Foto: Gianluca Di Loreto, partner di Bain & Company
Il comparto automotive si sta drammaticamente spostando a Est. La componente europea ormai deve accontentarsi di giocare un ruolo non più in attacco, bensì in difesa. È quanto emerge da uno studio condotto da Bain & Company e presentato dal partner Gianluca Di Loreto in occasione dell’evento “Quattroruote Next”. Ad incidere la componente demografica: se nel 1990 gli asiatici erano il quadruplo degli europei, oggi il loro dato aumenta di sei volte e nel 2040 tale rapporto salirà a sette.
Lo spostamento del baricentro è ancora più evidente per il PIL, che per l’Asia è passato dal 18% del totale globale all’attuale 40% con una stima del 43% per il 2028 mentre per l’Europa è sceso dal 34% al 24% ed è destinato a calare ancora al 22% in cinque anni. La Cina è passata dal 6% al 45% della ricchezza asiatica, mentre l’Italia ha visto una contrazione del suo peso in Europa dal 15% all’8%.
A incidere su questo spostamento anche le nuove tecnologie, ormai dominate dagli operatori asiatici: a loro fa capo il 68% e l’82% dei brevetti, rispettivamente, per il 5G e per le batterie allo stato solido (è il 62% per i soli cinesi). Inoltre, l’Asia controlla il 50% del mercato dei semiconduttori e il 72% delle attività di assemblaggio finale. La conseguenza è un aumento importante della presenza cinese anche nel mondo dell’auto. Tra il 2000 e il 2022, la Cina è salita dal 4% al 32% della produzione globale, mentre l’Europa è scesa dal 34% al 19% e il Nord America dal 31% al 17%.
E non deve stupire neanche il contributo sempre più forte nelle emissioni annuali di gas serra. L’Asia ne emette cinque volte più dell’Europa: nel 1990 era asiatico il 20% delle 21 milioni di gigatonnellate di CO2 equivalente, ma nel 2021 era già al 53% di 34,2 gigatonnellate, con la sola Cina passata dall’11% al 32%. L’Europa, di contro, è scesa dal 19% al 10% e ha visto un costante calo delle emissioni (-0,6 gigatonnellate contro +14,2). Non solo. Il Vecchio continente ha visto anche una contrazione delle emissioni cumulate da combustione di carburante tra il 2001 e il 2021: è passato dal 18% di 267 al 14% di 885 gigatonnellate, mentre l’Asia è salita dal 21% al 37%. Ecco perché, per Di Loreto, “combattere il cambiamento climatico è doveroso, ma bisogna tener conto del contesto: il peso dell’Europa si è ridotto progressivamente nel tempo”.
La crisi dei semiconduttori è ormai quasi finita grazie alla crescente disponibilità di chip, legata anche al calo della domanda del settore dell’informatica, e all’aumento della capacità produttiva. Un’altra importante criticità, fortunatamente in via di risoluzione – viene sottolineato nel report di Bain & Company illustrato a “Quattroruote Next” ., è rappresentata dai prezzi di acciaio, gas, plastica o gomma, ormai lontani dai picchi dei mesi scorsi. Rimane il problema della crescita inarrestabile di alcune materie prime come litio, rame, manganese o terre rare: il litio, per esempio ha superato i picchi del biennio 2021-22, ma è sempre sopra del 78% sui livelli pre-Covid.
In Europa, dove la domanda è ormai sempre più influenzata dalle politiche ambientali a livello locale o nazionale, le varie crisi degli anni scorsi (pandemia, chip e materie prime) hanno colpito le vendite (il 2023 si chiuderà sotto del 24% rispetto al 2019) e contribuito a uno spostamento del mix verso l’alto. Il solo segmento A ha visto la perdita di 1 milione di pezzi in Europa e in Italia sta letteralmente scomparendo (dal 19% del 2000 al 14% del 2022 fino al 3% atteso nel 2028). Inoltre, è sempre più forte il peso degli asiatici, passati dal 23% del mercato europeo di inizio secolo al 29% (35% la stima tra cinque anni).
Al contempo, i costruttori del Vecchio continente stanno spostando sui segmenti più alti il loro focus sulle elettriche: C, D ed E pesavano per il 52% della produzione continentale nel 2018, ma sono destinati a salire all’80% quest’anno. In tal modo, però, si sta lasciando spazio libero segmenti bassi ad altri player, soprattutto asiatici. I consumatori italiani, intanto – avverte Di Loreto – non comprano il nuovo, rottamano di meno, si tengono il vecchio e così il parco circolante vede la sua età media salire fino ai 12,6 anni del 2022 (erano 11,4 nel 2019). Di conseguenza, si sta manifestando il cosiddetto “effetto Cuba” e l’Europa si sta incartando su obiettivi opposti a quelli che si era prefissati”.
È necessario investire sul consolidamento europeo per difendere l’industria da una nuova e probabile guerra dei prezzi e proteggere i componentisti, in particolare in Italia, e ancora di più aumentare la spesa in Ricerca e Sviluppo. Solo così si potrà – secondo l’analisi di Bain & Company – rinnovare e reinventare la filiera, per chiudere il divario e affrontare i cambiamenti in atto.