
È incredibile come uno scenario, giudicato fino a poco tempo fa blindato, possa invece essere scardinato e cambiare in poco tempo. E’ successo per il dogma del “tutto elettrico” a partire dal 2035, con la successiva apertura ai carburanti sintetici, prima, e ai biocarburanti poi. E, buon ultima, anche l’assurdità dell’Euro 7, come impostata inizialmente, è stata ribaltata.
Colpi di bacchetta magica? No, solo la volontà di far valere il buon senso e di guardare al bene dell’industria automotive europea, dei suoi occupati con le rispettive famiglie. In parole povere, chi ha governato l’Italia negli ultimi anni si è subito arreso al diktat ideologico di Bruxelles.
È vero che c’è stata la pandemia con tutte le conseguenze traumatiche e drammatiche che ha cambiato le priorità. Purtroppo, però, c’è chi ne ha approfittato per preparare la trappola “pseudo-green” in cui, alla fine, sono caduti tutti senza battere ciglio, attratti dalla visione di un mondo impossibile da realizzare.
La guerra in Ucraina, la crisi energetica e delle materie prime, i forti sbilanciamenti dei già fragili equilibri politico-economici e l’inflazione alla stelle, hanno fatto il resto. Il settore automotive ha imboccato la via imposta de Bruxelles senza pensare ai possibili ostacoli che, inevitabilmente, si sarebbero trovati di fronte. E gli stessi Governi, Italia compresa, hanno fatto altrettanto con i risultati che ora tocchiamo con mano.
La concorrenza cinese si rafforza proprio sul territorio europeo in virtù di un singolare lasciapassare non contraccambiato (i dazi) e l’automobile, da mezzo di libertà e movimenti per tutti, sta diventando sempre più un lusso con il risultato che le famiglie si tengono ben stretto il veicolo anche di 10 anni perché non ci sono i soldi per cambiarlo.
Ma ora, sentendo aria di bocciatuta alle urne al elezioni europee del 2024, è suonata la sirene di allarme. E chi ha fatto spallucce fino a ieri si è accorto del grossimo problema che ha contribuito a creare.
Ecco, allora, i nuovi importanti e tangibili segnali di cedimento dell’impalcatura ideologica messa in piedi dalla Commissione UE sullo spinoso problema della eco-mobilità. E qui parliamo del nuovo regolamento sullo standard Euro 7. L’Italia del Governo Meloni ha fatto la voce grossa e la linea impostata è stata seguita da altri Paesi, Francia compresa.
È la chiara dimostrazione che bastava svegliarsi prima e che nulla è impossibile. Ma, forse, è stato più opportuno lasciare suonare a vuoto la sveglia. Qualcuno, però, una volta ristabili gli equilibri, dovrà pagare il conto.