Stellantis: l’impegno per l’Italia continua con passione e responsabilità

Stellantis: l'impegno per l'Italia continua con passione e responsabilità

di Carlos Tavares, CEO di Stellantis
(il messaggio del top manager pubblicato da “Il Sole 24 Ore” del 23 luglio 2024)

La mobilità è al crocevia di cambiamenti epocali e il modo di muoversi è sempre più intrecciato alla salute del pianeta. L’Europa ha fissato al 2035 la data entro cui completare la transizione ai veicoli elettrici, in un contesto caratterizzato da bassi tassi di crescita e da alta competitività. Stellantis è oggi uno dei protagonisti globali di questa transizione grazie alla sua dimensione internazionale. Le nostre radici sono in Italia, Stati Uniti e Francia; operiamo in oltre 30 Paesi, in più di 130 mercati.

Questa dimensione contribuisce in modo significativo alla bilancia commerciale italiana: nel 2023, oltre il 63% dei veicoli prodotti negli stabilimenti italiani è stato esportato all’estero. Dalla sua nascita, Stellantis ha investito 2 miliardi di euro all’anno in Italia e ha assegnato ai fornitori italiani commesse per un valore di 3 miliardi di euro. Abbiamo dato una missione a ciascun stabilimento italiano fino al 2030, condividendola con le organizzazioni sindacali.

Mirafiori sta diventando un centro decisionale mondiale grazie ai 240 milioni di euro di investimento e ai nuovi progetti ad alto contenuto ingegneristico: dalla tecnologia delle batterie ai software per la guida autonoma, dal nuovo “grEEn-campus” al polo dell’economia circolare.

L’estensione della produzione della Fiat Panda a Pomigliano fino al 2029, la produzione della 500 ibrida a Mirafiori e i 100 milioni di euro investiti per migliorare l’accessibilità della Fiat 500e con una batteria di nuova generazione sono ulteriori segnali. E ancora: l’Italia è l’unico Paese al mondo in cui Stellantis ha entrambe le piattaforme STLA-Medium (Melfi) e STLA-Large (Cassino) per la produzione di veicoli multienergy di vari segmenti. Infine, in tre anni, Stellantis ha versato 360 milioni di euro in premi ai dipendenti italiani e, con l’obiettivo di preparare il futuro, sta pianificando nuove assunzioni sia a Mirafiori sia ad Atessa, di cui informerà a breve i sindacati.

Purtroppo, la transizione in atto non è esente da impatti. A livello globale, il mercato automobilistico europeo, in calo di circa 4 milioni dal 2017, non recupererà i numeri precedenti al Covid, mentre la concorrenza cinese inizia a essere molto visibile nelle immatricolazioni come conseguenza di ingenti investimenti.

In tutta Europa il settore è in evidente difficoltà: negli ultimi vent’anni i volumi di produzione sono calati molto di più che in Italia: in Germania -26%, nel Regno Unito -44% e Francia -59%. In Italia si è segnato -23%. Più recentemente, un importante player americano ha ammesso le difficoltà dell’elettrificazione.

Ursula von der Leyen, nel suo discorso per la rielezione a presidente della Commissione europea, ha confermato il Green Deal Europeo, evidenziando l’importanza dell’industria automobilistica e la necessità di garantirne la competitività nel mercato globale. In diverse sedi, gli operatori del settore hanno invocato in modo pressoché unanime, da una parte, precise misure per stimolare una domanda molto debole e non in grado di decollare da sola, e dall’altra, precise disposizioni per mitigare i costi delle forniture e dell’energia, cresciuti eccessivamente negli ultimi anni.

E le infrastrutture: è necessario prevedere investimenti per garantire un sistema capillare di ricarica, sicuro e diffuso per supportare il passaggio dei clienti ai BEV.

Queste sono le reali esigenze. Il progetto da parte di costruttori cinesi di venire in Europa non farebbe altro che rafforzare la pressione esistente sull’ecosistema automobilistico, portando necessariamente a ulteriori sforzi. Abbiamo davanti a noi una sfida delicata, e siamo impegnati ad attraversare questo momento storico di grande trasformazione con responsabilità, confrontandoci con la realtà dei fatti.

In Italia, queste considerazioni sono sempre state al centro del dialogo tra noi, le istituzioni e gli stakeholder coinvolti. Riteniamo che questo confronto abbia rafforzato la comprensione reciproca e la capacità di lavorare insieme in modo efficiente, condividendo scelte difficili e soluzioni positive. Stellantis è desiderosa di continuare a lavorare per costruire insieme il futuro ed è pronta a fare la sua parte nell’interesse dei nostri colleghi e delle nostre colleghe, dei nostri clienti, dei nostri partner e della società in generale. Ci auguriamo di continuare a dimostrare il nostro impegno per l’Italia con passione, responsabilità e professionalità.

Prova su strada: Suzuki Swift 1.2 Hybrid Top 4WD

Prova su strada: Suzuki Swift 1.2 Hybrid Top 4WD

(a cura di Safe-Drive)

Questa settimana Safe-Drive ha messo alla prova l’ultima generazione di Suzuki Swift, la quarta. Il motore a benzina da 1.2 cc passa da quattro a tre cilindri e si avvale ancora di un sistema ibrido “leggero” da 12 volt.

Il vantaggio risulta evidente in particolare nei consumi che si attestano attorno ai 5 litri di carburante per 100 km. Sempre molto vantaggiose sia le dimensioni compatte sia la trazione integrale All Grip 4WD.

 

Allarme assicurazioni: 2,8 milioni di veicoli senza polizza nel 2023

Allarme assicurazioni

Nel 2023 2,8 milioni di veicoli sono risultati non assicurati, in crescita sugli anni precedenti e con un’incidenza del 6% sul parco circolante. Il problema è particolarmente diffuso al Sud e nelle Isole, dove l’incidenza supera l’8%. Secondo le stime di Segugio.it l’evasione assicurativa in termini di RC è stata di circa 1 miliardo e 200 milioni di euro in tutta Italia.

 Nel 2023 è nuovamente cresciuto il numero dei veicoli senza assicurazione obbligatoria in Italia. Dopo il periodo di calo registrato tra il 2017 ed il 2021, in cui si è passati da 2,8 a 2,4 milioni di veicoli non assicurati, nel 2023 si è tornati al punto di partenza, con 2,8 milioni, secondo le stime Ania. È cresciuta anche l’incidenza sul parco circolante, pari al 6% nel 2023, ancora però al di sotto del valore rilevato nel 2017.

La diffusione dei veicoli non assicurati non è omogenea sul territorio, in particolare in termini di incidenza sul parco circolante. A fronte di un’incidenza nazionale del 6%, si registra un dato inferiore alla media solo al Nord, con il 4,6%, in linea con la media al Centro e nettamente al di sopra nelle Isole e nel Sud. Nello specifico, l’incidenza è particolarmente alta al Sud, dove raggiunge l’8,6% del parco circolante, con un picco dell’11% in Campania.

Foto di Ian Valerio su Unsplash

Trump o Harris per la Casa Bianca? Ipotesi e stime in campo

Trump o Harris per la Casa Bianca? Ipotesi e stime in campo

di George Brown, Senior US Economist, Schroders

Dopo settimane di speculazioni, il presidente Joe Biden ha annunciato il suo ritiro dalla corsa presidenziale di quest’anno, appoggiando la vicepresidente Kamala Harris come candidato per il Partito democratico. Sebbene la sua nomina non sia ancora stata confermata, le carte in tavola sono tutte a suo favore e sembra la candidata più probabile in base alle quote delle scommesse.

 

L’attenzione si sta ora spostando sul potenziale compagno di corsa di Harris. Tra i candidati più probabili ci sono i governatori degli Stati più combattuti e più repubblicani. Nel frattempo, le probabilità che i Democratici mantengano il controllo della Casa Bianca sono leggermente migliorate, anche perché Harris ha la possibilità di cambiare la narrazione delle elezioni.

In termini di reazione del mercato, nelle ultime settimane abbiamo assistito a un irripidimento delle curve dei rendimenti in seguito all’aumento delle aspettative di una vittoria di Donald Trump. Questo perché una vittoria schiacciante dei repubblicani permetterebbe a Trump di avere mano libera sugli stimoli fiscali. Al contrario, un presidente democratico si troverebbe ad affrontare un governo diviso. È quindi possibile che il recente irripidimento delle curve dei rendimenti si inverta se Harris, o un altro candidato democratico, ridurrà il divario nei sondaggi.

Tuttavia, Donald Trump sembra ancora il vincitore più probabile. Il recente attentato ha dato alla sua campagna un notevole slancio che potrebbe portarlo fino alle elezioni di novembre. Dato il vantaggio di Trump nei sondaggi, abbiamo delineato le nostre aspettative economiche in caso di una sua.

 

Le misure protezionistiche potrebbero comportare rischi inflazionistici

L’asse centrale dell’agenda economica di Trump è il protezionismo. Quando era presidente, ha paventato problemi di sicurezza nazionale per innalzare le tariffe doganali in base ai poteri della cosiddetta Sezione 232. Pechino è stato il bersaglio più colpito, con un dazio medio sulle importazioni dalla Cina che è salito dal 3% a quasi il 20% durante il suo mandato. In caso di rielezione, Trump ha proposto di aumentarle al 60% e di eliminare gradualmente tutte le importazioni di beni essenziali dalla Cina. Inoltre, le importazioni dal resto del mondo sarebbero soggette a una tariffa di base del 10%.

 

Se attuate, queste proposte rappresenterebbero un significativo shock inflazionistico. Tuttavia, sospettiamo che Trump non abbia intenzione di dare pieno seguito a queste proposte, ma di sfruttarle in modo mirato per ottenere concessioni commerciali.

Tre fattori dovrebbero contribuire a smorzare l’impatto inflazionistico delle tariffe. In primo luogo, è probabile che il dollaro si apprezzi, soprattutto nei confronti del renminbi, dato che Pechino probabilmente perseguirà una svalutazione. In secondo luogo, l’ampliamento dei margini di profitto delle imprese dopo la pandemia dovrebbe servire ad assorbire i maggiori costi di importazione. In terzo e ultimo luogo, le merci potrebbero essere indirizzate verso Paesi che hanno condizioni commerciali più favorevoli con gli Stati Uniti, come sembra aver fatto la Cina dall’inizio della guerra commerciale.

 

L’immigrazione potrebbe rivelarsi una sfida maggiore

Questa volta, una stretta sull’immigrazione avrebbe probabilmente effetti più dirompenti rispetto al precedente mandato di Trump alla Casa Bianca. La crescita dei posti di lavoro negli ultimi anni è stata quasi interamente guidata da lavoratori nati all’estero. La diminuzione dell’immigrazione potrebbe quindi esacerbare la scarsità di lavoratori, in particolare in settori fortemente dipendenti dalla manodopera straniera come l’agricoltura e l’edilizia. Questo potrebbe portare a una ripresa della crescita dei salari che alimenterebbe ulteriormente le pressioni inflazionistiche.

Di per sé, l’aumento dell’inflazione e la minore creazione di posti di lavoro costituirebbero un vento contrario per l’economia. Tuttavia, ci aspettiamo che ciò sia più che compensato da varie politiche di promozione della crescita. Tra queste, la più importante sarà la promessa di Trump di estendere le disposizioni del Tax Cuts and Jobs Act (TCJA) del 2017 che scadranno l’anno prossimo.

La crescita dovrebbe essere sostenuta anche dal programma di deregolamentazione di Trump. Uno dei maggiori beneficiari sarebbe il settore energetico. Trump si è impegnato a porre fine ai ritardi nei permessi federali di trivellazione e nei contratti di locazione, a rimuovere i limiti alle esportazioni di gas naturale e a ritirare le norme sulle emissioni delle automobili che entreranno in vigore nel 2032.

La vittoria di Trump potrebbe portare a una crescita più forte e un’inflazione più elevata

Se Trump dovesse vincere le elezioni, ci aspettiamo che la crescita degli Stati Uniti sarà più forte e l’inflazione più solida. Tuttavia, la campagna elettorale di Trump è stata poco dettagliata ed è quindi difficile fare ipotesi sulla politica economica.

Siamo certi che la maggior parte dell’impatto macroeconomico non si farà sentire prima del 2026. Non solo per il tempo necessario a legiferare e ad attuare il suo programma, ma anche per i ritardi associati al meccanismo di trasmissione della politica che, alla fine, si ripercuoterà sull’attività e sui prezzi.

In termini di crescita, la nostra analisi suggerisce che l’economia statunitense si espanderebbe del 2,2% nel 2025 sotto una seconda presidenza TrumpAccelererebbe poi al 2,7% nel 2026 con l’avvio delle politiche di promozione della crescita dell’amministrazione, prima di rallentare al 2,3% nel 2027 con l’aumento dell’inflazione che peserà sulla spesa dei consumatori.

Foto da ufficio stampa Schroders