di Paolo Magri, vicepresidente esecutivo dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI)
Oggi vediamo dinamismo dove vorremmo vedere calma e una situazione di stallo dove vorremmo, invece, il dinamismo. Eravamo convinti fino a pochi giorni fa che i russi non avanzassero, ora sappiamo che avanzano e che controllano tre lati di un quadrato al cui centro c’è l’esercito ucraino. C’è uno stallo totale sul negoziato e sui sottoprodotti del conflitto come l’allargamento della Nato. C’è uno stallo anche sulla crisi del grano che potrebbe essere invece un luogo di dialogo.
I governi sono sempre stati divisi anche in occasione di altri conflitti. In Libia, per esempio, Italia e Francia erano su lati opposti. Oggi abbiamo i duri e puri come la Gran Bretagna che deve ricostruirsi un ruolo, e paesi del “si”, ma combattuti tra valori e realismo. È credibile che il finale possa essere accordo per cui russi tornano indietro del venti per cento del territorio? Non è credibile. La politica è fatta di interessi nazionali e valori insieme. Serve il dialogo tra le diverse componenti.
Ma cosa dobbiamo aspettarci dalla globalizzazione e dalla transizione energetica dopo la crisi? Sulla globalizzazione sentiamo messaggi allarmanti che parlano della sua fine e di una progressiva regionalizzazione. In questa situazione sappiamo che sono venuti meno capisaldi della globalizzazione, a cominciare dall’idea che da dove passano le merci non passano gli eserciti.