di Giuseppe Guzzardi, direttore di “Vie & Trasporti”
Le scuse, pardon le motivazioni, ormai le conosciamo a memoria. La realtà è che gli aumenti nei prezzi dei veicoli nuovi, della componentistica e dei trainati sono un pugno allo stomaco per le aziende. E poi ci sono i tassi…
30 per cento. Questa è la percentuale che realisticamente indica l’aumento medio dei prezzi dei veicoli commerciali e industriali. Poi, vuoi per l’assenza di mezzi nei piazzali, vuoi per la ripresa economica che chiede trasporto, vuoi per il calmierare del prezzo del gasolio, e per la difficoltà di concordare tempi relativamente brevi di consegna, ecco poi che gli sconti si assottigliano. Alla fine, l’effetto sovraprezzo è quindi ben più alto del trenta per cento.
I costruttori, d’altra parte, non vanno tanto per il sottile, applicando la maggiorazione anche a veicoli il cui prezzo è già stato pattuito. Da qui l’irritazione dei clienti, che però devono rassegnarsi davanti a un muro coeso, perché un po’ tutti i marchi si comportano allo stesso modo. Il concessionario si trova spesso in una situazione imbarazzante: da un lato il cliente …zzato, dall’altro la Casa che, come nulla fosse, chiede nuovi ordini per tenere in tensione l’attività delle fabbriche.
Non crediamo che questi aumenti siano pienamente giustificati. Temiamo invece che sull’altare della redditività si stia mortificando l’equilibrio sul quale finora si era basato un rapporto fiduciario autotrasportatore-dealer, rapporto che spesso vedeva coinvolta, specie negli acquisti multipli, anche la Casa. Temiamo anche che questi pesanti investimenti “a perdere” sull’elettrico alla fine gravino sul costo del termico. Gli elettrici servono a pochi, sono un obbligo mal digerito, anche in virtù del bilancio di sostenibilità. Crediamo sia abbastanza chiaro quale sia la congruenza dell’elettrico, in una realtà che racconta che questi veicoli, escluso i commerciali, la distribuzione corto raggio e i collegamenti punto a punto, siano del tutto inutili, non convenienti da tutti i punti di vista, compreso quello della sostenibilità. Il dubbio che il termico debba “pagare” questi investimenti è forte.
Quindi aumenti, aumenti, aumenti. E come se non bastasse, ecco che il costo del denaro, per diversi anni sopito al rango di marginalità, si ripropone come centrale. Non solo il costo, ma anche la “capienza” diventa un problema, e Basilea 3 si ripropone come un temibile ostacolo, specialmente nelle aree più povere del Paese, come il meridione. E poi ci si chiede come mai il parco sia così vetusto, proprio al Sud: i costruttori vorrebbero che i clienti comprassero veicoli nuovi, anche se costano di più ed è più difficile pagarli.
Non so. A me sembra che, come dicono a Roma, “ci marciano”. Tanto.