C’era una volta un sogno a 4 ruote: il fascino perduto dell’automobile

C'era una volta un sogno a 4 ruote: il fascino perduto dell'automobile

di Michele Ceci
(dal magazine “Prismag” con alcuni virgolettati di Pierluigi Bonora, promotore di #FORUMAutoMotove, sui temi caldi automotive)

Non è un caso che, nel gergo comune, la parola “automobile” sia diventata un sinonimo forbito di “macchina”. Per molti decenni, prima del computer e subito dopo i primi farmaci, la mobilità privata ha rappresentato – nell’immaginario collettivo – una delle invenzioni umane più rivoluzionarie e dirompenti. L’introduzione di modelli sempre più accessibili al grande pubblico ha fatto il resto: non c’è libro di storia contemporanea che, nelle proprie pagine sul miracolo economico italiano degli anni Cinquanta, non citi almeno una volta la motorizzazione di massa. In un’Italia appena uscita dalla guerra, l’acquisto della prima auto viene spesso presentato come un riscatto personale per molte famiglie. 

Vetture a basso prezzo come la mitica Fiat 500 – e prima di lei la 600 – iniziano a popolare le autostrade in costruzione, sempre più servite grazie ai distributori dell’Agip di Enrico Mattei e ai primi Autogrill della Pavesi. In un reportage di uno dei primi numeri della rivista “Quattroruote”, l’Alfa Romeo Giulietta, passata poi alla storia come la fidanzata d’Italia, batte sul tempo il Settebello di Ferrovie dello Stato, giungendo a Roma in 5 ore e 59 minuti. Con un tratto d’autostrada, certo, ma solo fino a Firenze, dove all’epoca l’A1 terminava. Dopo più di sessant’anni, nell’incantesimo su ruote qualcosa sembra però essersi rotto. 

Costosa da comprare e da mantenere, nel nuovo ordine urbano l’automobile è diventata un ingombro. Per le giovani generazioni, spesso precarie sul lavoro e nella città di residenza, il mezzo privato è un miraggio (economicamente parlando) o un incubo, quando imbottigliamenti, multe e rischio incidenti sono all’ordine del giorno. “La convenienza dei mezzi pubblici nelle città è indubbia”, osserva Pierluigi Bonora, firma di lungo corso delle pagine automobilistiche de “il Giornale”,  direttore di ACI Radio (Automobile Club d’Italia) e promotore di #FORUMAutoMotive, “ma bisogna creare le condizioni per lasciare l’auto fuori dai centri città in condizioni sicure, per esempio con parcheggi intermodali sorvegliati, illuminati e frequentabili anche nelle ore serali e notturne”. 

Nelle più recenti fotografie statistiche scattate da ACI sul parco auto italiano, si evidenzia come i passaggi di proprietà di vetture usate siano aumentati nei primi sei mesi del 2025. Tutto ciò a fronte di un crollo quasi sistematico delle immatricolazioni di auto nuove: impressionante, in particolare, il dato di giugno, con un crollo del 16,9 per cento rispetto allo stesso mese del 2024. Tra i nuovi acquisti spiccano automobili ibride a benzina, mentre chi sceglie l’usato anche con chilometraggio ridotto preferisce ancora le vecchie alimentazioni diesel e benzina. Le conseguenze tangibili si riscontrano in un parco auto sempre più vecchio, dove chi opta per comprare sceglie l’usato, mentre nel mercato del nuovo proliferano noleggi a lungo termine, leasing e finanziamenti, un mercato in crescita costante dal 2023. A tal proposito, però, “al Pubblico registro automobilistico (Pra) sono registrati tutti i movimenti di proprietà ma non è richiesta nessuna divisione per fasce d’età, per esempio. Tantomeno i motivi per cui un acquirente preferisca un determinato mezzo [nuovo o usato, ibrido o termico, ndr] a un altro”, sottolinea Paolo Borgognone dell’ufficio stampa dell’Automobile Club d’Italia.

Ma l’impatto sul mito della patente è comunque sensibile: fra gli under 25, solo il 46 per cento ha conseguito la licenza di guida, contro il 72 per cento fra gli over 50. «Per alcuni anni ho ritenuto di aver solo posticipato la cosa, ma quando mi sono trasferito a Bologna da Messina, ho realizzato che per la maggior parte del mio tempo non mi sarebbe servita», ci racconta Dario, 27 anni, che ha rinunciato “inizialmente più per motivi di pigrizia che non per un ragionamento etico”. “Ora come ora”, conclude, “non penso di farla”. Patenti a parte, sono meno di seicentomila le autovetture intestate alla generazione Z. “L’automobile è stata oggetto di strumentalizzazione, va usata con criterio, ma il modo in cui viene presa di mira – dipinta come cattivo esempio di occupazione degli spazi cittadini, inquinamento, pericolo e ostentazione – è decisamente opinabile, anche perché, per molti di coloro che rimandano, prima o poi la patente diventa inevitabile», commenta Bonora, che da anni promuove il #FORUMAutoMotive a Milano.

Chi abita fuori città o lontano dalle stazioni ferroviarie continua infatti a considerare la patente come inevitabile, o perlomeno come un male necessario. “Guidare per me è una necessità, più che altro. Sono nato e cresciuto in un paese di 300 anime nell’appennino tosco-romagnolo, un esempio da manuale di area interna: non ci sono servizi di base come scuole superiori, centri di aggregazione giovanile e impianti sportivi o un servizio sensato di trasporti, ma nemmeno supermercati, banche o strutture sanitarie”, ci spiega Andrea, che aggiunge: “L’auto diventa dunque una necessità per motivi di indipendenza ma anche di benessere. C’è un sacco di pressione mentale, isolamento, fomo [fear of missing out, paura di essere tagliati fuori, ndr] e tempo perso quando vieni da queste zone. Non ce la fai mai a svolgere attività extra-scolastiche con facilità, o anche ad avere una vera rete di amici o possibilità, perché sei sempre quello che viene da lontano. Quando mi sono spostato, prima a Milano e poi in Belgio, non ho mai sentito il bisogno di guidare per fare quello di cui avevo bisogno o accedere a servizi anche di base. In linea di massima, non penso che vivendo altrove avrei rinunciato a prendere la patente in toto, perché la considero comunque un asset in termini di indipendenza, alla quale io do molto valore». Non da ultimo, vi sono poi città dove il servizio di trasporto pubblico è storicamente carente: «A Messina, morfologicamente, la macchina è pressoché necessaria, ed è proprio perché spendo lì una porzione estremamente risicata del mio tempo che ho rinunciato a fare la patente. Tuttora, percepisco il problema solo quando torno in Sicilia”, aggiunge Dario. 

Anche per chi ottiene l’agognata licenza, spesso dopo mesi di pratica e intralci burocratici, la decisione di comprare un’auto apre la strada a numerose incognite. Non aiuta probabilmente il mercato delle quattro ruote, che procede a tappe forzate con l’elettrificazione e una platea di consumatori che, almeno in Italia e per il momento, non sembra disponibile a seguire la transizione. “Le scelte decarbonizzanti possibili erano molte, dai biocarburanti all’ibrido diesel, ma a livello europeo si è presa una strada normativa a senso unico”, commenta Bonora; una strada che “peraltro, come molti sanno, favorisce apertamente i produttori auto cinesi. Oltretutto, anche questi colossi si sono resi conto di come la tendenza potrebbe cambiare e si stanno preparando a reagire. Per fortuna, la Commissione europea sembra aver capito l’errore e, non a caso, ha già lanciato una serie di consultazioni volte a rivedere la normativa attuale sulle emissioni zero”. L’obiettivo della svolta sembra chiaro: un momentaneo cambiamento nei costumi non deve né può provocare un cataclisma industriale. D’altra parte, è difficile non capire le sensibilità ambientali della nuova generazione: “Sono un grande ambientalista da sempre e mi dà davvero fastidio che nelle mie zone si debba utilizzare così tanto l’auto, soprattutto perché i tre quarti dei viaggi sono in solitaria. Incentivare i mezzi pubblici vorrebbe dire far muovere un autobus per poche persone e anche l’elettrico non è una soluzione, viste le strade in salita piene di curve, che fanno di gran lunga aumentare i consumi. L’economia qui gira grazie al settore agricolo, pertanto non riesco a pensare a un modo reale per rispondere a questo problema”, aggiunge Andrea. Per un’Italia geograficamente spaccata fra metropoli, città medio-piccole e aree interne, la nuova era della mobilità si preannuncia dunque complessa e piena di interrogativi: su tutti, la sfida di promuovere una transizione ecologica senza lasciare indietro nessuno.

 

Foto da archivio di Michele Ceci

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