In questo quadro non stupisce che dall’inchiesta congiunturale mensile condotta dal Centro Studi Promotor a fine ottobre emergano valutazioni estremamente preoccupate dei concessionari per il futuro prossimo e meno prossimo. Secondo l’inchiesta, il 69% dei concessionari lamenta in ottobre una insoddisfacente raccolta di ordini, il 48% segnala un alto livello di giacenze di auto nuove invendute e questo dopo che le scorte di invenduto erano state estremamente basse negli anni precedenti il 2024 per effetto delle difficoltà di produzione legate alle carenze di importanti componenti. E ancora, il 65% di concessionari segnala un basso livello di visitatori nelle show room, mentre il 61% si attende vendite in calo nei prossimi tre mesi.
Naturalmente a questi dati si accompagna una situazione di forte preoccupazione per i concessionari in cui si inserisce con effetto dirompente la recente decisione del Governo italiano di cancellare quanto rimaneva (4,6 miliardi) del fondo istituito nel 2022 dal Governo Draghi per sostenere il settore dell’auto. D’altra parte, va anche segnalato che diventa sempre più critico l’atteggiamento dei concessionari nei confronti dell’auto elettrica. Sempre dalla rilevazione del CSP emerge che tra le soluzioni ecologiche nel 2020 i concessionari ponevano al primo posto l’auto elettrica. Oggi l’auto elettrica è scivolata al 7% delle indicazioni contro il 45% delle ibride (HEV), il 29% delle ibride plug-in (PHEV) e il 19% dell’idrogeno.
In questa situazione appare sempre più urgente che l’Unione Europea rompa gli indugi nel rivedere le sue posizioni sulla transizione energetica dell’auto. Essere prima della classe nel mondo su questo terreno sta già generando forti perdite al settore europeo dell’auto e all’economia dell’Unione. Proseguendo su questa strada la catastrofe è dietro l’angolo e le notizie da bollettino di guerra che giungono dall’Unione lo dimostrano.