Errori, utopie, neo-ideologie: arriva il conto, è tempo di “Rewind”

di Andrea Taschini

(dal magazine “Parts”)

Se si potesse riavvolgere il nastro della storia degli ultimi 5 anni e cambiarla, sarebbe probabilmente la cosa più giusta che gli europei potrebbero fare. Errori, utopie prive di fondamento, neo-ideologie guidate da interessi geopolitici inconfessabili,
hanno guidato i Paesi occidentali, ma più nello specifico il Vecchio continente, in una spirale discendente i cui sviluppi rimangono ancora indecifrabili.


Abbiamo vissuto attraverso il mondo dell’impossibile facendo credere a miliardi di persone teorie incredibilmente surreali, dalla transizione energetica e della mobilità, al metaverso. Ora, però, arriva il conto e schiacciare metaforicamente il tasto “Rewind” è diventato inevitabile, per ripensare sulle basi del possibile, il futuro dell’Europa.

Sono sorprendenti le giravolte che la politica di tutto il mondo riesce a fare contraddicendo sé stessa su temi che fino a poche ore prima ci venivano garantite come granitiche certezze. Il caso dell’Unione Europea, però, rientra in quei casi in cui non si riesce a comprendere se si è di fronte a un’incapacità di analisi estrema, se sia frutto di un maldestro invasamento ideologico o se i comportamenti rientrino in una precisa strategia ai margini della legalità.


Fortunatamente funzionando ancora i meccanismi democratici, le derive più dannose il più delle volte emergono, magari con effetto ritardato ma quasi sempre efficace. La velocità crescente con cui si stanno evidenziando quasi tutte le follie dell’ultimo quinquennio in tema di transizione energetica e di mobilità, è clamorosa e apparentemente inarrestabile. Abbiamo sempre sostenuto su questa rivista dati alla mano, che la transizione si sarebbe “schiantata” contro i temi invalicabili delle materie prime, quelli infrastrutturali e quelli più propriamente geostrategici, in sintesi ciò che definivamo il mondo dell’impossibile.

Facciamo oggi il punto sulle non poche giravolte che i vari legislatori hanno compiuto negli ultimi mesi, prendendo atto di una situazione su cui avrebbero dovuto riflettere in maniera più accurata e responsabile prima di prendere decisioni così spericolate.


Bio Carburanti e E-fuel

Anche per merito dell’Italia, i biocarburanti insieme agli E-fuel sono stati ammessi nella lista delle soluzioni possibili per una decarbonizzazione (inutile, 1% delle emissioni di CO2 mondiali) del parco circolante europeo. Erano stati ingiustamente esclusi per una volontà esplicita di ammettere solo le auto elettriche non volendo misurare strumentalmente le emissioni dell’intero ciclo produttivo delle batterie.

L’inversione ad U non solo è stata inevitabile per motivi oggettivi ma hanno cominciato a scricchiolare tutte quelle certezze che sostenevano il teorema delle zero emissioni delle vetture elettriche e soprattutto la fattibilità di un progetto privo di ogni prerogativa razionale. La deroga, ha così aperto la strada alla sopravvivenza europea dei motori endotermici che, come ricordiamo, continueranno a dominare le motorizzazioni in tutto il resto del mondo Cina esclusa.


Euro 7

La prima proposta della Commissione Europea che voleva regolamentare l’evoluzione dell’Euro 6, era costruita in modo da renderla inapplicabile allo scopo di favorire una più veloce transizione verso l’elettrico. Le spinte delle cùCase auto e dei Governi meno ideologici hanno rimesso in discussione la norma sia in termini tecnici che temporali. Credo che gran parte del merito vada comunque alla Corte dei conti europea che in una relazione di una settantina di pagine ha sottolineato pragmaticamente alla commissione europea, i rischi e la vulnerabilità dell’Unione in termini di materie prime e di batterie necessarie che fanno della transizione forzata un vero e proprio suicidio strategico della mobilità continentale. Ciò prelude probabilmente a un ripensamento più ampio, in attesa che si insedi la nuova commissione europea nel giugno 2024.


Giravolte britanniche

Gli inglesi saranno pure eccentrici ma non peccano mai di mancanza di un sano pragmatismo. Se il Governo di Boris Johnson tra un party alcolico e l’altro, aveva deciso di stoppare la vendita delle vetture endotermiche nel 2030, l’attuale Governo tornato a stati di assoluta sobrietà, ha deciso di rinviare al 2035 questa decisione; ma non solo: ha deciso di prorogare tutte le politiche riguardanti il net zero in termini e con contorni abbastanza vaghi tanto da lasciarsi aperte tutte le vie d’uscita necessarie.

La consapevolezza degli enormi costi sociali ed economici di una transizione priva di fondamento, hanno portato i pragmatici britannici a un ripensamento politico di tutta la faccenda e ciò ha una grande importanza perché certifica due cose: la prima che si tratta di decisioni politiche e non scientifiche; la seconda che la politica può cambiare ciò che è stato legiferato come fosse scolpito sulla pietra ma che in realtà è stato scritto sull’acqua.

Politica della mobilità urbana

Fino a pochi mesi fa sembrava che non possedere un monopattino fosse out. Parigi che ha sempre avuto idee avanzate sulla mobilità urbana li ha invece vietati. Troppi incidenti, troppa indisciplina hanno reso il mezzo inaffidabile e pericoloso. Eppure, in tutte le città italiane si sono spesi milioni di euro sovvenzionati dalle finanze pubbliche per acquistare monopattini che sono poi stati abbandonati ovunque creando disordine ed inefficienza.


Questa è la prova che i trend modaioli e anche un po’ chic non solo non risolvono i grandi temi urbani ma sono fonte di enormi spechi privi di una reale finalità. Altra inversione ad U che è solo un ennesimo esempio di miopia green.


Gas russo

La presidente della Commissione Europea, non per niente tedesca, ha dichiarato in questi giorni che per l’Europa è impossibile fare a meno del gas russo. Quindi, dopo più di 18 mesi, colta da crisi d’astinenza, ha capitolato prima che giungano i freddi dell’inverno nordico. La Germania, stretta nella morsa di una crisi energetica senza precedenti, sta cercando di venirne fuori in qualsiasi modo possibile perché esasperata dal fare del proprio Paese una grande miniera di carbone, oltre che di una piantagione di migliaia di pale eoliche che in assenza di vento, diventano solo oggetti d’imbruttimento paesaggistico.

Non c’è miglior cura che far sbattere il muso contro il muro ai più accaniti ideologi del” “green au caviar” dei salotti bene per farli rinsavire. Ora non si comprende bene quali siano le conseguenze di tali parole. ma sicuramente è una bella giravolta anche questa dà segnare negli annali dell’Unione europea.


Cina 1 – L’indagine sul dumping


Sempre la presidente della Commissione Europea si è improvvisamente resa conto che la Cina esiste, è competitiva e rappresenta un pericolo concreto per il nostro tessuto industriale. Le è venuto (forse) anche il sospetto che tutta la faccenda dell’auto elettrica, pur non avendo alcuna valenza ambientale, è un gigantesco boomerang per i 13 milioni di lavoratori che operano nel settore auto in Europa.

Ha quindi lanciato un’indagine che durerà mesi se non anni sulla competitività del settore europeo e su eventuali (scontate) attività di dumping delle Case auto cinesi: la scoperta dell’acqua calda, insomma.


Cina 2 – I dazi

La “sorprendente” scoperta dell’acqua calda appena descritta, dovrebbe indurre quindi l’Unione Europea ad applicare dazi sulle auto cinesi, ma sappiamo molto bene come proprio la Germania che ne produce parecchie nel paese asiatico, vi si opporrà senza appello.


Le ritorsioni a cui siamo soggetti da parte di Pechino sono così persuasive che in assenza di un piano molto strutturato di decoupling, prevarranno su ogni tentativo di imporre dazi ed ogni tentativo iniziativa si concluderà con un nulla di fatto. L’auto elettrica, come più volte previsto, ha aperto varchi non più richiudibili in un settore importante e portante dell’economia europea.


Il sentimento generale europeo

Che tutte queste inversioni a 180 gradi siano frutto dell’avvicinarsi delle elezioni europee o di un rinsavimento tardivo dopo anni di follie ideologiche, non è dato sapere. Certamente i Paesi d’Europa non sono contenti dell’evoluzione che le due ultime legislature hanno prodotto e uno per uno, man mano che le elezioni nazionali hanno luogo, fanno sentire il loro sentimento contrario alle vie intraprese dalla politica europea.

Purtroppo, si è perso molto tempo nel rincorrere utopie prive di logica, nel discutere di progetti che non hanno mai avuto i presupposti per essere implementati e, certamente, tutto ciò ha avuto un costo enorme per l’intera comunità. Ora bisogna schiacciare il tasto “Rewind”, soppesare i gravi errori di valutazione fatti, perseguire chi si è fatto artefice di progetti irrealizzabili (magari sotto la manipolazione cinese) e reinventarsi una nuova visione dell’Europa sotto il profilo sia industriale sia energetico.


Perseguire solo il mondo del possibile

Abbandonare il mondo dell’impossibile è l’imperativo massimo a cui bisogna ricorrere nei momenti di grave instabilità: solo il mondo del possibile ci appartiene e questo vuol dire valutare tutti gli aspetti di un progetto prima di porlo in atto soprattutto se ci sono svariati milioni di persone coinvolti.

I politici passano, così come i manager: credo che non avremo nostalgia di questo establishment perché è difficile fare peggio di quanto fatto.

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