Mercato Italia: grandi potenzialità, si metta mano alla leva fiscale

di Andrea Cardinali, direttore generale di UNRAE

 

Il settore automotive sta attraversando una transizione epocale che trasformerà profondamente domanda e offerta, ma per vari motivi in Italia questa transizione stenta a decollare, e secondo alcuni osservatori rappresenta una seria minaccia per il futuro della  filiera. 

La riconversione industriale – ormai inevitabile – potrebbe avvenire senza troppi danni se il mercato tornasse a essere florido e virasse con decisione verso le nuove alimentazioni,  rendendo il nostro Paese più attrattivo per gli investitori stranieri. L’Italia, infatti, pur con il frequente alternarsi di governi diversi, “beneficia di una sostanziale  stabilità e sicurezza, di una tradizione consolidata, di una manodopera qualificata con una formazione di eccellenza, senza contare i fondi del PNRR: requisiti che la rendono possibile destinazione di investimenti diretti esteri nel settore, anche da parte dei costruttori che UNRAE  rappresenta.

Ma per attrarre nuove produzioni è importante una buona salute della domanda e l’Italia, dopo essere stata il secondo mercato dell’auto in Europa – con volumi  pari al 70% della Germania principale mercato – da 12 anni è scesa al quarto posto, con dimensioni  ridotte a circa la metà del numero uno. E un rilancio strutturale della domanda passa necessariamente attraverso una fiscalità  dell’auto meno penalizzante. Nello specifico, le auto aziendali dovrebbero usufruire di una detraibilità IVA più vicina alla normativa europea, secondo  la proposta in chiave “green” sostenuta da un fronte molto ampio di stakeholder, ma anche di una deducibilità dei costi in linea con i maggiori mercati stranieri: sono riforme non più rinviabili,  nella nuova legislatura che sta per iniziare.

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