Elettrizzati: lo siamo tutti o… ci spingono a esserlo?

di Paolo Caputo, consulente manageriale di mobilità

 

Fit for 55”. Non è una taglia di jeans per ultracinquantenni, ma il protocollo ambientale che, tra le altre misure, include lo stop dal 2035 alle immatricolazioni di vetture endotermiche, ma anche la fine, dal 2030, degli incentivi concessi ai costruttori per i veicoli a zero emissioni, quindi anche le elettriche.

Fin qui la politica, ma cosa ne pensa il mercato? Ebbene, nel primo semestre 2022 le vendite di auto elettriche pure (BEV) sono crollate del 17,6% in Italia, mentre la media europea mostra una crescita di circa il 30%. In Italia poi, abbiamo addirittura registrato un -40% a settembre e -25,9% a dicembre, il che ci ha portato ad appena il 3,7% di quota mercato di BEV nel 2022 di BEV sul totale. Ma perché?

Eppure, il martellamento mediatico è quotidiano, spesso con forti riferimenti ai cambiamenti climatici, anche se la CO2 indotta dal traffico auto in Europa incide per meno del 11% sul totale, pari all’1% della produzione mondiale di CO2 (Fonte: Agenzia Europea dell’Ambiente 2022). Non vorrei entrare qui in argomenti, più volte esplorati e spesso polemici, quali l’energia necessaria per produrre e sostenere la mobilità elettrica, e la sua provenienza, né l’irrisolto problema delle scorie delle batterie esauste. Non è questo il tema del mio intervento.

Vorrei, invece, provare a vedere il fenomeno, e l’approccio a esso, dal punto di vista del fruitore finale. Di colui che, in fin dei conti, oggi decide se comprare o meno una BEV, ma domani può essere costretto. Io utilizzo veicoli a noleggio, non potrebbe essere altrimenti dopo anni di lavoro nel settore, e ciò mi rende particolarmente “flessibile” e incline a provare nuove soluzioni. In giugno mi sono recato in Veneto per una breve vacanza. La compagnia di noleggio mi ha fornito una Jeep Renegade plug-in nuova fiammante e vi lascio immaginare la mia sorpresa quando ho scoperto che la prima stazione di ricarica a Padova, “vicina” al mio hotel adiacente il centro storico, era ad “appena” 6 km di distanza. Fine dell’illusione della ricarica serale.

Nei giorni seguenti, nei siti turistici da me visitati nelle province di Vicenza e Treviso, nessuna possibilità di ricarica, se non a distanze incongruenti, neanche nei moderni parcheggi multipiano. Peccato. In fondo la Renegade ha fatto il suo dovere, permettendomi di ricaricare un po’ in frenata e percorrendo comunque il 25% dei tragitti con la poca energia accumulata, e mitigando quindi il consumo superiore al normale, dovuto al peso delle batterie. Comunque, nessun risparmio. Anzi.

Tuttavia, l’esperienza di guida mi ha intrigato e ho provato a ipotizzare di usare una plug-in a noleggio anche a Roma. Premetto che sono un fortunato possessore di box, quindi ho affrontato il tema del montaggio di una wall-box. Un altro delirio, almeno per chi vive in un condominio.

Spesso la politica dimentica che nelle grandi città italiane si vive in condomini di varia grandezza ed epoca di costruzione. Ciò comporta, ad esempio, che per installare una wall-box, anche in un box privato, l’autorimessa condominiale debba rispettare le norme antincendio vigenti. Questo tema meriterebbe un ampio spazio dedicato, ma qui voglio solo soffermarmi sul fatto che tali norme prevedono, tra molto altro, che l’autorimessa sia dotata di un unico pulsante di sgancio dell’impianto elettrico. Va da sé che gli “n“ box presenti nell’autorimessa non possono essere dotati di una linea privata, dimensionata e dedicata alla ricarica dei veicoli. Fine.

Si dirà, ma il condominio, ove ne disponga, potrebbe installare delle colonnine condominiali negli spazi comuni all’aperto, liberi dai vincoli antincendio. Ebbene, premesso che ci siano tali spazi, questi sono scarsi per definizione e già occupati, spesso a riempimento, dai vari condomini. Ciò significa che non si otterrà mai la maggioranza necessaria all’approvazione dell’installazione delle colonnine in quanto, specie con la scarsa penetrazione attuale delle BEV, lo stallo con colonnina viene visto come uno stallo “sottratto” alla comunità e destinato a uso esclusivo del primo coraggioso che acquisterà l’auto elettrica, avendo egli necessità di ricaricarla ogni sera.

Probabilmente chi ha varato “Fit for 55” dispone di una villetta indipendente dove, evidentemente, tutti questi problemi non coesistono. Basta però girare in un quartiere qualunque di una grande città; a Roma penso a Prati, Tuscolano, Marconi, dove il traffico è principalmente formato da veicoli che cercano un parcheggio. Immaginare come si possano sostituire e alimentare in futuro tutte queste vetture, che a fine 2021 erano il 99,7% del parco circolante italiano, è cosa ardua. Credetemi, la strada per l’adozione di massa della mobilità “alla spina” in Italia è ancora lunga e assomiglia molto alla scala del pollaio.

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