Più posti con la mobilità elettrica? Perché accadrà il contrario

di Andrea Taschini, manager automotive

Una mia riflessione sul recente primo report di Motus-E e dell’Università Ca’ Foscari Venezia sui riflessi occupazionali della mobilità elettrica. Dice il rapporto: “Considerando le nuove sotto filiere della mobilità elettrica i posti di lavoro del settore auto possono aumentare del 6% entro il 2030. Un incremento, subordinato alla lungimiranza della politica industriale dell’immediato futuro, a cui sommare altri 7.000 nuovi occupati solo nel segmento infrastrutture ed energia al servizio della eMobility”.

 

È più che palese che è in atto un tentativo lobbistico di fare i conti in maniera ottimista e strumentale. L’occupazione nel settore auto scenderà inesorabilmente per 3 fattori innegabili.

 

Il primo è che il dominio cinese sulle materie prime necessarie per le batterie è solido e incontrastabile.

 

Il secondo, perché la fabbricazione dei prodotti tende a spostarsi laddove le materie prime vengono lavorate e i costi sono più bassi.

 

Il terzo, perché l’invasione di vetturette elettriche cinesi in un quadro già restrittivo in termini di volumi, dimezzerà la produzione europea. Dei 13 milioni di posti di lavoro oggi nell’automotive probabilmente ne sopravviverà la metà.

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