Milano e il primo Flagship store Alfa Romeo: per Imparato un ritorno al passato

di Roberta Pasero 
 
Jean-Philippe Imparato, amministratore delegato Alfa Romeo in Stellantis, torna in un luogo per lui storico e ricco di ricordi dove lavorò 15 anni fa quando era a capo di Citroën Italia. È la concessionaria di via Gattamelata, a Milano, un tempo quartier generale del “Double Chevron” che, segno del destino, l’ingegner Romeo vendette proprio a Citroën nel 1924.
 
Qui, Imparato ha inaugurato il primo flagship store mondiale di Alfa Romeo con il lancio ufficiale di Tonale. Ed è stata l’occasione per ricordare le strategie del marchio che, da qui al 2030, prevede un lancio ogni anno puntando sempre su qualità, stile italiano e motorizzazioni elettrificate.

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Anche per i concessionari è tempo di transizione. E non soltanto dal punto di vista energetico. I listini dei veicoli offerti (il nuovo continua a scarseggiare) andranno incontro ad aumenti a causa dei maggiori costi sostenuti dai costruttori per l’elettrificazione, la connettività, i sistemi di assistenza alla guida e il caro materie prime. Ma anche i rapporti tra Case madre e reti commerciali sta evolvendo.

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Banca Ifis: l“Ecosistema della Bicicletta”

Foto: Ernesto Fürstenberg Fassio, vicepresidente di Banca Ifis 

Con oltre 3,2 milioni di pezzi fabbricati nel 2021, l’Italia è il primo produttore europeo di biciclette e paese leader della smart mobilityUna crescita trainata dal fenomeno e-Bike e dal reshoring, ovvero il rientro in Italia delle attività produttive. Sostenuto anche l’incremento del fatturato, in aumento del +7,4% rispetto al 2020 a 1,6 miliardi di euro. Sono alcuni dei dati che emergono dalla seconda edizione della ricerca “Ecosistema della Bicicletta” realizzata da Banca Ifis per fotografare andamento e prospettive di un settore protagonista della transizione sostenibile. Lo studio, presentato nell’ambito dell’“Italian Green Road Award – Oscar del Cicloturismo Italiano”, di cui l’Istituto quest’anno è main partner, ha inoltre analizzato due trend che guidano lo sviluppo del comparto: reshoring e cicloturismo.

 

“L’Ecosistema della Bicicletta mette in luce quest’anno due fenomeni rilevanti per l’economia del Paese: l’ascesa del cicloturismo e il reshoring delle attività produttive. Per quanto riguarda il “viaggiare dolce”, lo studio rileva aspetti positivi per la sostenibilità, il benessere psico-fisico e l’inclusione, ma anche e soprattutto l’impulso che imprime all’economia, con risvolti immediati sui servizi e il turismo. Anche per questo –  in linea con l’obiettivo di Banca Ifis di promuovere la crescita sostenibile dei territori – abbiamo lavorato insieme ad autorevoli stakeholder del settore per mettere a sistema diverse competenze che lavorano per costruire uno sviluppo economico che abbia impatti positivi sull’ambiente e sulle comunità in cui operiamo”, ha dichiarato Ernesto Fürstenberg Fassio, vicepresidente di Banca Ifis.

 

La ricerca evidenzia un settore particolarmente dinamico e resiliente: nel triennio 2021-2023, infatti, l’incremento nella produzione di biciclette è previsto di oltre il 7% anno su anno. In vetta l’eBike che con un +25% arriva a rappresentare l’11% della produzione (in aumento dal 9% dal 2020). L’Italia si conferma primo produttore europeo con una quota di mercato del 21%, seguito da Germania e Portogallo, e con un saldo export/import di biciclette positivo per 1,3 milioni di pezzi e in crescita del +23% sul 2020.

 

L’aumento della domanda ha sostenuto anche i ricavi: +7.4% l’incremento nel 2021 sul 2020 e +7,3% la crescita media annua del fatturato dei produttori attesa nel biennio 2022-2023, alla fine del quale potrebbe superare 1,8 miliardi di euro. Il comparto italiano della biclicletta è caratterizzato da un alto tasso di innovazione: il 25% dei produttori ha aumentato la quota degli investimenti nel biennio 2020-2021 e un altro 70% li ha mantenuti invariati proseguendo sul percorso dell’innovazione tecnologica.

 

La volata del cicloturismo

Sono 4.900 i percorsi adatti alle due ruote per una lunghezza complessiva di 90.000 km; 4.940 operatori turistici con un’offerta cicloturistica e 4.550 alberghi che mettono a disposizione servizi dedicati alla bicicletta. Ecco alcuni dei numeri del cicloturismo italiano approfonditi nella ricerca. Sono 8 milioni gli italiani interessati al cicloturismo, pari a circa il 16% della popolazione maggiorenne. Il Trentino-Alto Adige si dimostra come la regione più matura in termini di offerta turistica, e il Nord-Est la destinazione scelta più frequentemente (32% tra le mete cicloturistiche).

Se, come visto, l’Italia è un Paese ricco di percorsi, non necessariamente dedicati, il vero punto di svolta è costituito dalla varietà dell’offerta: non può esserci cicloturismo senza servizi, che sono sempre più richiesti. Nove in totale i servizi usualmente inclusi nei pacchetti turistici e 4 quelli più utilizzati dal cicloturista: noleggio della bicicletta, tour di gruppo, alloggio e copertura assicurativa. Il servizio destinato a crescere di più è la guida turistica. Questo fermento porta il 90% degli operatori turistici italiani a prevedere una crescita dei ricavi da cicloturismo.

 

Sostenibilità, sicurezza, salute e inclusione

Il cicloturismo porta con sé i concetti di sostenibilità, sicurezza, salute e inclusione, attivando circoli virtuosi in grado di valorizzare i territori. Allo stesso tempo, l’elevato costo dell’energia, e l’attenzione verso la sostenibilità potrebbero incentivare l’uso della bicicletta per una vacanza attiva. La maggiore accessibilità alle e-Bike per prezzo, performance e comfort la rendono più abbordabile anche dalle fasce di popolazione meno allenate o meno giovani e incentivano forme di turismo alternativo e più sostenibili come il cicloturismo e la mobilità dolce. Oltre 2 milioni di tonnellate di inquinamento da anidride carbonica e solforica vengono risparmiate ogni anno in Europa, grazie al “rientro” della produzione di bici, e-Bike e componenti nel vecchio continente. Ogni lavoro ricollocato nell’industria europea della bici porta a un risparmio che va dai 30 ai 50 milioni di tonnellate di emissioni nocive. Dal punto di vista della sostenibilità sociale, per ogni 1.000 bici riconsegnate all’assemblaggio ogni anno in Europa, vengono creati da 3 a 5 posti di lavoro, mentre per ogni 1.000 e-Bike l’intervallo è compreso tra 6 e 9 posti di lavoro.

 

Il reshoring

Il reshoring è uno dei principali trend che stanno guidando la crescita del settore, anche a causa di alcuni fenomeni innescati dal contesto macroeconomico: crisi delle catene mondiali di fornitura; aumento della domanda dovuto all’evoluzione della smart mobility; dazi antidumping; aumento dei costi di produzione nel Far East, nell’ultimo trentennio destinazione della delocalizzazione della produzione; qualità e innovazione, che favorisce i paesi tecnologicamente avanzati; impatto economico e ambientale dei trasporti.

 

Il Market Watch di Banca Ifis stima che la fabbricazione di 2,8 biciclette all’anno rientrerà in Europa, con un’accelerazione nel biennio 2022-2023, corrispondente al 18% della produzione totale europea. L’opportunità produttiva porta con sé la necessità di figure professionali con le competenze necessarie, che circa il 30% delle imprese ha attualmente difficoltà a trovare. Di conseguenza, gli imprenditori stanno reagendo: il 24% aumenterà gli investimenti destinati alla formazione del personale.

 

In tutta Europa, intanto, cresce l’interesse dei fondi di investimento verso l’industria della bicicletta: nel 2021 c’è stato un exploit con un  +175% nel numero di operazioni di M&A finalizzate e un incremento degli investimenti, anche sui servizi collaterali (da piattaforme di sharing a assicurazioni dedicate, fino al noleggio), che ha posizionato ancora una volta, la bicicletta come protagonista della rivoluzione nella mobilità.

Semiconduttori: primo passo verso la normalizzazione

Foxconn, uno dei più grandi produttori mondiali di elettronica che vanta una partnership con Stellantis, vede una seconda parte di 2022 più serena dal punto di vista dell’approvvigionamento di semiconduttori. Lo riporta Reuters che riprende le parole del presidente del gruppo, Liu Young-way, secondo cui il settore si sta dirigendo «in una direzione migliore» grazie anche all’allentamento dei blocchi nelle fabbriche in Cina, chiuse per i contagi da Covid-19. «Siamo abbastanza fiduciosi nella stabilità della nostra rete di approvvigionamento per la seconda metà di quest’anno», ha detto all’assemblea annuale degli azionisti Liu Young-way. Il governo di Shanghai consente agli operai nelle aree «a basso rischio» di tornare al lavoro in fabbrica.

 

Foxconn ha ribadito che se le limitazioni in Cina sulla pandemia hanno avuto un impatto sulla produzione globale, anche l’acquisto vero e proprio di tecnologia non è andato a gonfie vele, con i consumatori chiusi in casa. Foxconn ha avvertito gli azionisti che le entrate per le attività di elettronica, inclusi gli smartphone, potrebbero diminuire nell’attuale trimestre in chiusura a giugno, per via dell’aumento dell’inflazione. Ed è il motivo per cui l’azienda, che è partner anche di Apple per l’assemblaggio degli iPhone, mira a conquistare nuovi mercati, come quello dei semiconduttori e hardware per le automobili.

 

La previsione è di raggiungere il 5% della fetta globale di tale segmento entro la fine del 2025. Un’ascesa che vede come vettore principale la fornitura di chip per veicoli elettrici, molti dei quali sono piccoli circuiti integrati, compresi quelli utilizzati nella gestione dell’alimentazione delle automobili. Non a caso uno dei pilastri dell’industria automotive elettrica e ibrida, Toyota, a marzo ha annunciato di aver tagliato la produzione del 20% proprio per la carenza di chip. «Un’auto che costa decine di migliaia di dollari non può essere bloccata perché manca un minuscolo chip del valore di cinquanta centesimi» ha sottolineato il presidente.

Arval Mobility Observatory: aziende fiduciose sulle flotte

Foto: Massimiliano Abriola, responsabile di Arval Mobility Observatory in Italia

In un contesto caratterizzato da molteplici preoccupazioni che impattano il settore automotive, dal Barometro 2022, la consueta indagine sull’andamento del settore delle flotte e della mobilità condotta da Arval mobility observatory, il centro studi che analizza e prevede le tendenze nel mondo della mobilità, emergono alcune conferme sulla resilienza del comparto, che rappresentano le basi da cui partire per riconfigurare quello che sarà il ruolo della mobilità di domani.

 

Le aziende, infatti, restano fiduciose sul futuro delle proprie flotte, l’elettrificazione continua il suo sviluppo supportata da un più convinto ricorso alla telematica, le nuove soluzioni di mobilità alternativa integrano e non sostituiscono il ruolo svolto dai veicoli in parco, e il noleggio a lungo termine è sempre più pivot della flessibilità, anche per le imprese di dimensioni medio-piccole.

 

Il primo dato positivo che emerge dalla rilevazione, è quello relativo al sentiment delle aziende: il 93% degli intervistati in Italia prevede che la propria flotta rimarrà stabile o crescerà nei prossimi 3 anni, dato in linea con la media europea e trasversale alle dimensioni dell’azienda. Le motivazioni principali si ritrovano nelle prospettive di crescita delle attività o di sviluppo di nuovi business (66%), nella volontà di fornire ai propri dipendenti modalità di spostamento più sicure in relazione al Covid-19 (30% in Italia contro 16% in Europa) e nel ricorso all’auto aziendale come strumento di attrazione di nuovi talenti e welfare aziendale (24% in Italia e 32% in Europa).

Il noleggio a lungo termine continua il suo trend di crescita, con il 35% (+9 punti rispetto al 2021) delle aziende che lo ha già adottato come principale metodo di finanziamento. Da rilevare è il maggiore interesse verso questa formula manifestato dalle piccole e medie imprese (fino a 100 dipendenti) tra le quali emergono valori di propensione in linea con quelli dichiarati dalle aziende dimedio-grandi dimensioni (30% per le PMI, in crescita del 13% sull’anno precedente e 41% per le grandi Corporate).

 

La transizione energetica non si ferma

L’indagine ha rilevato come il 71% delle aziende italiane utilizzi almeno una tecnologia “green” o pensi di farlo entro i prossimi 3 anni, mentre solo un terzo delle autovetture sarà costituito da motori prettamente termici; un elemento che conferma l’attenzione che le realtà italiane stanno ponendo nel definire il proprio percorso di riduzione dell’impatto ambientale (il 55% delle imprese contattate ha già sviluppato o sta sviluppando una strategia specifica in questo ambito).

Inoltre, un terzo delle aziende che sta utilizzando o considerando di utilizzare nei prossimi tre anni veicoli alla spina (elettrici o ibridiplug-in) lo fa sulla base di analisi interne o con il supporto di partner esterni (come le società di noleggio). La consulenza si rivela importante soprattutto per disegnare piani di elettrificazione che individuano driver e attività eleggibili secondo una roadmap coerente con gli obiettivi di sostenibilità ambientale, economica, operativa e di piena soddisfazione di tutti gli stakeholder.

 

La mobilità alternativa non è più (solo) un’alternativa

A livello italiano, più di 7 aziende su 10 hanno già implementato almeno una soluzione di mobilità alternativa, valore che sale a 83% se si considera anche coloro che intendono farlo nei prossimi 3 anni (6 punti in più rispetto alla media europea). Nella maggior parte dei casi, queste soluzioni non vanno a sostituire le flotte esistenti, bensì a integrarle con lo scopo difacilitare gli spostamenti di business o il tragitto casa-lavoro dei propri dipendenti (44%) o offrire servizi di mobilità a 360° ai propri collaboratori per la loro vita professionale e privata, in ottica welfare (41%).

Soprattutto per le aziende di piccola e media dimensione, la flessibilità gioca un ruolo chiave: avere veicoli disponibili in pronta consegna in caso di necessità è importante per il 65% dei casi, così come avere la possibilità di restituire i veicoli in ogni momento senza penali aggiuntive (62%) o di modulare la dimensione della flotta in base all’evoluzione del business (52%).

 

La connettività per promuovere sicurezza e controllo dei costi

L’utilizzo di veicoli connessi riguarda circa un terzo delle aziende italiane, un valore in linea con la media europea. Che si tratti diautovetture o veicoli commerciali leggeri, l’utilizzo dei veicoli connessi è motivato soprattutto da considerazioni sulla sicurezza dei veicoli (43% dei casi) e dei driver (36%) ed economiche, quali il miglioramento dell’efficienza operativa (38%) e la riduzione dei costi della flotta (22%).

“Il Barometro delle Flotte Aziendali 2022, pur in un contesto di indubbie turbolenze e pressioni, ci restituisce immutato il valore e l’utilità delle flotte, che rimangono un asset strategico su cui i decisori delle aziende si sentono profondamente ingaggiati nel perseguire con successo gli obiettivi di mobilità, sostenibilità, servizio e positiva esperienza dei loro driver e utenti”, dichiara Massimiliano Abriola, responsabile di Arval Mobility Observatory in Italia.