
di Massimo Ghenzer, presidente di Areté – (dall’Osservatorio Mobilità del “Corriere dello Sport”)
Si è diffusa l’idea da parte dei costruttori, supportati dalle società di consulenza globali, che sia possibile vendere tutte le automobili senza sconti e con tempi di consegna lunghi. A questo si aggiunge un aumento dei prezzi elevato durante gli ultimi due/tre anni, per cui le prime automobili che il consumatore incontra sul mercato , le cosiddette city-car, sono aumentate di parecchie migliaia di euro.
Come se non bastasse le rate di finanziamento per effetto dell’aumento dei tassi sono più care. Da quando esiste il mercato dell’auto, ci sono automobili in domanda e automobili in offerta. Senza dilungarci sugli aspetti tecnici della produzione e delle cosiddette ‘build combination”, rimane la complessità della vastità dell’offerta che non consente di produrre soltanto le automobili in domanda, anche perché possono variare in maniera improvvisa nell’arco di pochi mesi.
Il mercato dell’auto di fronte alla rigidità del processo produttivo, che non si può allineare alla variazione della domanda in tempo reale, ha bisogno di elasticità nel processo di vendita e soprattutto di prezzi che siano conformi al valore percepito dal consumatore. Senza dimenticare che il potere di acquisto medio è diminuito e l’inflazione ha fatto la sua parte a rendere il consumo dei beni in generale più difficile.
Un bagno di realismo e il ritorno a un sano approccio pragmatico può consentire un riavvicinamento alle esigenze del cliente medio, che per il momento è lontano dall’automobile e disorientato. I costruttori si debbono decidere se vogliono vendere in volumi o puntare soltanto ai margini unitari. Tutti e due i modelli, volumi e prezzi alti, non sono compatibili, ma bisogna essere consapevoli che abbandonare i volumi significa rinunciare a una fetta importante del mercato, chiudere alcune fabbriche e far entrare nuova concorrenza dalla Cina. Un grande rischio con potenziali problemi sociali da fronteggiare e risolvere.