di Andrea Cardinali, direttore generale di UNRAE
I dati, che UNRAE ha illustrato nella conferenza stampa del 12 dicembre dimostrano eloquentemente il forte ritardo dell’Italia nel programma di transizione energetica. E non possiamo appellarci solo alle pur innegabili problematiche reddituali del nostro Paese, considerato che il Regno Unito, con un Pil pro capite a parità di potere di acquisto in linea con quello italiano, ha una % di BEV quattro volte superiore. Ma soprattutto, anche Paesi con Pil pro capite a parità di potere di acquisto ben inferiore al nostro presentano una quota di BEV superiore: è il caso del Portogallo con BEV al 17%, della Romania al 10,6%, della Slovenia all’8,5%, della Lituania al 7,3%.
Ci sono dunque altri fattori dietro il nostro ritardo, da quelli culturali a quelli infrastrutturali, passando per la imperante disinformazione, e riguardo al tema del potere di acquisto occorre correggere l’attuale schema degli incentivi per le fasce 0-60 g/km, che non sta funzionando, tant’è che a fine anno avanzerà il 72,5% dei fondi. Occorre includere tutte le persone giuridiche ripristinando l’importo integrale del bonus; eliminare il price cap o almeno riportarlo ai limiti precedenti tenendo conto dell’inflazione e aumentare i contributi unitari.
Una volta rettificato lo schema incentivi, UNRAE chiede poi di riportare al 2024 i fondi inutilizzati 2022-2023 (circa 600 milioni) sulle prime due fasce 0-20 e 21-60 g/km di CO2. Se non spingiamo il piede sull’acceleratore per accogliere le nuove tecnologie, rischiamo di diventare un mercato di serie B per le Case automobilistiche, privo di attrattiva per gli investitori esteri, che troveranno accoglienza in tutti quei Paesi che invece stanno guidando la transizione in modo spedito.
Foto Angelo Carconi