di Gianluca Di Loreto, partner di Bain & Company
La filiera automotive italiana (ed estera) è stata soggetta a disruption molto rilevanti negli ultimi anni, prime fra tutte quella derivante dalla mancanza di semiconduttori. Le sfide che la filiera deve affrontare sono ormai globali e solo in parte dipendono dalla normativa (che ha ovviamente un suo peso): l’aumento del costo dei materiali, il progressivo spostamento della produzione da Occidente a Oriente, il peso crescente dei costruttori cinesi nel mercato europeo e nei nuovi brevetti registrati. Sono solo alcuni degli esempi di quanto sta accadendo.
Tuttavia, questi fattori di mercato non sono le uniche sfide che la filiera deve affrontare. Le nostre aziende sono delle vere eccellenze, ma sono purtroppo troppo piccole per competere seriamente con i giganti esteri. Nella classifica dei fornitori automotive più grandi (Top 100) figurano solo due aziende italiane (con headquarter in Italia). Le operazioni di M&A sono aumentate nel 2022, ma non bastano: la filiera deve consolidarsi ancora molto per essere in grado di fronteggiare la concorrenza.
Da questo punto di vista lo sviluppo in ambito ESG (Environment, Social, Governance) può rappresentare una nuova freccia all’arco della filiera. Detto che le auto pesano solo l’8% delle emissioni mondiali di CO2 (e le auto in Europa meno dell’1%), l’aumento del numero globale di vetture (e delle relative emissioni) obbliga però il settore auto a fare la propria parte. E la crescente attenzione di investitori, mercati azionari, dipendenti su queste tematiche può essere sfruttato dagli operatori italiani per costruire una nuova leadership sulle nuove tecnologie.