Stop al “tutto elettrico”: l’Europa si ferma e gli altri avanzano

francesco naso

di Francesco Naso, segretario generale di Motus-E

Il dibattito pubblico sul futuro dell’auto si sta concentrando in modo miope solo sul 2035, ma la vera partita per il rilancio dell’industria italiana è un’altra. Indipendentemente da questa data, oggetto ormai di uno scontro più che altro ideologico e mediatico, il settore ha già iniziato da tempo a muoversi a grandi passi verso l’elettrico, con investimenti senza precedenti che porteranno molti costruttori a diventare full electric ben prima del 2035.

Il vero tema su cui dobbiamo concentrarci è la reattività del nostro sistema Paese di fronte a un megatrend inarrestabile, perché ogni giorno perso a litigare sul 2035 o su altri aspetti marginali di una transizione tracciata è un giorno di vantaggio che regaliamo ad altri Stati, per cogliere le opportunità industriali che noi stiamo già mappando con l’Osservatorio sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive.

Emblematico è quanto sta accadendo negli Usa, dove la straordinaria iniezione di risorse dell’Inflation Reduction Act ha calamitato solo nei primi mesi dall’annuncio decine di miliardi di investimenti, creando nuove attività e posti di lavoro proprio grazie alla mobilità elettrica. ‘Un simile impegno dell’Europa aiuterebbe, ad esempio, l’Italia a creare una solida industria nazionale delle batterie e a sviluppare tutte le opportunità del riciclo, oggetto di un nostro recente studio messo a punto con Strategy& e Politecnico di Milano.

A prescindere dalle scelte europee sarà poi essenziale la visione di politica industriale, che non può prescindere anche da un riscontro concreto per diffondere la e-mobility al pari degli altri big europei. Motus-E su questo condivide la necessità evocata dal Governo di rivedere gli attuali incentivi all’acquisto per le auto elettriche.

A febbraio abbiamo osservato un buon recupero delle immatricolazioni full electric, ma è evidente che servano dei correttivi, le risorse ci sono, sono state già stanziate, ma vanno impiegate bene, e questo vale per l’ecobonus, ma anche per i fondi PNRR per le colonnine a uso pubblico: in ballo ci sono 700 milioni per oltre 21.000 infrastrutture di ricarica da non sprecare. A costo zero sarebbe invece un risoluto intervento politico per sbloccare l’infrastrutturazione di molte tratte autostradali.

Ciò che davvero può mettere a rischio imprese e lavoratori italiani è l’incertezza che si sta facendo serpeggiare nel Paese, anche con la propagazione più o meno consapevole di informazioni distorte. Il vero pericolo è quello di avvitarsi in un dibattito ormai fuori dal tempo, mentre il resto del mondo va avanti’. Queste infine le quattro priorità indicate dall’associazione: superare le sterili conflittualità ideologiche sull’auto, premere sull’Europa per un piano di supporto alla conversione della filiera, rivedere gli incentivi per facilitare il passaggio all’elettrico ed eliminare laddove ancora esistono i colli di bottiglia per la diffusione delle infrastrutture di ricarica.

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