Elettrico vs carburanti sostenibili: la sfida è iniziata

Elettrico verso carburanti sostenibili
di Nino Sunseri (da ITALPRESS)
 


La tecnologia, come la natura, non fa salti. Il passaggio verso l’auto a batteria appare meno semplice del previsto. Il ministro Giancarlo Giorgetti è stato chiaro: “Con l’Unione europea abbiamo fatto una trattativa, abbiamo ottenuto dei piccoli risultati. Il giusto approccio è la neutralità tecnologica: non c’è soltanto l’elettrico, ma anche altre forme per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale”. Il ministro ha espresso una posizione da molti condivisa se solo si superano le barriere ideologiche: si può puntare su soluzioni temporanee e diverse dall’auto elettrica, almeno fino a quando non saranno messi a posto tutti i tasselli che servono, dalle gigafactory alle colonnine, passando per le rinnovabili e lo smaltimento.

 

Molti ignorano, come ha più volte spiegato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che il Life-cycle-assessment (Lca) di un’auto elettrica, cioè l’impronta di carbonio misurata da quando si comincia a scavare per le materie prime a quando la vettura esce dal concessionario, è tale che pareggia con un’auto di nuova generazione dopo i 70-80mila chilometri, parlando di una classe media.

 

Insomma il vantaggio dell’auto alla spina rispetto ai motori a combustione interna è tutto da dimostrare. Senza contare il problema dello smaltimento: una volta giunte a fine vita che cosa fare dell’accumulatore? È vero che esistono le tecnologie per il riutilizzo dei materiali e dei componenti. Tuttavia si tratta di processi ancora iniziali e molto costosi. La scadenza del 2035 che mette al bando in Europa i motori tradizionali appare troppo vicina per fare la rivoluzione. Qual è quindi la soluzione per traghettare le quattro ruote verso la totale sostenibilità?

 

La nuova strada è quella dei carburanti «puliti» e rinnovabili che sembra essere la quadratura del cerchio: mette insieme la necessità di combattere la CO2 con la tutela della manifattura e di tutta la catena dell’automotive. Una vettura completamente a batteria, infatti, taglia fuori interi settori produttivi essendo tutta la parte meccanica ridotta all’essenziale. Per non parlare del mercato dell’usato: chi mai comprerà un’auto a batteria di seconda mano? In pochi. Tanto più che andrebbe rigenerato il sistema degli accumulatori che, in vetture di questo tipo rappresentano la componente maggiore di costo. Come uscirne?

 

Alla base non c’è soltanto la consapevolezza del fatto che la conversione di massa alla propulsione elettrica, con le difficoltà che comporta a livello di diffusione e di produzione di energia, sarà complesso e non avverrà alla stessa velocità in tutto il mondo. Una parte dei costruttori, infatti, spera ancora di non dover dire addio per sempre alle auto come le conosciamo oggi e di poter anche salvare i modelli storici che rischiano a loro volta di dover essere tutti trasformati a batteria.

 

Non è un caso che, a partire dal 2026 i nuovi regolamenti della Formula 1 prevedono l’utilizzo degli eco combustibili al posto della benzina tradizionale. E non è nemmeno un caso che il gruppo Volkswagen si voglia presentare ai nastri di partenza con i suoi marchi sportivi di punta: Audi (che probabilmente rileverà la Sauber visto che a fine 2023 finirà il matrimonio con l’Alfa Romeo) e Porsche le cui trattative per un’alleanza con Red Bull sono tramontate. La Casa di Stoccarda ha avviato insieme a Siemens un impianto per la produzione di eFuel ricavato dall’idrogeno con cui alimenta a partire da quest’anno le sue vetture da competizione.

 

Il processo, che si stima possa produrre circa 130.000 litri di benzina «sostenibile» in un anno, è totalmente green, perché utilizza l’energia elettrica generata da pale eoliche per il processo di scissione dell’acqua da cui si ottiene l’idrogeno, per la sua trasformazione in metanolo e infine per la raffinazione. Questo tipo di combustibili, come anche biogas e biometano ottenuti da vegetali e materie organiche di scarto, ha il vantaggio di avere emissioni in gran parte compensate all’origine dalla CO2 assorbita dalla pianta. Queste sono a loro volta forti di una filiera più ecologica rispetto all’estrazione e alla lavorazione dei carburanti fossili, oltre che di una combustione che produce minori emissioni inquinanti.

 

In un bilancio ambientale che tiene sempre più conto dell’intero processo produttivo , e non soltanto delle emissioni dirette dei veicoli, queste innovazioni si rivelano, secondo diversi studi, anche più ecologici della filiera dell’elettrico, su cui grava l’impatto dell’estrazione dei metalli per le batterie e del loro complesso smaltimento, oltre che della produzione di energia che a livello mondiale non è ancora tutta “fossil-free”. La tecnologia degli eco-combustibili dimostra come sia possibile immaginare uno scenario di elettrificazione parziale, più pratico rispetto a quello totale, e soprattutto contribuire a ridurre l’inquinamento su scala mondiale anche laddove la mobilità elettrica impiegasse più tempo a diffondersi. Oltre a salvaguardare quasi 150 anni di storia e tradizione del motorismo. 

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