Europa e transizione: l’avventatezza si tocca con mano

di Andrea Taschini, manager automotive

 

Il mio commento al pezzo de “Il Sole 24 Ore” del 16 settembre 2022. Per difendere a ogni costo il piano di transizione energetica europea che palesemente si rivela ogni giorno meno sostenibile per via delle fortissime dipendenze che crea da Paesi illiberali e potenzialmente nemici, l’Europa sta cercando di correre ai ripari. La mappatura, però, rivela tutta la fragilità di un tentativo abbastanza goffo e pieno di incognite.
 

Come si può facilmente verificare dalla tabella, la dipendenza europea dalla Cina è enorme, mentre secondo i piani della commissione, il fabbisogno europeo di terre rare, dovrebbe subire un aumento fino al 400% entro il 2030.


Un’impresa che sembra a dir poco impossibile anche perché la maggior parte dei materiali qui elencati vengono poi raffinati e lavorati esclusivamente da Pechino (85% del litio) e quindi stanno comunque sotto il suo ferreo controllo. È poi evidente inoltre, che la Cina ha già in mano contratti con i Paesi estrattori con licenze decennali come nel caso più specifico del cobalto congolese.


L’azione sembra fatta più per rassicurare i cittadini europei sulla fattibilità di un piano energetico molto più spericolato che realizzabile e che appare ogni giorno dettato piu da esigenze politiche che scientifiche. Chiaramente stanno emergendo tutte le incongruenze della transizione energetica sia sotto il profilo ambientale che economico tanto che le dichiarazioni d’intenti hanno il sapore di un imbarazzante esame di riparazione di un progetto messo in piedi senza valutarne le reali e fattive conseguenze.


Se la transizione energetica proseguisse così come è stata pianificata ma senza chiare risposte alle tante domande che essa pone, ci troveremmo in una situazione estremamente preoccupante tanto da far sembrare un nulla la questione della dipendenza dell’Unione dal gas russo. Appare che una maggiore ponderazione a riguardo sia assolutamente necessaria.

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