del gas, per avviare l’accensione.

I motori possono ottenere maggiore potenza e coppia utilizzando l’iniezione diretta e facendo affidamento su elevate pressioni nella camera di combustione per l’accensione. Pertanto, la caratteristica del motore che utilizza un sistema a combustibile HPDI è molto simile a quella di un motore diesel. Progettati per operazioni pesanti a lungo raggio e di distribuzione, nonché per applicazioni fuoristrada come quelle minerarie, ferroviarie e marittime, i sistemi di carburante HPDI offrono un’alternativa con un basso impatto climatico, pur soddisfacendo i più elevati standard del settore in termini di prestazioni, efficienza del carburante e autonomia operativa necessari per i trasporti pesanti. Un camion dotato del sistema HPDI è la soluzione ideale per le flotte che desiderano ridurre i costi di carburante e offrire ai propri clienti soluzioni di trasporto su strada decarbonizzate regionali e a lunga distanza senza compromettere le prestazioni dei veicoli.

Veicoli commerciali: bene i dati, ma ecobonus da rivedere

Michele Crisci, presidente di UNRAE

Deciso scatto in avanti del mercato veicoli commerciali a giugno, con la più consistente crescita degli ultimi anni (da maggio 2021): 17.000 immatricolazioni, contro 13.143 di giugno 2022, pari a un incremento del 29,3%. Il buon risultato contribuisce a far chiudere con un solido segno positivo anche il primo semestre, che registra 95.082 veicoli immatricolati, pari a +9% rispetto agli 87.210 di gennaio-giugno 2022.

La nota negativa riguarda il meccanismo degli incentivi che, così come è strutturato, non contribuisce affatto al processo di decarbonizzazione del trasporto merci, come dimostra il tiraggio del fondo disponibile che presenta ancora un avanzo pari al 95%, ma nemmeno allo svecchiamento del parco circolante.

Se vogliamo incrementare la quota dei veicoli commerciali elettrici, ancora fermi al 3,9%, e quindi accelerare la transizione verso le emissioni zero, oltre alla revisione dello schema incentivi è necessario garantire la massima diffusione delle infrastrutture di ricarica, prevedendo un credito d’imposta del 50% per gli investimenti privati in ricariche fast (oltre 70 kW) dal 2023 al 2025.

Per la realizzazione di punti di ricarica pubblici ci auguriamo che, in merito all’infrastrutturazione di superstrade e strade extra-urbane, vengano presto create le condizioni necessarie per consentire a tutti gli operatori di accedere al bando con proposte in linea, come avvenuto per le infrastrutture urbane.