Futuro Governo e automotive: svolta in vista, stop all’ideologia

Sì a un mondo più green, ma allo stesso tempo attraverso azioni e investimenti che tutelino la sostenibilità sociale. È la linea che il futuro Governo italiano guidato da Giorgia Meloni potrebbe seguire con riferimento specifico al settore automotive, vittima ormai da anni di speculazioni ideologiche che al primo vero ostacolo (prima la pandemia, ma ora soprattutto il caos energetico e le bollette caratterizzate da costi insostenibili) avrebbe fatto i conti con la cruda realtà. Come è accaduto e come sta accadendo.

 

Decisioni destinate a segnare il futuro necessitano di visioni a lungo e non a corto raggio, tenendo attentamente conto delle tante variabili che possono capitare (ed è capitato nel modo più pesante che ci si potesse aspettare). Basarsi sull’ideologia e sulle pressioni interessate affinché il mondo dei trasporti imbocchi un’unica strada, quella dell’elettrico, oltre a essere anti democratico è azzardato e soprattutto rischioso. E così i nodi sono venuti al pettine.

 

Cosa farà, a questo punto, il futuro Governo italiano? Potrebbe impuntarsi, cercando sponde in altri Paesi, affinché a livello Ue venga rispettate il principio della neutralità tecnologica, ovvero di prendere in considerazione tutte le opzioni “green” sul mercato: elettrico, ibrido, ma anche carburanti sintetici, biocarburanti fino all’idrogeno. È una visione, questa, più volte espressa da Geronimo La Russa, presidente di Aci Milano, che trova riscontro anche nelle richieste che le associazioni di categoria (Anfia, per la filiera italiana; Unrae, per le Case automobilistiche estere; Federauto, per i concessionari) portano avanti da tempo e rivolte sia al Governo sia a una Commissione Ue fortemente condizionata dalle lobby ambientaliste più radicali e da quelle dell’elettrico.

 

Con l’aggravarsi della crisi energetica, i costruttori a caccia di gas (Volkswagen ha aperto le danze)  e la mancanza di materie prime, buona parte delle intenzioni palesate a Bruxelles potrebbero infatti tornare in discussione. Tra l’altro, nel 2024 la palla passerà al nuovo Europarlamento e alla nuova Commissione Ue. In gioco, inoltre, proprio in virtù della conversione forzata all’elettrico della manifattura, è il destino di tante imprese e famiglie. E se fino a prima delle dimissioni di Mario Draghi, c’era un ministro (Giancarlo Giorgetti) che diceva una cosa e l’altro (Enrico Giovannini) il contrario – con Roberto Cingolani nel ruolo di «battitore libero» – nel nuovo Governo la linea da seguire si preannuncia condivisa, realistica e non ideologica.

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