La fine di Ginevra: Salone dell’auto, ma anche Scuola di giornalismo

Addio Salone dell’auto di Ginevra. Non voglio eccedere nel pessimismo, ma quella che era considerata la rassegna espositiva più importante a livello mondiale, è arrivata al capolinea. Del resto si è di fronte alla quarta cancellazione consecutiva, quella del 2023, dopo 91 edizioni, seppur per cause di forza maggiore. Ginevra lascia e passa il testimone alla gemellata rassegna di Doha, in Qatar, che a novembre 2023 inaugurerà la sua avveniristica esposizione. Ma Doha non sarà mai Ginevra.

 

Peccato per varie ragioni. La prima è che a Ginevra, all’interno del Palexpo, a due passi dall’aeroporto internazionale, ci sono sempre stati tutti i costruttori. Solo nelle ultime edizioni, cominciavano a notarsi delle defezioni. Molti gruppi rinunciavano ad altre rassegne, pur di essere presenti a Ginevra, tra l’altro campo neutro assoluto rispetto a Francia, Italia, Germania, ecc.

 

Ma il Salone di Ginevra ha rappresentato – almeno per chi scrive e proiettato all’inizio degli anni ’90 dalla cronaca nazionale a occuparsi di automotive, di cui ero completamente a digiuno, per “il Giornale” – una grande scuola di giornalismo. Ho partecipato alle giornate stampa, che anticipavano la data di inaugurazione, di ben 27 edizioni consecutive. E anno dopo anno ho potuto arricchire l’agenda prima, la memoria del cellulare in seguito, di nomi, cognomi e numeri telefonici di manager, designer, piloti, personaggi vari, analisti, ecc.

 

Grazie (su tutti) al Salone di Ginevra potevi entrare a diretto contatto – per fare qualche esempio e restando in casa Fiat – con Umberto Agnelli e il suo seguito, Paolo Cantarella, Roberto Testore, Sergio Marchionne, Alfredo Altavilla, Luca De Meo, ora Ceo di Renault, i capi brand italiani ed europei. Quindi John Elkann, il fratello Lapo, Mike Manley; per la Ferrari l’allora numero uno Luca di Montezemolo, il vicepresidente Piero Ferrari, Jean Todt, Amedeo Felisa e il management di Maranello. Ma anche Alberto Bombassei (Brembo) e Marco Tronchetti Provera (Pirelli).

 

E poi i colossi esteri: le interviste, quando ancora non erano tanto noti, a Carlos Ghosn nel periodo Renault, allo stesso Carlos Tavares, sempre in Renault, e ora al vertice di Stellantis. Quindi, ancora, a Louis Schweitzer, presidente di Renault, Jacques Calvet, al volante di Psa, Mike Manley, quando era in Chrysler, e al numero uno Bob Eaton.

 

Altri incontri ravvicinati, inoltre, con Bob Lutz (GM) e Richard Wagoner (GM), quest’ultimo marcato sempre a vista ai tempi della rottura degli accordi con Fiat; il grande capo di Ford, Jac Nasser. Andando a memoria, i big del design: Sergio Pininfarina, Giorgetto Giugiaro, Nuccio Bertone, Walter De Silva.

 

Insomma, la storia dell’auto vissuta di persona, almeno per quell’entusiasmante periodo a partire dal mese di marzo del 1992. Contatti che nella maggior parte dei casi sono durati a lungo e, soprattutto, hanno permesso un impareggiabile arricchimento professionale: quello di entrare nei problemi, scoprire nuove strategie e andare oltre il semplice prodotto. I lunghi e pazienti inseguimenti, cercando di non farsi notare dai colleghi, del top manager di turno (su tutti Sergio Marchionne) con la volontà di intercettarlo, dopo l’appostamento di rito, all’uscita delle stanze private negli stand e, registratore acceso, fargli quella domanda la cui risposta avrebbe dato il titolo a un ipotetico pezzo, com’è spesso accaduto.

 

Insomma, una scuola pratica di ricerca continua della notizia sui temi economici e industriali del momento, oltre che sulle strategie previste da questo o quel costruttore. Peccato. Termina veramente un’epoca, un inizio della fine peraltro già nell’aria da anni. Un periodo, quello dei tempi d’oro di Ginevra, in cui le fake news da web e social non c’erano ancora. Altro valore aggiunto.

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